SOMMARIO RASSEGNA STAMPA

La Bibbia e l’omosessualità.
Dialogo di Paolo Rigliano col biblista Alberto Maggi
http://www.gionata.org/ 19 Marzo 2013 07:01

“Cosa ha da dirci il Vangelo sull’omosessualità?”.

Da questa domanda è partito Paolo Rigliano, psichiatra e psicoterapeuta, autore di “Amori senza scandalo. Cosa vuol dire essere lesbica e gay” (Feltrinelli, 2001) curatore, con gli psicoterapeuti Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari, del saggio “Curare i gay? Oltre l'ideologia riparativa dell'omosessualità" (Cortina, 2012) in cui si è occupato di tutte quelle strategie che presumono di poter cambiare l'orientamento omosessuale in eterosessuale, tesi sostenuta a spada tratta da numerosi movimenti conservatori cattolici ed evangelici.

Proprio per approfondire il tema “Bibbia e omosessualità” Paolo Rigliano ha deciso d’interrogare padre Alberto Maggi, teologo e biblista cattolico dei Servi di Maria, fondatore a Montefano (Marche) del Centro studi biblici Giovanni Vannucci con cui si occupa dello studio scientifico della Sacra Scrittura e della sua divulgazione a livello popolare attraverso conferenze e le sue, numerose e apprezzate, pubblicazioni. Questa è la trascrizione del dialogo franco e sincero avuto con lui e registrato presso il Centro studi biblici di Montefano.

Paolo Rigliano: Vorrei partire sottolineando subito un punto: perché sono venuto qui a sentire la tua riflessione, la tua elaborazione su Vangelo e omosessualità? Perché credo che sia molto importante cercare di superare tutta una serie di disquisizioni, di polemiche anche riguardo alla giusta interpretazione di testi dell’Antico Testamento, del Nuovo e alcuni passaggi delle lettere di Paolo.

Maggi: Direi che non bisogna proprio cercare in questi (testi) qualcosa che non c’era a quell’epoca. Vedi, la grande forza che ha dato Gesù al Vangelo è quando dice: “lo Spirito vi accompagnerà nelle cose future”. Cioè la comunità ha la capacità, grazie allo Spirito Santo, di dare nuove risposte ai nuovi bisogni. Non si possono dare risposte vecchie ai nuovi bisogni, quindi non si può cercare nella Scrittura risposte a quella problematica.

Rigliano: L’omosessualità nella Bibbia non era percepita, non poteva esistere, perché chiaramente la cultura ebraica e la società ebraica in cui Gesù nasce, ed in cui era completamente immerso, era una società basata sull’imposizione, oltre che sulla delineazione di confini molto netti, molto precisi.

Maggi: (Confini) che dovevano separare la sfera del sacro dall’impuro. Vedi, molti, quando vogliono tirare per i capelli la scrittura, si rifanno al Levitico, ma lì il Levitico dice “non giacerà un uomo con un altro uomo”, non dice nulla riguardo alla donna. Quindi la tematica omosessuale attuale allora non esisteva a quell’epoca, non c’erano tutte le conoscenza biologiche, psicologiche, etc...

Rigliano: Condivido perfettamente questa tua affermazione, anzi è il punto da cui la mia riflessione è partita. Io credo che sia importante rifarsi al messaggio autentico di Gesù per capire alcune questioni su cui vorrei sentire il tuo parere: come è possibile conciliare la condizione omosessuale e una vita autenticamente cristiana? Come possiamo, a partire dal messaggio di Gesù, leggere questa condizione umana e come è possibile trarne delle “linee guida”, degli insegnamenti, dei punti di riferimento e anche di rivendicazione di umanità, oltre che di amore. Questa a me pare che sia la sfida che non è ancora stata completamente colta.

Maggi: Io mi trovo a disagio quando sento parlare di omosessualità, etc..., etichette che non definiscono la persona. C’è la persona, che nei vangeli cresce e si realizza nella misura in cui è capace di darsi agli altri.L’invito che Gesù fa alla conversione per entrare nel Regno di Dio è rivolto a tutti, non è riferito a una classe o a un’altra, e questa conversione significa rinunciare ai tre verbi maledetti nella Bibbia, che sono avere, salire e comandare, e sostituire l’aver con il condividere, al posto del salire, scendere, e al posto del comandare il servire. Questo è valido per tutti. Ecco perché io mi trovo a disagio pensando a una categoria di persone invece che a un’altra.

Tanti anni fa, quando feci una trasmissione per la Radio Vaticana, il titolo che avevo dato era: “La buona notizia è per tutti”. Perché in passato, purtroppo, il Vangelo veniva spezzato a segmenti, questo riguarda i vescovi, questo i preti, questo i religiosi, questo i peccatori, questo i farisei… eh no! La buona notizia è per tutti, per tutti c’è un messaggio di pienezza di vita che consiste nel dono agli altri. Per quello che riguarda la sfera sessuale, non sappiamo se Gesù ha detto o non ha detto qualcosa, sappiamo che i vangeli non riportano assolutamente niente.

Allora io credo che noi dobbiamo stare attenti a parlare di cose che Gesù non ci ha autorizzati a dire. Pensa che alla chiesa ci sono voluti duemila anni per comprendere e inserire nella sua dottrina che nel matrimonio oltre alla procreazione dei figli è importante anche l’amore dei coniugi, perché fino al Concilio Vaticano II il fine unico e primario del matrimonio era la procreazione.E’ stato il Concilio Vaticano a dire no, è importante anche l’amore tra i coniugi. Allora io direi, su tematiche sulle quali non abbiamo indicazioni precise da parte di Gesù, stiamo attenti, dobbiamo avere un po’ il pudore. Altrimenti rischiamo di parlare di tutto, per poi pentirci per quello che è stato detto a vanvera.

Rigliano: Però il Vangelo è un’enorme storia di considerazione degli esclusi, degli emarginati e anche dei diversi, dei diversi malati, dei diversi patologici, dei diversi sociali, dei diversi peccatori, dei diversi colpevoli, dei diversi nati, e oggi è impossibile non vedere o non considerare come la vita, il mondo, l’umanità sia fatta di diverse condizioni.
La modernità è considerare le differenze come alla base dell’esistenza: esiste l’uomo ed esiste la donna, esistono i bambini ed esistono gli anziani, esistono i malati i sani, i bianchi e i neri, esistono gli eterosessuali e esistono gli omosessuali.
Quindi io credo che la rivoluzione incommensurabile e veramente mai pensata del messaggio di Cristo, e anche la sfida che egli ci dà, è leggere con occhi nuovi il suo messaggio, anche perché certe condizioni per l’appunto non esistevano.

Maggi: Per questo ha messo il Bene dell’uomo come unico valore non negoziabile: se noi al Bene dell’uomo sovrapponiamo una dottrina ― fosse pure divina ― prima o poi in nome della dottrina si fa soffrire l’uomo.
Quelle volte che Gesù si è trovato a dover scegliere tra il rispetto della Legge divina e il bene dell’uomo non ha avuto esitazione: il bene dell’uomo viene prima della legge divina, perché facendo il bene dell’uomo si è certi di fare anche il bene di Dio. Quante volte credendo di fare il bene di Dio si è fatto soffrire l’uomo!

Rigliano: Tu che sei un esperto interprete dei Vangeli, immagino ritenga che questo rapporto con i diversi ancora ci debba insegnare moltissimo. Dalla prostituta, al paralitico al cieco nato, etc…, sono innumerevoli gli esempi di differenti condizioni di vita, di una vita socialmente limitata e anche colpevolizzata, che trovano nell’incontro con Cristo un’autentica rivoluzione, all’interno di varie e differenti dinamiche. Il messaggio che io ritengo di aver colto, punto centrale e primario dell’incontro con queste persone, è sempre il loro bene. Ma non un bene calato dall’alto, per così dire, ma un bene che deriva anche da queste persone, dai loro desideri e dal modo di considerare la propria condizione, a partire dalla loro voce e dalle loro esigenze.
Questa è già un’indicazione perché Gesù, se non ha esaurito lo scibile di tutte le differenze e di tutte le diversità, sicuramente ha indicato una strategia d'incontro e di salvezza. A partire da questa condizione di peccato, di diversità ontologica o morbosa. Per esempio il cieco nato è (peccatore) per una colpa o propria o dei suoi genitori? Su questo Gesù viene interrogato.
E qui mi pare che ci sia una rivoluzione all’interno del modo di considerare queste persone. Io credo che questo costituisca – passami il termine che può sembrare presuntuoso - un paradigma di come avvicinare, salvando e anzi celebrando, l’umanità degli esclusi.

Maggi: Si, tutto questo è stato sintetizzato in una dichiarazione, che veramente dovrebbe essere incisa (nella pietra), di Pietro negli Atti degli Apostoli che dice: “Dio mi ha mostrato che nessun uomo può essere considerato impuro” (Atti 10,28).
Questa è una rivoluzione tremenda, perché i pagani erano impuri, nessun uomo può essere considerato impuro, e impuro significa che è escluso dall’amore di Dio. Non c’è nessuna persona che può sentirsi esclusa dall’amore di Dio.
Quello che Pietro formula è stato affermato in precedenza da Gesù, pensa soltanto quando Gesù tocca il lebbroso, quello è straordinario, crolla tutta la teologia.Gesù dimostra che l’emarginazione dl lebbroso non era voluta da Dio ma era voluta dalla religione, perché Dio non emargina nessuno. Il lebbroso non era considerato un ammalato, ma uno castigato da Dio perché aveva commesso dei peccati, non faceva neanche compassione, perché se era così se l’era cercata…

Rigliano: Era la giusta punizione, secondo la teoria della retribuzione…

Maggi: E Gesù perché lo tocca? Quante volte Gesù ha guarito soltanto con la forza del suo amore, della sua parola, invece tocca proprio il lebbroso perché la Legge proibiva di toccare un lebbroso, perché se io tocco te che sei infetto, la tua impurità si trasmette a me: e invece Gesù, toccandolo produce l’effetto contrario.
La purezza di Gesù coinvolge quella del lebbroso e dimostra che Dio non emargina nessuno. Quindi questa emarginazione del lebbroso era voluta dalla religione, perciò dice: “vai a dire ai sacerdoti della tua guarigione…” come prova contro di loro. (L’emarginazione) non viene da Dio, Dio non emargina, Dio è amore e si propone come amore ad ogni persona , non si impone.

Rigliano: Credo che questo sia un punto cruciale, cioè come incontrare le condizioni di esclusione, come “trattare” un’esclusione.

Maggi: Vedi, nel vangelo di Marco, Gesù ha compassione ma poi tratta male il lebbroso e lo caccia fuori e lo rimprovera, lo rimprovera di che cosa? E’ il lebbroso che ha creduto di essere stato emarginato da Dio: “Come hai potuto credere che Dio non ti volesse bene, che Dio fosse escluso da te?”. Il lebbroso di per sé non aveva bisogno di essere purificato, era già puro, perché Dio il suo amore lo rivolgeva anche a lui, ma era l’oppressione dell’istituzione religiosa che l’aveva convinto di esser impuro.

Rigliano: Stai dicendo per l’appunto che il peccato del lebbroso, semmai, era quello di credere all’impurità, ovvero di far propria la concezione della diversità, dell’esclusione per propria colpa e quindi credere alla giusta retribuzione dovuta a chi ha sbagliato contro Dio innanzitutto, e poi contro le leggi e contro la chiesa.

Maggi: Questo è il rimprovero di Gesù.

Rigliano: Questo è un rimprovero importante, è un primo punto cruciale: è la consapevolezza della propria condizione, della propria esistenza che gli esclusi devono avere sulla base della certezza per cui nessuno può e deve essere escluso, tutti abbiamo bisogno di accoglienza e tutti dobbiamo accogliere e nessuno è posto al di fuori del consorzio umano o al di fuori della realizzazione e dell’incontro con Dio o al di fuori dell’incontro d’amore, e del comandamento dell’amore. Credo che questa sia una cosa fondamentale. Ma cosa rispondere quando alcune condizioni vengono viste come “oggettivamente disordinate”? Perché questo è il punto: come possiamo applicare - se si applica - questo tipo di concezione anche alle persone che vivono un amore omosessuale, come se questo fosse una prova, una pena - soprattutto quando l’amore viene realizzato – causata dalla distorsione del progetto di Dio per la creazione dell’uomo. Questo è il problema, perché su questo punto si fonda l’esclusione, giacché si ritiene che, per esempio, le persone gay e lesbiche e transessuali siano fuori ontologicamente dal progetto di Dio per l’uomo, dal progetto della creazione dell’umanità.

Maggi: Questa è una delle obiezioni che vengono portate dalla chiesa. Dire che Dio ha creato solo l’uomo o la donna va benissimo, questo non viene modificato dal fatto di essere gay o lesbica. Non è che c’è un altro sesso, però c’è anche la possibilità che un uomo ami un uomo o che una donna ami una donna. Io su questo non ci vedo problemi sul piano della creazione

Rigliano: Ma questo è un argomento forte, direi che questo oggi sia l’argomento, e il punto su cui si sta assestando l’attuale dottrina e anche l’attuale messaggio che viene dai vertici e che costituisce una sorta di senso comune fra tutti i credenti “ortodossi”, cioè tra tutti coloro che seguono l’insegnamento ufficiale della chiesa cattolica.
Una volta che si è scoperto che i passi del Levitico, i passi delle lettere di Paolo, non servono più allo scopo, non raggiungono più lo scopo, mi pare che l’asse su cui si sono assestate le gerarchie sia questo: che questa condizione sia fuori dal progetto di Dio per l’uomo. Questo è il punto!

Maggi: E chi può dirlo? Chi si può sostituire a Dio per sapere quale era il suo progetto sulla creazione?

