SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
La moratoria dell'aborto: come realizzarla.

fonte : www.ilfoglio.it-sabato 5 -Gennaio 2008

CHE COSA E’ CONCRETAMENTE LA MORATORIA

La moratoria parte dalla constatazione di ciò a cui si è ridotto l’aborto di massa in tutto il mondo moderno nel corso degli ultimi decenni. Un fenomeno mostruoso per quantità genocida: oltre un miliardo di aborti, una media annua di circa cinquanta milioni di aborti. Un fenomeno aberrante per qualità sessista ed eugenetica a sfondo razzista: nella sola Asia mancano all’appello duecento milioni di bambine escluse dalla vita perché considerate inutili, è in corso una progressiva eliminazione di milioni di persone caratterizzate da potenziali disabilità, per di più solo probabilisticamente accertate. Il sesso femminile è la prima vittima anche in senso statistico dell’aborto di massa.

I guru scientisti come un James Watson, spregiatore delle razze deboli, o un Umberto Veronesi, sostengono questa decimazione, questa pulizia etnica sistematica, e affermano che è privilegio della scienza moderna servire la loro concezione di umanità e di salute ed escludere dal mondo l’infelicità presunta di vite sanitariamente imperfette. Ma ciascuno sa che la scelta di fare tutto questo è prescientifica, risale alla concezione pagana e precristiana dell’uomo, alla Rupe Tarpea, su su fino ai miti del neopaganesimo nazionalsocialista, con lo sperimentalismo transumano del dottor Joseph Mengele, e dell’utopismo socialdemocratico del “mondo nuovo”, quando una parte dell’occidente sviluppato pensò che gli esseri umani dovessero essere trattati geneticamente come vacche o cavalli.

Il medioevo cristiano inventò la ruota dei conventi per ospitare i figli non desiderati, i tempi moderni si condannano all’uso della ghigliottina chirurgica o dell’avvelenamento in pancia attraverso la Ru486. E’ un progresso, questo? E’ una manifestazione dello spirito di accoglienza, di rispetto dell’altro, di riconoscimento del prossimo e di fiducia nel futuro? La nostra risposta è univoca: no. Al contrario, è la manifestazione di una moderna forma di riduzione della persona in schiavitù mascherata da esercizio di un diritto civile evocato in modo blasfemo e sofistico come procreazione responsabile. E la moratoria è da questo punto di vista la scelta di rendere chiaro, di formalizzare filosoficamente e giuridicamente, e anche eticamente, questa risposta: no all’aborto.

Come si può realizzare la moratoria? In modo molto semplice. E’ l’uovo di Colombo. L’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata il 10 dicembre del 1948 a Parigi e base di legittimazione delle Nazioni Unite da giusto sessant’anni, recita così: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. Occorre che i governi nazionali votino un emendamento significativo alla Dichiarazione: dopo la prima virgola, inserire “dal concepimento fino alla morte naturale”. Il nuovo testo dell’articolo 3 sarebbe dunque ipso facto un testo di moratoria delle politiche pubbliche incentivanti ogni forma di ingiustificato maltrattamento schiavistico e asservimento dell’essere umano, anche concepito, e reciterebbe così: “Ogni individuo ha diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. Come si giustifica questo mutamento della nozione filosofica e giuridica di ciò che è un individuo, realizzata mediante il riconoscimento della sua esistenza prenatale e dell’implicito diritto di nascere?

Con lo stesso spirito di umanità, di libertà, di eguaglianza, di fraternità, e oggi di sorellanza, dunque con la stessa laica religiosità che spinse i padri fondatori delle democrazie liberali moderne, e le donne che le hanno legittimate e nutrite con il loro specifico pensiero e con le loro lotte di liberazione, prima a stilare e poi a far vivere i principi non negoziabili delle diverse dichiarazioni dei diritti e d’indipendenza che diedero vita alla modernità. In quell’emendamento si riconoscerebbe il nucleo fondante di un nuovo illuminismo e razionalismo di radici laiche e giudeo-cristiane fondato insieme sull’imperativo categorico della morale kantiana e sugli imperativi dell’antropologia e della pastorale giudeo-cristiana di tutti i tempi, basate sulla santificazione della vita quotidiana e sul concetto di persona.

A questo punto sarebbero programmaticamente eliminate le politiche pubbliche antinataliste che utilizzano la soppressione violenta degli esseri umani concepita come strumento di pianificazione familiare e di utilitarismo eugenetico transumano, al coperto di una definizione manchevole del concetto di individuo nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ma resta il problema della carità, dell’amore, di cui la politica e la filosofia e il diritto e l’etica devono essere la dimensione più alta. Che cosa fare del rifiuto di maternità, che incombe sul soggetto femminile come un problema millenario? All’articolo 3 della Dichiarazione seguirebbe un articolo 3 bis, che potrebbe recitare così: “Il diritto alla vita del concepito deve essere sempre bilanciato con il diritto alla salute fisica e psichica della madre”. In questo spazio è possibile combattere la piaga dell’aborto clandestino, definire l’aborto rigorosamente come un’eccezione intitolata al diritto di autodifesa della gestante, privarlo dell’abusivo carattere di diritto all’autodeterminazione come potere nichilista e autolesionista di un soggetto femminile inventato dall’ideologia, inesistente nella vita umana. La moratoria è dunque concreta e praticabile. La creatività di pensiero potrà contribuire a perfezionare e trasformare le soluzioni giuste.

Ma il suo significato è evidente, razionale, laico, logico e insieme profondamente religioso, senza nessun vincolo di obbedienza confessionale. Le classi dirigenti italiana ed europea possono continuare a contare con compiacimento i numeri funerari della strage degli innocenti. Possono continuare a voltarsi dall’altra parte e fingere di non vedere la mutazione genetica ed eugenetica in corso dei costumi e dei decaloghi dettati da una concezione immoralista e totalitaria, antipersonalistica, del progresso tecnoscientifico. Possono disquisire faziosamente sui dettagli legislativi e accapigliarsi su vecchie bardature ideologiche. E’ una loro scelta. Ma possono anche raccogliere il libero manifestarsi di un’urgenza, che ha trovato spazio su queste colonne in un qualunque Natale di un anno qualunque, ma ha radici forti nel pensiero laico e religioso di secoli di cultura e di civilizzazione umana.

Giuliano Ferrara

           SOMMARIO RASSEGNA STAMPA