SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Eluana Englaro - stato vegetativo -il punto

In Italia oltre duemila come Eluana Non esistono dati aggiornati sulla situazione dei malati in stato vegetativo in Italia. L'ultima fotografia della situazione è stata realizzata nel 2005, ad opera della Commissione ministeriale sugli Stati vegetativi e sulla dignità di fine vita. Allora, in base ai dati forniti dai centri di alcune regioni italiane, si stimava che gli stati vegetativi in Italia fossero oltre 2000 (tra i 3,5 e i 5 ogni 100 mila abitanti), di cui 700 sotto i 15 anni.

www.avvenireonline\vita-Giovedì, 11 settembre 2008

In stato vegetativo, disabile grave, ma è viva.

 di Viviana Daloiso25 novembre 1970
Eluana Englaro nasce a Lecco, nel rione di Santo Stefano, dove frequenta le scuole elementari e medie. Riceve la formazione cristiana nella parrocchia di San Francesco.
1984-1989
Frequenta il Liceo linguistico Maria Ausiliatrice nei rione di Olate, dove si diploma.
1989-1991
Si iscrive a Giurisprudenza all'Università di Milano, sostenendo un esame. Nel '91 presenta domanda di trasferimento all'Università Cattolica di Milano, facoltà di Lingue.
18 Gennaio 1992
E un sabato. Dopo una serata con gli amici, Eluana torna a casa alla guida dell'auto del padre, una Bmw 320. A causa della strada ghiacciata, l'automobile sbanda e va a sbattere violentemente contro un muro. La giovane è estratta dalle lamiere in coma profondo. Viene subito portata all'Ospedale di Lecco, dove è rianimata.
giugno 1992
Eluana è trasferita all'Ospedale di Sondrio da dove, nel 1994, viene riportata a Lecco nella Casa di cura "Beato Luigi Talamoni", gestita dalle suore Misericordine, che la assistono ancora oggi, in una cameretta al secondo piano nel reparto di riabilitazione. luana è nutrita e idratata attraverso un sondino naso-gastrico, alzata dal letto ogni giorno per la fisioterapia e spostata in carrozzina all'interno della clinica o nel suo giardino. . , . „ . , .

A cura di Paolo Ferrano.

  Stato vegetativo e alimentazione artificiale: l'opinione pubblica inizia a orizzontarsi, sebbene a fatica, in una materia tanto tecnica e delicata. Le due questioni riguardano la vita concreta, reale, di Eluana Englaro e di oltre 3 mila malati in Italia. «Persone vive, disabili gravi, che non chiedono nulla ma richiedono tutto: assistenza, presa in carico, approfondimenti scientifici finora inesistenti ». La neuroioga Matilde Leonardi - responsabile della Struttura semplice dipartimentale Neurologia, Salute pubblica, Disabilità presso la Fondazione Irccs Carlo Besta di Milano e coordinatrice del Progetto nazionale Funzionamento Disabilità e Stato vegetativo - fa il punto dinico sulla vicenda. Professoressa, partiamo dalle definizioni, per fare un po' di chiarezza. Che cosa si intende per stato vegetativo? Una grave lesione del sistema nervoso centrale determina alterazioni dello stato di coscienza. Lo stato vegetativo è tra queste, e da un punto di vista neurologico è una condizione che presenta aspetti dinid ben precisi: nell'ambito dello stato vegetativo il cervello funziona (male, ma funziona), le cellule cerebrali mandano impulsi elettrid, c'è il respiro spontaneo, d sono i riflessi dei nervi cranio, c'è alternanza sonno-veglia, nelle donne ci sono le mestruazioni. Tutti parametri che nel caso della morte cerebrale, per esempio, non esistono. Le persone in stato vegetativo sono persone vive - sembra un'owietà, ma la voglio specificare - con un quadro dinico residuale dopo una grave sofferenza del sistema nervoso: in termini dinid le definiamo "gravissimi disabili". Sta dicendo che una persona in stato vegetativo conserva anche una vita cerebrale? Ma certo. Infatti nel corso degli anni si è passati a definire lo stato vegetativo come uno stato di non risvegliabilità e incapacità di rispondere alle stimolazioni esterne. Ora, queste persone, nonostante la gravita delle loro condizioni dinidie, non sono corpi abbandonati. Pur non essendo in grado di entrare in contatto con il mondo esterno, esse manifestano tutti i correlati fisiologici delle emozioni. Tutto questo vale per Eluana? Vale per tutti i pazienti in stato vegetativo, e quindi anche per Eluana. Qual è la sua posizione circa la definizione di "irreversibilità" di uno stato vegetativo? Si tratta di un termine assolutaménte superato in medicina, pròprio come il termine "permanente". Oggi, a livello internazionale, si usa l'aggettivo "persistente", che dal punto di vista delle ricerche attuali lascia aperta una prospettiva prognostica. Attenzione, però. A cosa? Il discrimine della vicenda Englaro, e di una dedsione sulla presa in carico o meno delle persone in stato vegetativo, non può diventare l'irreversibilità. Faccio un esempio: a me, come medico, non interessa che uno in demenza grave si "risvegli" per prendermene cura. Al contrario, mi sembra che il ruolo del medico sia proprio l'opposto: prendere in carico, e dunque curare, a prescindere dal risultato. Io faccio il neurologo, non il santone: il mio obiettivo non è guarire, i miei pazienti normalmente peggiorano o muoiono, e questo perché certe malattie non guariscono affatto! Ma possono essere curate... Devono essere curate. Più una patologia è complessa più il medico deve dare adito a dò die il rigore della scienza e la creatività della ricerca, unite assieme, possono fare per migliorare le condizioni di vita delle persone di cui si occupa. E a far decidere sull'interruzione delle cure di un paziente può essere il fatto che si debba alimentarlo e idratarlo artificialmente? Assolutamente no, è ridicolo. Quanti pazienti esduderemmo dalle cure? L'80% dei miei pazienti è alimentato così, non solo gli stati vegetativi. La Peg non è accanimento terapeutico, ma la base dell'assistenza a qualsiasi disabile o malato. Vogliamo parlare davvero di accanimento terapeutico? Parliamone, allora. Ma in termini corretti: fin qui ci siamo posti il problema se sia giusto o meno dare a Eluana da mangiare e da bere, ma nessuno ha dibattuto sul da farsi se le venisse un tumore, o una complicazione renale. In questo caso la cureremmo? Io non voglio certo dare una risposta, ma voglio porre la questione nei termini corretti. Se vogliamo mettere a tema la questione dell'accanimento, mettiamola seriamente. Ripeto, se parliamo di dbo e acqua siamo ridicoli. Qual è il discrimine per prendersi cura o meno di un paziente, allora? La vera domanda da porsi credo sia: siamo coraggiosi o vigliacchi?

