”Dobbiamo
avere il coraggio di creare grandi terreni di cultura cattolica...”
Estratto delle
cinque risposte di Benedetto XVI alle cinque domande
rivoltegli
dai giovani in piazza San Pietro, il 6 aprile 2006
1. SU COME LEGGERE LA BIBBIA
Si deve innanzitutto dire che occorre leggere
la Sacra Scrittura non come un qualunque libro storico, come leggiamo, ad esempio, Omero,
Ovidio, Orazio. Occorre leggerla realmente come Parola di Dio, ponendosi
cioè in colloquio con Dio. Si deve inizialmente pregare, parlare
con il Signore: “Aprimi la porta”. È quanto dice
spesso sant’Agostino nelle sue omelie: “Ho bussato alla
porta della Parola per trovare finalmente quanto il Signore mi vuol
dire”. [...]
Un secondo punto è: la Sacra Scrittura introduce alla
comunione con la famiglia di Dio. Quindi non si può leggere da soli
la Sacra Scrittura. Certo, è sempre importante leggere la
Bibbia in modo molto personale, in un colloquio personale con Dio,
ma nello stesso tempo è importante leggerla in una compagnia
di persone con cui si cammina. Lasciarsi aiutare dai grandi maestri
della “lectio divina”. Abbiamo, per esempio, tanti
bei libri del cardinale Martini, un vero maestro della “lectio
divina”, che aiuta ad entrare nel vivo della Sacra Scrittura.
[...]
Un terzo punto: se è importante leggere la Sacra Scrittura
aiutati dai maestri, accompagnati dagli amici, i compagni di strada, è importante
in particolare leggerla nella grande compagnia del Popolo di Dio
pellegrinante, cioè nella Chiesa. La Sacra Scrittura ha due
soggetti. Anzitutto il soggetto divino: è Dio che parla. Ma
Dio ha voluto coinvolgere l’uomo nella sua Parola. Mentre i
musulmani sono convinti che il Corano sia ispirato verbalmente da
Dio, noi crediamo che per la Sacra Scrittura è caratteristica – come
dicono i teologi – la “sinergia”, la collaborazione
di Dio con l’uomo. Egli coinvolge il suo Popolo con la sua
parola e così il secondo soggetto – il primo soggetto,
come ho detto, è Dio – è umano. Vi sono singoli
scrittori, ma c’è la continuità di un soggetto
permanente: il Popolo di Dio che cammina con la Parola di Dio ed è in
colloquio con Dio. Ascoltando Dio, si impara ad ascoltare la Parola
di Dio e poi anche ad interpretarla. E così la Parola di Dio
diventa presente, perché le singole persone muoiono, ma il
soggetto vitale, il Popolo di Dio, è sempre vivo, ed è identico
nel corso dei millenni: è sempre lo stesso soggetto vivente,
nel quale vive la Parola.
Così si spiegano anche molte strutture della Sacra Scrittura,
soprattutto la cosiddetta “rilettura”. Un testo antico
viene riletto in un altro libro, diciamo cento anni dopo, e allora
viene capito in profondità ciò che non era ancora percepibile
in quel precedente momento, anche se era già contenuto nel
testo precedente. E viene riletto ancora nuovamente tempo dopo, e
di nuovo si capiscono altri aspetti, altre dimensioni della Parola.
E così in questa permanente rilettura e riscrittura nel contesto
di una continuità profonda, mentre si succedevano i tempi
dell’attesa, è cresciuta la Sacra Scrittura. Infine,
con la venuta di Cristo e con l’esperienza degli apostoli la
Parola si è resa definitiva, così che non vi possono
più essere riscritture, ma continuano ad essere necessari
nuovi approfondimenti della nostra comprensione. Il Signore ha detto: “Lo
Spirito Santo vi introdurrà in una profondità che
adesso non potete portare”. [...]
Penso che dobbiamo imparare questi tre elementi:
leggere in colloquio
personale con il Signore;
leggere accompagnati
da maestri che hanno l’esperienza della fede;
leggere nella grande
compagnia della Chiesa, nella cui liturgia questi avvenimenti diventano
sempre di nuovo presenti, così che man mano entriamo sempre
più nella
Sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi.
