SOMMARIO RASSEGNA STAMPA

L'Islamismo erede del comunismo ?

L'Islamismo come erede del comunismo:
l'ultima denuncia che viene dalla Russia

di Vittorio Strada -Corriere della Sera -14-10-2006

Secondo la leggenda narrata nelle antiche cronache, quando, verso la fine del X secolo, il principe di Kiev Vladimir decise di abbandonare il paganesimo, prima di scegliere per sé e il suo popolo il cristianesimo bizantino, si informò su cattolici, ebrei e maomettani, scartando per vari motivi le loro religioni; l'ultima, quella musulmana, perché, tra l'altro, comportava l'astinenza del bere, al che il principe avrebbe obiettato: «Ai russi piace bere, non possiamo vivere senza di ciò». Episodio curioso, non privo di una nota comica, ma profondo per significato, se vuole dimostrare quanto meditata fosse l'adozione da parte dei russi del cristianesimo orientale.

Fa pensare l'idea di quale sarebbe stata la storia del mondo, e in particolare dell'Europa, se il principe Vladimir, sacrificando l'amore per il bere, avesse adottato la religione di Maometto.

Oggi, a più di mille anni da quell'evento, anche per la Russia cristiana, uscita da tre quarti di secolo di ateismo comunista, sembra ripresentarsi la possibilità di una opzione coranica: L'islamizzazione della Russia è il titolo di un libro di due autori, Ju. N. Golubcikov e R. A. Mnatsakanjan, edito a Mosca lo scorso anno, col sottotitolo allarmistico: «Scenari inquietanti del futuro».
L'opera, che non si limita alla Russia ed esamina quella «bomba a scoppio ritardato» che è la lenta ma inesorabile espansione del mondo musulmano in Europa, si aggiunge ad altri numerosi studi russi sul «problema islamico» in generale e nel contesto russo, dove è particolarmente sentito non solo per la sua rilevanza quantitativa (20 milioni di musulmani cittadini della Federazione russa), ma perché con particolare asprezza si manifesta nel Caucaso settentrionale, conferendo al separatismo ceceno una dimensione religiosa radical-fondamentalistica.

Un luogo comune di quella forma di banalità «progressista» che è il «politicamente corretto» dice che la democrazia non si può esportare, tanto meno militarmente, il che è vero, anche se con le armi si possono abbattere dittature e favorire le possibilità di uno sviluppo democratico.

«Esportare» e difendere si possono però le religioni, non necessariamente con l'aiuto delle armi (il terrorismo islamistico è soltanto una misura d'appoggio): la naturale crescita demografica di una comunità religiosa, entro società demograficamente calanti, è uno strumento pacifico efficace, tanto più se accompagnato da una forte identità e vitalità culturale di fronte a una debilitata controparte.

Scrivono i due autori dell'Islamizzazione della Russia:
«Le dottrine partitiche miranti all'islamizzazione di tutto lo spazio mondiale e alla creazione di un unico Stato musulmano, il califfato, (...) si basano sui principi leniniano-staliniani del partito di tipo nuovo, ai quali si aggiunge un panislamismo che in parte ricorda l'internazionalismo
[comunista n.d.r.] ».

Curiosa osservazione, non priva di significato, se si ricorda che il comunismo fu definito «l'Islam del XX secolo» e che in un libro intitolato L'Islam révolutionnaire, Ilich Ramirez Sanchez, alias Carlos, attualmente detenuto in un carcere francese di alta sicurezza per la sua attività terroristica, teorizza una sorta di fusione tra marxismo-leninismo e islamismo radicale come arma diretta contro il sistema capitalistico occidentale in vista di un nuovo ordine mondiale basato su moltitudini pronte, se non alla lotta terroristica, privilegio di un'avanguardia cosciente ed eroica, al suo spontaneo sostegno morale.

Uno dei maggiori studiosi russi del mondo musulmano, Aleksandr Malascenko, nel suo libro L'alternativa islamica e il progetto islamico, dopo aver analizzato la demografia e l'ideologia dell'Islam, scrive:
«Il conflitto tra mondo islamico e Occidente è evidente. Il suo contrassegno principale non è neppure l'estremismo religioso di per sé, ma la percezione della sua esistenza, in questa o quella forma, come naturale nel mondo musulmano. (...) Il diretto "scontro di civiltà" è attuato da parte musulmana soltanto da decine o centinaia di migliaia, magari perfino da qualche milione di persone (secondo dati dei servizi segreti, il numero di persone capaci di compiere atti terroristici, nel 1995, era di cinquantamila), ma alle loro spalle stanno colossali riserve umane».
La conclusione è che «l'attualità a vari livelli — locale, nazionale, regionale, mondiale — del progetto islamistico si manterrà anche nel futuro» e che «l'impossibilità di realizzare questo progetto stimola i suoi partecipanti a continuare la lotta per il loro scopo».

