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Mutazione palnetaria : la civiltà dei barbari   ?

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C' è un cambiamento in atto che non è solo culturale, ma antropologico e genetico e che può produrre un' umanità radicalmente nuova, diversa dalla nostra

Durante la campagna elettorale del 2001 mi sono accorto che non capivo più il mondo. Un manifesto di Forza Italia mostrava Berlusconi in maglione, con la scritta «Presidente operaio»; un' idea che sarebbe potuta venire in mente a me e ai miei amici per una goliardata che lo mettesse in ridicolo. Sarebbe stato altrettanto comico proclamare Veltroni o Prodi «Presidenti operai». Ma se qualcosa che per me era una caricatura satirica funzionava invece quale efficace propaganda, voleva dire che erano cambiate le regole del mondo, i metri di giudizio, i meccanismi della risata; mi trovavo a un tavolo di poker credendo che l' asso fosse la carta più alta e scoprivo che invece valeva meno del due di picche, come quando il protagonista dell' Uomo senza qualità di Musil, leggendo su un giornale di un «geniale» cavallo da corsa, capisce che le sue categorie mentali sono saltate, non afferrano e non valutano più le cose.

Alessandro Baricco si addentra nel paesaggio di questa mutazione epocale con straordinaria acutezza; con quella profondità dissimulata in leggerezza che caratterizza il suo narrare. Forse Baricco è scrittore dell' Ottocento e del Duemila più che del Novecento, cui pure s' intitola un suo celebre libro. Si muove nel mondo saccheggiato dai barbari, come egli li chiama, con l' agilità di un' antilope in un territorio che non è proprio il suo, ma nel quale non si trova affatto a disagio. I barbari sono tali rispetto a quella che si considera - a noi che ci consideriamo - la civiltà, la quale si sente devastata nei suoi valori essenziali: la durata, l' autenticità, la profondità, la continuità, la ricerca del senso della vita e dell' arte, l' esigenza di assoluti, la verità, la grande forma epica, la logica consueta, ogni gerarchia d' importanza tra i fenomeni. In luogo di tutto questo trionfano la superficie, l' effimero, l' artificio, la spettacolarità, il successo quale unica misura del valore, l' uomo orizzontale che cerca l' esperienza in una girandola continuamente mutevole. Il vivere diventa un surfing, una navigazione veloce che salta da una cosa all' altra come da un tasto all' altro su Internet; l' esperienza è una traiettoria di sensazioni in cui Pulp Fiction e Disneyland valgono quanto Moby Dick e non lasciano il tempo di leggere Moby Dick.

Nietzsche ha descritto con genialità unica l' avvento di questo nuovo uomo e della sua società nichilista, in cui tutto è interscambiabile con qualsiasi altra cosa, come la cartamoneta. Tutto ciò nasce già col romanticismo, che ha infranto ogni canone classico, anzi ogni canone; come ricorda Baricco, la prima esecuzione della Nona di Beethoven venne stroncata dai più seri critici musicali con termini analoghi a quelli con cui oggi si stroncano, accusandole di complicità con i gusti più bassi e volgari, tante performance artistiche o pseudoartistiche. Baricco cerca di descrivere - o, nei suoi romanzi, di raccontare - e soprattutto di capire il mondo, anziché deplorarlo, e sostiene giustamente, nel bellissimo finale de I barbari (Feltrinelli), che ogni identità e ogni valore si salvano non erigendo una muraglia contro la mutazione, bensì operando all' interno della mutazione che è comunque il prezzo, talora pesante, che si paga per un grande progresso, per la possibilità di accedere alla cultura data a masse prima iniquamente escluse e che non possono avere già acquisito una coerente signorilità

«Se tutto va compreso - gli chiedo incontrandolo nella sua e un po' anche mia Revigliasco - non tutto va accettato. Tu stesso scrivi che occorre sapere cosa salvare del vecchio - che dunque non è tale - in questa totale trasformazione. Questo implica un giudizio, che non identifica dunque, come oggi si pretende, il valore col successo. Anche Il piccolo alpino vendeva un secolo fa tante più copie delle poesie di Saba, ma non per questo chi lo leggeva capiva meglio la vita. Se i giornali - come dici - non parlano di una tragedia in Africa finché non diventa gossip di veline o di sottosegretari, non è una buona ragione per non correggere questa informazione scalcagnata prima ancora che falsa. Del resto è quello che fanno tanti blog, in cui si trova spesso più «verità» che nei media tradizionali. I barbari ci aiutano quindi forse anche a combattere la barbarica identificazione del valore col successo».

