Insegnare l'Islam nelle scuole Italiane?
Parla Ruini.

Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 20-22 marzo 2006

PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE
Ecco la parte della recente prolusione del Card. Ruini che riguarda l'insegnamento della religione:

"Assai significativa è la sentenza con la quale il Consiglio di Stato, il 15 febbraio, ha respinto un ricorso che chiedeva la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche, con una motivazione che supera la fallace antinomia tra la portata religiosa di questo simbolo e la sua capacità di esprimere il fondamento dei valori civili propri della nostra nazione.

Si è sviluppato nelle ultime settimane un vivace dibattito su un eventuale insegnamento della religione islamica nelle scuole pubbliche, dibattito che si è esteso anche all'insegnamento della religione cattolica. Fatta l'ovvia premessa che la competenza della nostra Chiesa riguarda i rapporti con lo Stato italiano in merito all'insegnamento del cattolicesimo e non di altre religioni, sembra utile aggiungere qualche precisazione. In primo luogo vale per tutti il diritto alla libertà religiosa e in linea di principio non appare impossibile l'insegnamento della religione islamica.

Occorre però che ricorrano alcune fondamentali condizioni, che valgono nei confronti di ogni insegnamento nelle scuole pubbliche italiane: in particolare che non vi sia contrasto nei contenuti rispetto alla nostra Costituzione, ad esempio riguardo ai diritti civili, a cominciare dalla libertà religiosa, alla parità tra uomo e donna e al matrimonio. In concreto, manca finora un soggetto rappresentativo dell'Islam che sia abilitato a stabilire con lo Stato italiano un accordo in merito; bisognerebbe inoltre assicurarsi che l'insegnamento della religione islamica non dia luogo di fatto a un indottrinamento socialmente pericoloso. Non regge, in ogni caso, il paragone con l'insegnamento della religione cattolica, dato che esso, come afferma l'art. 9 dell'Accordo di revisione del Concordato, ha tra le sue motivazioni il fatto "che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano".

Le proposte di sopprimere tale insegnamento, sostituendolo eventualmente con un insegnamento di storia delle religioni, che sono state nuovamente avanzate in questa occasione, sulla base del più accentuato pluralismo di presenze religiose che nasce dall'immigrazione, e anche di un presunto, ma inesistente, declino della vitalità del cattolicesimo in Italia, non tengono conto del dato di fatto che il 91% degli alunni frequenta liberamente le lezioni di religione cattolica, oltre che della domanda di conservare e irrobustire le nostre radici, che è presente con forza nel popolo italiano".


In Italia non solo è altissima la quota di chi sceglie di frequentare l’ora settimanale di religione cattolica nelle scuole, ma sono superiori all’80 per cento anche le quote di chi giudica in modo positivo la Chiesa, di chi vuole che il crocifisso resti esposto nelle aule scolastiche e nei tribunali e di chi devolve ogni anno alla Chiesa cattolica l’8 per mille degli introiti fiscali dello stato.

di Sandro Magister -http://www.chiesa.espressonline.it

Fin qui il presidente della CEI. Ma per meglio capire le sue parole finali va aggiunto che in Italia non solo è altissima la quota di chi sceglie di frequentare l’ora settimanale di religione cattolica nelle scuole, ma sono superiori all’80 per cento anche le quote di chi giudica in modo positivo la Chiesa, di chi vuole che il crocifisso resti esposto nelle aule scolastiche e nei tribunali e di chi devolve ogni anno alla Chiesa cattolica l’8 per mille degli introiti fiscali dello stato. L’ultima approfondita indagine che ha accertato l’ampiezza – e persino la crescita – del consenso che avvolge la Chiesa cattolica in Italia è stata eseguita dall’istituto Demos-LaPolis, pubblicata il 18 dicembre 2005 sul principale quotidiano laico progressista italiano, “la Repubblica”, e curata e commentata da uno dei più stimati analisti della società italiana, Ilvo Diamanti, professore di scienza politica all’Università di Urbino e alla Sorbona di Parigi.

* * * Inoltre, va ricordato che l’insegnamento della religione nella scuola pubblica non è affatto limitato all’Italia, ma caratterizza la stragrande maggioranza degli stati europei. E risponde a una logica comune.

Ha illustrato questa logica, su “Avvenire” che è il quotidiano della CEI, uno specialista non sospetto, Carlo Cardia, professore di diritto ecclesiastico e di filosofia del diritto all’Università di Roma Tre, non cattolico e per molti anni consulente del maggior partito della sinistra italiana in materia di rapporti tra stato e Chiesa. Ecco qui di seguito il suo articolo, uscito il 16 marzo 2006 e corredato da un prospetto sull’insegnamento religioso in Europa, stato per stato.
Circa l’insegnamento dell’islam, è forte la consonanza tra gli argomenti di Cardia e quelli sopra riportati del cardinale Ruini.

