SOMMARIO RASSEGNA STAMPA

L'Islam visto da una voce autorevole della sinistra europea, Hans Magnus Enzensberger : un movimento impolitico che non avanza richieste negoziabili e desidera che la maggioranza degli abitanti del pianeta, che è fatta di infedeli e di apostati, capitoli o venga sterminata.

Perchè sono contro questo Islam

di Hans Magnus Enzensberger
Corriere della Sera 20-1-2007

Esiste ancora un solo movimento disposto alla violenza, in grado di agire globalmente. Ed è l'islamismo. Il quale intraprende un tentativo di vasta portata: mobilitare le energie religiose di un credo universale che conta circa 1,3 miliardi di fedeli, non solo più vivo che mai, ma altresì — anche sotto il mero profilo demografico — in espansione in tutti i continenti. Sebbene questa ummah sia variamente spaccata al suo interno e travagliata da conflitti nazionali e sociali, l'ideologia dell'islamismo rappresenta un mezzo ideale per la mobilitazione di perdenti radicali nella misura in cui riesce ad amalgamare istanze religiose, politiche e sociali.

Anche il modello organizzativo di questo movimento appare destinato al successo. L'islamismo ha abbandonato il rigido centralismo delle bande precedenti e sostituito l'onnisciente e onnipotente comitato centrale con un reticolo flessibile: un'innovazione assai originale, assolutamente all'altezza dei tempi. Ma per il resto attinge volentieri dall'arsenale dei predecessori.

Spesso si trascura che il terrorismo moderno è un'invenzione europea dell'Ottocento. I suoi precursori più importanti provengono dalla Russia zarista, ma anche nell'Europa occidentale può vantare una lunga tradizione.
Propedeutico in epoca più recente si è dimostrato specialmente il terrorismo radicale di sinistra degli anni Sessanta e Settanta. Gli islamisti gli devono una serie di simboli e di tecniche. Lo stile dei loro comunicati, l'uso delle videoregistrazioni, il significato emblematico del kalashnikov, persino la mimica, il linguaggio del corpo e la mise mostrano quanto hanno imparato da questi modelli occidentali. Inoltre tutti i mezzi tecnici del terrorismo, dagli esplosivi al telefono satellitare, dall'aereo alla telecamera provengono dall'Occidente.
Analogamente ai loro precursori europei, anche i combattenti islamisti si richiamano a poche autorità canoniche. (...) Da soggetto rivoluzionario non funge più il proletariato mondiale, ma la ummah, da avanguardia e autonominato rappresentante delle masse non più il partito, bensì il vastamente ramificato reticolo cospirativo dei combattenti islamisti. Il movimento può magari anche ispirarsi a forme retoriche del passato, percepite da chi sta fuori come megalomani o roboanti; tuttavia deve molte delle sue idee fisse al nemico comunista: la storia è regolata da leggi ferree, la vittoria è inevitabile, ovunque occorre smascherare i deviazionisti e i traditori, che secondo la buona tradizione leninista vengono subissati di improperi rituali.
Anche la lista degli avversari più demonizzati non presenta sorprese: l'America, l'Occidente decadente, il capitale internazionale, il sionismo. Con l'aggiunta degli infedeli, ossia dei restanti 5,2 miliardi di persone, e dei musulmani apostati, da reperirsi a scelta tra gli sciiti, ibadi-ti, aleviti, jesidi, zaiditi, ahmadija, hanabiti, drusi, sufi, cangiti, ismailiti e altre sette religiose.

Per quanto gli islamisti pretendano di essere i custodi della tradizione, essi sono in tutto e per tutto creature del mondo globalizzato che osteggiano. Non solo per tecnica, ma anche per capacità mediatica sopravanzano di gran lunga i loro predecessori di un tempo. È vero che già nell'Ottocento gli àpostoli del terrorismo si basavano sulla «propaganda attraverso l'atto», senza però conseguire la risonanza mondiale raggiunta oggi da una formazione nebulosa come Al Qaeda. Forte dell'esperienza televisiva, della tecnica ( computeristica, pubblicitaria e di Internet, il terròrismo islamista conquista quote di ascolto superiori a qualsiasi campionato mondiale di calcio. Allievo zelante di Hollywood, inscena i massacri di suo gusto sulla scorta dei film sulle catastrofi, degli splatter movies e dei thriller di fantascienza. Anche in questo si mostra la sua dipendenza dall'odiato Occidente. Nelle sue produzioni mediatiche si realizza la société du spectacle a suo tempo descritta dai situazionisti. (...)