Rigliano: La chiesa appunto!

Maggi: Vedi, la massima aspirazione dell’uomo, la felicità, coincide con il progetto di Dio, la felicità: Dio vuole che l’uomo sia felice qui, su questa terra e tutto fa perché l’uomo sia felice.
Come, Gesù l’ha detto: c’è più felicità nel dare che nel ricevere e questo è possibile a tutti, a tutte le persone. Ma ritornando all’argomento principale degli esclusi, dal lebbroso alla prostituta, dall’emorroissa al cieco (nato), quello che emerge, la novità che è stata chiamata Buona notizia, è che Dio non si concede come un premio ma come un regalo, perché lui non guarda i meriti ma i bisogni, pensa soltanto alla parabola del fariseo e del pubblicano.

Nella religione Dio viene concepito come un premio, tu fai qualcosa per meritarti un premio e per questo molti ne sono esclusi perché non hanno questi meriti. Con Gesù, invece, Dio viene presentato come un regalo. Se io ti do un premio vuol dire che tu hai fatto qualcosa per meritarlo, si io ti do un regalo questo non dipende da quello che hai fatto te ma dalla mia generosità.
Allora Dio si offre come regalo perché il Dio di Gesù non è attratto dai meriti delle persone ma dai bisogni, i meriti non tutti li possono avere, i bisogni li hanno tutti. Lui non guarda alle virtù ma alle necessità delle persone, l’episodio del pubblicano è eclatante a questo proposito. Questa è la buona notizia…

Rigliano: Il lebbroso, il cieco nato… anche lo stesso episodio della prostituta, sono episodi in cui il soggetto escluso provoca l’azione. La stessa emorroissa crede e supera le barriere della legge e dell’esclusione. Ecco allora mi pare che questo sia un messaggio fondamentale.

Maggi: Sono degli episodi ancora più sconvolgenti perché queste persone commettono quello che agli occhi della religione è un sacrilegio, mentre agli occhi di Gesù è un’espressione di fede. Queste persone avevano paura di trasgredire la legge, di avvicinarsi al signore, pensavano di commettere sacrilegio, mentre Gesù gli dice “coraggio figlia, la tua fede ti ha salvato”. Questa è la grande novità che forse ancora non è ancora compresa.

Rigliano: Credo che dovremo approfondire di più questi aspetti, perché credo che proprio questo meccanismo, questa sorta di motore che mette in moto una dinamica che stravolge i confini che le chiese o le istituzioni o le interpretazioni escludenti hanno posto. Sono tutte persone, questi esclusi, che fanno dei passi che vanno contro la legge, contro il dettato istituzionale, contro l’interdizione, contro il tabù: il lebbroso non poteva avvicinarsi alla città, le donne non potevano rivolgersi agli uomini, le donne con un flusso mestruale non potevano superare i confini. Non potevano oltrepassare i confini della propria casa, erano l’impurità fatta persona. Secondo Gesù - al contrario - nessuno nasce impuro, ma soprattutto nessuno vive impuro, vive o produce una condizione di impurità. Quello che motiva, e che appunto Gesù stesso rimprovera, è quando manca questa coscienza della possibilità e necessità di un processo di autoliberazione. A me pare che un punto da sottolineare sia la necessità di creare la tensione verso la liberazione, un tendere a creare un nuovo legame di solidarietà, di aiuto e che la salvezza sia proprio questo: cercare di avvicinarsi e credere che possa essere creata una nuova relazione, una nuova condizione in cui...

Maggi: Sentirsi amati da Dio! Vedi, c’è un’espressione del Vangelo molto bella quando Gesù dice: “a chi di voi, quando vuole un pane il padre gli da una pietra”. Ci sono molte situazioni della vita che molti interpretano come pietre che schiacciano la loro esistenza, quando si accorgono che anziché essere una pietra è invece pane che alimenta la loro esistenza, la loro realtà cambia.
Il padre non è che ad alcuni da delle pietre, per schiacciare la loro esistenza, ma offre a tutti delle possibilità di vita, di realizzazione. Tutti ci realizziamo per mezzo dell’amore, questo vale per tutti, dal Papa al fedele.

Rigliano: Una cosa che vorrei sottoporti, ho letto una riflessione che mi ha molto colpito, che ritengo centrale per la nostra discussione, quello che Gesù vuole è che si realizzi la felicità, la salvezza nella ricerca e nella proposta di una relazione di amore a partire dalla condizione che la persona vive, a partire da quello che la persona è nella sua essenza.

Mi ha colpito il racconto della prostituta: chi erano le prostitute? Erano delle donne che erano state abbandonate da neonate dai familiari, messe magari ai crocicchi delle strade, erano sopravvissute, ed erano state prese da mercanti di schiavi, che le avevano allevate per farle diventare appunto delle prostitute perché la condizione della donna nell’antico Israele era una condizione infame.
Quando c’erano già delle donne in famiglia, altre donne che nascevano erano solo un peso intollerabile e quindi venivano esposte, rigettate dalla famiglia che le vedeva solo come un fardello, un peso intollerabile, che colpiva anche l’unità patrimoniale della famiglia patriarcale (pensiamo per esempio al discorso della dote ecc...), mentre invece era benedetto il maschio, quindi era una società misogina.Questo secondo me ancora una volta sottolinea la rivoluzionarietà del messaggio di Cristo che protegge, valorizza ed esalta la condizione femminile.

Ma, chiusa la parentesi, la prostituta era una persona che era in quella condizione di vita e non poteva che essere altrimenti perché era il crogiolo di tutte le impurità possibili e immaginabili, era l’emblema dell’orrore perché nella sua condizione convivevano tutti i tabù più inflessibili: il tabù della vendita del proprio corpo, dell’essere esposta come schiava ai voleri di un maschio e quindi non rispettava nessuno dei limiti della società; inoltre, l’essere senza famiglia e l’essere preda di tutti i maschi, la rendeva più vulnerabile delle vedove.

Mi piacerebbe avere una tua riflessione proprio sul rapporto che si instaura tra Gesù e la prostituta perché bisognerebbe analizzare con grande finezza il tipo di “soluzione”, di proposta e di prospettiva che Gesù apre, nel momento in cui questa donna è accolta, tenendo presente che la sua condizione rimarrà quella, perché questa donna non potrà essere reintegrata nella società giudaica del tempo...

Maggi: Infatti scandalizza che Gesù non le chieda di cambiare il mestiere. Molti confondono e aggiungono le parole che Gesù invece ha detto all’adultera: “Vai e non peccare più” ma alla prostituta non le ha detto “vai e non peccare più”, ma l’ha dette all’adultera, perché certo faceva parte di un matrimonio e quindi…. Ma alla prostituta Gesù non dice “vai e non peccare più” perché lei non aveva alternative.

Non si sa poi il seguito ma siccome subito dopo si dice che Gesù andava accompagnato da delle donne è probabile che anche questa donna sia entrata nel gruppo di Gesù con grave scandalo dei benpensanti. Infatti Gesù è stato criticatissimo.
Infatti quell’episodio è a luci rosse…. Immagina in un banchetto di farisei di soli maschi, le donne non si vedono. Entra questa donna, famigerata, con le armi del mestiere, il profumo, gli unguenti (per massaggiare i genitali).
I capelli poi, i capelli sciolti erano un richiamo erotico fortissimo, e Gesù lascia fare, perché questa donna vuole esprimere il suo ringraziamento nella maniera in cui ne è capace. Gesù non si ritrae: è il fariseo che giudica secondo le categorie morali e religiose e dice: “se questo fosse un profeta … chi è questa razza di donna, una peccatrice…”. Ma Gesù non vede una peccatrice, Gesù vede una donna e quindi il ringraziamento di questa donna Gesù lo accetta per quello che lei può fare.
Ma io andrei su un altro tema importante in tutto questo. Nel capitolo 15 di Giovanni c’è un versetto importantissimo che è valido per tutti.

Gesù dice: “il tralcio che porta frutto il Padre mio”, e non usa il verbo potare, come alcuni lo traducono, ma lo “purifica” perché porti ancora più frutto: questo è straordinario!L’unica cosa che il Signore ci richiede è di portare frutto.
Se ci sono in me degli aspetti degli elementi delle tendenze che io giudico negative, non sono io che devo pensare a eliminare questi aspetti perché rischio di andare a togliere via quel filo che magari è la trama della mia esistenza e poi soprattutto perché mi centro su di me e quando uno si centra su di sé combina disastri.

No, io devo impegnarmi ad amare gli altri, se c’è in me un aspetto che il padre giudica negativo, di impedimento, è lui che lo elimina, non io, non gli altri tralci e neanche Gesù. Capisci che questo da grande serenità e infatti poi dopo nella prima lettera di Giovanni, l’autore dice “Figlio, anche se il tuo cuore – che significa la tua coscienza - ti rimprovera qualcosa, magari, Dio è più grande del tuo cuore!

Questo significa qualcosa di straordinario: che il mio comportamento sia buono o no, io non lo devo fare consultando la mia coscienza, perché la mia coscienza è condizionata dalla legge e dalla morale corrente e magari mi sento in colpa.
Che il mio comportamento sia buono o no lo si vede dal volto del fratello col quale vivo. Se questo fratello o sorella esprime gioia, esprime serenità, il mio comportamento è buono.Capisci che questo è liberatorio, Quindi tu vivi per l’amore degli altri, se c’è in te qualche aspetto negativo è il Padre che ci pensa. Se lo fai te è un disastro perché magari vai a eliminare un aspetto che costituisce il tuo essere. Questo io credo che sia un brano molto importante.

Rigliano: Quindi mi pare che tu stai dicendo che tantissime sono le condizioni esistenziali in cui le persone vivono, in cui ognuno di noi si esprime, ci può essere, anzi, c’è sempre una pluralità di modi di essere, di talenti, di forze con cui veniamo al mondo e entriamo nella vita. Quello che salva e che sicuramente è un impegno è la capacità di creare e portare frutti, di donare amore. Credo, invece , mi pare, che l’approccio attuale a questa questione -come ad altre questioni - sia un approccio di tipo religioso o morale o ontologico.

La condizione, di per sé, è un marchio che autorizza ad escludere e che porta all’autoesclusione, mentre noi sappiamo che questo è l’esito di un processo di esclusione in base alle regole religiose. Questa è una questione fondamentale se guardiamo poi alla nostra storia, alla storia dell’umanità. Noi ci confrontiamo con l’orrore di concezioni in base alle quali se una persona cadeva in una condizione veniva automaticamente esclusa, tu in quanto donna sei esclusa dall’amministrazione dei sacramenti, dal sacerdozio…

Maggi: La chiesa nei confronti della sessualità non ha mai avuto un rapporto sereno, questo ha portato delle conseguenze devastanti. Tu pensa che fino a non moti anni fa, marito e moglie che avevano un rapporto d’amore non facevano poi la comunione perché in qualche maniera questo rapporto l’aveva come sporcati e invece il sacramento si esprime anche attraverso l’unione.

Rigliano: Mi pare che ci sia anche un altro discorso estremamente importante a questo riguardo e direi - ora che ti ascolto - anticristico: la condizione omosessuale viene letta con uno schiacciamento di tutta la condizione sulla sessualità, intendendo per sessualità solo esplicazione di atti sessuali. Non si vede tutto il mondo della persona omosessuale: la capacità della persona di amare, di creare affetti, di creare relazioni, perché è chiaro che tutte le relazioni producono un bene sociale, producono valore, producono occasioni, modi di realizzarsi.

Il fatto stesso che tutta l’umanità della persona venga coartata e imprigionata sugli atti omosessuali, su una sessualità intesa non come una sfera enorme e comprensiva dell’essere umano, ma come mero esercizio ormonale o degli organi genitali.
Ecco, tutto questo è già una violenza fortissima. Mi pare invece che dagli episodi che stiamo cercando di mettere a fuoco la dinamica che Gesù annuncia è esattamente il contrario: dove i farisei vedono il comportamento della donna (che i piedi di Gesù cominciò a "bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato", Luca 7:38) come l’esercizio della prostituzione in senso quasi tecnico.

Mentre invece Gesù vede l’espressione di una modalità di approccio all’umano enorme, insondabile e incontenibile, perché questa donna esprime tutta se stessa, non esprime solo un approccio meramente erotico. Mi pare che questa sia una questione fondamentale, perché uno dei meccanismi dell’esclusione è abbattere la complessità, la completezza e l’integrità dell’umano per focalizzarlo - e bisogna pur dire, inchiordarlo - sugli atti omosessuali.

Maggi: Come dicevo all’inizio, io mi trovo a disagio a dover parlare con definizioni del genere perché c’è la persona. Quando Gesù incontrò il pubblicano, non vide un pubblicano, in lui vide un uomo. Non lo blocca per quello che fa, lui vede l’uomo, quando vede la prostituta vede la donna. Noi parliamo di uomini e di donne con la loro piena dignità, con doveri e diritti uguali a tutti gli altri, perché quando si mette quest’etichetta…

Rigliano: Ti posso interrompere? Perché questo argomento viene utilizzato per impedire agli omosessuali di amare, cioè, questa procedura del dire “tu non sei omosessuale, tu sei una persona” viene utilizzato oggi da tutti i fondamentalisti per negare senso al loro amore omosessuale.
Cioè si fa appello ad un livello superiore per impedire che il livello “a valle” possa esser ammesso, possa addirittura esistere…. Eh no! il movimento che stai facendo tu è un altro. Certamente bisogna considerare l’integralità dell’essere umano, ma non per eliminare una parte importante ma esattamente per ricomprenderla nella condizione degli esseri umani…

Maggi: Qualunque dottrina che va contro il bene dell’uomo è sconfitta già in partenza, perché nessuna dottrina “giusta” deve poter volere il male dell’uomo...