2. SUL FONDAMENTO DEL MATRIMONIO
Per me è una cosa molto bella costatare che già nelle
prime pagine della Sacra Scrittura, subito dopo il racconto della
creazione dell’uomo, troviamo la definizione dell’amore
e del matrimonio. L’autore sacro ci dice: “L’uomo
abbandonerà padre e madre, seguirà la sua donna e
ambedue saranno una carne sola, un’unica esistenza”. Siamo all’inizio e già ci è data una profezia
di che cos’è il matrimonio; e questa definizione anche
nel Nuovo Testamento rimane identica. [...] I teologi medievali,
interpretando questa affermazione che si trova all’inizio della
Sacra Scrittura, hanno detto che tra i sette sacramenti il matrimonio è il
primo istituito da Dio, essendo stato istituito già al momento
della creazione, nel paradiso, all’inizio della storia, e prima
di ogni storia umana. [...] Quindi il sacramento del matrimonio non è un’invenzione
della Chiesa, è realmente con-creato con l’uomo come
tale.
È vero che l’uomo è caduto ed è stato
espulso dal paradiso o, con altre parole più moderne, è vero
che tutte le culture sono inquinate dal peccato, dagli errori dell’uomo
nella sua storia, e così il disegno iniziale iscritto nella
nostra natura risulta oscurato. [...] Nello stesso tempo, però,
osservando le culture, tutta la storia culturale dell’umanità,
costatiamo anche che l’uomo non ha mai potuto totalmente dimenticare
questo disegno che esiste nella profondità del suo essere.
Ha sempre saputo, in un certo senso, che le altre forme di rapporto
tra l’uomo e la donna non corrispondevano realmente al disegno
originale sul suo essere. E così nelle culture, soprattutto
nelle grandi culture, vediamo sempre come esse si orientino verso
questa realtà, la monogamia, l’essere uomo e donna una
carne sola. [...]
Il Signore, che ha parlato di questo nella lingua dei profeti d’Israele,
accennando alla concessione da parte di Mosè del divorzio,
ha detto: Mosé ve lo ha concesso “per la durezza
del vostro cuore”. Il cuore dopo il peccato è divenuto “duro”,
ma questo non era il disegno del Creatore e i profeti con chiarezza
crescente hanno insistito su questo disegno originario. Per rinnovare
l’uomo, il Signore [...] ha detto con Ezechiele che abbiamo
bisogno, per vivere questa vocazione, di un cuore nuovo; che invece
del cuore di pietra abbiamo bisogno di un cuore di carne, di un cuore
veramente umano.
E il Signore nel battesimo, mediante la fede, “impianta” in
noi questo cuore nuovo.
Non è un trapianto fisico, ma forse
possiamo servirci proprio di questo paragone: dopo il trapianto, è necessario
che l’organismo sia curato, che abbia le medicine necessarie
per poter vivere con il nuovo cuore, così che diventi “cuore
suo” e non “cuore di un altro”. Tanto più in
questo “trapianto spirituale” – dove il Signore
ci impianta un cuore nuovo, un cuore aperto al creatore, alla vocazione
di Dio – per poter vivere con questo cuore nuovo sono necessarie
cure adeguate, bisogna ricorrere alle medicine opportune, perché esso
diventi veramente “cuore nostro”.
Vivendo così nella
comunione con Cristo, con la sua Chiesa, il nuovo cuore diventa realmente “cuore
nostro” e si rende possibile il matrimonio. L’amore esclusivo
tra un uomo e una donna, la vita a due disegnata dal creatore diventa
possibile, anche se il clima del nostro mondo la rende tanto difficile,
fino a farla apparire impossibile. [...]
E infine aggiungerei: sappiamo tutti che per arrivare ad un traguardo
nello sport e nella professione ci vogliono disciplina e rinunce,
ma poi tutto questo è coronato dal successo, dall’aver
raggiunto una meta auspicabile. Così è anche la vita
stessa: il divenire uomini secondo il disegno di Gesù esige
rinunce; esse però non sono una cosa negativa, al contrario
aiutano a vivere da uomini con un cuore nuovo, a vivere una vita
veramente umana e felice. Poiché esiste una cultura consumistica
che vuole impedirci di vivere secondo il disegno del Creatore, noi
dobbiamo avere il coraggio di creare isole, oasi, e poi grandi terreni
di cultura cattolica, nei quali si vive il disegno del Creatore.
