Europa e cristianesimo
Secondo alcuni parlamentari europei Il più grosso
pericolo - dal punto di vista religioso - che corre oggi l'Europa
non è il terrorismo
e fondamentalismo islamico, ma il rischio di essere influenzata
dalla Chiesa cattolica in materia di vita e famiglia.
Riccardo Cascioli(C) TIMONE, n. 47, novembre
2005
http://www.iltimone.org/
Per cui gli Stati europei
devono limitare la libertà di religione laddove
entri in conflitto con i diritti delle persone. Per quanto
riguarada le donne, ad esempio , quando venga "limitata
la libertà di movimento o il loro accesso alla contraccezione
venga impedito dalla famiglia o dalla comunità" (art.
7.4).
La verità è che c'è una ventata
(diciamo pure un uragano) di statalismo a livello europeo che
interferisce gravemente negli affari della religione, e
soprattutto di quella cattolica, cercando di metterla sotto tutela.
Se è sotto gli occhi di tutti ciò che sta accadendo
in Italia - con le forze sconfitte nel referendum sulla
Legge 40 che hanno scatenato la campagna d'autunno contro la Chiesa
- meno evidente, ma non per questo meno preoccupante, è ciò che
sta avvenendo in Europa.
Lo dimostrano due votazioni
effettuate il 4 ottobre scorso all'Assemblea Parlamentare
del Consiglio d'Europa, 'organismo pan-europeo che raggruppa i 46 Paesi del
Vecchio Continente.
La prima è l'approvazione
della Risoluzione 1464, "Donne e religione in Europa", dove
si comincia con il riconoscere che la
religione "gioca
un ruolo importante" nella vita delle donne europee (art.1),
ma per dire subito dopo che "questa influenza è raramente
benigna: i diritti delle donne sono spesso ridotti o violati
in nome della religione" (art.2).
La religione, dunque,
fa male, e questa è una legge generale. Entrando
nel dettaglio, da una parte - dice la risoluzione all'art.
3 - troviamo "violazioni
estreme", quali i "cosiddetti crimini
d'onore, i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali
femminili", che
sebbene in crescita sono però ancora rari in Europa.
La risoluzione, se ne deduce, non è stata proposta
dunque per questi casi. Infatti pare che il problema vero
delle donne in Europa siano "più sottili
e meno spettacolari forme di intolleranza e discriminazione" che
però hanno come effetto la stessa "sottomissione
delle donne", ad esempio "rifiutando di mettere
in questione una cultura patriarcale che mantiene il ruolo
di moglie, madre e casalinga come ideale" (art.4).
Quale sarà questa
religione, peraltro descritta in modo caricaturale, che
vorrebbe l'Europa come l'Afghanistan dei talebani?
Ma se una donna decidesse
di sua iniziativa di stare a casa per crescere i propri
figli? Vorrebbe dire che è plagiata e lo Stato
deve dunque liberarla dalla religione.
Leggere per credere: "La
libertà di religione
- si dice facendo appello alla responsabilità degli
Stati membri - non può essere accettata come pretesto
per giustificare le violazioni dei diritti delle
donne, siano essi aperte, subdole, legali o illegali,
praticate con o senza il consenso
nominale delle vittime, le donne" (art. 5).
Bisogna però aspettare
ancora qualche articolo per capire l'obiettivo vero della
risoluzione. Nell'elenco delle richieste che il Consiglio
d'Europa fa agli Stati membri troviamo infatti all'art.7.3
che
deve essere garantita "la
separazione tra chiesa e Stato (minuscole e maiuscole
come nell' originale, ndr) che è necessaria
per assicurare che le donne non siano soggette a politiche
e leggi religiosamente ispirate (p.es. nell'area della
famiglia, del divorzio e dell'aborto)".
Non basta:
gli Stati devono "rifiutare
che dottrine religiose democratiche e irrispettose dei
diritti delle donne
influenzino le decisioni politiche" (art.7.6).
Tale pensiero
non è molto distante dalla prassi consolidata nella
Cina comunista: la religione è tollerata come fatto
privato, e in ogni caso non può predicare ciò che è in contrasto
con l'ideologia di Stato.
Così arriviamo
al paradosso per cui - secondo la risoluzione del Consiglio
d'Europa -
alla Chiesa cattolica è fatto divieto
di insegnare la propria dottrina in materia di sacralità della
vita e di famiglia.
Tali affermazioni sono poi rafforzate
dalla Raccomandazione 1720 approvata lo stesso giorno
dala stessa Assemblea parlamentare,
riguardante "Educazione e religione".
Se la religione - come
abbiamo visto - è una minaccia, allora è importante
educare alla religione nel modo giusto. Nella raccomandazione,
infatti, si riconosce che
molti problemi - fondamentalismo,
razzismo, xenophobia, conflitti etnici - nascono
da ignoranza religiosa, come quella che porta tanti giornalisti
a "proporre parallelismi tra Islam
e certi movimenti fondamentalisti e radicali" (art.4).
Il Parlamento del Consiglio
d'Europa chiede dunque al Consiglio dei ministri essenzialmente
due cose:
Un programma di studio
della religione per la scuola primaria e secondaria sostanzialmente
uguale per tutti, pur nel
rispetto delle diverse situazioni locali. Cardine dell'insegnamento
deve essere "la storia delle principali religioni
così come la scelta di non avere religione" (art.
14.2).
Lo scopo è
"far scoprire agli studenti le
religioni praticate nel proprio Paese e in quelli vicini,
e far loro capire che ognuno ha lo stesso diritto di credere
che la propria religione è la vera fede" (art.
14.1).
In questo quadro
"Paesi
dove c'è predominanza di una religione devono insegnare le
origini di tutte le religioni piuttosto che favorirne una
o incoraggiare il proselitismo" (art. 8).
Possiamo stare sicuri
che prossimamente qualcuno si appellerà a questa raccomandazione
del Consiglio d'Europa per colpire l'insegnamento della religione
in Italia, anche perché il nostro Paese si trova in difetto
anche sulla seconda richiesta, ovvero:
Tocca agli Stati formare
il personale che deve insegnare le religioni secondo i suddetti criteri,
e agli Stati tocca anche il compito di far scrivere e fare
adottare i conseguenti libri di testo (art. 14.6).
Il personale preparato
a fare questo però scarseggia, dicono i parlamentari europei,
quindi ecco l'idea:
il Consiglio dei ministri deve
farsi carico di creare un "Istituto Europeo per la formazione
degli insegnanti di studi comparativi delle religioni" (art.
13.3).
E così il
quadro normativo è completo.
Possiamo stare
certi che gli assalti di questi mesi alla Chiesa, in Italia, sono
ancora niente rispetto a quello che verrà.