Rigliano: Guarda, ti racconterò che, dopo il mio primo libro, ho cercato un dialogo con il responsabile del seminario teologico di Milano e, mi ricordo, lui rifiutò categoricamente dicendo: “sono incommensurabili le nostre posizioni, lei vuole il benessere delle persone, noi vogliamo il Bene delle persone”. Quindi il punto è: chi è autorizzato a essere il depositario e a definire il Bene delle persone? Perché questa è un’altra questione fondamentale.
A me pare che nella dinamica degli episodi che stiamo vedendo, il bene non è il presupposto a priori. Imporlo dall’alto è proprio di un’istituzione che prescinde da ogni incontro reale con l’Altro. Il bene è quello che scaturisce “ascoltando” la condizione che l’altro esprime, o no, mi sbaglio?

Maggi: Una delle frasi più oscene che si possono dire è: “l’ho fatto per il suo bene”. In realtà, l’ho fatto per mio interesse, per il mio egoismo.
Comunque sono battaglie già perse, perché l’amore fa parte dell’essere dell’uomo, si può vivere senza tutto ma non senza amore, l’amore è parte costitutiva, la più vera dell’uomo; qualunque dottrina che limiti, che impedisca agli uomini di amare è destinata già in partenza a fallire...

Rigliano: Condivido completamente, tanto più che una delle questioni si cui verte ormai uno scontro epocale è che gli omosessuali tutto devono fare fuorché completare il loro amore…

Maggi: Io sono prete e ho fatto il voto di castità con convinzione e ne sono convinto e mi è stato insegnato fin dai giorni del noviziato che era un carisma, cioè un dono che il signore mi faceva, ebbene io non posso imporre questo dono a persone che non hanno fatto questa scelta di vita celibataria, quindi è una contraddizione.

Rigliano: Non solo, credo che la chiesa - mi viene in mente ora quest’immagine - ponga quest’obbligo alla castità per le persone omosessuali come una regola di esclusione, come una regola di salvaguardia della purezza, cioè: “voi non potete, dovete stare in un recinto” appunto non come carisma ma come reclusione dentro il territorio della castità, non potere superare queste barriere altrimenti la purezza viene meno.
Mi pare che questo stia ancora dalle parti del lebbroso, dalle parti del pubblicano, del cieco nato, cioè l’esclusione da un territorio di vita, mi pare che sia l’equivalente quasi del toccare. Anche questa questione dell’incontro fisico mi pare che svolga lo stesso ruolo che aveva l’intervento del toccare nei confronti del lebbroso, della prostituta, nei confronti di tutti gli esclusi, perché poi gli esclusi erano quelli che non dovevano essere toccati, non potevano esserci contatti diretti e il contatto diretto per eccellenza è quello sessuale.

Mi pare che questi discorsi siano molto importanti, perché è come se su questa questione dell’omosessualità venissero a condensarsi una serie di dinamiche e soprattutto di presupposti mentali che, a mio avviso, ma tu correggimi con un visione più ottimistica, non sono stati pensati criticamente fino in fondo, per esempio, che questo meccanismo di esclusione sia anticristico, che tutti i meccanismi che mirano ad escludere parte del creato, parte dell’umanità dalla capacità di amare, siano dei meccanismi satanici, dei meccanismi per eccellenza produttori di ingiustizia, produttori di sofferenza, di un malessere collettivo, soprattutto di un’ingiustizia, che nega alla radice la legge dell’amore.
Questo secondo me è una cosa importante, perché proprio nell’analizzare questa sorta di sistema diabolico che la chiesa cattolica ha messo su, mi pare che ci siano tutta una serie di elementi contro i quali Cristo si è schierato...

Maggi: Vedi, la chiesa come di fronte al divorzio si è trovata impreparata a queste problematiche che nel passato non esistevano, e purtroppo quando la chiesa si trova di fronte a delle novità reagisce con delle chiusure. Apparenti, perché, in realtà, ci sono commissioni di studio riguardo alla tematica… pensa soltanto alla contraddizione riguardo al divorzio.
Pensa che ora il peccato di divorzio è peggiore di quello di omicidio, perché se tu ammazzi tua moglie e poi ti penti, tu ritorni di nuovo nella comunione della chiesa, ma se tu divorzi per te non c’è più perdono. Possibile che sia più grave divorziare da un coniuge che ammazzarlo? E quindi ci sono commissioni allo studio, anche per il divorzio e per la condizione omosessuale.

Io sarei fiducioso perché l’umanità più cresce e più si scopre la dignità dell’uomo e più il messaggio di Gesù viene compreso, perché non bisogna partire dal messaggio di Gesù per capire la dignità dell’uomo, ma più si scopre la dignità dell’uomo - oggi si parla di diritti civili nei secoli passati erano impensabili i diritti dell’uomo - più si scopre la dignità dell’uomo e più ci si accorge della forza del vangelo.Io sarei ottimista perché tanto andando avanti l’umanità crescerà in tutto questo. Il compito di noi, come chiesa, è di non stancarci ad annunciare l’amore, questa è l’unica cosa.

Un altro tema che non c’entra niente con questo, quello dell’aborto. Da quant’è che la chiesa tuona contro l’aborto, non c’è papa che non si scagli contro l’aborto e non mi sembra chi i risultati siano evidenti.
Sono 34 anni che sono prete eppure non ho mai pronunciato la parola aborto, né in una predica né in un incontro, eppure non immagini quante donne poi mi hanno rivelato di non aver abortito dopo una mia predica, dopo un incontro, donne che già avevano l’appuntamento in clinica nei giorni seguenti, e sai perché? Perché sentono il messaggio della buona notizia, si sentono amati, sentono la fiducia, sentono la forza di un padre che si prende cura di te anche negli aspetti minimi. Allora andiamo avanti con questa linea di annunciare l’amore e lasciamo che le persone sappiano recepirlo e vivano come credono.

Rigliano: Io sono un po’ più pessimista di te perché da quello che mi pare di aver capito, leggendo e interrogando, mi pare che questa questione in particolare dell’omosessualità sia un problema terribile nella chiesa perché manca una profonda riflessione e la chiesa non riesce a fare i conti con una tradizione plurisecolare terribile.

Terribile, anche perché la questione, da tanti punti di vista teorico-filosofici- morali, ecc, rimette in questione tutta una serie di cose, per esempio rimette in questione un punto che nell’attuale pontificato, nell’attuale temperie culturale e ideologica è la questione dell’Ordine. La chiesa in questo momento pretende di rimanere salda su una concezione dell’ordine naturale divinamente creato e determinato e quindi tutto ciò che sembra non rientrare in una concezione fondamentalista, basata tra l’altro su una lettura letterale della bibbia, tutto ciò che sembra fuoriuscire da questo è destinato a essere respinto dalla chiesa.

Quindi l’omosessualità fa problema perché rimette in discussione questa concezione dell’Ordine, il rapporto tra diversi piani dell’esistenza, rimette in discussione quella che è la dottrina attuale che viene fondata biologicamente, secondo quello che è stata chiamato la teoria “della chiave e della serratura”, cioè uomo e donna sono complementari da punto di vista meramente fisico più ancora che biologico e questo poi fonda una morale, fonda una concezione dell’umano.
Ancora una volta io credo che questa posizione sia profondamente anticristica. Quello che mi pare di aver ricavato è che invece l’umanità va oltre questi limiti.

Maggi: Pensa alla affermazione di Paolo che in Cristo non c’è più né uomo né donna, c’è la persona, quindi c’erano i germi per tutto questo.

Rigliano: Però credo che questo sia un messaggio fortissimo della buona notizia, credo che questo elemento, di come trattare le differenze, di come trattare le diversità, e che le diversità non portano e non possono portare all’esclusione e all’emarginazione, ecco questo mi pare una sfida eccezionale e straordinariamente distruttiva di una concezione religiosa di tipo moralistico.

Maggi: Cadono i rami secchi, ma non è che si causa chissà quale scossone. Cadranno i rami secchi, e quando cadono i rami secchi spuntano le gemme del nuovo.

Rigliano: Credo, dalle letture che ho fatto, che questa via evangelica non viene tanto battuta da coloro che vogliono reintegrare la condizione omosessuale nella comune umanità. Mi pare che ci sia una grande ossessione a contrastare il dettato della chiesa cufficiale, polemizzando molto sulle interpretazioni dei passi della Genesi oppure contestando le interpretazioni classiche dell’episodio di Sodoma oppure contestando l’interpretazione di alcuni termini (“arsenokoitai”), della lettera di Paolo ai Romani, etc… .
Mi sembra invece che il tesoro assoluto dell’umanità, la sfida evangelica, non venga mai colta appieno, ecco perché insisto così tanto nel cercare di capire quali tipi di proposte, quali dinamiche possono rompere, a partire dal Vangelo, gli schemi dell’esclusione.
Io penso che lì, nel Vangelo, ci sia una sfida in cui dobbiamo situarci, mentre invece la chiesa continua a ribadire questo Ordine assoluto e molte persone poi vengono trascinate dalla contrapposizione a questa concezione reazionaria e fondamentalista che in questo momento sta andando per la maggiore, anche per il profilarsi di gruppi di pressione straordinariamente potenti.

La domanda che mi sta a cuore è “come sia possibile conciliare la condizione di vita gay-lesbica e una vita autenticamente cristiana”. Questo è il mio assillo. E’ possibile immaginare una visione più propositiva, liberatoria, propriamente evangelica?
E quindi che si ponga non solo oltre la visione tradizionale della castità etc., ma autenticamente secondo Gesù, non solo di superamento, quando non di rottura con una tradizione, ma con una nuova conciliazione e apertura all’umano, che sia una prospettiva nuova? È possibile una relazione amorosa gay e lesbica alla luce del vangelo?

Maggi: Io mi trovo difficoltà. Perché parlare solo di gay? Perché parlare solo di loro? Parliamo delle persone, senza definire un loro aspetto. Non è per esser reticente, c’è la persona, cosa interessa qual sia il suo orientamento, le sue pulsioni? Sarebbe come se tu venissi da me a confessarti e mi dicessi: “ho gli occhi chiari”. A me cosa interessa? Come se ti dicessi “ho i capelli biondi”

Rigliano: Però l’omosessualità, secondo l’interpretazione della chiesa gerarchica, porterebbe a escludere delle possibilità di amore, proprio per il fatto di vivere tale condizione. Il fatto di realizzare un’affettività omosessuale porta di per sé la persona ad esser esclusa, secondo l’interpretazione ufficiale della chiesa.

Maggi: Sono problemi nuovi, ci vuole del tempo, bisogna dare tempo perché la chiesa li assimili, purtroppo i tempi della chiesa sono lunghi, forse esageratamente lunghi a volte. La chiesa dovrebbe essere il locomotore che traina la società, mentre spesso purtroppo è il vagone di coda, è triste dover ammettere che non ci sia stata novità nella storia dell’umanità che non sia stata osteggiata proprio dalla chiesa.
Sai, quando inventarono le ferrovie, il papa disse che era uno strumento del diavolo per portare la corruzione nel mondo. Come per i vaccini. Non c‘è stato progresso nell’umanità che non sia stato osteggiato inizialmente dal papa.
Pensa che c’era un papa che quando inventarono gli occhiali disse – appunto per tornare alla legge naturale - che era contro natura portare gli occhiali perché se Dio ti aveva creato “cecato” e tu portavi gli occhiali era un insulto a Dio.
Quindi tu dovevi non portarli per essere un buon cristiano. Allora, non parliamo di cose di cui non ci ha mai parlato Gesù.
Gesù ci ha lasciato un unico comandamento: amatevi tra di voi come io vi ho amato, non dice come vi amerò, un dono d’amore futuro, ma proprio come io vi ho amati, e come vi ho amati? Lavando loro i piedi, servendo e questo è valido per tutti e per tutte le categorie di persone, non ci sono categorie escluse… nessuno si deve sentire escluso da questo comandamento.

Rigliano: Tu sai che uno degli argomenti contro gli omosessuali è appunto quello che loro mancherebbero della giusta complementarietà, che è stata creata da Dio perché l’unione tra l’uomo e la donna per dare luogo alla procreazione e quindi al progetto di Dio per l’uomo.

Maggi: Sai, il comando dell’inizio dell’umanità nel Genesi, “crescete e moltiplicatevi” Gesù non l’ha mai fatto suo, anzi Gesù ha addirittura invitato a farsi eunuchi per il regno di Dio, l’importante è la realizzazione della persona attraverso l’amore. Poi sarà la persona nella sua libertà che sceglierà modi e modalità conformi a quello che sente. Non ci sono mica delle gabbie, altrimenti è atroce questa condizione umana con delle gabbie prefissate, quindi c’è la libertà. Libertà che nasce dall’avere orientato la propria vita nel bene, al servizio degli altri, amatevi tra di voi come io vi ho amato, questo è valido per tutti.

Rigliano: Certo, tu dici bene che non c’è nessun insegnamento diretto e prescrittivo riguardo alla sessualità umana e alla sessualità nel senso ampio. Direi che c’è sicuramente una definizione, ecco un invito, il dono di una relazionalità fatta veramente di amore.
Da questo punto di vista anche le relazioni intime, le relazioni interpersonali fondative della coppia - secondo me - possono essere interpretate alla luce di questo messaggio.Io ho cercato di capire per esempio come può esser espressa alla luce di questa proposta liberatoria: innanzitutto il dono di sé all’altro, in termini di offerta, in termini di proposta, in termini di servizio, di solidarietà, di costruzione di un senso che sta appunto nel creare le condizioni perché anche l’altro possa star bene. Ecco, credo che il venire incontro all’altro, sia “il toccarlo”, sia il liberarlo dalle costrizioni, dalle coercizioni, dall’esclusione o dall’oppressione, dalla violenza, pensiamo all’episodio della prostituta, pensiamo al soccorso negli impedimenti oggettivi, il cieco nato oppure l’emorroissa.