In Europa l’ora di religione non è un'eccezione ma la regola -di Carlo Cardia

Il problema dell'insegnamento religioso nelle scuole, in Europa, non è mai stato una questione puramente amministrativa. Esso è stato al centro delle grandi trasformazioni dello stato moderno, ed ha seguito le vittorie e le sconfitte del carattere democratico e laico degli ordinamenti europei. Oggi è legato anche al progresso delle società europee sulla via dei diritti umani e della libertà religiosa. Nei periodi di conflitto tra stato e Chiesa, soltanto il laicismo estremo ha estromesso del tutto la religione nella scuola. Così è avvenuto nella Francia dell'Ottocento, dove l'insegnamento cattolico andava e veniva a seconda se al potere erano i rivoluzionari o i monarchici, i moderati o i separatisti della Terza Repubblica. Altrettanto è avvenuto in Spagna, dove il succedersi di regimi anticlericali a regimi tradizionalisti estrometteva o garantiva la religione dalle strutture pubbliche. In Italia, neanche il liberalismo ottocentesco ha mai avuto il coraggio di eliminare la religione dalle scuole elementari, che erano le uniche strutture scolastiche di massa dell'epoca. La legge Coppino del 1877 presentava delle ambiguità, ma il consiglio di stato ammise l'insegnamento cattolico lasciandone l'attivazione ai comuni e alla scelta delle famiglie. Nella quasi totalità dei casi i comuni lo ammisero, la generalità delle famiglie lo scelsero.

I liberali di allora dimostrarono una saggezza che non sempre si è trasmessa ai loro eredi. Il grande gelo cala, invece, in Europa, con il totalitarismo comunista che cancella ogni traccia di religione dalla scuola in quasi metà degli ordinamenti europei. Da Mosca a Praga, da Budapest a Sofia, a Belgrado, fino a Bucarest e a Varsavia (ma qui fu più difficile) il disegno di scristianizzazione della società cercò di recidere le radici che ciascuna Chiesa aveva con il suo popolo. La fine dei totalitarismi, di destra e di sinistra, è all'origine di riforme che hanno confermato lo stretto rapporto che esiste tra scuola, libertà religiosa e tradizioni nazionali nella maggior parte d'Europa. I paesi che già avevano stipulato con la Santa Sede un concordato raccordano l'insegnamento religioso con i principi di libertà e di laicità e confermano tutti, dall'Italia alla Germania, dal Portogallo alla Spagna e all'Austria, un legame solido tra scuola e religione, accentuandone il carattere culturale e aperto a tutti i cittadini. Soprattutto, la più grande svolta si determina con la caduta del totalitarismo sovietico e con la riconciliazione dei paesi ex-comunisti con la democrazia e la laicità dello stato.

L’insegnamento religioso, nelle forme libere e garantite per tutti, è stato reintrodotto in Polonia e in Croazia, in Slovacchia e in Lettonia, in Lituania, Romania e Russia. In altri paesi, come nella Repubblica Ceca e in Ucraina, se ne sta discutendo e si stanno valutando modi e forme per la sua regolamentazione. Tutto ciò avviene o con nuovi concordati – almeno dieci, oltre quelli già esistenti – o con leggi unilaterali dello stato. Se si considera che l'insegnamento religioso è rimasto sino ai giorni nostri in quasi tutti i paesi protestanti del nord-Europa e nella Grecia dell'ortodossia, si può constatare come nella stragrande maggioranza degli ordinamenti europei la scuola si collega con la religione nelle forme ereditate dalle rispettive tradizioni, ortodossa, cattolica, protestante, in più d'un caso nella forma ebraica.

Da questo quadro fortemente omogeneo si possono trarre alcune considerazioni.
In primo luogo vi si ritrova la smentita più netta alle tesi di quanti, ancora in questi giorni, cercano di sostenere che l'insegnamento cattolico in Italia costituisca un'eccezione, anziché la conferma quasi di una regola seguita nell'Europa delle democrazia e dei diritti umani.
In secondo luogo, l'insegnamento è impartito sulla base del principio di libera scelta da parte delle famiglie, o dei ragazzi; e sul presupposto che i programmi, i docenti e i libri di testo siano rispettosi dei principi fondamentali delle società occidentali, in materia di libertà, di struttura della famiglia, e via di seguito.
Infine, e per conseguenza, lo stato richiede a tutte le Chiese garanzie sui docenti e sui programmi di insegnamento, perché non si pongano in essere predicazioni e comportamenti intolleranti o fanatici.

