Le società non sono pronte ad integrare razze e culture .
Le diversità etniche stanno avendo effetti negativi, anzi corrosivi.

Robert Putnam, 65 anni,è uno dei più influenti politologi al mondo ed è professore ad Harvard. Autore tra l'altro del famoso Bowling Alone (2000)

Da anni, già prima del suo famoso Bowling Alone pubblicato nel 2000 (Capitale sociale e individualismo, Il Mulino), Robert Putnam è considerato l'opposto di Samuel Huntington. Entrambi politologi e professori ad Harvard, le loro tesi su società e integrazione divergono così come le loro visioni politiche: sostenitore dì Bush e guru dei neocon quest'ultimo, grazie all'ancor più celebre saggio Scontro delle civiltà. Liberal e vicino ai democratici il primo, inventore del concetto di «capitale sociale» e difensore della tesi che solo con la diffusione di un forte impegno civile tra i cittadini — e quindi con la costruzione di «ponti» tra le diverse comunità—la democrazia funzioni davvero.

Ebbene, il professore Putnam ha ora completato una ricerca dai risultati per lo meno delicati, visto l'attuale clima di scetticismo sui benefici dell'immigrazione, per non dire di opposizione all'apertura delle società ricche.

Le diversità etniche in una comunità — è in sintesi il verdetto — stanno avendo effetti negativi, corrosivi. Anzi: più sono profonde le differenze interne e più sarà probabile che in una società nessuno si fidi degli altri, che si tratti del vicino con un altro colore di pelle, o del sindaco dal nome esotico. «Sarebbe irresponsabile pubblicare l'intero studio ora, senza aver messo a punto alcune proposte che compensino gli effetti negativi della differenziazione sociale»,
ha dichiarato Putnam al Financial Times.

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Il giudizio di «uno dei più influenti politologi del mondo», come lo definisce il giornale britannico, non interessa .. i soli accademici: dopo Bowling Alone, Putnam fu chiamato come consulente dall'allora presidente americano Bill Clinton, ma anche a Downing Street e a Buckingham Palace (dove, si racconta, consigliò con poco successo un matrimonio tra un principe di Casa Windsor e una «bella ragazza del Bangladesh» per alleviare i contrasti razziali nel Regno Unito).

«L'effetto della diversità è peggiore di quanto immaginassimo — anticipa Putnam — Di fronte al diverso ci chiudiamo in noi stessi, come le tartarughe. E non solo non ci fidiamo di chi non è come noi. Ma perfino di chi non sembra simile a noi».

Le ricerche del professore americano riguardarìo soprattutto gli Stati Uniti e il controverso mito del «melting pot», ovvero del «crogiolo» di razze e culture che l'America avrebbe incarnato per decenni (il termine risale al 1782) per poi venir sorpassato come obiettivo ma anche come utopia.

Ormai, non è l'assimilazione ma il pluralismo, la presenza di più culture diverse in grado di dialogare a cui (in genere) si tende. Ma anche questa meta sembra lontana, dice Putnam. Un esempio? La città di Los Angeles, «la "dimora" più diversificata nella storia dell'umanità», è il luogo dove è minore in assoluto la fiducia negli altri. Ma in fondo non è molto meglio nelle campagne del Sud Dakota— ammette il professore — «dove "diversità" significa invitare degli svedesi a un picnic di norvegesi. La gente non si fida del sindaco, del giornale, dei vicini, delle istituzioni. Restano le marce di protesta e le ore davanti alla tv, entrambi in aumento».

Eppure Putnam — che nel 2000 ha lanciato il progetto Saguaro Seminar per «riconnettere» le molte anime dell'America — è ancora assolutamente convinto che

l'immigrazione sia positiva «per le società che "importano" persone e per quelle che le "esportano"». Le tendenze sociali possono essere «costruite, e ricostruite», aggiunge, «basta non aspettarsi che siano gli altri a diventare più simili a noi ed esser invece pronti a cambiare noi stessi».

Ricetta difficile, per i governi e per i cittadini. Ma Putnam sta lavorando su quelle «proposte» concrete che renderanno pubblicabile l'intera ricerca e agevoleranno — si spera — l'integrazione, così difficile nel breve termine. L'attesa, e non solo in America, è alta.

Corriere della Sera - 11-10-2006
Cecilia Zecchinelli