Maggi: Riguardo al cieco nato, è clamoroso quell’episodio, perché lì si confronta la dottrina, il dogma e l’esperienza personale. Quando c’è un conflitto tra la dottrina e l’esperienza personale, l’esperienza personale è più forte della dottrina.
Loro, i capi (religiosi), vogliono convincere l’uomo che per lui era meglio rimanere cieco piuttosto che essere stato curato da un peccatore. Allora l’uomo, con grande ironia, dice, io di teologia non capisco nulla, e se sia peccatore o no questo lo sapete voi, io so solo che prima non ci vedevo ora ci vedo e per me va bene così.
Quindi la propria esperienza personale, insegna quel brano, la potenza di vita è più forte del dogma, della dottrina che ti hanno insegnato. È un episodio clamoroso…..

Rigliano: Devo dire che l’avevo già trovato commentato secondo questo tuo senso nel libro di James Alison, “Coscienza cattolica e coscienza gay” (TITOLO ESATTO???), che ho letto e apprezzato molto. L’autore apre questo libro con una bellissima riflessione proprio sul cieco nato, una cosa straordinaria, devo dire, sulla scorta di René Girard, fa un’analisi straordinaria. Io ritengo appunto che questa sia una strada che noi dovremmo continuare, perché il vangelo è un messaggio di inclusione, un messaggio di salvezza nel momento in cui io e la comunità, ognuno, si fa carico di richiamare

Maggi: C’è già tutto quello che abbiamo detto. Quelli che giudicano l’episodio in base alla dottrina, pensano che Gesù è un peccatore, perché ha trasgredito la Legge, si chiedono infatti come può un peccatore aprire gli occhi ai ciechi… c’è allora questo conflitto.
Allora giudichiamo le situazioni in base alla dottrina o in base al bene dell’uomo? E tutte le volte che c’è un conflitto tra la dottrina e il bene dell’uomo Gesù non ha avuto esitazione, a rischio della propria pelle.

Rigliano: Certo, quindi il dono dell’inclusione, il dono di sé, la parità è una cosa altrettanto importante, perché non si può essere dentro una gerarchia definita a priori, perché la vita è differenza, è cercare comunque la parità nell’umanità. La parità nel bisogno dell’altro, nella sua possibilità di creare un senso.

Maggi: Noi diventiamo le persone che accogliamo nella nostra vita. Ogni persona che io incontro e che accolgo è il tassello che mi mancava per essere me stesso, quindi allora si guarda con gratitudine l’altro.
E’ un po’ un completamento, ogni persona nuova che incontriamo, che conosciamo è un regalo che Dio ci ha fatto per dirci quanto ti voglio bene, guarda chi ti ho fatto incontrare. Perché se non avessi incontrato e non avessi accolto quella persona ci sarebbe stato un buco nero nella mia esistenza, quindi l’altro è un dono che il signore mi ha fatto per la mia felicità, non lo posso vedere come un attentato alla mia sicurezza o alla morale…

Rigliano: Quello che mi interessa, anche perché penso che questo sia un discorso estremamente attuale e persino esplosivo, è come trattiamo le differenze. Oggi, infatti, c’è un problema in quanto ci troviamo a convivere e a condividere differenti situazioni con persone che vengono da tantissimi tradizioni, civiltà, abitudini e approcci psicologici e sociali.
Pensiamo alla condizione della donna in altre società, a quella dei bambini, lo sfruttamento, la sessualità, l’ingiustizia, pensiamo a tutto il sistema indiano delle caste e a come tutto questo sia massimamente importante. C’è bisogno, dunque, da una parte, di attrezzarci per interagire con la vita che è fatta solo di differenze.

Ognuno di noi è una differenza per l’altro e, dall’altra parte, dobbiamo cercare di aprire una prospettiva che crei un senso. Allora, a me pare che in questo si giochi una partita cruciale, perché c’è il rischio - e c’è anche una retorica - di accogliere qualunque differenza senza esser chiamati veramente in causa… invece mi pare che, il fatto stesso che tu richiamavi prima, che Gesù stesso avrebbe rimproverato il lebbroso, mi pare che quello che dovremmo tenere presente è la dinamica che si crea, in cui tutt’e due i partecipanti o tutti i partecipanti vengono cambiati in vista della creazione di un bene, perché non ci si possa sottrarre né all’accoglienza né alla realizzazione specifica e concreta dell’accoglienza, perché altrimenti si cade in una retorica purtroppo oggi molto in voga e poi di accogliere qualunque differenza senza una reale considerazione su che cosa voglia dire questa differenza.

Maggi: Mi pare che ci sia il criterio già espresso da Paolo, “vedete tutto è fatto di discernimento, prendete quello che è buono, perché non tutto quello che vedete è buono, ma tutto quello che mi arricchisce, tutto quello che mi completa”….

Rigliano: Tutto quello che crea bene, questa cosa è importante…

Maggi: esatto! Dice di esaminarlo, esaminate tutto…. Non dice di rifiutare, dice esaminate tutto….

Rigliano: Ti faccio una domanda più intrigante e nuova in qualche modo. Per spiegarmi bene faccio un esempio: credo che lo stesso Vangelo, la lettura che noi diamo del vangelo, sia cambiata quando le interpreti sono state a pieno titolo anche le donne, e quindi con lo sguardo delle donne, di oppressione, di essere considerate inferiori, di essere considerate appunto quasi depositarie dell’impurità, insignite di titoli dispregiativi etc … quando le donne, in una prospettiva di liberazione, hanno guardato appunto al vangelo. Secondo te, è possibile che - passami il termine - uno sguardo gay sul vangelo produca dei frutti nuovi? Per esempio, il fatto di vivere un’esclusione, sulla base di una condizione “ontologica”, cioè quando una persona vive una condizione di differenza, ecco a partire da questa tipo di esperienza storica, perché gli omosessuali sono stati rifiutati, sono stati perseguitati anche dalla stessa chiesa, per esempio oggi sono esclusi dal sacerdozio…
Allora, secondo te questo sguardo produce qualcosa di nuovo? Secondo te uno sguardo gay ci aiuta a cogliere dei tesori e delle suggestioni?

Maggi: Ecco, ritorni con queste etichette. Uno sguardo umano sul vangelo, uno sguardo degli emarginati... Vedi le donne hanno portato dei grandi contributi al Vangelo, ma poi con il femminismo hanno esagerato in una maniera folle, hanno imposto il loro punto di vista, la contestazione che Dio è padre … ma queste visioni sono visioni parziali e non contribuiscono alla lettura del vangelo. Allora facciamo una lettura umana, questa la possono far tutti altrimenti tu ti ritagli la tua nicchia…. Tu ti ritagli l’altra.
Gli emarginati, tutte quelle categorie di persone che dalla religione si sono sentite emarginate o rifiutate possono capire il vangelo: perché viene chiamato buona notizia? Proprio perché per la prima volta nella storia c’era un Dio che – secondo la religione, Dio premia i pochi buoni e castiga i molti malvagi - ma per la prima volta nella storia appariva un Dio non Buono, ma esclusivamente buono, che l’amore lo dava a tutti. Questa è stata la buona notizia di Gesù.

Tanto più ecco che il vangelo comincia con i pastori che era simbolo degli emarginati, peccatori e invece l’hanno capito. Da chi è stato rifiutato il Vangelo? Dalle persone pie, dai sommi sacerdoti, dai farisei, per questi era intollerabile l’annuncio della buona notizia. Ma per tutta quella massa dei peccatori, della gente fuori della legge, della gente emarginata è stata la buona notizia. Quindi (ci vuole) uno sguardo umano, altrimenti si rischia d’interpretare in maniera errata il messaggio di Gesù, che era (ed è) un messaggio universale e dunque non si può interpretarlo con un’ottica parziale perché è un messaggio universale.

Rigliano: Cosa possono fare i cristiani riguardo alla questione gay? Cosa e come possono fare in questo momento. Chi si mette nell’ottica autentica del vangelo rispetto alla questione gay?

Maggi: Io credo che ci voglia innanzitutto la conoscenza, perché ciò che non si conosce insospettisce, mette paura e quindi la cosa importante è la conoscenza. Poi lo vedi che queste persone sono state emarginate, demonizzate, sono le persone che ti sono accanto.
Persone pienamente normali di cui non sospettavi e quando le conosci dici: toh! Quando vedi invece che è l’impiegato di banca, il macellaio o la cassiera con cui tu hai a che fare, che però stanno nascosti perché sanno che la loro condizione non è accettata.
Io sto in questo paese (montefano), dove sembra non esistere la problematica… Non è possibile, non ci sono, qui sono invisibili. Io ormai sono 15 anni che sto qui, non ne conosco uno o una, nonostante sentano dalla nostra chiesa un messaggio d’amore, nessuno di questi si è mai fatto avanti per un colloquio, per un incontro… Pensa che oppressione, che repressione vivono. Allora è indegno rendere invisibili le persone, è indegno che siano costretti a mascherarsi. Allora ecco il perché della conoscenza, la conoscenza innanzitutto, per conoscere le persone nella loro realtà…

Rigliano: C’è tutta poi la parte per così dire “critica”, l’abbiamo un po’ sfiorata: contro i gay e le lesbiche la chiesa ha messo su un armamentario di interdizioni, di imputazioni per escluderle da qualunque considerazione: dalla piena espressione della propria affettività, dalla possibilità di creare delle relazioni, dalle possibilità di esprimersi.
Per la chiesa cattolica l’omosessuale migliore, l’unico accettato è quello che non esiste, appunto l’invisibilità. E quale migliore invisibilità di quella che deriva dalla non esistenza?
E allora ha messo su questa batteria di armi, di imputazioni, per esempio l’infecondità: le unioni omosessuali sono contro natura perché sono infeconde, perché non sono aperte alla fecondità, e queste li escluderebbe dal consesso umano. Quando poi si va a indagare sotto la vernice, salta fuori che è un costrutto fatto apposta per escludere, un po’ come gli interventi della legge nei confronti del cieco nato.

Maggi: Anch’io sono infecondo eppure non sono escluso né mi sento escluso dal consesso umano!

Rigliano: Faccio l’avvocato del diavolo: uno poh4gialdbe dire che tu sei una persona singola, sei te stesso….

Maggi: Io sono in una comunità, vivo con altre persone e tutti quanti siamo infecondi. Siamo fuori dal consesso umano? Non mi pare proprio.

Rigliano: E quindi nel momento in cui i gay, da soli oppure nella realizzazioni umane che sono aperte a tutti costruiscono per se e per gli altri questa felicità, tu dici fanno parte del progetto della Creazione….

Maggi: È chiaro! tutti quelli che amano e comunicano vita contribuiscono all’azione creatrice. Altrimenti io non credo che il Padreterno ci equipari a dei conigli fecondi, no? La fecondità sta nell’amore.

Rigliano: Mi pare che questa tua visione evangelica faccia saltare d’un botto, per così dire, alla radice tutto questo apparato concettuale di prescrizioni, di interdizioni, di infecondità: la non complementarità uomo-donna, il non essere a immagine di Dio, il non entrare nel progetto di Dio, l’andare contro la tradizione, l’esser contronatura, contro le leggi biologiche, contro le differenze che Dio ha posto come fondamento dell’umanità, contro il valore della sessualità che è stata preordinata da Dio nel suo disegno creatore. Tutte citazione da testi della chiesa, naturalmente.

Maggi: Non sono esperto di questa tematica. Bisognerebbe comparare quello che la chiesa diceva cento anni fa e quello che scrive adesso su questa tematica, io credo che un progresso ci sarà senz’altro stato.

Rigliano: Si, non c’è tantissimo. C’è una certa evoluzione che in questo momento si è bloccata, perché delle aperture s’intravedevano. Il fatto stesso che la chiesa fosse arrivata a dire che c’è una condizione omosessuale irreversibile, una sorta di essere delle persone questo è già stato un passo in avanti, perché la chiesa prima aveva sempre rifiutato l’esistenza di queste persone, vedeva solo degli atti frutto del peccato, frutto di scelte.

Maggi: Peccatori, peccatori…

Rigliano: Appunto, colpe innominabili… Il fatto stesso che riconoscesse la condizione delle persone era già un passo avanti. Ultimamente questo processo si è arrestato, anche con l’arrivo sulla scena di questi terapeuti riparativi, che danno l’illusione che esistano solo atti omosessuali e che appunto siamo tutti eterosessuali, che non possano esistere nel disegno creatore di Dio gli omosessuali, esistono solo eterosessuali che sbagliano per un frutto patologico, psicopatologico. Dunque la chiesa si trova sollecitata a ritornare alle posizioni antiche, per cui il disegno di Dio sull’uomo è perfetto, per cui esistono solo eterosessuali, gli altri sono quelli che indulgono sulla base di meccanismi patologici a tendenze perverse. Quindi c’è una sorta di arretramento; mi pare invece che questo discorso fondato sul vangelo faccia piazza pulita di tutte queste costruzioni qui arzigogolate.

Maggi: Sai, quando Gesù lo contestavano, lo contraddicevano, lui ha avuto parole molto dure: “attenti voi che avete occultato il comandamento di Dio per impiantare le vostre tradizioni di uomini”. Bisogna stare sempre molto attenti a distinguere quello che è tradizione dell’uomo, che quindi è modificabile, può evolversi, con quello che è il comandamento di Dio che rimane. Le tradizioni degli uomini mutano, cosa non cambia?

