Tutti i musulmani convertiti al cattolicesimo «Scelgono Gesù Cristo e vengono perseguitati»

Difficile lasciare l'Islam
di Viviana Bruschi

L'«invasione» islamica ha un rovescio della medaglia, poco conosciuto: quello delle centinaia di musulmani convcrtiti al cristianesimo e battezzati. Alcuni sono nati in Italia, da famiglie di tradizione islamica, altri vengono da Nordafrica, Asia, Medioriente, Albania. I cristiani venuti dall'Isiam (ed. Piemme), il libro scritto dai giornalisti Giorgio Paolucci (caporedattore di Avvenire) e Camille Eid (libanese e collaboratore del giornale cattolico), con la prefazione del gesuita egiziano Samir Khalil Samir, racconta le storie, raccolte in Italia e all'estero, di musulmani che hanno deciso di seguire Gesù. Molti sono costretti a una esistenza semiclandestina, protetti da sacerdoti e vescovi, per timore di vendette e rappresaglie da parte di chi li ritiene apostati e traditori di quella che viene definitiva «la migliore comunità che Dio abbia donato agli uomini». A differenza degli europei votati all'isiam, innalzati dalle comunità a ruoli di prestigio e di grande visibilità, i neocristiani non godono nemmeno in Occidente di libertà religiosa, perseguitali come sono dai loro slessi familiari. Il libro raccoglie trenta storie di neo-cristiani, «la punta di un iceberg» (dicono gli autori, esperti del mondo arabo e islamico) che continua a crescere ma che finora era rimasta largamente inesplorata. Anche se un censimento risulta ancora impossibile, da alcuni dati e indizi ricavati dalle diocesi italiane ed europee dai due giornalisti si ha una idea più definita del fenomeno. Un libro-inchiesta che sfida molti luoghi comuni, getta luce su un mondo largamente inesplorato, presenta percorsi di verità umana e di coraggiose rivoluzioni personali.

Ecco due storie scelte tra le tante.

Amina ha pronunciato il suo 'sì' nel santuario di Loreto .
«Che cosa me ne facevo di un Dio così lontano?»
Tutto è racchiuso in una parola: felicità.
Amina, padre egiziano e madre emiliana, pronuncia il suo 'sì ' a Gesù nel santuario mariano di Loreto e avverte quella sensazione di felicità che cercava. Nella mente le appare lo sguardo severo del padre la rimprovera e la riempie di inquietudine: «Devi essere una brava musulmana». Amina è una ragazza fragile, una vita abitita da dubbi e da contraddizioni. Da parte i parenti paterni, che le annunciano l'inferno e i castighi eterni per nonni italiani «perché cristiani e non musulmani», le impongono regole ferree, come portare il velo, «altrimenti non senti l'odore del Paradiso». Dall'altra il vuoto inferiore, popolato di domande e sensi di colpa e tristezze che nemmeno la madre e i nonni materni riescono a colmare. In mezzo, il padre integralista, esigente, ossessionato dal risveglio islamico e deciso ad avere una figlia osservante.Ti tolgo dall'Italia — mi disse - ti spedisco in Francia da mia sorella dove potrai imparare quello che fìnora non sono riuscito a insegnarti; tornerai trasformata e contenta». Quei tre mesi in Francia sono per Amina un corso intenso di sure coraniche, doveri e tradizione: preghiera cinque volte al giorno, lettura del Corano, moschea. La zia le ricorda di frequenteiI destino degli infedeli , le parla di punizione eterna e le lancia copiosi avvertimenti. Quando Amina torna in Emilia è una ragazza più ligia alle regole, ma destabilizzata e poco convinta che l'islam sia la strada della sua vita. E' all'Università che accade qualcosa di nuovo. La sua passione per la psicologia infantile la porta a confatto con Anna, una cristiana innamorata di Gesù e responsabile di una comunità per bambini. Le doti di ascolto dell 'amica spingono la giovane a raccontarle il suo inferno interiore, costellato di visioni d'inferno, isiam, doveri, padre severo e solitudine. «Il cuore del mio problema — ricorda Amina —non era l'esistenza di Dio, ma la sua presenza costante nella mia vita, capace di cambiare le giornate. Che me ne facevo di un Dio lontano, che non si cura di me?». E ' guardando Anna che Amina comincia a conoscere Gesù, «pieno di perdono e morto sulla croce per amore dell'umanità», e diventa per lei una presenza viva, amorevole e reale. Un giorno varca la porta del santuario di Loreto. Recita Padre Nostro e un brivido le percorre la schiena. v. b.

Rahim, giovane pakistano: «Era tutto troppo opprimente» « Mi sono ribellato a un codice troppo rigido»
Come San Paolo, Rahim, giovane pachistano nato a Trapani, cresciuto a suon di Corano e di lingua urdu da genitori devoti sunniti, originari di Lahore, viene folgorato da un viaggio. Lo scenario è il Pakistan, dove il ragazzino, appena tredicenne, si reca in visita ai nonni. «Rimasi affascinato dalla bellezza di certe moschee — racconta — dalle folle che si muovevano in perfetta sintonia per recitare la preghiera rituale , dal misticismo che si respirava in quei luoghi. Al contempo però cresceva in me una istintiva ribellione nei confronti della condizio'ne in cui versavano le donne, considerate merce di scambio. Poi — continua — non c'era davvero paragone tra la libertà vissuta da noi giovani in Italia e quell'aria opprimente respirata in Pakistan». Rahim torna a Trapani, dove vive, e comprende che quello è stato un viaggio rivelatore, ma non ha il coraggio di parlarne con la madre. Nel frattempo inizia a frequentare con gli amici siciliani la parrocchia e conosce Concetta, una ragazza dolce, che gli parla con semplicità di Gesù e gli fa dono del Vangelo. «Iniziai a scoprire la ricchezza dell'amore gratuito, la carità, il perdono, a capire che il cristianesimo è molto di più di un codice dì comportamento come è l'islam: è l'incontro reale tra l'uomo e Dio, una vera rivoluzione che cambia la vita dalle fondamenta». A Roma, durante la Giornata mondiale della gioventù di Tor Vergata, la svolta : «Quel giorno, e così ogni giorno, mi sono sentito amato di un amore immenso». Rahim, di professione spedizioniere, inizia così il suo cammino di cristiano. Da una parrocchia salesiana di Bologna fino alla cattedrale di Trapani, dove viene battezzato e decide di cambiare nome. Diventa Roberto e decide, con la moglie Concetta, di vivere il cristianesimo alla luce del sole. Poco dopo si converte anche Ìl fratello maggiore, Younus, mentre ìa mamma resta legata alla tradizione musulmana. «Ma è una grande madre, più di tutto vuole la nostra felicità». v.b.

Quotidiano Nazionale 12/12/2005