La teoria del mercato religioso

di Massimo Introvigne (La Critica Sociologica, n. 152, inverno 2004-2005 [10 febbraio 2005)], pp. 43-56)

Il mercato religioso

La teoria dell’economia religiosa – riassunta a uso del pubblico di lingua italiana nel volume di Rodney Stark e del sottoscritto,[Massimo Introvigne] Dio è tornato (2003) – insiste sulla tesi secondo cui i processi di modernizzazione non sono affatto incompatibili con una continua e vigorosa presenza sia di credenze, sia di pratiche religiose.

Il caso degli Stati Uniti – un paese dove fin dal XIX secolo un processo di modernizzazione rapidissimo si accompagna a una presenza quantitativa della religione assai più rilevante di quella europea – ha da sempre messo in crisi le teorie classiche della secolarizzazione. A queste la teoria dell’economia religiosa propone di sostituire un «nuovo paradigma» fondato sull’uso della metafora del mercato. La vita delle istituzioni religiose è analizzata, con gli strumenti che derivano dalla teoria economica, come un mercato di beni simbolici in cui competono diverse aziende religiose, la cui offerta incontra una domanda religiosa a sua volta distribuita in diverse nicchie di consumatori religiosi. Naturalmente, la metafora ha i suoi limiti, e del resto la sociologia non si occupa che del «lato umano della religione» (Stark e Finke 2000), lasciando volentieri il lato più che umano ai teologi.

La teoria postula che – anche nel lungo periodo – la domanda religiosa tende a rimanere costante, e che per spiegare le variazioni delle statistiche religiose occorre dunque porsi dal lato dell’offerta.

Ci sono infatti notevoli variazioni nella pratica religiosa tra un paese e l’altro, cui non si accompagnano peraltro variazioni altrettanto importanti nel numero di coloro che si dichiarano religiosi o credenti, a conferma che non è la domanda a mutare. Negli Stati Uniti il numero di coloro che frequentano regolarmente i luoghi di culto (circa il 40%) è il doppio di quello dell’Unione Europea; in Italia la stessa cifra è tre volte superiore a quella della Francia (Davie 2002); e così via. Se queste discrepanze non derivano dalla domanda, debbono derivare dall’offerta, e dalle modalità con cui l’offerta incontra la domanda: un contesto in cui è fondamentale il ruolo degli Stati e dei loro atteggiamenti e normative sulla religione.

Senza trascurare altri elementi relativi, per esempio, alla qualità dell’offerta religiosa nei vari paesi, la teoria sostiene che

– come per ogni altro mercato di beni materiali o simbolici, e contrariamente a quanto pensano alcuni teorici della secolarizzazione – anche per la religione (istituzionale) la concorrenza fa bene al mercato e, entro certi limiti, l’offerta alimenta la domanda.

I paesi con un più ampio pluralismo religioso – cioè con la maggiore concorrenza fra imprese religiose – come gli Stati Uniti, o quelli dove l’ingresso di nuove imprese particolarmente attive crea un improvviso aumento della concorrenza (come l’America Latina dopo la cosiddetta esplosione protestante, che ha stimolato una vigorosa risposta cattolica), sono anche i paesi dove il numero totale di praticanti religiosi si mantiene stabile o cresce.

Dove invece lo Stato ostacola il pluralismo religioso, opponendosi in particolare all’ingresso sul mercato di nuove imprese, bollate come «sètte» o come nemiche dell’identità nazionale, lì – come avviene in Francia e in Russia – il numero di praticanti religiosi in genere decresce in modo spettacolare.

Si deve anche precisare che non si tratta solo di concorrenza tra religioni. Almeno due religioni – il cattolicesimo e l’islam – sono così grandi (ciascuna conta più di un miliardo di fedeli) da avere sviluppato anche quel fenomeno che gli economisti chiamano concorrenza intrabrand.