Solo in questo orizzonte può essere presa in esame l'ipotesi – che è stata ventilata – di una forma di insegnamento islamico nelle scuole publiche.
In primo luogo occorre tenere presente che non esistono oggi i presupposti giuridici che sono alla base della normativa scolastica italiana e di altri paesi, e che si è di fronte invece ad ostacoli specifici e di notevole rilievo. Non c'è in Italia una confessione islamica organizzata e riconosciuta dallo stato. Esistono diversi gruppi, non di rado in forte conflitto tra di loro. E ciò impedisce che si possa dar vita a un insegnamento che non si fonderebbe su alcuna comunità, istituzione, o gerarchia confessionale. Poi, non si può ignorare il potenziale conflitto tra alcuni profili dell'attuale modo d'essere dell'islamismo e questioni fondamentali per le nostre società – la tematica dei diritti umani, a cominciare dalla libertà religiosa, i principi di eguaglianza tra uomo e donna, la struttura monogamica del matrimonio – che costituiscono il patrimonio più prezioso della tradizione laico-cristiana dell'Italia e dell'Occidente. Aprire con leggerezza una divaricazione su questi punti vorrebbe dire porre le premesse di un serio regresso del tessuto sociale e culturale e frenare quel dialogo interreligioso che deve svolgersi su presupposti chiari e inequivoci su alcuni principi fondamentali.
Inoltre, la consapevolezza del momento storico che viviamo impone chiarezza su un altro punto assai delicato. Nel momento in cui il fondamentalismo islamico costituisce una realtà concreta in tanti paesi da cui proviene l'immigrazione verso l’Europa, sarebbe errato non avvertire il rischio che, attraverso legittimazioni frettolose e canali sensibili come quelli scolastici, possano filtrare soggetti capaci di trasmettere altri messaggi, realizzare collegamenti ambigui, porre a rischio valori fondamentali della vita civile. Questi sono alcuni degli ostacoli che rendono oggi irrealizzabile, e non ipotizzabile, una presenza islamica organica nella scuola italiana. Ciò non vuol dire che in futuro non si possa esaminare il problema; ma solo quando le condizioni storiche offrano garanzie certe che il sistema di valori su cui fonda la nostra società non venga intaccato, o posto a rischio, da una presenza che deve puntare a integrare tutti coloro che vivono sul nostro territorio, e non a dividere la società italiana.

In Italia, nelle scuole pubbliche l’insegnamento della religione cattolica è di un’ora la settimana, alla quale gli alunni sono liberi di partecipare o no. Anche per l’ebraismo vale un analogo trattamento. Ma c’è possibilità di insegnamento anche per altre confessioni religiose. Per “possibilità” si intende qui possibilità giuridica, che può essere realizzata a condizioni prestabilite. In altri paesi europei le cose stanno così:
AUSTRIA. Insegnamento cattolico. Possibilità per altre religioni.
BELGIO. Insegnamento cattolico o ebraico, oppure, in alternativa, di etica non religiosa.
CROAZIA. Insegnamento cattolico.
DANIMARCA. Insegnamento protestante luterano.
FINLANDIA. Insegnamento protestante luterano, oppure, in alternativa, insegnamento etico.
FRANCIA. Nelle scuole primarie, giorno libero per gli studenti che vogliano recarsi presso la Chiesa prescelta, per l’insegnamento religioso. In Alsazia-Mosella, insegnamento cattolico nelle scuole primarie e secondarie.
GERMANIA. Insegnamento cattolico oppure protestante riformato, a scelta delle famiglie o degli studenti. Possibilità per altre religioni.
GRAN BRETAGNA. Insegnamento gestito dalle principali confessioni esistenti nel paese.
GRECIA. Insegnamento ortodosso.
OLANDA. Insegnamento cattolico o protestante riformato. Possibilità per altre religioni e per un insegnamento umanistico. POLONIA. Insegnamento cattolico. Possibilità per altre religioni.
PORTOGALLO. Insegnamento cattolico. Possibilità per altre religioni.
ROMANIA. Insegnamento ortodosso. Possibilità per altre religioni.
RUSSIA. Insegnamento ortodosso. Possibilità per altre religioni.
SERBIA. Insegnamento ortodosso. Possibilità per altre religioni.
SLOVACCHIA. Insegnamento cattolico.
SPAGNA. Insegnamento cattolico. Possibilità per altre religioni.

Le prime sperimentazioni di un insegnamento della religione musulmana nelle scuole pubbliche sono in corso attualmente:
in Spagna, dove si consente alle comunità islamiche di fruire dei locali scolastici fuori dall’orario curricolare;
in Austria;
in Germania, dove l’insegnamento è possibile per i musulmani di nazionalità turca.

Ma a giudizio di Carlo Cardia “si trova difficoltà a reperire gli insegnanti con i requisiti adatti e si tratta comunque di esperimenti limitati e recentissimi, ancora da valutare”.