La guerriglia storica ha sempre mirato a guadagnarsi l'appoggio della popolazione civile. Su questo si basava non solo la sua logistica, ma altresì la sua legittimazione politica. Gli islamisti ignorano questa strategia. Ne è riprova il fatto che colpiscano a casaccio, Mentre i terroristi russi dell'Ottocento e i loro emuli si richiamavano alla lotta di classe e sceglievano le loro vittime - tra i potenti e i ricchi, i guerrieri islamici di Dio ammazzano in genere passeggeri della metropolitana che non c'entrano per niente, piccoli impiegati, frequentatori di discoteche, donne che fanno la spesa al mercato , persone in coda da qualche parte.

Il fatto che l'energia distruttiva delle azioni islamiste, contrariamente a quanto sembra credere l'Occidente, si rivolga prevalentemente contro i musulmani, non è quindi un errore tattico e un «danno collaterale». Nella sola Algeria il terrorismo islamista è costato la vita ad almeno cinquantamila concittadini; altre fonti parlano addirittura di centocinquantamila uccisioni, perpetrate però anche dai militari e dai servizi segreti. Anche in Iraq e in Afghanistan il numero delle vittime musulmane supera di gran lunga quelle straniere. Comunque, della suscettibilità isterica dimostrata nei confronti del mondo esterno non vi è traccia, quando si tratta di conflitti interni al mondo arabo. Nessuno fa una piega e nessuna fatwa viene decretata, quando in Iraq, nel Ciad, nel Darfur o in Afghanistan musulmani arabi ammazzano altri musulmani. Al pari dell'unità panaraba, in questi casi la compattezza dell' Ummah invocata nel Corano si dimostra una pia menzogna.

Che il terrorismo non solo danneggi gravemente l'immagine dell'Islam, ma anche le condizioni di vita dei suoi adepti in tutto il mondo, agli islamisti non importa proprio nulla, come nulla importava ai nazionalsocialisti la rovina della Germania. In quanto avanguardisti della morte, non hanno riguardi per la vita dei loro confratelli. Per gli islamisti, il fatto che per la maggior parte i musulmani non abbiano alcuna voglia di far saltare in aria se stessi e altri dimostra unicamente che essi non hanno meritato di meglio della loro liquidazione. Infatti lo scopo dei perdenti radicali sta appunto nel rendere perdenti il maggior numero possibile di altri.
Il fatto di trovarsi in minoranza, per gli islamisti, può significare soltanto che essi sono degli eletti.

A soluzioni per il di lemma del mondo arabo l'islamismo non è interessato: si limita alla negazione. Si tratta sostanzialmente di un movimento impolitico, dato che non avanza richieste negoziabili. In poche parole desidera che la maggioranza degli abitanti del pianeta, che è fatta di infedeli e di apostati, capitoli o venga sterminata.
Questo ardente desiderio non può essere appagato. Certo, l'energia distruttiva dei perdenti radicali è sufficiente per ammazzare migliaia, forse decine di migliaia di persone che non c'entrano per niente, e per danneggiare seriamente la civiltà alla quale hanno dichiarato guerra.
Un segnale dell'effetto che qualche dozzina di bombe umane è in grado di provocare sono i controlli
quotidiani ai quali il mondo si e abituato. (...) Ma questo sarebbe il meno, quanto a disagi nella vita civile provocati dal terrorismo. Il quale può innescare un clima diffuso di paura e reazioni dettate dal panico.

Il terrorismo accresce il potere e l'influenza della polizia politica, dei servizi segreti, dell'industria bellica e delle agenzie private di sicurezza, promuove la promulgazione dileggi sempre più repressive, avvelena il clima politico e porta alla perdita di diritti di libertà conquistati storicamente.

(...) Il più pericoloso di tutti gli effetti del terrorismo è l'infezione da parte dell'avversario.

(copyright Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 2006)

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