La possibilità di scegliere fra innumerevoli varianti del cattolicesimo in Italia (secondo processi di differenziazione che i sociologi della religione italiani hanno notato da decenni) o dell’islam in Indonesia o in Egitto crea una concorrenza che, mutatis mutandis, ha gli stessi effetti positivi della concorrenza interbrand fra religioni diverse, e spiega la buona tenuta della religione istituzionale in questi paesi.

Un’altra tesi centrale della teoria dell’economia religiosa (cfr. Introvigne 2004) è quella secondo cui

nel mercato religioso moderno non tutte le religioni hanno la stessa probabilità di avere successo. La domanda religiosa si distribuisce in nicchie che radunano gruppi di consumatori secondo le caratteristiche sociali e demografiche, ma anche secondo i gusti e le preferenze.

Queste nicchie possono essere distinte secondo il loro grado di strictness, cioè di tensione rispetto ai valori e agli stili di vita (in genere, meno rigorosi di quelli proposti dalle religioni sul piano morale e dell’impegno) prevalenti nella società circostante. Semplificando schemi più complessi, possiamo distinguere cinque nicchie, dalla più alla meno strict: ultra-fondamentalista, fondamentalista, conservatrice, progressista e ultra-progressista.

Una delle scoperte cruciali della teoria dell’economia religiosa è che queste nicchie – che, come la domanda, tendono a rimanere relativamente costanti nel tempo – non sono di uguale dimensione. Le nicchie progressista e ultra-progressista sono piuttosto piccole, perché patiscono la concorrenza di chi propone gli stessi valori e stili di vita in una prospettiva non religiosa. Le nicchie ultra-fondamentalista e fondamentalista in circostanze normali sono più grandi di quelle ultra-progressista e progressista, ma più piccole della nicchia centrale conservatrice, in cui si situa la maggioranza dei consumatori religiosi. Inoltre, mentre i consumatori si spostano raramente da una nicchia all’altra, le organizzazioni religiose lo fanno: lentamente, ma quotidianamente. Molte organizzazioni nate come ultra-fondamentaliste convergono verso il centro, e diventano nel giro di qualche generazione semplicemente conservatrici (alla prossima generazione potranno anche diventare progressiste: in tal caso, cominceranno a perdere membri).

Che le organizzazioni (relativamente) più strict, che chiedono maggiori impegni e sacrifici, prosperino più di quelle meno «costose» per i consumatori religiosi può sembrare sorprendente, ma è spiegato dalla teoria dell’economia religiosa con riferimento al concetto di free rider (Olson 1965; Iannaccone 1992, 1994; Iannaccone, Olson e Stark, 1995). Il free rider è chi «viaggia a sbafo»: sale sull’autobus ma non paga il biglietto, vuole ottenere i benefici di un’impresa collettiva ma non vuole pagarne i costi. Un’organizzazione può tollerare alcuni free rider, ma non troppi. Nel campo delle religioni, le organizzazioni meno strict e rigorose, che impongono bassi costi di entrata e controllano in modo blando se i membri hanno pagato il biglietto, cioè se si impegnano sufficientemente, imbarcano un numero così alto di free rider da offrire ai loro fedeli un’esperienza religiosa annacquata e poco soddisfacente, oltre a incontrare i problemi – spesso fatali – che tormentano tutte le imprese che hanno un tasso di free rider troppo alto. Le organizzazioni più rigorose fanno pagare un biglietto più costoso, e controllano che tutti lo paghino: dunque lasciano entrare meno free rider, e i beni simbolici prodotti da un gruppo dove i free rider non abbondano si presentano in genere come più soddisfacenti per i consumatori.

Naturalmente, il biglietto non deve essere troppo caro. La nicchia ultra-fondamentalista è relativamente piccola, perché le persone disposte a pagare prezzi altissimi per un’esperienza religiosa molto intensa sono poche. Ma il fatto che siano poche non vuol dire che non esistano.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Abu-Rabi‘, Ibrahim M. (a cura di). 2003. Islam at the Crossroads. On the Life and Thought of Bediuzzaman Said Nursi. State University of New York Press, Albany (New York).

