Il rischio di un nuovo Olocausto
di Massimo Introvigne (il Domenicale. Settimanale di cultura, anno
3, n. 45, 6 novembre 2004)
La diversa sensibilità con cui gli Stati Uniti seguono, rispetto
all'Europa, il programma nucleare iraniano e la violenza sempre più
frequente in Pakistan si spiega con una discussione in corso sulla
stampa americana, che non è solo culturale ma comporta implicazioni
pratiche a dir poco terrificanti. È possibile un “nuovo
Olocausto”? Ron Rosenbaum, il giornalista che ha coniato l'espressione,
ha raccolto ora in un volume di oltre seicento pagine (Those Who Forget
the Past, Random House) i testi essenziali favorevoli e contrari (fra
questi ultimi non manca neppure un contributo del defunto Edward Said,
1935-2003) alla sua tesi. Il libro è importante, e pazienza
se ci si è voluto infilare l'obbligatorio capitolo contro The
Passion, Mel Gibson e i suoi familiari, fra cui ci saranno pure cattolici
scismatici che rifiutano il Vaticano II e l'autorità del Papa
ma che non risulta si siano arruolati in Hamas o lancino razzi sugli
asili israeliani.
Dal momento che alcuni di quanti (non tutti) hanno adottato e usano
l'espressione “nuovo Olocausto” sono neoconservatori,
non manca chi ritiene che si tratti di semplice propaganda elettorale
per Bush. Tuttavia la prospettiva del “nuovo Olocausto”
non è nata negli Stati Uniti, ma in Iran, dove sermoni di predicatori
vicini ai vertici della Repubblica Islamica hanno collegato esplicitamente
il programma nucleare alla prospettiva di “sterminare cinque
milioni di ebrei” (tanti ne vivono in Israele). Si tratta della
“cancellazione nucleare di Israele dalla carta geografica”,
secondo la gentile espressione dell'ex-presidente Hashemi Rafsanjani
(neppure il più estremista di tutti), e pazienza se questo
annientamento non potrebbe che eliminare contemporaneamente centinaia
di migliaia di musulmani e cristiani che vivono nello Stato ebraico.
La stessa retorica si ritrova nelle organizzazioni estremiste pakistane
vicine ad Al Qaida. Il Pakistan ha la bomba atomica, e la possibilità
che gli ultrafondamentalisti prendano il potere purtroppo non è
puramente teorica. Si comincia insomma a capire perché la semplice
possibilità che Saddam Hussein si dotasse di armi di distruzione
di massa suscitasse quello che è stato chiamato “panico
etnico” tra gli ebrei americani e in Israele.
La prospettiva del “nuovo Olocausto” non nasce solo dagli
strumenti - l'arma nucleare - con cui potrebbe essere messo in atto,
ma anche dalle motivazioni. Storici come Bernard Lewis, autore qui
di un capitolo sul nuovo antisemitismo musulmano, hanno ricostruito
con meticolosità di dettagli la crescente fascinazione degli
ultrafondamentalisti islamici per Adolf Hitler e i sempre più
frequenti riferimenti alla “soluzione finale” nella loro
letteratura. Si aggiungono tutti gli ingredienti dell'odio antisemita,
capaci di trasformare propagandisticamente gli ebrei in non persone,
e giustificarne lo sterminio. Il fondamentalismo islamico ricicla
i famigerati Protocolli dei Savi di Sion, un falso documento del piano
ebraico di dominio del mondo, e l'accusa secondo cui gli ebrei si
servono del sangue di cristiani e musulmani in rituali segreti, ma
aggiunge anche nuove assurdità accusando gli ebrei di avere
creato e diffuso il virus dell'AIDS e di avere organizzato l'Undici
settembre.
Alcuni (anche nel mondo ebraico) obiettano che l'espressione “nuovo
Olocausto” toglie qualcosa all'unicità della Shoah, e
che l'odio ultrafondamentalista islamico per gli ebrei, di natura
religiosa e non razziale, è diverso da quello nazista. Tuttavia,
mentre si discetta se il nazismo fosse una religione secolarizzata
o una pura ideologia politica, nelle moschee iraniane e pakistane
si continua a predicare lo sterminio nucleare di milioni di ebrei,
l'apocalisse finale che incupisce i sogni, o gli incubi, del fondamentalismo.