Baricco

- Certo, non tutto va accettato, hai ragione. Ma capire la mutazione, accettarla, è l' unico modo di conservare una possibilità di giudizio, di scelta. Se si riconosce alla nuova civiltà barbara uno statuto, appunto, di civiltà, allora diventa possibile discuterne i tratti più deboli, che sono molti. D' altronde io credo che la stessa barbarie abbia una certa coscienza dei suoi limiti, dei suoi passaggi rischiosi e potenzialmente autodistruttivi: in un certo senso sente il bisogno di vecchi maestri, ne ha una fame spasmodica: il fatto è che i vecchi maestri spesso non accettano di sedersi a un tavolo comune, e questo complica le cose.

Magris

- Credo che non esista una contrapposizione fra i barbari e gli altri (noi?). Anche chi combatte molti aspetti «barbarici» non è pateticamente out, ma contribuisce alla trasformazione della realtà. Come nel Kim di Kipling, in cui tutti spingono la Ruota e ne sono schiacciati. Senza pathos della Fine né di un miracoloso e fatale Inizio. La civiltà absburgica, così esperta di invasioni barbariche, non le demonizzava né le enfatizzava; si limitava a dire: «È capitato che...».

Baricco

- «È capitato che...», bellissimo. Quando ho pensato di scrivere I barbari avevo proprio uno stato d' animo di quel tipo... Sta capitando che... Non avevo in mente di raccontare un' apocalisse e nemmeno di annunciare qualche salvezza... volevo solo dire che stava succedendo qualcosa di geniale, e mi sembrava assurdo non prenderne atto. Forse ho letto troppi mitteleuropei da giovane e mi son trasformato in un von Trotta. Colpa tua, in un certo senso...

Magris

- Tu indaghi splendidamente lo stretto rapporto che c' era tra profondità, rifuggita dai barbari, e fatica, sublimata e cupa moralità del lavoro e del dovere, che spesso conduce a sacrificio e a violenza. Ma la profondità non è necessariamente legata alla falsa etica del sacrificio. Immergersi e reimmergersi in un testo - in un amore, in un' amicizia, anziché toccarli di sfuggita come oggi i barbari - non vuol dire sfiancarsi a scavare come un forzato nella miniera, ma è come scendere ripetutamente in mare, scoprendo ogni volta nuove luci e colori, che arricchiscono quelle precedenti, o come fare all' amore tante volte con una persona amata, ogni volta più intensamente grazie alla libertà dell' accresciuta confidenza.

Baricco

- La profondità, quello è un bel tema. Sai, scrivendo I barbari, ho dedicato molto tempo a capire e a descrivere la formidabile reinvenzione della superficialità che questa mutazione sta realizzando. E trovo fantastico ciò che siamo riusciti a fare, riscattando una categoria che ufficialmente era l' identificazione stessa del male, e restituendola alla gente come uno dei luoghi riservati al Senso. Ma mi rendo anche conto che questo non significa affatto demonizzare, automaticamente, la profondità. Tu giustamente parli di amicizia, di amore, e se tu guardi i giovani di oggi, quasi tutti tipici barbari, tu troverai lo stesso desiderio di profondità che potevamo avere noi. O se pensi alla loro domanda religiosa, ci trovi un' ansia di verticalità che non riesci bene a coniugare con la loro cultura del surfing. Alla fine sai cosa penso? Che la mutazione abbia smontato la dicotomia di superficiale e profondo: non sono più due categorie antitetiche: sono le due mosse di un unico movimento. Sono i due nomi di una stessa cosa. Non so, non so spiegarlo meglio, è una cosa che intuisco ma devo ancora pensare: ma credimi, il punto è quello. Ti dirò di più: la superficialità, nelle opere d' arte barbare, non è già più distinguibile come tale, non più di quanto tu possa distinguere cosa è ornamento in un quadro di Klimt, o pura aritmetica in una suite di Bach.

Magris

- Pur più allergico di te - anche per ragioni d' età - ai barbari, vorrei difenderli da una loro immagine totalitaria. In Google vedo anche una - pur immensa - reticella simile a quelle con cui i bambini pescano in mare granchi e conchiglie. Non ho bisogno di Google per sapere qualcosa su Goethe, «linkatissimo», perché lo trovo altrettanto facilmente altrove, come in passato. Invece è Google che mi ha dato qualche notizia su un personaggio minimo di cui mi sto interessando, una nera africana del Cinquecento fatta schiava, divenuta dama di corte in Spagna, rapita dai Caraibi e poi loro regina. I blog correggono l' unilateralità barbarica dei media, che parlano solo di ciò di cui si parla e si sa. Non credo che Faulkner possa sparire, meglio allora se sparisse Google; credo che Google possa semmai aiutare a far riscoprire la sua grandezza a molti ignoranti. I barbari che hanno invaso l' impero romano ne sono stati gli eredi, hanno letto e diffuso i Vangeli...

