Quei predicatori che rivendicano il terrorismo buono
di Massimo Introvigne (il Giornale, 23 novembre 2004)
Domenica ho potuto assistere, con quasi tremila colleghi riuniti
a San Antonio in Texas, per il congresso della American Academy of
Religion, a un intervento in videoconferenza da Montréal del
controverso intellettuale musulmano svizzero Tariq Ramadan, cui il
Dipartimento di Stato ha negato il visto per entrare negli Stati Uniti.
In Francia Ramadan è sulle copertine dei principali settimanali:
a un testo ostile della giornalista Caroline Fourest uscito il mese
scorso, Frère Tariq, Ramadan risponde in questi giorni con
un libro-intervista, Faut-il faire taire Tariq Ramadan? (“Si
deve far tacere Tariq Ramadan?”).
Il titolo Frère Tariq allude alle relazioni fra Ramadan e i
Fratelli Musulmani, la maggiore organizzazione del fondamentalismo
mondiale fondata da suo nonno materno, Hassan al-Banna, e di cui suo
padre è stato uno dei principali dirigenti.
La questione non è di poco conto in Italia, dove i libri e
le cassette di Ramadan si ritrovano nella maggioranza delle moschee,
e la sua influenza è notevole in particolare sulla più
rappresentativa fra le organizzazioni dell'islam italiano, l'Ucoii
(Unione delle Comunità e Organizzazione Islamiche in Italia).
Non riesco a riconoscermi in certi toni scandalistici del libro della
Fourest che. nella sua preoccupazione di esaltare il laicismo alla
francese, certamente esagera anche su Ramadan.
Tuttavia, Ramadan e tutta la corrente cosiddetta “neo-fondamentalista”
stanno deludendo le speranze di chi si aspettava una loro evoluzione
in direzione di un islam centrista e conservatore sul tipo di quello
del primo ministro turco Erdogan. L'intervento al congresso di San
Antonio si è limitato a evocare la necessità di un “islam
occidentale”, senza precisarne i contenuti. Certo, i “neo-fondamentalisti”
come Ramadan non vanno confusi con gli ultra-fondamentalisti terroristi
alla Bin Laden.
Dopo l'11 settembre hanno condannato Al Qaida, e di qui avrebbero
potuto arrivare a una condanna globale del terrorismo. Non lo hanno
fatto per due ragioni: un complesso anti-sionista dietro cui si cela
un mai superato anti-semitismo, e un complesso anti-americano rinfocolato
dalla guerra in Irak.
Da Ramadan a Qaradawi - il telepredicatore che è forse il più
noto neo-fondamentalista internazionale - hanno così cominciato
a proporre distinzioni fra terrorismo internazionalista come quello
di Al Qaida, illecito e da condannare, e terrorismo legato a cause
nazionali, dalla Palestina fino alla Cecenia e all'Irak, che può
essere oggetto di dissenso ma non di condanna. La dissociazione dal
terrorismo come mezzo da ripudiare assolutamente, a prescindere dai
fini al cui servizio si pone, è un traguardo che il neo-fondamentalismo
non è riuscito a raggiungere.
In secondo luogo, secondo Ramadan, se gli americani si alleano nel
Medio Oriente con “musulmani che non amano l'islam”, i
neo-fondamentalisti devono allearsi da noi con gli “occidentali
critici verso l'Occidente”. Di qui la sua continua partecipazione
a raduni no global, anti-imperialisti, anti-americani, dove si crea
però una miscela esplosiva che può assicurare al terrorismo
islamico complicità in una sinistra extraparlamentare che ha
nostalgia degli anni di piombo. Per questo, chi ha negato a Ramadan
il permesso di entrare negli Stati Uniti ha qualche elemento di ragione.
In un momento come questo, dai rischi che Ramadan incarna quegli occidentali
che, a differenza dei no global, amano l'Occidente hanno il diritto
e il dovere di difendersi.