Rigliano: Certo. Secondo il Levitico la relazione omosessuale nella concezione del tempo e anche popolare parifica almeno uno dei partecipanti alla donna, e siccome la concezione era appunto patriarcale e molto misogina, tutto ciò che cadeva nel femminile era di per sé negativo. Tanto più un maschio quando si faceva femmina (ricordiamoci: “non ti giacerai con un uomo come si giace con una donna”, è importante anche la costruzione linguistica), perché questo è il massimo dell’abominio per definizione, proprio perché c’è il superamento di un confine da non superare mai. Le donne erano confinate in uno spazio ristrettissimo da non valicare mai, fortemente oppresso, e quando un uomo entrava in quello spazio rinunciando alle prerogative proprie del suo genere era il massimo dei peccati possibili e concepibili.

Maggi: Questa è mescolanza dei generi. L’impurità è il disordine! Ma chi entra poi nella classifica di questo ordine? Perché Dio ha creato tutto, secondo la Genesi, secondo un certo ordine, noi non possiamo alterarlo. Ma chi detiene poi la classifica di questo ordine?
A stabilirlo è stata la casta sacerdotale, che aveva l’egemonia sul mantenimento dell’ordine e della purezza. Se l’ordine non veniva garantito, il culto saltava per aria e se il culto salta per aria noi siamo persi, è tutta una questione per garantire la sopravvivenza del popolo. E soprattutto con un tipo di rapporto con Dio basato sul: “se tu mantieni il suo ordine Lui ti conserva”. Allora da lì è nato questo concetto di impurità.
Il disordine è inteso come il contrario del piano di Dio per il genere umano. Per esempio perche gli ebrei non possono mangiare la carne con il latte? E’ proprio perché quest’ordine suppone che tu non puoi mescolare la vita con la vita. Allora, ecco che la donna non può prendere parte al culto: perché lei, per il fatto del sangue (ndr mestruale) e soprattutto con la gravidanza, lei supera quelle che sono le soglie dell’umanamente possibile, perché lei entra nell’ambito del mistero del far nascere la vita, che è solamente prerogativa del divino. Questo crea un disordine enorme, ecco perché la donna la vedono come qualcosa di pericolosissimo.
Allora lei deve fare tutte quelle abluzioni perché deve recuperare tutto quell’ordine che si era perso con la sua mestruazione o con la sua gravidanza, quindi tutto è in funzione di questa cosa.Oggi il fatto che la donna sia allontanata dall’altare è proprio a causa del sangue. Il sangue crea un senso di disordine enorme, perché il sangue non può fuoriuscire dal corpo perché questo crea impurità - cosa che non deve accadere - questo significa impurità. Noi viviamo ancora con questa mentalità di allora, di un ordine stabilito dalla casta sacerdotale, sempre in funzione del culto e ovviamente di un loro dominio su tutto quello che è la realtà sociale.

Rigliano: La mia idea è che gli omosessuali –anche oggi!- svolgano questa funzione di recipienti di tutti questi tabù residui, che sono poi giustificati da questo armamentario messo in piedi dalla casta sacerdotale di oggi, la complementarietà fisica che viene fatta, che è una tesi nuova, cioè nella storia della dottrina della chiesa, il rifarsi a Genesi, quindi uomo e donma li creò, che è oggi il fondamento della condanna degli omosessuali, non era (quasi) mai stata portata.

Maggi: Però questa affermazione “donna e uomo li creò” mica è stata recepita nella mentalità maschile, mica è stata accolta nella mentalità comune, perché lì quello che prevale è il potere dell’uomo.Se tu stai al testo, certo, il senso della creazione è fondato sul fatto che la donna è creata dalla costola di Adamo. Abbiamo due discorsi della creazione, quindi “maschio e femmina li creò” passa in sordina e si prende sempre la storia della donna creata dalla costola dell’uomo, per giustificare la sua inferiorità, per sancire la sua subordinazione.

Rigliano: Per quanto riguarda le relazioni cosa immagini che possa avvenire? Tu dici che prima o poi la chiesa dovrà accettare questa realtà, che ci siano delle coppie gay e quindi hanno anche dei diritti e dei doveri. Penso che il tuo pensiero sia questo, che poi nella storia le cose vengono a galla e in qualche modo poi entrano nella coscienza comune.

Maggi: Non so, non ho idea, mi sembra che la società si evolve… Queste situazioni vengono ormai parificate in tante nazioni, lasciamo che la vita vada avanti, guarisce da sola, poi dopo è difficile sapere cosa sarà. Io confido nell’uomo, nel suo desiderio e nella sua intelligenza, nel suo desiderio di amore e di libertà e soprattutto la pulsione della vita, la vita è più forte, più forte di tutto e stiamo a vedere…

Rigliano: Qualora ci fosse un qualche riconoscimento, che tipo di differenze semmai esisterebbero tra coppie omosessuali e eterosessuali. Aancora una volta - mi pare di capire - sarebbe il fiorire di una diversificazione della vita, ci sono tante forme, c’è la tua, la vostra, c’è quella di persone che hanno figli, quella di coloro che non ce l’hanno, quelli che possono adottare. Voglio dire, che fa parte di un arricchimento della diversificazione…

Maggi: Lasciamo studiare il fenomeno e vediamo cosa ci sarà.

Rigliano: Facendo un po’ una sintesi mi pare che abbiamo toccato molte cose importanti, fondamentali- Per me resta fondamentale il vangelo, per me resta fondamentale la proposta - davvero di rottura - di un modo di essere verso se stessi e verso l’altro.

Maggi: La chiesa non la guidano gli uomini, la guida il Signore, è lui il pastore e noi siamo il suo gregge. Nel vangelo di Matteo c’è l’immagine della famosa pecora, che si dice perduta, ma Matteo usa un altro termine, dice ingannata, che scappa dal gregge perché si è sentita ingannata. Ebbene quando il pastore la va a prendere non la riporta nel gregge, causa della sua defezione e del suo inganno, ma entra in relazione con questa pecora, e quindi si può appartenere al Signore anche senza essere nel gregge, senza entrare in un gregge che può essere fonte di scandalo e di espulsione.In Luca c’è la pecora perduta, che simboleggia il peccatore, ma in Matteo la pecora è ingannata, non è una pecora smarrita ma ingannata e il discorso è proprio l’inganno, lo scandalo.Ecco lì Gesù ha parole terribili, quando dice che è meglio che si metta una macina al collo perché questo scandalo è stato causato dall’ambizione dei suoi che litigano continuamente per sapere chi sia il più grande e il più importante.

Gesù dice se uno di voi fa cadere uno di questi, che non sono i bambini, il termine greco è micron ed indica invece gli invisibili della società, quelli che hanno sentito che nella comunità di Gesù c’è amore, fratellanza, ma che poi entrano dentro e trovano gelosie, rivalità, e allora questi inciampano, questo è lo scandalo.Allora questo è lo scandalo! Allora Gesù dice che se anche uno solo di voi causa scandalo a uno di questi, allora io non lo voglio vedere, né di qui né di là, ecco perché dice “si metta la pietra della macina al collo”, proprio perché scompaiano, non emergano più del tutto.
Sono parole tremende, ma le parole di Gesù sono tremende non per quelli che cadono, ma per quelli che sono occasione di caduta. E poi Gesù parla di questa pecora ingannata, il Signore va e la recupera ma non la riporta nel gregge.

Rigliano: Parole molte belle. Un ultimo messaggio ancora, fai conto di parlare ad un’audience gay e lesbica, che parole diresti? Quale sogno per l’avvenire? Che prospettiva, che compito, quale impegno?Cosa è importante per te comunicare? Perché davvero in questo momento le chiese vengono viste come il bastione formidabile dell’opposizione ad una autentica emancipazione umana e questo provoca grossi problemi, grosse sofferenze ed anche un impoverimento per tutti. Questa è la mia preoccupazione principale, oltre le stesse gravi sofferenze, perché credo che questo provochi il degrado del messaggio di accoglienza e di parità radicale dell’umano.

Maggi: Io potrei dire solo questo, magari è un po’ deludente. Non siate preoccupati e non pensate ai vostri problemi. Siate preoccupati e occupatevi dei problemi della società e il resto viene da sé. Come dice Gesù: “cercate il regno di Dio e il resto vi verrà dato in aggiunta”. Non restate sulle vostre problematiche, sulle vostre situazioni. Non posso dare nessuna certezza, cercate il regno con quei valori che dicevo prima. Al posto dell’avere la condivisione, a posto del salire lo scendere, al posto del comandare il servire e tutto il resto sarà dato in aggiunta. Abbiate piena fiducia nell’azione del Padre, piena. Quindi meno preoccupati per sé, per le proprie problematiche, che possono causare solo amarezza, senso di frustrazione e siate più impegnati per le problematiche che richiedono il nostro intervento con urgenza.

* Trascrizione del dialogo non è stata rivista dagli autori.

Appunti per il Sinodo: il metodo della "via stretta"
di Enrico Cattaneo17-09-2014 lanuovabq.it

«Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).

Gesù nei suoi insegnamenti indica sempre “la via stretta”, al punto che spesso suscita lo stupore dei suoi stessi discepoli.

Interrogato, ad esempio, sulla questione del divorzio, ammesso dalla legge giudaica, Gesù indica la via stretta dell’indissolubilità del matrimonio, senza eccezioni (Mt 19,3-9). Il suo insegnamento è così chiaro e così netto che i suoi discepoli obiettano con un ragionamento tutto umano (e maschilista): «Se è questa la condizione dell’uomo rispetto alla donna [cioè se l’uomo non può cambiare donna quando gli conviene], allora non conviene sposarsi!» (Mt 19,10).

Anche rispetto alle ricchezze Gesù indica la via stretta: «Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). E parlando più in generale afferma solennemente: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Mt 19,23-24). Il che significa che è praticamente impossibile. Anche qui i discepoli cercano di addolcire l’insegnamento, considerato troppo esigente: «A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”» (Mt 19,25-26). Cioè se un ricco si converte a Dio, allora lascia l’idolo delle ricchezze e potrà salvarsi.

Parimenti, a proposito dell’eucaristia, Gesù usa un linguaggio giudicato troppo duro e difficile da accettare. Aveva detto infatti: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). E come reagirono «molti dei suoi discepoli»? Obiettando: «Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?» (Gv 6,60). Anche qui Gesù prende la “via stretta”, al punto che «da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66).

Gesù, secondo i nostri ragionamenti umani, avrebbe potuto dire: “Scusate, avete capito male; io intendevo parlare in modo simbolico...”. Invece rincara la dose, e dice ai Dodici: «Forse volete andarvene anche voi?». Ed è allora che Pietro, a nome di tutti, fa la sua professione di fede: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67-69). 

In definitiva, Gesù non ha reso i comandamenti più larghi, ma più esigenti, come dimostra tutto il “discorso della montagna” (Mt 5-7). Nell’indicare come devono essere affrontate le situazioni di conflitto, egli mostra senza mezzi termini la via più stretta: «Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,43-44). Se poi andiamo alle condizioni che Gesù pone a chi vuole seguirlo, ci accorgiamo che non solo egli indica una via stretta, ma per di più “in salita”: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24).

La tentazione di “annacquare” gli insegnamenti di Gesù è sempre stata presente tra i cristiani lungo i secoli, ora su un punto, ora su un altro, a secondo delle pressioni della mentalità del “mondo”. Bisogna onestamente riconoscere che solo la Chiesa Cattolica Romana (e qui ci vuole questo aggettivo!), quando si è trovata di fronte a un bivio, ha sempre scelto la via stretta. Solo essa, ad esempio, ha mantenuto l’impegno della continenza e del celibato per i ministri ordinati (vescovi, presbiteri e diaconi), nonostante le reali difficoltà e le numerose defezioni rappresentate dai preti che vivevano in concubinato. 

Con il re d’Inghilterra Enrico VIII sarebbe stato più facile trovare un compromesso circa la validità del suo primo matrimonio, ma sarebbe stato negare la verità del Vangelo, e così il papa Paolo III prese la via stretta, anche se ciò comportò che l’Inghilterra si staccasse da Roma, dando origine alla Comunione Anglicana. Messo di fronte al bivio se dichiarare moralmente lecita la contraccezione oppure no, Paolo VI nel 1968 con la Humanae vitae scelse la via stretta, nonostante che ci fosse un’enorme pressione fuori e dentro la Chiesa perché quella pratica fosse dichiarata lecita.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Eppure Gesù ha detto che il suo “giogo è dolce”, e il suo “carico è leggero”, e seguendo lui le anime si sarebbero trovate appagate (cf. Mt 11,28-30). Nessuno infatti conosce la natura umana più del suo Creatore, così come – per usare un paragone oggi comprensibile a tutti – nessuno conosce meglio un programma per computer del suo programmatore. Il Logos creatore aveva messo nel programma dell’umanità il raggiungimento dell’eterna felicità, ma l’uomo, creato libero, ha preferito dare ascolto ai messaggi di un programmatore Antagonista, rimanendo così infettato dai suoi virus. Per liberare l’uomo da questi virus mortiferi, è dovuto intervenire il Programmatore in persona, che è Gesù. Perciò i suoi insegnamenti, per quanto esigenti, sono “vie che portano alla vita”, trasmessi da uno che “conosce che cosa c’è nell’uomo” (Gv 2,25), uno che è divina Sapienza, infinita Sapienza, eterna Sapienza. 

Solo così si capisce perché Gesù sia stato talmente intransigente sulla questione del divorzio, richiamando ciò che Dio aveva stabilito all’inizio, cioè nel programma originario. In quella intransigenza, infatti, è racchiusa tutta una precisa visione dell’uomo che concerne la sua sessualità, la vera parità dei sessi, il mistero dell’unione sponsale, la stabilità della famiglia, il bene dei figli, e di conseguenza anche il bene di tutta la società. L’indissolubilità del matrimonio non è dunque una questione peregrina, che Gesù ha posto così per capriccio, un giorno nel quale si era svegliato un po’ storto, ma è una questione sulla quale si fonda o cade tutta la società umana. 