Mi spiego: il coraggio non equivale a tenere in vita a tutti i costi una persona, vuoi dire affrontare i problemi con la piena disponibilità ad aiutare tutti quelli che sono in stato di fragilità. Questo va fatto su due livelli complementari: la politica e la ricerca scientifica. Nel primo caso lo possiamo fare a partire dagli interventi istituzionali, dai fondi devoluti, dalle politiche messe in atto dalle istituzioni. E ciò dipende anche dalla concezione che uno Stato ha dei suoi cittadini: sono protagonisti di un dibattito accademico oppure persone in carne e ossa, che hanno il problema di essere curate, di veder cambiato il pannolone, di essere nutrite? Cosa occorre fare con pazienti nelle condizioni di Eluana? Gli stati vegetativi sono disabili estremi che non chiedono nulla, ma che richiedono tutto. Il ragionamento allora è: di che cosa hanno bisogno? Che cosa dobbiamo garantire loro? Due anni fa, con l'istituto Besta, abbiamo avviato un progetto sugli stati vegetativi prendendo in esame la disabilità di queste persone. Abbiamo fatto una fotografia della situazione in Italia: al progetto hanno aderito 28 centri con pazienti in questo stato e 6 associazioni familiari. Cosa vi proponete ora? Creare parametri standard che definiscano questo tipo di disabilità, allestendo una rete scientifica e assistenziale e formando gli operatori che si occupano di questi pazienti tutti i giorni. Ma siamo solo all'inizio.

Pazienti che reagiscono

di Francesca Lozito  • La «risposta» di Owen
Si chiama «risonanza magnetica funzionale» l'analisi dei pazienti in stato vegetativo che ha fatto piazza pulita, due anni fa, del termine "irreversibile" legato alle condizioni cliniche di questi pazienti. La tecnica, scoperta dallo scienziato Adrian Owen a Cambridge, consiste nel monitorare le diverse attivazioni delle aree cerebrali dei pazienti in stato vegetativo quando sottoposte a determinati stimoli o richieste. I risultati? Straordinari: questi pazienti dimostrano, in molti casi, le stesse reazioni registrate in soggetti sani.

