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Sudan. Lubna, arrestata per i pantaloni, scuote il regime

redazione- http://www.vita.it

La protesta della giornalista sudanese contro una norma discriminatoria di Karthoum.
«Sono pronta» aveva dichiarato «a subire anche più di 40 frustate purché tutti sappiano cosa succede». Lubna Hussein ce l'ha fatta. Il suo caso sta girando su siti e giornali di tutto il mondo.

lubnaQuarantenne, vedova, commentatrice del giornale Al Sahafa, la Hussein è stata arrestata il 3 luglio in un ristorante della capitale sudanese. Bloccata da una ventina di poliziotti insieme ad altre 12 donne che indossavano pantaloni, vestite «in modo contrario all'ordine pubblico» secondo un provvedimento introdotto dopo il golpe del 1989 di Omar Bashir (da marzo ricercato dal Tribunale penale internazionale). Una norma che le forze dell'ordine interpretano a discrezione: «Dal 1991 a oggi almeno 20mila donne sono state arrestat in Sudan in base a questa legge ma nessuno di loro ne parla e nessuno lo sa» ha detto la stessa Lubna alla vigilia del processo. La Hussein si è rifiutata di pagare una multa di 200 dollari, le è stato consigliato di chiedere l'immunità come dipendente dell'Onu, ma ha preferito dimettersi, e così sfidare le autorità.

Ieri, mentre la corte si riuniva a porte chiuse, centinaia di donne hanno manifestato in pantaloni a suo favore. Disperse dalla polizia, alcune sono state ferite riferisce l'ong Solidarity for African Women's Rights, un network africano che raggruppa 33 ong nazionali e internazionali. Secondo uno dei leader del Movimento per la liberazione del Sudan, Yasser Arman, 48 manifestanti sono state arrestate e subito rilasciate.

La giornalista «ha deciso di trasformare una vicenda personale in una campagna internazionale per abolire una norma crudele e discriminatoria», ha spiegato il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. Annunciando di non voler pagare la multa che le è stata inflitta, Lubna «dimostra di voler proseguire la sua campagna per la difesa dei diritti delle donne sudanesi», ha aggiunto Amnesty ribadendo che «andrà avanti» l'impegno dell'organizzazione per «cancellare l'articolo 152 del codice penale sudanese relativo agli atti osceni e indecenti».

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