Ma, qualcuno potrebbe dirmi, lei non tiene conto dei problemi concreti della gente? Delle coppie che scoppiano? Delle convivenze divenute impossibili? Degli amori falliti? Pensa forse che sia un divertimento divorziare, per rifarsi una vita? 

Rispondo dicendo che è vero, ci sono situazioni difficili, a volte molto ingarbugliate, con dei nodi che sembra impossibile sciogliere. Ma per questo c’è la pastorale, l’arte di curare le anime, cominciando anzitutto con il togliere i virus (che sono i sette vizi capitali). Se i modelli sociali si spostano sempre di più su forme esasperate di individualismo, la fede invece fa scoprire la bellezza del vivere “in comunione”, cominciando dalla famiglia e dalla comunità parrocchiale, anche se è la “via stretta” della croce.

Ma è possibile andare così contro-corrente? Qui vale il detto di Gesù: “Per gli uomini è impossibile, ma per Dio tutto è possibile”. Ciò significa che non si può essere veri uomini senza l’adesione al vero Dio. Non è allargando le maglie della morale che si fa del bene alle persone in difficoltà. Il fatto è che oggi si tende a confondere la misericordia, che è uno degli attributi più belli di Dio, con il permissivismo. Gesù ha detto all’adultera: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11), ma ha condannato l’adulterio. La misericordia suppone la coscienza del peccato, non la sua giustificazione. Se non c’è più il peccato non c’è più neppure il perdono. Il peccato è un brutto tiranno, che cerca di nascondersi dietro false promesse. È un padrone che ti paga, anzi promette di pagarti bene, ma, come dice san Paolo, il suo salario è la morte (Rm 6,23). Per questo noi pastori non possiamo tacere, se amiamo veramente le persone che Dio ci ha affidate.

Omosessualità. Una guida per i genitori.
Joseph Nicolosi e Linda Ames Nicolosi, Omosessualità. Una guida per i genitori,
con Presentazione di Chiara Atzori, trad. it., Sugarco, Milano 2002, pp. 240

Il dottor Joseph Nicolosi è uno dei punti di riferimento della terapia riparativa dell’omosessualità; è cofondatore e direttore del NARTH, l’Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell’Omosessualità (www.narth.com), e membro dell’APA, l’Associazione Psicologica Americana. Ha pubblicato diversi studi sul tema dell’omosessualità (cfr. Omosessualità maschile: un nuovo approccio, trad. it., con Presentazione di Chiara Atzori e Postfazione di Livio Fanzaga S.P., Sugarco, Milano 2002 ); esercita la professione presso la Thomas Aquinas Clinic di Encino, in California.

Nicolosi ha scritto con la moglie Linda Ames Omosessualità- Una guida per i genitori per rispondere alle numerose domande di genitori e di educatori circa il comportamento non conforme al proprio genere che un numero sempre maggiore di bambini mostrano; dunque, si tratta di un’opera a quattro mani, nella quale però le parti propriamente cliniche sono del solo dottor Nicolosi, da cui l’alternanza del «noi» e dell’«io» per indicare la paternità delle affermazioni (cfr. p. 18, nota).

L’opera si compone di una Presentazione del medico infettivologo Chiara Atzori (pp. 5-8), di una pagina di Ringraziamenti (p. 9) e di nove capitoli, lungo i quali gli autori accompagnano genitori ed educatori alla comprensione e alla prevenzione dell’omosessualità (pp. 11-220); l’esposizione è corredata da numerosi esempi clinici e dall’apparato critico (pp. 221-234).

Nell’Introduzione (pp. 11-18) gli autori espongono la loro esperienza rispetto al sempre maggior bisogno, da parte di genitori e di educatori, di un’informazione chiara e onesta sull’omosessualità. Questa necessità nasce non solamente dall’incremento del numero dei bambini che presentano il GID, il Gender Identity Disorder, «Disturbo dell’Identità di Genere», ma anche dagli esiti della propaganda gay che, in modo sempre più efficace, sta manipolando l’informazione circa l’omosessualità (cfr. il mio «After the Ball»: un progetto «gay» dopo il baccanale, in Cristianità, anno XXXIII, n. 327, gennaio-febbraio 2005, pp. 7-11).

I coniugi Nicolosi affermano che, al di là delle convinzioni etico-politiche di ognuno, prevenire l’omosessualità è possibile ed è necessario perché espone le persone a una serie di rischi psico-fisici molto seri, nei confronti dei quali gli eterosessuali sono maggiormente tutelati.

Infatti gli omosessuali sono più frequentemente soggetti a depressione maggiore, a disturbo d’ansia generalizzato, a disturbi del comportamento, a dipendenza dalla nicotina, e ad abuso o a dipendenza da altre sostanze

(cfr. David M. Fergusson, L. John Horwood e Annette L. Beautrais, Is sexual orientation related to mental health problems and suicidality in young people?, in Archives of general psychiatry, vol. 56, n. 10, Chicago 1-10-1999, pp. 876-880); hanno più frequentemente episodi suicidari (cfr. ibid.; Richard Herrell, Jack Goldberg, William R. True, Visvanathan Ramakrishnan, Michael Lyons, Seth Eisen e Ming T. Tsuang, Sexual orientation and suicidality: a co-twin control study in adult men, in Archives of general psychiatry, vol. 56, n. 10, cit., pp. 867-874; Gerard van den Aardweg, Una strada per il domani. Guida all’(auto) terapia dell’omosessualità, trad. it., Città Nuova, Roma 2004, pp. 62-63; e Marzio Barbagli e Asher Colombo, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, il Mulino, Bologna 2001, pp. 54-58) e hanno un’aspettativa di vita media decisamente inferiore rispetto a quella degli eterosessuali (cfr. Paul Cameron, The gay nineties, Franklin, Adroit 1993, cit. in G. van den Aardweg, «Matrimonio» omosessuale & affidamento a omosessuali, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLII, n. 449/50, Milano luglio-agosto 1998, pp. 499- 509, [ p. 501]).

Nell’opera è sottolineato un fatto curioso.

L’attivismo gay è riuscito a espungere dai manuali diagnostici l’omosessualità come disturbo,

anche se, a dire il vero, nel Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, versione IV-TR, (trad. it. DSM-IV-TR. Criteri diagnostici, Masson, Milano 2004), il manuale diagnostico dell’APA, American Psychiatric Association, è presente un Disturbo Sessuale Non Altrimenti Specificato, che può essere diagnosticato quando è riscontrabile un «persistente e intenso disagio riguardo all’orientamento sessuale» (cfr. ibid., disturbo F52.9); si tratta, in altri termini, dell’«omosessualità egodistonica» (cfr. DSM-III. Criteri diagnostici, trad. it., Masson, Milano 1983, disturbo 302. 00), ossia quella degli omosessuali che non si riconoscono nell’identità gay.

Tuttavia è singolare che nei manuali diagnostici sia tuttora presente il Disturbo dell’Identità di Genere dei bambini, altamente predittivo di un futuro sviluppo dell’omosessualità:

«Nei bambini, l’anomalia si manifesta con uno dei seguenti sintomi: nei maschi, affermazione che il proprio pene o i testicoli li disgustano, o che scompariranno, o affermazione che sarebbe stato meglio non avere il pene, o avversione verso i giochi di baruffa e rifiuto dei tipici giocattoli, giochi, e attività maschili; nelle femmine, rifiuto di urinare in posizione seduta, affermazione di avere o che crescerà loro il pene, o affermazione di non volere che crescano le mammelle o che vengano le mestruazioni, o marcata avversione verso l’abbigliamento femminile tradizionale»

(DSM-IV-TR. Criteri diagnostici, cit., disturbo F64.2).

Secondo i Nicolosi

«[...] la professione psichiatrica ha creato un’incongruenza di fondo, considerando i disordini dell’identità sessuale una patologia psichiatrica [nel bambino], e il loro esito conclusivo nell’adulto (l’omosessualità) una condizione normale» (p. 186).

Nel capitolo 1, La mascolinità è una conquista (pp. 19-32), gli autori espongono brevemente le cause relazionali dello sviluppo dell’omosessualità riprendendo e approfondendo le tesi dalla teologa ortodossa e psicologa inglese Elizabeth Moberly sull’origine familiare dell’omosessualità, proposte nell’opera Homosexuality: A New Christian Ethic (James Clarke & Co, Cambridge 1983). Secondo i Nicolosi,

le persone omosessuali, anziché sviluppare un soddisfacente attaccamento emotivo nei confronti dei genitori del proprio sesso, sentendosi rifiutate sviluppano invece un «distacco difensivo» (ibid., p. 6) che li protegge da ulteriori frustrazioni.

Le cause di questo mancato attaccamento possono essere le più svariate e coinvolgono tutti gli elementi del sistema familiare; l’esito sarà «un problema di grave mancanza di autostima e di senso di inadeguatezza sessuale» (p. 31). Il mondo maschile rappresenterà sempre un fortissimo richiamo e una minaccia; crescendo, il desiderio affettivo assumerà una connotazione sessuale. Secondo gli autori

«il cuore della condizione omosessuale è l’autoinganno. [...]
È una rivolta contro la realtà, una ribellione contro i limiti insiti nella natura umana» (p. 22).

In questo capitolo gli autori colgono l’occasione per ribadire la differenza fra gay e omosessuali: «[...] il termine gay ha un’accezione politica che implica un enorme bagaglio di questioni ideologiche e [...] il termine scientifico più adatto [per indicare una persona attratta da altri dello stesso sesso] è omosessuale» (p. 20).

Nel capitolo 2, Il bambino preomosessuale (pp. 33-55), i coniugi Nicolosi espongono in modo sintetico ma efficace il delicato tema dell’identità e della natura della persona; cioè mostrano come

la questione relativa alla maggiore o minore naturalità dell’omosessualità non è di competenza della scienza: «Contrariamente a quanto spesso si sente dire, la scienza ha dei limiti intrinseci: essa descrive la realtà, può dirci “ciò che è”, ma non “ciò che dovrebbe essere”» (p. 35).

Gli autori utilizzano un esempio per chiarire il concetto:

«Possiamo affermare che l’obesità è la sua [di Jack, il ragazzo dell’esempio] vera natura? Non è più giusto dire che la sua condizione è il frutto di una combinazione di fattori biologici, influenza familiare, influenza sociale esercitata dai suoi coetanei e una personale scelta comportamentale (esattamente come per l’omosessualità)? (p. 36). L’essere umano non è destinato all’obesità; abbiamo il dovere di rispettare le persone affette da questo problema e sostenere la loro battaglia, ma non possiamo affermare che l’obesità è parte integrante della loro identità.» «Questo è lo stesso comportamento da tenere nei confronti degli adolescenti confusi sulla loro identità sessuale» (ibidem).

Secondo l’esperienza del dottor Nicolosi,

i bambini confusi nella loro identità sessuale possono evitare una futura omosessualità se le relazioni nel sistema familiare si modificano in modo da fornire loro un modello maschile positivo al quale essi possano ispirarsi nelle sfide della vita.

Nel capitolo 3, Omosessuali si nasce? (pp. 56-66), gli autori s’impegnano nella confutazione delle teorie secondo le quali l’omosessualità sarebbe una condizione innata. Queste teorie sono propalate dagli attivisti gay nell’intento di convincere l’opinione pubblica che l’omosessualità sarebbe «normale», seguendo un ragionamento di questo genere: se una persona nasce omosessuale nessuno ne ha la responsabilità, e non vi si può fare nulla, anzi! Ogni tentativo di cambiamento sarebbe una violenza alla «vera natura» della persona. Tuttavia questo ragionamento sarebbe fallace anche se l’omosessualità avesse una causa genetica: per esempio, la sindrome di Down è innata, ma nessuno la considera normale.

Le teorie innatiste dell’omosessualità si basano principalmente su due esperimenti.
Il primo è quello condotto nel 1991 dal biologo statunitense Simon Le Vay — omosessuale e attivista gay —, il quale sezionò alcuni cadaveri fra i quali quelli di uomini presumibilmente omosessuali. Le Vay scoprì che il terzo nucleo interstiziale dell’ipotalamo — chiamato INAH-3 — aveva dimensioni simili nelle donne e negli omosessuali, mentre mostrava dimensioni maggiori nel caso degli uomini dei quali non era disponibile alcuna informazione sull’orientamento sessuale.

Sostanzialmente, questo ricercatore ha confrontato l’ipotalamo di omosessuali con quello di uomini dall’orientamento sessuale sconosciuto. Oltre a ciò va considerata la plasticità del cervello; non è possibile cioè escludere che un comportamento omosessuale abbia un’influenza sulle parti dell’encefalo. Oltre a tutto questo, fu lo stesso Le Vay a dichiarare:

«Bisogna considerare ciò che non sono riuscito a dimostrare. Non ho provato che l’omosessualità è genetica, né ho trovato una causa genetica dell’omosessualità. Non ho dimostrato che omosessuali si nasce» (p. 57).

Il secondo esperimento è quello pubblicato nello stesso anno da J. Michael Bailey e Richard Pillard (cfr. A genetic study of male sexual orientation, in Archives of general psychiatry, vol. 48, n. 12, Chicago 1-12-1991, pp. 1089-1096). Questo studio, che secondo gli attivisti gay avrebbe dimostrato l’origine genetica dell’omosessualità, in realtà dimostra l’esatto contrario. I due scienziati presero in esame coppie di fratelli nelle quali almeno uno dei due aveva un orientamento omosessuale.