Baricco

- I barbari che hanno invaso l' impero romano erano spesso popolazioni già parzialmente romanizzate guidate da condottieri che venivano dalle file degli ufficiali dell' esercito imperiale...

Magris

- La profondità, tu scrivi, è spesso fondamentalista, ha condotto, in nome di valori forti, a guerra e a distruzione. Non credo però che la folla barbarica, innocente, pacifista dei consumatori di videogame sia adatta a scongiurare la violenza; la vedo semmai disarmata e ingenua e dunque facile preda di persuasioni collettive che portano alla guerra. Nella tua straordinaria Postilla a Omero, Iliade tu dici - e concordo pienamente - che la guerra non si sconfigge con l' astratto pacifismo, ma con la creazione di un' altra bellezza, slegata da quella pur altissima ma sempre atroce del passato, come nell' Iliade. Non vedo però nei consumatori di Matrix questi costruttori di pace...

Baricco

- Apparentemente è così. Ma ogni tanto mi chiedo, ad esempio, se una delle ragioni per cui, dopo le due Torri, non siamo precipitati in una vera e propria guerra di religione su vasta scala, non sia proprio la barbarie diffusa delle masse occidentali e cristiane: il loro nuovo sospetto per tutto ciò che si dà in forma mitica impedisce di aderire in modo viscerale ai possibili slogan guerrafondai che in passato, e per secoli, hanno fatto così larga breccia tra la gente.

Magris

- I barbari di cui parliamo sono occidentali, anche se integrano elementi di altre culture. Oggi la cosiddetta globalizzazione mescola su scala planetaria altre culture, tradizioni, livelli sociali, quasi epoche diverse, e introduce pure valori di profondità e di fatica, Assoluti, fondamentalismi. Una nuova folla di esclusi si affaccia al mercato della civiltà; rispetto ad essi, i nostri barbari sembreranno presto aristocratici di un altro ancien régime. Certo, passerà del tempo prima che i clandestini d' ogni lingua e cultura levino veramente la voce, ma...

Baricco

- È vero. Quando parliamo di Umanesimo o di Romanticismo parliamo di mutazioni che riguardavano un mondo piccolissimo (l' Europa, e nemmeno tutta), mentre oggi qualsiasi mutazione si deve confrontare con il mondo tutto, perché con il mondo tutto si trova a dialogare. Sarà un' avventura affascinante. Ci sono intere parti di mondo con cui facciamo affari che nemmeno sono mai passate dall' Illuminismo: non sarà che l' uomo che stiamo diventando riuscirà a dialogare meglio con loro che con i suoi vecchi sacerdoti del sapere?

Magris

- C' è un' altra mutazione in atto - non solo culturale, bensì antropologica, genetica, biologica - che potrà generare un' umanità radicalmente diversa dalla nostra, padrona della propria corporeità, capace di orientare a piacere il proprio patrimonio genetico e di connettere i propri neuroni a circuiti elettronici artificiali, portatrice di una sessualità che non ha nulla a che fare con quella che, più o meno, è ancora la nostra. Certo, passerà comunque molto tempo prima che ciò possa avvenire. Ma se quest' uomo o il suo clone sarà veramente «altro» rispetto a noi, non avrà senso chiedersi se sarà orizzontale o profondo, come non avrebbe senso chiederselo per i nostri avi scimmieschi o magari roditori...

Baricco - Tu dici? Non so. A me pare una frontiera assai più vicina, un destino che appartiene all' uomo come lo conosciamo oggi, a quell' animale lì. Perché credo che una delle acquisizioni fondamentali dell' uomo moderno sia stata quella di immaginare e generare una continuità nel suo cammino, una continuità pressoché indistruttibile. Non importa quanto tempo ci vorrà ma quando connetteremo i nostri neuroni con circuiti elettronici artificiali ci sarà ancora, accanto a noi, un comodino e sul comodino un libro: magari sarà in titanio, ma sarà un libro. E quello che facciamo ogni giorno, oggi, magari senza neanche saperlo, è scegliere che libro sarà: riesci a immaginare un compito più alto, e divertente?

Magris Claudio, Baricco Alessandro- (7 ottobre 2008) - Corriere della Sera

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