La ricerca per comprendere che cosa provano davvero i pazienti in stato vegetativo deve andare avanti. Solo così si può migliorare anche la qualità della cura di queste persone dal punto di vista dinico». È la convinzione di Roberto Piperno, direttore dell'Unità operativa di Medicina riabilitativa dell'Ospedale Maggiore di Bologna e della Casa dei risvegli "Luca De Nigris". Che non se la sente proprio di definire chi si trova in questa condizione «come se fosse morto»: «Dico sempre che queste sono vite che hanno preso una forma diversa. La forma più estrema di disabilità, al punto da interrogare le nostre cosdenze». ! ndie se la risonanza magnetica funzionale ideilo sdenziato britannico Adrian Owen Inon è ancora diffusa in Italia (meglio sarebbe dire: lo è solo dove ci sono abbastanza fondi per permettersi il costoso macchinario con cui effettuarla), da alcuni anni Piperno porta avanti diverse attività di ricerca, in primis la collaborazione con la neuroradiologia dell'Ospedale Bellaria diretta dal professor Leonardi. Nell'ambito di quest'ultima Piperno sottopone un numero sempre maggiore di pazienti (sono arrivati a 15) a studi di attivazione attraverso il paradigma di un racconto effettuato da una voce familiare. Le risposte? «Sono diverse - spiega -: d può essere l'attivazione della cortecda uditiva, o di altre zone legate alle emozioni. Attraverso il "Dream", uno strumento prodotto in Italia per fare videopoligrafia, snidiamo i comportamenti motori dei pazienti vegetativi sottoposti a diversi tipi di stimolazione». A seconda della solledtazione cui sono sottoposti, i pazienti di Piperno reagiscono dunque in maniera differente: se l'igiene personale non è un'operazione coinvolgente dal punto di vista emotivo, effettuare delle stimolazioni con i linguaggi teatrali può dare ad esempio dei buoni risultati. Lo stesso vale per la musica. Ecco perché lo spedalista è convinto die si dovrebbe rivedere la categoria stessa di «stato vegetativo»: «Anche tra gli esperti a livello mondiale ci si sta accorgendo che essa è troppo ampia. Lo dicono studi effettuati di recente. Perché non si può più dire che tutti gli stati vegetativi non sono "responsivi". Bisogna però anche essere onesti: non tutti lo sono». 1 uanto alla condizione di Eluana - sedici anni di stato vegetativo - Piperno ha qualcosa da osservare: «II caso Terry Wallis, i progressi di uno stato di coscienza minima dopo 19 anni, sono impressionanti e ancora inspiegati. Ecco perché sulle dedsioni di fine vita, a mio avviso, va fatta maggiore chiarezza» E perché, secondo Piperno, bisogna continuare a compiere e approfondire studi sullo stato vegetativo: «E indispensabile la costruzione di una rete di risposte assistenziali valida e funzionante in tutto il territorio per persone in condizione di "bassa responsività protratta", doè gli stati vegetativi e di minima cosdenza. Occorre, poi, che siano assicurate su tutto il territorio nazionale condizioni adegute sia in fase riabilitativa che in quella degli esiti, come nella proposta delle Suap (Spedali unità di accoglienza per malati di questo genere, proposta che è ferma da due legislature, ndr)».

In viaggio sulla frontiera della conoscenza

L'alimentazione artificiale non è un trattamento che possa essere sospeso per nessun paziente. Anzi, è evidente che proprio la migliore assistenza possibile (die comprende l'alimentazione) è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per lavorare a un recupero della coscienza. (Giovanni Battista Guizzetti, responsabile reparto Stati vegetativi Don Orione di Bergamo), Avvenire, 10 luglio. • , • Eluana va considerata una disabile, probabilmente sulla frontiera estrema della disabilità. La sentenza si basa sulle teorie di chi sostiene che la vita in stato vegetativo sia peggiore della morte. Invece per me, che mi occupo di questi pazienti da molto tempo, è vita vera. Al momento la donna ha una sua vita sociale, è assistita da una suora che le vuole bene e che quando la ragazza se ne andrà probabilmente soffrirà moltissimo. La famiglia e gli amici la vanno a visitare, le fanno sentire affetto, non è sola. (Giuliano Dolce, direttore scientifico della clinica Sant'Anna di Crotone), 12 luglio. Se Eluana è un vegetale, qualcuno mi spieghi allora perché il tribunale raccomanda di sedarla, una volta tolta l'alimentazione, e di tenerle le mucose bagnate quando le toglieranno l'idratazione. Evidentemente sanno che il "vegetale" soffrirà. Non si sedano le piante quando si tagliano. Eluana non è in coma, è in stato vegetativo: non vive a letto, dorme e si sveglia, non è attaccata a un respiratore, muove gli occhi. (Gian Luigi Gigli, docente di neurologia all'Università di Udine), 13 luglio. Da quando è stato dimostrato (da Adrian Owen e Steven Laureys) che i pazienti in stato vegetativo possono mantenere qualche forma nascosta di consapevolezza, dovrebbe valere il principio di precauzione: non possiamo far morire una persona che forse ci sta sentendo e capisce che cosa accade a lei e intorno a lei. (Giuseppe Sartori, docente di Neuroscienze cognitive all'Università di Padova), 15 luglio. S'insinua un principio pericoloso: il valore di una vita è determinato dalla prestazione. Poiché quella di un vegetativo e apparentemente nulla, non ha senso che vivano; certo, può essere difficile trovare un senso alla sopravvivenza meramente biologica di un corpo senza più mente. Ma se accetto che il senso della vita stia nella performance, ogni forma di demenza, di disabilità, di malattia alla fine diventa ragione della perdita di senso. (Pier Paolo Donadio, primario di rianimazione all'ospedale Molinette di Torino), 19 luglio. Lo stato vegetativo non è una malattia che porta a morte, quindi i pazienti non sono malati terminali. In questi casi interrompere l'alimentazione non ha alcun fondamento medico. (Rodolfo Proietti, docente di Anestesia e rianimazione all'Università Cattolica di Roma), 20 luglio. Il giudice fa passare una persona per un vegetale. Non lo è, né antropologicamente e neppure scientificamente. Vogliamo affermare che è vivo anche un cervello che ad esempio produce ormoni, digerisce, fa pulsare il cuore. (Mario Guidotti, Ospedale Valduce di Corno), 25 luglio.

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