I gemelli omozigoti — che condividono l’identico patrimonio genetico — erano entrambi omosessuali nel 52% dei casi; è una percentuale tutt’altro che trascurabile, ma se l’omosessualità avesse un’origine genetica la percentuale avrebbe dovuto essere il 100%. Ma le sorprese non sono finite: i gemelli non identici erano entrambi omosessuali nel 22% dei casi, mentre i fratelli non gemelli lo erano nel 9.2% dei casi. Curiosamente, nel caso dei fratelli adottivi — che non condividono nulla del patrimonio genetico — la percentuale era del 10.5%, cioè superiore a quella dei gemelli biologici.

Nel capitolo 4, Il ruolo della famiglia (pp. 67-97), gli autori indagano sui ruoli e sulle dinamiche familiari connesse con lo sviluppo dell’omosessualità. Emerge con evidenza come

il fattore scatenante l’omosessualità non sia solamente un padre di un certo tipo, ma la relazione fra il padre e il figlio; e quale influenza abbia la madre su questa relazione, e quale relazione quest’ultima intrattenga con il marito e il figlio.

Pare quindi importante considerare la famiglia come un «sistema», e non solamente come la somma d’individui; è questo una conferma e un superamento della «relazione triadica classica» (p. 74) individuata dallo psichiatra e psicoanalista statunitense Irving Bieber (1908-1991, basata su caratteristiche individuali dei membri della famiglia: «Siamo portati a pensare che la triade caratterizzata da un’intimità vischiosa materna e dal distacco-ostilità paterno sia il modello “classico” più favorevole alla promozione dell’omosessualità o di gravi problemi omosessuali nel figlio» (I. Bieber e Collaboratori, Omosessualità, «Il Pensiero Scientifico» Editore, Roma 1977, p. 153). In questo capitolo, i coniugi Nicolosi forniscono alcune utili indicazioni per i genitori alle prese con questo problema.

Nel capitolo 5, Amici e sentimenti (pp. 98-118), gli autori affrontano il delicato tema dei rapporti dei bambini affetti da GID (= Gender Indentity Disturb , Disturbo dell’Identità di Genere n.d.r.) con i coetanei dello stesso sesso. I bambini affetti da GID, infatti, tendono a isolarsi e a mantenere comportamenti solitari; eventualmente giocano e frequentano preferibilmente amici del sesso opposto, ma difficilmente hanno amici dello stesso sesso. Questo atteggiamento, secondo i coniugi Nicolosi, è la conseguenza dell’opinione — formatasi in famiglia — che questi bambini hanno di sé: «[...] il bambino prova un profondo disagio in compagnia di altri uomini e non si sente all’altezza del mondo maschile» (p. 31); secondo lo psicoterapeuta olandese Gerard van den Aardweg, inoltre, i rapporti con i coetanei dello stesso sesso sarebbero ancora più determinanti delle relazioni familiari nel produrre un senso d’inferiorità in riferimento al proprio genere (cfr. G. van den Aardweg, Omosessualità e speranza, trad. it., Ares, Milano 1995; e Idem, Una strada per il domani, cit.). Inoltre, nello stesso capitolo,

gli autori mettono in guardia i genitori da associazioni che propagandano lo stile di vita gay sfruttando il momento di difficoltà dei genitori, e sottolineano l’importanza dell’attività sportiva per il superamento delle difficoltà di genere elencando gli sport che a loro parere possono aiutare a sviluppare un sano potenziale eterosessuale.

Nel capitolo 6, Verso l’adolescenza (pp. 119-155), i coniugi Nicolosi affrontano una fase importante dello sviluppo della persona, in particolare di quella che ha difficoltà con la propria identità di genere. Questo periodo è particolarmente delicato perché le pulsioni affettive cominciano a erotizzarsi — e quindi comincia per il ragazzo o per la ragazza il rischio di intraprendere comportamenti pericolosi — e perché gli adolescenti sono particolarmente sensibili al bombardamento mediatico, e

la strategia gay prevede un massiccio uso dei mass media per «[...] diffondere la convinzione che l’omosessualità debba essere considerata una condizione normale» (p. 179).

I coniugi Nicolosi, infatti, sottolineano come nel caso di diversi adolescenti da loro incontratil’essere omosessuale o meno sia una questione di moda, e il parteggiare per il movimento omosessualista sia vissuto come una lotta per i diritti civili. Gli autori, ricorrendo a ricerche e alla letteratura scientifica, dimostrano come gli adolescenti con problemi di omosessualità siano particolarmente esposti a problemi psichiatrici o a comportamenti antisociali e autodistruttivi, come tentativi di suicidio, fughe da casa, tossicodipendenza, alcolismo e prostituzione; infatti, per molti omosessuali, l’adolescenza è il momento dei primi contatti con il mondo gay. Vista la criticità dell’età adolescenziale, per i ragazzi che hanno problemi d’identità di genere,

gli autori mettono in guardia i genitori nei confronti di programmi educativi scolastici miranti a presentare l’omosessualità come «normale» e la critica nei confronti dell’omosessualità e del mondo gay come «omofobia». Questi programmi esistono anche in Italia: sono condotti dall’AGEDO, l’Associazione di Genitori, Parenti e Amici di Omosessuali ( www.agedo.org/index_i.html) e sono finanziati con fondi pubblici.

Questo capitolo è anche l’occasione per ricordare i legami fra lo sviluppo dell’omosessualità e abusi subiti in età infantile o adolescenziale.

I coniugi Nicolosi dedicano il capitolo 7, Da maschiaccio a lesbica (pp. 156-175), a un tema spesso dimenticato nei dibattiti e sui mass media, ossia quello dell’omosessualità femminile, cioè del lesbismo. Il dottor Nicolosi afferma:

«Credo che alle origini del lesbismo vi sia il rifiuto inconscio della propria identità femminile. Solitamente, le donne che diventano lesbiche decidono a livello inconscio che essere femmine è rischioso o indesiderabile. A volte perché hanno subito le molestie sessuali di un uomo, oppure (e questo è il caso più frequente) perché si confrontano con una figura materna ai loro occhi debole o negativa» (p. 157).

Anche in questo caso vengono analizzate le dinamiche familiari, ma non vengono taciute le responsabilità del femminismo, responsabile di diffondere un rifiuto della «ricettività» (p. 160) definita «l’anima della femminilità» (p. 160).

Nel capitolo 8, La politica della cura (pp. 176-191), gli autori affrontano il tema delle politiche culturali dell’omosessualità e il loro ruolo nella confusione sessuale dei giovani. Questo tema riguarda forse l’ostacolo maggiore che i genitori incontrano nel loro cammino di comprensione e di riparazione delle ferite dell’identità sessuale dei propri figli. Lo strumento più potente di queste politiche culturali è la scienza;

Nicolosi ribadisce che la scienza non può stabilire cosa è normale e cosa non lo è, ma deve limitarsi a descrivere il fenomeno: «I dati scientifici forniscono una descrizione del mondo e mettono a disposizione di tutti dei fatti utili alla comprensione della realtà in cui viviamo, ma l’essenza umana, l’identità più profonda dell’uomo, è una questione che compete alla filosofia e alla religione.
La scienza può svolgere solo una funzione descrittiva, la filosofia e la teologia forniscono una prospettiva più ampia al di là del mondo materiale, ossia un’immagine della pienezza umana» (p. 178).

Purtroppo — sostiene Nicolosi —, il mondo della scienza è dominato da correnti ideologiche assolutamente favorevoli all’omosessualismo (cfr. R. Marchesini [a cura di], La terapia riparativa dell’omosessualità. Colloquio con Gerard J. M. van den Aardweg, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLIX, n. 535, Milano settembre 2005, pp. 616-622). Un esempio chiarissimo di questa contaminazione, che talvolta si trasforma in una vera manipolazione, è data dal celebre «10%», che corrisponderebbe alla percentuale di omosessuali presenti nella società secondo gli studi dell’entomologo statunitense Alfred Kinsey (1894-1956); questo dato, propalato dagli attivisti gay, non è mai stato confermato da nessun’altra ricerca, ed è frutto di una pesante manipolazione (cfr. Judith A. Reisman ed Edward W. Eichel, Kinsey, sex and fraud. The indoctrination of a people, Lafayette, Huntington 1990).

Nel capitolo 9, Il processo terapeutico (pp. 192-220), gli autori descrivono e trascrivono alcune sedute terapeutiche con i genitori di bambini sessualmente confusi, ma anche quelli di adolescenti alle prese con nuovi impulsi omosessuali, e contiene consigli educativi per i genitori per accompagnare i loro figli alla scoperta del loro potenziale eterosessuale. Merita la trascrizione di un brano presente nell’ultima pagina di questo capitolo:

«È nostra convinzione che l’umanità debba vivere in conformità con l’ordine naturale, al fine di realizzarsi pienamente. Noi crediamo che la complementarietà sessuale e l’eterosessualità siano il fondamento di quest’ordine naturale. Tutte le volte che neghiamo l’importanza delle differenze sessuali, non rispettiamo l’integrità della condizione umana» (p. 220).

Per quanto riguarda l’omosessualità, l’opera dei coniugi Nicolosi appare decisamente apprezzabile perché risponde all’invocazione sempre più pressante di genitori e di educatori preoccupati per i comportamenti dei bambini loro affidati; oltre a questo, è ricco di osservazioni e d’informazioni in maniera tale da poter essere lo strumento per un primo approccio al tema dell’omosessualità per chiunque.

Eppure il testo si rivela, a una lettura approfondita, collocato sullo sfondo del più grande tema della lotta spirituale che la nostra natura decaduta deve affrontare ogni giorno per reagire alle ferite che ognuno di noi si porta dentro e liberare così il nostro pieno potenziale umano:

«È sempre un grave errore credere che in un dato momento della vita le nostre lotte interiori siano “concluse”; in realtà, come esseri umani siamo estremamente vulnerabili, sia che la nostra lotta riguardi l’omosessualità che l’alcolismo, la tossicodipendenza, la golosità o persino l’orgoglio» (p. 152).

Roberto Marchesini

Cristianità, 330-331 (2005)

LETTERA Al VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
SULLA CURA PASTORALE DELLE PERSONE OMOSESSUALI
Congregazione per la dottrina della fede- (10 ottobre 1986)

Lettera De pastorali personarum homosexualium cura,
Sulla Cura pastorale delle persone omossessuali.

Il problema dell'omosessualità e del giudizio etico sugli atti omosessuali è divenuto sempre più oggetto di pubblico dibattito, anche in ambienti cattolici. In questa discussione vengono spesso proposte argomentazioni ed espresse posizioni non conformi con l'insegnamento della Chiesa Cattolica, destando una giusta preoccupazione in tutti coloro che sono impegnati nel ministero pastorale. Di conseguenza questa Congregazione ha ritenuto il problema così grave e diffuso da giustificare la presente Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica...

1. Il problema dell'omosessualità e del giudizio etico sugli atti omosessuali è divenuto sempre più oggetto di pubblico dibattito, anche in ambienti cattolici. In questa discussione vengono spesso proposte argomentazioni ed espresse posizioni non conformi con l'insegnamento della Chiesa Cattolica, destando una giusta preoccupazione in tutti coloro che sono impegnati nel ministero pastorale. Di conseguenza questa Congregazione ha ritenuto il problema così grave e diffuso da giustificare la presente Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica.

2. Naturalmente in questa sede non può essere affrontata una trattazione esaustiva di tale complesso problema; si concentrerà piuttosto l'attenzione sul contesto specifico della prospettiva morale cattolica. Essa trova conforto anche in sicuri risultati delle scienze umane, le quali pure hanno un oggetto e un metodo loro proprio, che godono di legittima autonomia.

La posizione della morale cattolica è fondata sulla ragione umana illuminata dalla fede e guidata consapevolmente dall'intento di fare la volontà di Dio, nostro Padre. In tal modo la Chiesa è in grado non solo di poter imparare dalle scoperte scientifiche, ma anche di trascenderne l'orizzonte; essa è certa che la sua visione più completa rispetta la complessa realtà della persona umana che, nelle sue dimensioni spirituale e corporea, è stata creata da Dio e, per sua grazia, chiamata a essere erede della vita eterna.

Solo all'interno di questo contesto, si può dunque comprendere con chiarezza in che senso il fenomeno dell'omosessualità, con le sue molteplici dimensioni e con i suoi effetti sulla società e sulla vita ecclesiale, sia un problema che riguarda propriamente la preoccupazione pastorale della Chiesa. Pertanto dai suoi ministri si richiede studio attento, impegno concreto e riflessione onesta, teologicamente equilibrata.

3. Già nella Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale, del 29 dicembre 1975, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva esplicitamente trattato questo problema. In quella Dichiarazione si sottolineava il dovere di cercare di comprendere la condizione omosessuale, e si osservava come la colpevolezza degli atti omosessuali dovesse essere giudicata con prudenza. Nello stesso tempo la Congregazione teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione e tendenza omosessuale e atti omosessuali. Questi ultimi venivano descritti come atti che vengono privati della loro finalità essenziale e indispensabile, come "intrinsecamente disordinati" e tali che non possono essere approvati in nessun caso (cf n. 8, par, 4).

Tuttavia nella discussione che seguì la pubblicazione della Dichiarazione, furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona. Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata.

Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l'attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un'opzione moralmente accettabile.

4. Una delle dimensioni essenziali di un'autentica cura pastorale è l'identificazione delle cause che hanno portato confusione nei confronti dell'insegnamento della Chiesa. Tra esse va segnalata una nuova esegesi della Sacra Scrittura, secondo cui la Bibbia o non avrebbe niente da dire sul problema dell'omosessualità, o addirittura ne darebbe in qualche modo una tacita approvazione, oppure infine offrirebbe prescrizioni morali così culturalmente e storicamente condizionate che non poh4gialdbero più essere applicate alla vita contemporanea. Tali opinioni, gravemente erronee e fuorvianti, richiedono dunque speciale vigilanza.

