SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
L' islam diventò «civiltà gregaria»
Così finì l' età d' oro della scienza

di Modeo Sandro- (7 agosto 2009) - Corriere della Sera

Alle origini del declino . Astronomia, matematica, biologia: ricchezze distrutte dal fondamentalismo . Invasioni e colonialismo provocarono una frattura che accentuò gli estremismi. Con una piccola speranza che arriva dalla biblioteca di Bagdad. Un saggio esplora il rapporto tra cultura musulmana e scienza: perdita di potenza politica e deficit di secolarizzazione.

Vista oggi, in lontananza, la Bagdad del IX secolo dopo Cristo - quella del califfo Harun al-Rashid e delle Mille e una notte - sembra sospesa e insieme imprigionata in una dimensione puramente fiabesca. Invece, bisogna cercare di vederla anche come una città d' avanguardia, che a pochi decenni dalla fondazione si articola come una vasta metropoli commerciale e culturale, dove proprio al-Rashid fonda la «Casa della Conoscenza» e una biblioteca che il figlio al-Ma' mun stiperà di migliaia di volumi, in un momento in cui le nostre raccolte monastiche arrivano a malapena a qualche centinaio.

In questo contesto, matura una duplice rivoluzione: letteraria, con lirici «maledetti» come Abu Nuwas, che esalta i piaceri dell' alcol e l' omosessualità; e soprattutto scientifica, con le trascrizioni-traduzioni dei filosofi greci, l' elaborazione dell' algebra da parte di al-Khuwarizmi (da cui «algoritmo») e la fondazione di una scuola astronomica che unisce calcolo speculativo e osservazione. Quella Bagdad è insomma il nucleo genetico di un connubio tra scienza e islam che si estenderà fino al XV secolo: connubio cui un libro appena uscito dello scrittore e giornalista scientifico Ehsan Masood (Science and Islam. An History) dedica un' analisi insieme didascalica e sorprendente.

In particolare, specie se accostato a un altro testo recente di George Saliba (cattedra di scienza arabo-islamica alla Columbia: Islamic Science and the Making of the European Renaissance) il libro di Masood permette di penetrare l' unicità della scienza islamica (non solo araba) sia nella capacità di rielaborare i predecessori greci, sia in quella di anticipare certe rivoluzioni cognitive dell' Europa moderna. Vediamo così emergere - ben oltre le consunte figurine di Averroè e Avicenna - decine di protoscienziati misconosciuti. Ci sono antesignani della biologia evoluzionistica, come al-Jahiz, che proprio nell' Iraq del IX secolo parla di «lotta per l' esistenza» tra specie animali preoccupate solo «di non essere mangiate» e di procreare; o come Muhammad al-Nakhshabi (Asia Centrale di un secolo dopo), che descrive addirittura una scala del vivente a ritroso, con gli uomini derivati da «creature animali», gli animali da «vegetali», le piante da «sostanze combinate» e queste da «qualità elementari» presenti nei «corpi celesti».

Oppure ci sono indagatori ossessivi delle leggi (bio)fisiche, come Abbas ibn-Firnas (sempre IX secolo, ma nella Cordoba omayyade), che disegna modelli planetari e sperimenta il volo con una macchina pre-leonardesca, scagliandosi dalla torre della città; o come Ibn al-Haytham (nella Bassora tra IX e X secolo), cui si deve il primo studio non metafisico di fisiologia della visione, con le immagini della retina capovolte e la «camera oscura». Oppure ancora - salendo di qualche secolo - ci sono geniali medici-fisiologi come Ibn al-Nafis, morto al Cairo a fine Duecento e capace di descrivere il sistema circolatorio anticipando certe osservazioni del grande William Harvey, contemporaneo di Shakespeare; o fisici-chimici come Nasir al-din al-Tusi, che nello stesso periodo intuisce la legge di conservazione della massa. E l' elenco potrebbe continuare.

Ma proprio con gli ultimi, geniali avamposti - vedi Ibn al-Shatir, che nel XIV secolo abbozza addirittura una teoria eliocentrica e forse influenza Copernico - la sequenza si arresta, come un ponte interrotto su un abisso o una foresta che degrada nel deserto. Come si crea questa frattura tra l' islam e la scienza? Come si è arrivati a un presente così opaco, in cui le uniche figure-cerniera sono scienziati-canaglia come O. H. Khan (che ha portato il nucleare a Pakistan, Iran e Corea del Nord) o imbonitori come lo yemenita Abdul Majid al-Zindani, uno dei maestri di Bin Laden e assertore di un «creazionismo islamico» più improbabile di quello cattolico o di paralleli patafisici come quello tra i buchi neri e le «Porte» del paradiso coranico? La risposta non è solo intellettuale, ma più estesamente storico-sociale, e rimanda a quella «malattia dell' islam» cui il tunisino Abdelwahab Meddeb (cattedra di letterature comparate a Parigi) ha tributato un libro già classico.

Passando da civiltà egemone a civiltà gregaria, il mondo islamico si popola, secondo Meddeb, di quelli che Nietzsche chiamava «uomini del risentimento». Di soggetti, cioè, tesi a vendicare l' onta di un processo d' invasione (e d' inversione) esteso dalle prime incursioni cristiane alle recenti guerre «di liberazione» irachene, passando per la lunga fase colonialista. Incapace di una secolarizzazione che ha lasciato ad altri dopo averla incubata e preparata, l' «uomo islamico» si è così costruito un' identità di difesa (o di controffensiva) profondamente schizofrenica. Su un versante si è ripiegato sull' ambiguo arcaismo della «lettera» coranica, quella che trapassa come una freccia tutto il «puritanesimo» islamico, dalle raccolte giuridiche di Ibn Hanbal all' ortodossia (in realtà tutt' altro che estremista) del contemporaneo di Dante Ibn Taymiyya, e su su fino al radicalismo di ' Abd al-Wahhab, settecentesco «padre fondatore» della religiosità saudita e dei wahhabiti cui si riferisce Al Qaeda.

Su un altro versante, si è aperto all' esterno con filtri deformanti, accogliendo la modernità ma non la «visione» occidentale (che ne è alla base) e soprattutto la tecnologia ma non la scienza (che ne rappresenta la premessa) per non rischiare che si aprano crepe nel marmo del dogma coranico. Il risultato è una comunità che vede coesistere turbanti e cellulari, sessuofobia e video porno, autoritarismo e paraboliche. Come riassume con sarcasmo Meddeb a proposito degli attentatori delle Twin Towers, l' uomo islamico non partecipa né all' invenzione né alla fabbricazione dell' aereo, ma riesce «mirabilmente» a distorcerne l' uso. In prospettiva, Masood parla di diversi Paesi islamici che cominciano a rilanciare le facoltà scientifiche e la ricerca. Ma forse il segnale più forte è simbolico prima che concreto. Sta infatti rinascendo - dopo essere stata incendiata nel 2003 e a lungo usata come base militare - la «nuova» biblioteca di Bagdad. Non si tratta solo dei 400.000 volumi da conservare, ma delle 4.000 novità all' anno da acquistare; non solo di custodire l' antica scienza (e l' antica cultura), ma di progettare la nuova. Nel finale dei Cantos, Ezra Pound scrive che «una piccola luce, come un barlume» può ricondurre a volte «allo splendore»: il che vale per un individuo come per un' intera civiltà. Chissà che il barlume - per il mondo islamico - possa accendersi nell' antico luogo di Harun al-Rashid e della «Casa della Conoscenza».

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