3. SULL’INVIVIBILITÀ DI UN MONDO SENZA DIO
Tutti ci chiediamo che cosa si aspetta il Signore
da noi. Mi sembra
che la grande sfida del nostro tempo – così mi dicono
anche i vescovi in visita “ad limina”, quelli dell’Africa
ad esempio – sia il secolarismo: cioè un modo di vivere
e di presentare il mondo come “si Deus non daretur”,
cioè come se Dio non esistesse. Si vuole ridurre Dio al privato,
ad un sentimento, come se lui non fosse una realtà oggettiva
e così ognuno si forma il suo progetto di vita [...] e alla
fine ognuno si trova contro l’altro. Una situazione, come si
vede, decisamente invivibile. Dobbiamo rendere nuovamente presente
Dio nelle nostre società. Mi sembra questa la prima necessità:
che Dio sia di nuovo presente nella nostra vita, che non viviamo
come se fossimo autonomi, autorizzati ad inventare cosa siano la
libertà e la vita. Dobbiamo prendere atto di essere creature,
costatare che c’è un Dio che ci ha creati e che stare
nella sua volontà non è dipendenza ma un dono d’amore
che ci fa vivere. [...]
Ma quale Dio? Ci sono infatti tante immagini false di Dio, un Dio
violento, eccetera. La seconda questione quindi è: riconoscere
il Dio che ci ha mostrato il suo volto in Gesù, che ha sofferto
per noi, che ci ha amati fino alla morte e così ha vinto la
violenza. Occorre rendere presente, innanzitutto nella nostra vita,
il Dio vivente, il Dio che non è uno sconosciuto, o un Dio
inventato, o un Dio solo pensato, ma un Dio che si è mostrato,
ha mostrato sé stesso e il suo volto. Solo così la
nostra vita diventa vera, autenticamente umana e così anche
i criteri del vero umanesimo diventano presenti nella società.
Anche qui vale, come avevo detto nella prima risposta, che non possiamo
essere soli nel costruire questa vita giusta e retta, ma dobbiamo
camminare in compagnia di amici giusti e retti, di compagni con i
quali possiamo fare l’esperienza che Dio esiste e che è bello
camminare con Dio. E camminare nella grande compagnia della Chiesa,
che ci presenta nei secoli la presenza del Dio che parla, che agisce,
che s’accompagna a noi.
4. SULLA VOCAZIONE DEL GIOVANE RATZINGER
Sono cresciuto in un mondo molto diverso da quello attuale, ma infine
le situazioni si somigliano. Da una parte vi era ancora la situazione
di “cristianità”, in cui era normale andare in
chiesa ed accettare la fede come rivelazione di Dio e cercare di
vivere secondo tale rivelazione. Dall’altra parte vi era il
regime nazista, che affermava a voce alta: “Nella nuova Germania
non ci saranno più sacerdoti, non ci sarà più vita
consacrata, non abbiamo più bisogno di questa gente; cercatevi
un’altra professione”. Ma proprio sentendo queste voci
forti, nel confronto con la brutalità di quel sistema dal
volto disumano, ho capito che c’era invece molto bisogno di
sacerdoti. Questo contrasto, il vedere quella cultura antiumana,
mi ha confermato nella convinzione che il Signore, il Vangelo, la
fede ci mostravano la strada giusta e noi dovevamo impegnarci perché sopravvivesse
questa strada. In questa situazione, la vocazione al sacerdozio è cresciuta
quasi naturalmente insieme con me e senza grandi avvenimenti di conversione.
Inoltre due cose mi hanno aiutato in questo cammino: già da
ragazzo, aiutato dai miei genitori e dal parroco, ho scoperto la
bellezza della liturgia e l’ho sempre più amata, perché sentivo
che in essa ci appare la bellezza divina e ci si apre dinanzi il
cielo. Il secondo elemento è stata la scoperta della bellezza
del conoscere, il conoscere Dio, la Sacra Scrittura, grazie alla
quale è possibile introdursi in quella grande avventura
del dialogo con Dio che è la teologia. E così è stata
una gioia entrare in questo lavoro millenario della teologia, in
questa celebrazione della liturgia, nella quale Dio è con
noi e fa festa insieme con noi.
