Verona 2006-Una Chiesa due linee: il Papa ha scelto di Ernesto Galli della Loggia- Corriere della Sera 21-10-2006 Il linguaggio e le clausole retoriche della comunicazione
ufficiale della Chiesa cattolica sono tali — improntati
sempre a una certa circonvoluta cautela e a una genericità di
riferimenti — che di solito, se si vuole, non è difficile
leggere nei discorsi della gerarchia ciò che si vuole. Ne possono
nascere — mi chiedo con quale utilità per l'efficacia
della comunicazione stessa — valutazioni che sono spesso l'una
l'opposta dell'altra. Problemi, invece, nella Chiesa italiana (e non solo) ce ne sono eccome, dal momento che in essa si affrontano da tempo due anime che è, si, sbagliatissimo qualificare in termini politici ma che, come quasi tutto a questo mondo, finiscono di sicuro per avere risvolt: anche politici. La linea di divisione e di confronto tra queste due anime verte su due questioni capitali che interrogano, peraltro, non sole i fedeli cattolici ma qualsiasi persona di questa parte del pianeta che abbia un cuore e una testa. La prima la potremmo chiamare la questione della Tradizione. 1-Per gli uni la tradizione a cui restare fedeli è quella, e di fatto solo quella, che inizia con il Concilio, eletto al rango di un vincolante annuncio epocale (pure a distanza di orma mezzo secolo), e di cui si auspica di continuo (a seconda dei casi) il «compimento», il «ritorno», il «rilancio», nella convinzione che ciò che è stato pensato e fatto nei due millenni precedenti abbia valore solo storico o al massimo profetico-preparatorio. 2-Per gli altri, invece, ogni possibile innovazione pratica e dottrinale è chiamata a rendere in qualche modo conto al depositum fidei ricevuto, e non può violare oltre misura la regola aurea della prudenza e della continuità intrecciate tra loro e viste come elementi necessari di ogni enunciazione di «verità». Come non scorgere in questo confronto una trasposizione sul terreno religioso di quel problema del ruolo del passato e del suo valore per l'oggi che impegna anche il mondo laico di fronte all'irruzione sempre più dirompente del futuro? Il secondo problema, che divide il cattolicesimo italiano (e non solo) è il problema antropologico della modernità. 2-C'è nella Chiesa chi pensa che la tendenza all'ibridazione multiculturalista da un lato e dall'altro la trasformazione dei caratteri della soggettività (estensione enorme del suo raggio d'azione, possibilità riconosciuta di adottare stili di vita e sessuali più diversi, di dominare i processi della vita e della morte), ... debba essere il centro di una nuova complessiva, riflessione cristiana sul mondo, e che tale riflessione non possa sottrarsi al dovere di pronunciare tutti i "no" che la fede e la tradizione consigliano. 1-C'è invece, sul versante opposto, chi è convinto che oggi più che mai il dovere massimo dei cristiani — un dovere che assorbe ogni altro — sia quello dell'«ascolto», dell'«accoglienza», della «pace», della sollecitudine creaturale per «l'altro». Un dovere tale, come si capisce, finirebbe, preso fino in fondo sul serio, per sminuire radicalmente qualunque dimensione e pretesa dogmatico-disciplinare, tanto è vero che infatti chi si riconosce in esso preferisce muoversi nell' ambito delle «comunità», dei «movimenti», del «volontariato» anziché in quello della Chiesa propriamente detta. E di nuovo pure qui è impossibile non cogliere l'eco di tensioni e discorsi analoghi che percorrono anche l'universo laico, riguardanti di volta in volta i limiti da porre o da non porre a certe tecnologie, corne stabilire i rapporti con altre culture e civiltà, il modo d'intendere la pace e la guerra, e cosi via. A me pare che a Verona, corne del resto già
altre volte, tra queste due linee
papa Ratzinger, pur nei limiti comunicativi detti all'inizio, abbia scelto.
[ le linee n° 2- n.d.r.] Potrà piacere o non piacere, ma di chi si tratta
se non dei cosiddetti (spregiativamente dai loro avversari) teocon !
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