Eutanasia e accanimento terapeutico

«LASCIARE» E «FARE» MORIRE

In Italia si può staccare la spina ?
La legge consente di staccare la spinain caso di morte cerebrale verificata: è la procedura che consente di espiantare
organi per i trapianti.
Il codice deontologico dei medici autorizza a interrompere le cure in caso di accanimento terapeutico.
L'eutanasia è vietata.
Si tratta di eutanasia attiva se si mette fine alla vita di un malato terminale con un'azione volontaria diretta come
un farmaco letale.
Si tratta di eutanasia passiva se si sospende la somministrazione di un farmaco curativo o di una terapia vitale.
Non si possono considerare farmaci o terapie vitali supporti esterni naturali come l'alimentazione .

Don Verzé : «Sono contro l'eutanasia, ovvero il "fare" morire un paziente, magari per interrompere le sue sofferenze. Così come sono contro l'accanimento terapeutico ovvero il moltiplicarsi di cure e atti medici, a volte anche invasivi, che prolungano artificialmente la vita. Ritengo sia più giusto che quando si è tentato tutto, ma proprio tutto, i medici si arrendano, "lascino" che la vita faccia il suo corso, che il malato torni fra le braccia del Padre, questo è un atto di amore e di responsabilità».
« Ricordo un amico medico era attaccato ad un respiratore artificiale, altrimenti sarebbe morto, era la metà degli anni '70. Una volta mi ha detto: non posso più vivere senza respiratore, ti prego, staccamelo. Io piangendo dal cuore dissi: staccatelo! »

Paola Binetti neuropsichiatra infantile, già presidente del comitato Scienza&Vita, è docente e direttore del Campus biomedico di Roma e numeraria dell'Opus Dei, cattolicissima senatrice della Margherita commenta senza imbarazzi:

«I principi vanno enunciati con grande chiarezza: no all' eutanasia. Ma chi, se non lui stesso, può dire che cosa vide don Verzé in quel momento?». «Non posso confrontarmi con la sua intervista senza tenere conto che quest'uomo ha desiderato per tutta la vita e creato un ospedale e un centro ricerca all'avanguardia in Europa, ed è stato tra i primi a istituire una cattedra di bioetica. Non è un via libera a staccare la spina. E allora, primo: escludo fosse eutanasia attiva».
Chiaro. E quella passiva?

«Neanche. Io lo leggo come un "no" assoluto all'accanimento terapeutico su una persona che la vita stava già abbandonando, un rimuovere le sovrastrutture tecnologiche per consegnare il paziente al suo destino, ai tempi naturali della vita e della morte...».
Ma qual è il confine dell'accanimento terapeutico?
«Don Verzé ha ragione: non potrà mai essere la politica a definirlo. La legge può e deve dire: no all'eutanasia e no all'accanimento e all'abbandono. Ma la zona grigia c'è, nella complessità inevitabile della realtà la valutazione concreta delle circostanze sarà sempre rinviata al giudizio dell'uomo: del paziente che sceglie o no un trattamento e insieme del collegio medico. Per questo la vera battaglia, più che il testamento biologico, è la formazione dei medici: nessuna legge potrà mai sostituire quello sguardo che valuta il singolo caso in scienza e coscienza».