SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Che rapporto esiste - se ve n’è uno, o più - tra mondo musulmano e laicità?

www.avvenire.it -3 Dicembre 2009

Mezzaluna, la laicità difficile.

fudam Religioni e spazio pubblico del credere: ormai non si contano gli interventi su questi temi, orientati a capire meglio (per i sostenitori di una laicità 'aperta') quali contributi positivi possano apportare i sistemi religiosi al vivere insieme o per escludere (è la tesi dei 'laicisti' anti-religiosi) qualsivoglia rapporto tra un credo religioso e la società. Spesso tali analisi si concentrano sull’Occidente e quindi sulla religione qui maggioritaria, almeno culturalmente, cioè il cristianesimo.

E l’islam? Che rapporto esiste - se ve n’è uno, o più - tra mondo musulmano e laicità?

Con un orizzonte storico allargato agli ultimi due secoli affronta questo groviglio di questioni Pierre-Jean Luizard, ricercatore nel gruppo di sociologia delle religioni e della laicità del Cnrs di Parigi. Luizard, già apprezzato autore del saggio La questione irachena (Feltrinelli 2003), porta avanti in Laïcités autoritaires en terres d’islam (appena edito da Fayard) una disamina delle relazioni tra il concetto di laicità (inteso alla francese, ovvero come rigida separazione tra Stato e Chiesa, qui il Corano) e la religione di Maometto.

Luizard scopre come siano univoci gli esempi che la storia, passata e contemporanea, ci fornisce: la laicità 'islamica' si coniuga con governi autoritari. Che sia la Turchia di Atatürk (il primo stato islamico laicizzato) o l’Iraq baathista di Saddam Hussein - l’autore stesso definisce 'provocatorio' questo accostamento di realtà così distanti - o la Siria governata dallo stesso Baath, l’Iran di Rezâ Khân o l’Afghanistan del re Amânollah (regnante dal 1919 al ’29), il risultato non cambia: «Nessuno tra questi processi di laicizzazione stabilisce una distinzione tra due sfere autonome, quella religiosa e quella politica. Il controllo dello Stato sull’islam, e ancora di più, il suo ricorso all’islam come religione nazionale mostra che l’islam è considerato completamente come facente parte della sfera politica». Sul caso-Turchia l’autore puntualizza: «Qui una tensione tra Stato e religione è assente, l’islam fa parte integrante di quello Stato cui dona legittimità».

Il sociologo parigino snocciola in un sorvolo diacronico storico molto denso in cui scandaglia le vicende politiche di Turchia, Iran, Iraq, con incursioni in Egitto, Siria e Tunisia - i tratti fondamentali di tale laicità autoritaria. Guardando all’ex feudo di Saddam e alla Striscia di Gaza Luizard ha parlato anche al Senato francese segnalando alcuni paradossi sul rapporto tra democrazia 'laica' e islam: se in Iraq ha spopolato alle elezioni il partito del radicale sciita Al­Sadr, a Gaza ha vinto l’islamista Hamas. Ecco altri contrasti insiti a questa laicité islamique: «Il suo carattere imposto dall’alto, il suo stretto legame con la nazionale e lo Stato-nazione, fino a figurare talvolta come religione civile (è il caso della Turchia), la sua appartenenza a processi di modernizzazione autoritaria all’interno di regimi che si basano su un partito unico e portano avanti il culto della personalità del leader, con un forte ruolo dei militari».

Le vicende di Iraq (Saddam Hussein), della Turchia (con i frequenti colpi di Stato dell’esercito), il ruolo del partito Baath e degli Assad in Siria sono alcuni degli esempi storici che confermano la ricerca di Luizard. L’autore sottolinea come - diversamente da quanto avvenuto in Europa, dove il processo di laicizzazione ha avuto (in parte) un sostegno della società civile - nei Paesi islamici tale evolversi è scaturito dall’alto, da quelle élites illuminate massoniche che guardavano al laicismo francese antireligioso di fine Ottocento come alla panacea per le proprie realtà nazionali. Tanto che, fa notare il ricercatore transalpino, il guru dell’ideologia del 'turchità', Ziya Gökalp traduceva laïcité con lâdînî, termine che nella lingua di Ankara significa 'irreligioso, ateo'. Le conseguenze sono state drammatiche, come le rivolte popolari, islamicamente ispirate, contro un potere laico sentito come estraneo.

Luizard annota: «Le laicità kemaliste (in Turchia, ndr), quindi baathista (in Siria e Iraq, ndr), così come le imprese laicizzanti iraniane, egiziane, tunisine e algerine, hanno tutte instaurato un braccio di ferro con queste società. La laicità ha rappresentato una parte importante di queste modernità imposte dall’alto a società poco secolarizzate. Le reazioni sono state violente, spesso represse con il sangue. (…) Questo dimostra che la laicità può anche essere antidemocratica».

Proprio la rinascita dell’islamismo radicale in corso oggi nella umma testimonia come un modello francese di laicità, ovvero il contrasto netto tra fede e Stato, non giova laddove Allah viene adorato. Luizard sostiene che l’islam deve ancora affrontare il suo rapporto con la democrazia: «Nelle terre dell’islam non si vede attecchire la separazione tra Stato e Chiesa; si affrontano invece società civili che si muovono in nome dell’islam e poteri autoritari laici o laicizzanti ma senza che la modernizzazione autoritaria possa sboccare in una democratizzazione».

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