Burgat, François. 1988. L’Islamisme au Maghreb. La voix du Sud – Tunisie, Algérie, Libye, Maroc. Karthala, Parigi [trad. it. Il fondamentalismo islamico. Algeria, Tunisia, Marocco, Libia, SEI, Torino 1995].

Davie, Grace. 2002. Europe: The Exceptional Case. Parameters of Faith in the Modern World. Darton, Longman and Todd, Londra.

Gill, Anthony J. 2002. «A Political Economy of Religion». In Jelen (a cura di) 2002, pp. 115-132.

Guolo, Renzo. 1994. Il partito di Dio. L’islam radicale contro l’Occidente. Guerini e Associati, Milano.

Iannaccone, Laurence R. 1992. «Sacrifice and Stigma: Reducing Free-Riding in Cults, Communes, and Other Collectives». Journal of Political Economy, vol. 100 (2/1992), pp. 271-292.

Iannaccone, Laurence R. 1994. «Why Strict Churches are Strong». American Journal of Sociology, vol. 99 (5/1994), pp. 1180-1211.

Introvigne, Massimo. 2004. Fondamentalismi. I diversi volti dell’estremismo religioso. Piemme, Casale Monferrato (Alessandria).

Iannaccone, Laurence R. - Daniel V. A. Olson - Rodney Stark. 1995. «Religious Resources and Church Growth». Social Forces, vol. 75, n. 2 (dicembre 1995), pp. 705-731.

Jansen, Johannes J. G. 1997. The Dual Nature of Islamic Fundamentalism. Cornell University Press, Ithaca (New York).

Jelen, Ted G. (a cura di). 2002. Sacred Markets, Sacred Canopies. Essays on Religious Markets and Religious Pluralism. Rowman & Littlefield, Lanham (Maryland).

Luizard, Pierre-Jean. 2002a. La Formation de l’Irak contemporain. Le rôle politique des ulémas chiites à la fin de la domination ottomane et au moment de la construction de l’État irakien. CNRS, Parigi.

Luizard, Pierre-Jean. 2002b. La Question irakienne. Fayard, Parigi [trad. it. La questione irachena, Feltrinelli, Milano 2003].

Mitchell, Richard P. 1993. The Society of the Muslim Brothers. Oxford University Press, New York - Oxford.

Nasr, Seyyed Vali Reza. 1994. The Vanguard of the Islamic Revolution. The Jama’at-i Islami of Pakistan. University of California Press, Berkeley (California) - Los Angeles.

Nasr, Seyyed Vali Reza. 1996. Mawdudi and the Making of Islamic Revivalism. Oxford University Press, New York - Oxford.

Olson, Mancur. 1965. The Logic of Collective Action. Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts).

Pace, Enzo. 1999. Sociologia dell’Islam. Fenomeni religiosi e logiche sociali. Carocci, Roma.

Rashid, Ahmed. 2002. Jihad. The Rise of Militant Islam in Central Asia. Yale University Press, New Haven (Connecticut) - Londra [trad. it. Nel cuore dell’Islam. Geopolitica e movimenti estremisti in Asia centrale, Feltrinelli, Milano 2002].

Roy, Olivier. 1995. Généalogie de l’islamisme. Hachette, Parigi.

Stark, Rodney - Roger Finke. 2000. Acts of Faith. Explaining the Human Side of Religion. University of California Press, Berkeley - Los Angeles - Londra.

Stark, Rodney - Massimo Introvigne. 2003. Dio è tornato. Indagine sulla rivincita della religione in Occidente. Piemme, Casale Monferrato (Alessandria).

Weismann, Itzchak. 2001. Taste of Modernity. Sufism, Salafiyya, and Arabism in Late Ottoman Damascus. Brill, Leida.