Di fronte a questa realtà e prospettiva, che investe l'Occidente non meno della Russia, poco possono i cosiddetti «islamici moderati», che meglio sarebbe chiamare «islamici prammatici», che anche in Russia hanno una loro rappresentanza nel Tatarstan, dove predominante, a differenza che nel Caucaso settentrionale, è il cosiddetto «euroislam», ma che in futuro potrebbe diventare terreno per forze fondamentaliste, minoritariamente già presenti e sostenute dall'esterno.
Il carattere antioccidentale del «progetto islamistico» radicale era evidente fin dal tempo della «rivoluzione» (o «controrivoluzione») khomeinista, dichiarato e teorizzato com'era, ad esempio, nel libro di Jalal Al-i Ahmad Occi-dentosis: a Plague from the West, edito a Teheran nel 1978 e tradotto nel 1984 in America), dove al moderno mondo occidentale viene diagnosticata una mortale malattia, dalla cui infezione il mondo musulmano deve salvaguardarsi.

Due studiosi, un americano e un russo,Tim McDaniel e Leonid Skljarov, stabilirono, autonomamente, un parallelo interessante, anche se come tutte le analogie storiche da considerare con cautela, tra la rivoluzione bolscevica e la «rivoluzione iraniana» (Skljarov aggiunge anche il nazionalsocialismo), movimenti di massa di forze tradizionalistiche in rivolta contro la modernità capitalistica sotto la guida di leader che, con varie ideologie filosofiche e religiose, hanno progettato un modello socioeconomico salvifico e alternativo, senza rinunziare alle più avanzate tecnologie occidentali.

Si esce ormai dal campo dei rapporti religiosi e culturali tra islamici o ortodossi (cristiani) in Russia, rapporti che hanno una storia plurisecolare e sono stati sia di ostilità sia di collaborazione. Va aggiunto che, accanto ai rapporti con l'Islam interno ed esterno, in Russia richiama l'attenzione anche il rapporto con un'altra immensa comunità limitrofa: la Cina. Si ricorda la vecchia facezia sovietica di un bollettino radiofonico che annunciava: «Sulla frontiera polacco-cinese tutto è tranquillo». Un commentatore russo, presentando un libro sulla «crescente minaccia» cinese, ha scritto: «Gli Usa hanno sempre salutato i normali rapporti pacifici tra Russia e Cina (...) Ma dopo l'alleanza strategica tra Cina e Russia nel 1996 la direzione di questi rapporti è diventata antiamericana», dato che l'obiettivo cinese è quello di liquidare o almeno limitare il ruolo degli Usa nell'Asia per affermarvi la propria egemonia. La Cina però, in prospettiva, non è neppure indifferente agli spazi della Siberia Orientale...

Gli «scenari inquietanti del futuro» si moltiplicano. E talora si esagerano.

Per Ilich Ramirez Sanchez eglio noto come «Carlos lo Sciacallo», l'Islam è la rivoluzione delle rivoluzioni.
E dunque non esiste un ostacolo a una alleanza tra i rivoluzionari comunisti e gli islamici.
Anzi, anche gli «atei», sottolinea il terrorista, possono aderire al patto contro «Satana», gli Stati Uniti.

Carlos, che attualmente sconta una pena all'ergastolo in una prigione francese, ha raccolto le sue teorie nel libro L'Islam rivoluzionario, piccolo trattato pubblicato nel 2003 dove spiega il mondo post 11 settembre, elenca i nemici, celebra la riscoperta della fede come strumento di lotta, conferma la sua conversione.
Dopo aver vissuto in clandestinità per quasi vent'anni, dopo aver messo a segno colpi spettacolari—come la presa d'ostaggi all'Opec—e compiuto vili omicidi, il terrorista marxista ha trovato una nuova causa. Lui stesso si definisce «la voce dell'Islam e della storia», si autocelebra come fonte di ispirazione religiosa, ifìqh, e arriva a offrire un progetto di riforma del credo islamico.

Per lo «Sciacallo», abituato a maneggiare esplosivi e Kalashnikov, non bastano più i pilastri maomettani quali la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio alla Mecca. Tutti doveri «secondari», afferma Carlos il riformatore religioso. No, il precetto numero uno — sostiene — è «combattere gli Usa con qualsiasi mezzo disponibile».
E i rivoluzionari della terra devono dunque mettersi agli ordini di Osama Bin Laden, accettare la Sharia (la legge islamica), sfidare «la Grande sorella America». Nella sua analisi, lo «Sciacallo», tra i primi a giocare con i mass media, sostiene che è fondamentale per i rivoluzionari islamici la guerra di propaganda. Vale più l'immagine di un cadavere di un soldato americano trascinato nelle vie di Mogadiscio che un attacco in sé. Esattamente quello che pensa e scrive il suo nuovo alleato Bin Laden.

Corriere della Sera-1-2007- Guido Olimpio

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