5. E vero che la letteratura biblica è debitrice verso le varie epoche, nelle quali fu scritta, di gran parte dei suoi modelli di pensiero e di espressione (cf Dei Verbum, n. 12). Certamente, la Chiesa di oggi proclama il Vangelo a un mondo che è assai diverso da quello antico. D'altra parte il mondo nel quale il Nuovo Testamento fu scritto era già notevolmente mutato, per esempio- rispetto alla situazione nella quale furono scritte o redatte le Sacre Scritture del popolo ebraico. Dev'essere tuttavia rilevato che, pur nel contesto di tale notevole diversità, esiste un'evidente coerenza all'interno delle Scritture stesse sul comportamento omosessuale. Perciò la dottrina della Chiesa su questo punto non è basata solo su frasi isolate, da cui si possono trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica. L'odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all'interno delle quali le antiche Scritture furono redatte, continua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di verità di cui esse sono Parola. E' egualmente essenziale riconoscere che i testi sacri non sono realmente compresi quando vengono interpretati in un modo che contraddice la Tradizione vivente della Chiesa. Per essere corretta, l'interpretazione della Scrittura dev'essere in effettivo accordo con questa Tradizione.

Il Concilio Vaticano II così si esprime al riguardo: "E' chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime"(Dei Verbum, n. 10). Alla luce di queste affermazioni viene ora brevemente delineato l'insegnamento della Bibbia in materia.

6. La teologia della creazione, presente nel libro della Genesi, fornisce il punto di vista fondamentale per la comprensione adeguata dei problemi posti dall'omosessualità. Dio, nella sua infinita sapienza e nel suo amore onnipotente, chiama all'esistenza tutta la realtà, quale, riflesso della sua bontà. Egli crea a sua immagine e somiglianza l'uomo, come maschio e femmina. Gli esseri umani perciò sono creature di Dio, chiamate a rispecchiare, nella complementarietà dei sessi, l'interiore unità del Creatore. Essi realizzano questo compito in modo singolare, quando cooperano con lui nella trasmissione della vita, mediante la reciproca donazione sponsale.

Il cap. 3 della Genesi mostra come questa verità sulla persona umana quale immagine di Dio sia stata oscurata dal peccato originale. Ne segue inevitabilmente una perdita della consapevolezza del carattere di alleanza, proprio dell'unione che le persone umane avevano con Dio e fra di loro. Benché il corpo umano conservi ancora il suo "significato sponsale", ora questo è oscurato dal peccato. E' il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma (cf Gen. 19, 1-11). Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali. In Levitico 18, 22 e 20, 13, quando vengono indicate le condizioni necessarie per appartenere al popolo eletto, l'autore esclude dal popolo di Dio coloro che hanno un comportamento omosessuale.

Sullo sfondo di questa legislazione teocratica, san Paolo sviluppa una prospettiva escatologica, all'interno della quale egli ripropone la stessa dottrina, elencando tra coloro che non entreranno nel regno di Dio anche chi agisce da omosessuale (cf 1 Cor 6, 9). In un altro passaggio del suo epistolario egli, fondandosi sulle tradizioni morali dei suoi antenati, ma collocandosi nel nuovo contesto del confronto tra il cristianesimo e la società pagana dei suoi tempi, presenta il comportamento omosessuale come un esempio della cecità nella quale è caduta l'umanità. Sostituendosi all'armonia originaria fra il Creatore e le creature, la grave deviazione dell'idolatria ha condotto a ogni sorta di eccessi nel campo morale. San Paolo trova l'esempio più chiaro di questa disarmonia proprio nelle relazioni omosessuali (cf Rom 1, 18-32). Infine, in perfetta continuità con l'insegnamento biblico, nell'elenco di coloro che agiscono contrariamente alla sana dottrina, vengono esplicitamente menzionati come peccatori coloro che compiono atti omosessuali (cf 1 Tim 1, 10).

7. La Chiesa, obbediente al Signore che l'ha fondata e le ha fatto dono della vita sacramentale, celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell'unione amorosa e donatrice di vita dell'uomo e della donna. E' solo nella relazione coniugale che l'uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto. Pertanto una persona che si comporta in modo omosessuale agisce immoralmente.

Scegliere un'attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L'attività omosessuale non esprime un'unione complementare, cafelicità di trasmettere la vita, e pertanto contraddice la vocazione a un'esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l'essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un'attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall'autocompiacimento.

Come accade per ogni altro disordine morale, l'attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l'omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico.

8. L'insegnamento della Chiesa di oggi è quindi in continuità organica con la visione della S. Scrittura e con la costante Tradizione. Anche se il mondo di oggi è da molti punti di vista veramente cambiato, la comunità cristiana è consapevole del legame profondo e duraturo che la unisce alle generazioni che l'hanno preceduta "nel segno della fede".

Tuttavia oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all'interno della Chiesa, esercitano una fortissima Pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un'ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo.

I ministri della Chiesa devono far in modo che le persone omosessuali affidate alle loro cure non siano fuorviate da queste opinioni, così profondamente opposte all'insegnamento della Chiesa. Tuttavia il rischio è grande e ci sono molti che cercano di creare confusione nei riguardi della posizione della Chiesa e di sfruttare questa confusione per i loro scopi.

9. Anche all'interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l'insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l'egida del cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione.

E' pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l'omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell'omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato.

La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua chiara posizione al riguardo, che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento. Essa si preoccupa sinceramente anche dei molti che non si sentono rappresentati dai movimenti pro-omosessuali, e di quelli che poh4gialdbero essere tentati di credere alla loro ingannevole propaganda. Essa è consapevole che l'opinione, secondo la quale l'attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l'espressione sessuale dell'amore coniugale, ha un'incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo.

10. Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev'essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.

Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l'attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano.

11. Alcuni sostengono che la tendenza omosessuale, in certi casi, non è il risultato di una scelta deliberata e che la persona omosessuale non ha alternative, ma è costretta a comportarsi in modo omosessuale. Di conseguenza si afferma che essa agirebbe in questi casi senza colpa, non essendo veramente libera.

A questo proposito è necessario rifarsi alla saggia tradizione morale della Chiesa, la quale mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Di fatto in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla. Dev'essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev'essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l'attività omosessuale.

12. Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale, che cerca di seguire il Signore? Sostanzialmente, queste persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, unendo ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della croce del Signore. Per il credente, la croce è un sacrificio fruttuoso, poiché da quella morte provengono la vita e la redenzione. Anche se ogni invito a portare la croce o intendere in tal modo la sofferenza dei cristiano sarà prevedibilmente deriso da qualcuno, si dovrebbe ricordare che questa è la via della salvezza per tutti coloro che sono seguaci di Cristo.

In realtà questo non è altro che l'insegnamento rivolto dall'apostolo Paolo ai Galati, quando egli dice che lo Spirito produce nella vita del fedele: "amore, gioia, felicità, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé" e più oltre: "Non potete appartenere a Cristo senza crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri" (Gal 5, 22.24).

Tuttavia facilmente questo invito viene male interpretato, se è considerato solo come un inutile sforzo di autorinnegamento. La croce è sì un rinnegamento di sé, ma nell'abbandono alla volontà di quel Dio che dalla morte trae fuori la vita e abilita coloro, che pongono in lui la loro fiducia, a praticare la virtù invece del vizio.

Si celebra veramente il mistero pasquale solo se si lascia che esso permei il tessuto della vita quotidiana. Rifiutare il sacrificio della propria volontà nell'obbedienza alla volontà del Signore è di fatto porre ostacolo alla salvezza. Proprio come la croce è il centro della manifestazione dell'amore redentivo di Dio per noi in Gesù, così la conformità dell'autorinnegamento di uomini e donne omosessuali con il sacrificio del Signore costituirà per loro una fonte di autodonazione che li salverà da una forma di vita che minaccia continuamente di distruggerli.

Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Se si dedicano con assiduità a comprendere la natura della chiamata personale di Dio nei loro confronti, esse saranno in grado di celebrare più fedelmente il sacramento della Penitenza, e di ricevere a grazia del Signore, in esso cosi generosamente offerta, per potersi convertire più pienamente alla sua sequela.

13. E' evidente, d'altra parte, che una chiara ed efficace trasmissione della dottrina della Chiesa a tutti i fedeli e alla società nel suo complesso dipende in larga misura dal corretto insegnamento e dalla fedeltà di chi esercita il ministero pastorale. I Vescovi hanno la responsabilità particolarmente grave di preoccuparsi che i loro collaboratori nel ministero, e soprattutto i sacerdoti, siano rettamente informati e personalmente ben disposti a comunicare a ognuno la dottrina della Chiesa nella sua integrità.

La particolare sollecitudine e la buona volontà dimostrata da molti sacerdoti e religiosi nella cura pastorale per le persone omosessuali è ammirevole, e questa Congregazione spera che essa non diminuirà. Tali ministri zelanti devono nutrire la certezza che stanno seguendo fedelmente la volontà del Signore, allorché incoraggiano la persona omosessuale a condurre una vita casta, e ricordano la dignità incomparabile che Dio ha donato anche ad essa.

14. Considerando quanto sopra, questa Congregazione desidera chiedere ai Vescovi di essere particolarmente vigilanti nei confronti di quei programmi che di fatto tentano di esercitare una pressione sulla Chiesa perché essa cambi la sua dottrina, anche se a parole talvolta si nega che sia così. Un attento studio delle dichiarazioni pubbliche in essi contenute e delle attività che promuovono rivela una calcolata ambiguità, attraverso cui cercano di fuorviare i pastori e i fedeli. Per esempio, essi presentano talvolta l'insegnamento del Magistero, ma solo come una fonte facoltativa in ordine alla formazione della coscienza. La sua autorità peculiare non è riconosciuta. Alcuni gruppi usano perfino qualificare come "cattoliche" le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l'insegnamento dei Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente. Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all'insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l'insegnamento della sua Chiesa. Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l'appoggio dei Vescovi.

15. Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l'insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l'attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato.Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati. Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall'insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale. Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto.

Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l'aiuto individuale. In tal modo, l'intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l'isolamento.

16. Da questo approccio diversificato possono derivare molti vantaggi, non ultimo la constatazione che una persona omosessuale, come del resto ogni essere umano, ha una profonda esigenza di essere aiutato contemporaneamente a vari livelli.

La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale. Qualsiasi persona che vive sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita, risorse, talenti e doni propri. La Chiesa offre quel contesto dei quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la persona puramente come un "eterosessuale" o un "omosessuale" e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna.

17. Offrendo all'attenzione dei Vescovi tali chiarificazioni e orientamenti pastorali, questa Congregazione desidera aiutare i loro sforzi volti ad assicurare che l'insegnamento del Signore e della sua Chiesa su questo importante tema sia trasmesso a tutti i fedeli in modo integro.

Alla luce di quanto ora esposto, gli Ordinari del luogo sono invitati a valutare, nell'ambito della loro competenza, la necessità di particolari interventi. Inoltre, se ritenuto utile, si potrà ricorrere ad una ulteriore azione coordinata a livello delle conferenze episcopali nazionali.

In particolare i Vescovi si premureranno di sostenere con i mezzi a loro disposizione lo sviluppo di forme specializzate di cura pastorale per persone omosessuali. Ciò poh4gialdbe includere la collaborazione delle scienze psicologiche, sociologiche e mediche, sempre mantenendosi in piena fedeltà alla dottrina della Chiesa.

Soprattutto i Vescovi non mancheranno di sollecitare la collaborazione di tutti i teologi cattolici, i quali, insegnando ciò che la Chiesa insegna e approfondendo con le loro riflessioni il significato autentico della sessualità umana e del matrimonio cristiano nel piano divino, nonché delle virtù che esso comporta, potranno così offrire un valido aiuto in questo campo specifico dell'attività pastorale.

Particolare attenzione dovranno quindi avere i Vescovi nella scelta dei ministri incaricati di questo delicato compito, in modo che essi, per la loro fedeltà al Magistero e per il loro elevato grado di maturità spirituale e psicologica, possano essere di reale aiuto alle persone omosessuali, per il conseguimento del loro bene integrale. Tali ministri respingeranno le opinioni teologiche che sono contrarie all'insegnamento della Chiesa e che quindi non possono servire da direttive in campo pastorale.

Inoltre sarà conveniente promuovere appropriati programmi di catechesi, fondati sulla verità riguardante la sessualità umana, nella sua relazione con la vita della famiglia, così come è insegnata dalla Chiesa. Tali programmi forniscono infatti un ottimo contesto, all'interno del quale può essere trattata anche la questione dell'omosessualità.

Questa catechesi potrà aiutare anche quelle famiglie, in cui si trovano persone omosessuali, nell'affrontare un problema che le tocca così profondamente.

Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo.

Nel valutare eventuali progetti legislativi, si dovrà porre in primo piano l'impegno a difendere e promuovere la vita della famiglia.

18. Il Signore Gesù ha detto: "Voi conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 32). La Scrittura ci comanda di fare la verità nella carità (cf Ef 4, 15).

Dio che è insieme verità e amore chiama la Chiesa a mettersi al servizio di ogni uomo, donna e bambino con la sollecitudine pastorale del nostro Signore misericordioso. In questo spirito la Congregazione per la Dottrina della Fede ha rivolto questa Lettera a voi, Vescovi della Chiesa, con la speranza che vi sia di aiuto nella cura pastorale di persone, le cui sofferenze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alleviate invece dalla parola della verità.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha approvato la presente Lettera, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 10 ottobre 1986.

JOSEPH Card. RATZINGER -Prefetto
+ ALBERTO BOVONE -Arc. tit. di Cesarea di Numidia-Segretario

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