SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
 Conferenza sul razzismo. Il Vaticano condanna Ahmadinejad
e conferma d’aver preso la decisione giusta a partecipare

fonte : http://www.paolorodari.com/
apr 21, 2009

Dopo le varie problematiche a livello di governo e di comunicazione delle ultime settimane (su tutte la dirompente questione Richard Williamson) gli uomini di Ratzinger evidenziano di aver capito la lezione e nelle ultime ore offrono in pasto ai media e all’opinione pubblica l’immagine di un gruppo solido e finalmente compattato in difesa del Pontefice.

L’ultima dimostrazione viene da monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente presso le Nazioni Unite, e inviato dalla Santa Sede a Ginevra. Questi, con tempismo, difende ai microfoni della Radio Vaticana la scelta del Papa di far sì che il Vaticano ci sia a Ginevra: «La Santa Sede - spiega - non è legata a nessuna posizione politica di carattere immediato, va direttamente al cuore del problema, che è un problema umano di grande importanza». Secondo Tomasi non è tanto la presenza vaticana che deve stupire. Piuttosto è «l’assenza di alcuni paesi a creare un po’ di disagio, nel senso che non si capisce bene, dopo che l’ultimo negoziato ha eliminato dalla proposta di documento i punti che erano stati sollevati». In particolare c’è la questione dell’antisemitismo: «In questo documento - dice Tomasi - viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di cristianofobia», inoltre si fa «una menzione esplicita dell’Olocausto, che non si deve dimenticare».

Da Tomasi al portavoce vaticano padre Federico Lombardi. Questi ha condannato le parole di ieri di Ahmadinejad. Per lui, inoltre, il documento in discussione come è stato modificato può essere considerato «accettabile». Non solo: dal testo «sono stati tolti tutti gli elementi che davano luogo a principali obiezioni». La questione è semplice: per la Santa Sede è più utile esserci che non esserci. Anche perché lo scopo dell’esserci è uno: dare il proprio contributo affinché il razzismo, in tutte le sue manifestazioni, venga combattuto. E quanto alle critiche piovute da parte del mondo ebraico la linea che il Vaticano intende seguire è chiara: dalla prima dichiarazione di Durban del 2001, dove si parlava di discriminazione israeliana contro i palestinesi, ne è passata di acqua sotto i ponti e, soprattutto, si sono recepite posizioni di forte condanna dell’antisemitismo. E poi ci sono i cristiani. In diverse parti del mondo, infatti, sono gli stessi cristiani a subire pesanti discriminazioni: «Si parla addirittura - dice Tomasi - di 200 milioni di cristiani di tutte le confessioni che si trovano in situazioni precarie o in situazioni di discriminazione». Significativa è anche la difesa del Papa che viene da due ambasciatori le cui voci hanno un peso importante: il nunzio apostolico in Israele, Antonio Franco, e colei che è ancora l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, ovvero Mary Ann Glendon.

Entrambi non si riferiscono direttamente a “Durban II”, ma il contenuto di quanto dicono è da annotare proprio a motivo delle polemiche intorno alla presenza del Vaticano a Ginevra. Il primo semplicemente ribadisce che «la Shoah è qualcosa che non può essere messa in discussione in alcuna maniera». Mentre la Glendon vuole sottolineare come grazie all’autorevolezza di Benedetto XVI, «oggi la voce della Santa Sede è una delle più rispettate, persino forse la voce più rispettata alle Nazioni Unite». A conti fatti, sembra che quanto avvenuto settimana scorsa abbia fatto scuola. Cosa? È stato il responsabile della sezione esteri della segreteria di Stato, il francese monsignor Dominique Mamberti, che settimana scorsa si è reso protagonista di un gesto di grande coraggio molto apprezzato innanzitutto dentro le sacre mura: la difesa del Papa contro il Belgio reo di aver voluto sancire, tramite una risoluzione parlamentare, la condanna per le parole che Ratzinger disse prima di partire per l’Africa sull’utilizzo dei profilattici in chiave anti-aids. Una difesa oggi “imitata”. Infine il Times. Non c’entra con Durban ma la smentita che ieri padre Lombardi fa al Times è significativa. Nel suo piccolo, è anch’essa una testimonianza che una qualche svolta, dopo gli attacchi subiti nelle scorse settimane, la si vuole dare. Cosa è successo? Ieri il Times scrive che, quando lunedì prossimo il principe Carlo d’Inghilterra e sua moglie Camilla andranno in udienza dal Papa, riceveranno un regalo che ricorda al principe le origini della divisione tra cattolici e anglicani e, dunque, la posizione vaticana sul divorzio. Ovvero una copia dell’appello che nel 1530 i lord fecero a Clemente VII per chiedere l’annullamento del matrimonio di re Enrico VIII e Caterina di Aragona. Lombardi definisce la notizia «completamente falsa e senza alcuna base di fatto».

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