Naturalmente non sono mancate le difficoltà. Mi domandavo
se avevo realmente la capacità di vivere per tutta la vita
il celibato. Essendo un uomo di formazione teorica e non pratica,
sapevo anche che non basta amare la teologia per essere un buon sacerdote,
ma vi è la necessità di essere disponibile sempre
verso i giovani, gli anziani, gli ammalati, i poveri; la necessità di
essere semplice con i semplici. La teologia è bella, ma anche
la semplicità della parola e della vita cristiana è necessaria.
E così mi domandavo: sarò in grado di vivere tutto
questo e di non essere unilaterale, solo un teologo eccetera? Ma
il Signore mi ha aiutato e, soprattutto, la compagnia degli amici,
di buoni sacerdoti e di maestri, mi ha aiutato.
Penso sia importante essere attenti ai gesti del Signore nel nostro
cammino. Egli ci parla tramite avvenimenti, tramite persone, tramite
incontri: occorre essere attenti a tutto questo. [...] La vita può riuscire
solo se abbiamo il coraggio dell’avventura, la fiducia che
il Signore non mi lascerà mai solo, che il Signore mi accompagnerà,
mi aiuterà.
5. SUL DISEGNO INTELLIGENTE DELL’UNIVERSO
Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura
nella forma del linguaggio matematico. Lui era convinto che Dio ci
ha donato due libri: quello della Sacra Scrittura e quello della
natura. E il linguaggio della natura – questa era la sua convinzione – è la
matematica, quindi essa è un linguaggio di Dio, del Creatore.
Riflettiamo ora su cos’è la matematica. Di per sé è un
sistema astratto, un’invenzione dello spirito umano, che come
tale nella sua purezza non esiste. È sempre realizzato approssimativamente,
ma – come tale – è un sistema intellettuale, è una
grande, geniale invenzione dello spirito umano. La cosa sorprendente è che
questa invenzione della nostra mente umana è veramente la
chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente
strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata
dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare
con la natura, per metterla al nostro servizio attraverso la tecnica.
Mi sembra una cosa quasi incredibile che un’invenzione dell’intelletto
umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica
inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo
e lo rende utilizzabile per noi. [...] Penso che questa coincidenza
tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta
la natura siano un enigma ed una sfida grandi, perché vediamo
che, alla fine, è “una” ragione che le collega
ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire
quest’altra,
se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue.
In questo senso mi sembra proprio che la matematica – nella
quale come tale Dio non può apparire – ci mostri la
struttura intelligente dell’universo. Adesso ci sono anche
teorie del caos, ma sono limitate, perché se il caos avesse
il sopravvento, tutta la tecnica diventerebbe impossibile. La tecnica è affidabile
solo perché la nostra matematica è affidabile. La nostra
scienza, che rende finalmente possibile lavorare con le energie della
natura, suppone la struttura affidabile, intelligente della materia,
[...] il “disegno” della creazione.
Per arrivare alla questione definitiva direi: Dio c’è o
non c’è. Ci sono solo due opzioni. O si riconosce la
priorità della ragione, della Ragione creatrice che sta all’inizio
di tutto ed è il principio di tutto – la priorità della
ragione è anche priorità della libertà – o
si sostiene la priorità dell’irrazionale, per cui tutto
quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solo
occasionale, marginale, un prodotto irrazionale, e anche la ragione
sarebbe un prodotto della irrazionalità. Non si può ultimamente “provare” l’uno
o l’altro progetto, ma la grande opzione
del cristianesimo è l’opzione
per la razionalità e per la priorità della ragione.
Questa mi sembra un’ottima opzione, che ci dimostra come dietro
a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci.
Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male
nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalità del
Creatore. E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si è fatto
carne e che ci mostra come egli non sia solo una ragione matematica,
ma che questa ragione originaria è anche amore. Se guardiamo
alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi
quella più razionale e quella più umana. Per questo
possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo
che sia basata su questa priorità della ragione, su questa
fiducia che la Ragione creatrice è amore, e che questo amore è Dio.