Sì, tra l'Islam e noi è scontro di civiltà DI ANGELO PANEBIANCO Quando il dibattito pubblico è avvelenato da troppi ideologismi è difficile che i termini delle questioni davvero urgenti, complesse e politicamente scottanti vengano discusse in modo corretto e rigoroso. Talché l'opinione pubblica è raramente messa in grado di maturare orientamenti fondati su adeguate informazioni. E il caso della discussione sull'lslam dopo 1'11 settembre 2001. A parte le posizioni di Oriana Fallaci, che si collocano su ben altri piani e che meriterebbero un discorso a sé stante, il dibattito sull'lslam si è fin qui risolto, per lo più, in una contrapposizione tra i fautori «politicamente corretti» del «dialogo», distributori di melassa (multiculturale), e i demonizzatori di tutto ciò che è islamico. Con pochi tentativi seri di capire il problema nella sua complessità. A coloro che vogliono sfuggire alle secche dell'ideologia consiglio
la lettura di un denso libricino pubblicato dal sociologo Luciano
Pellicani (Jihad: le radici, edito dalla Luiss University Press),
con una prefazione di Giovanni Sartori. [ Erode Re di Giudea ai tempi di Gesù era aperto alla "romanizzazione" della cultura giudaica. Gli zeloti , ebrei "fondamentalisti" , volevano cacciare i Romani per difendere la cultura tradizionale di Israele da contaminazioni estranee. n.d.r.] Nel mondo islamico, anche in virtù di certe caratteristiche di quella tradizione (l'Islam non è una «religione di pace», come alcuni vorrebbero farei crèdere), oggi è il partito degli «zeloti» il più forte: il jihad [ guerra santa contro il Male, il Demonio, l'Infedele] scatenato dai terroristi è solo la punta dell'iceberg di una più generale rivolta islamica contro l'Occidente. A noi conviene che alla fine, in quel mondo, vincano gli «erodiani».
Ma per ottenere questo risultato è essenziale guardare senza
paraocchi la vera natura dello scontro di civiltà in cui siamo
immersi. Corriere della Sera Magazine 20-01-2005 |