SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Dentro la crisi. Con la Compagnia di Gesù

di Sandro Magister http://chiesa.espresso.repubblica.it

L'analisi del dissesto finanziario europeo scritta da "La Civiltà Cattolica" con l'approvazione della segreteria di Stato vaticana. Osservate speciali: Italia e Germania 

ROMA, 21 dicembre 2011 – Che l'attuale papa sia tedesco e che governi la Chiesa universale dall'Italia è un dato di fatto. Ma è un dato di fatto anche che la Germania e l'Italia siano le protagoniste della tempesta finanziaria dell'Eurozona, che sta facendo tremare non solo l'Europa ma il mondo intero.

È ciò che spiega "La Civiltà Cattolica" nella prima analisi di ampio respiro di tale crisi pubblicata da un organo ufficiale della Chiesa. "La Civiltà Cattolica", infatti, non è una rivista qualsiasi. È scritta da un collegio di gesuiti di Roma. Ma ogni suo articolo, prima di essere stampato, è sottoposto al controllo della segreteria di Stato vaticana, che lo può approvare, modificare, correggere, bocciare.

Sull'ultimo quaderno dell'anno 2011, il gesuita Luciano Larivera dedica dieci pagine alla crisi dell'Eurozona.
Ne mette in luce gli aspetti di speculazione finanziaria, sia al ribasso che al rialzo. Ma individua la vera debolezza dell'Eurozona soprattutto nella difficoltà di un crescente numero di Stati di rimborsare i rispettivi debiti. Non solo il Portogallo, l'Irlanda, la Grecia, la Spagna.

Oggi è la volta dell'Italia, che in questo momento è "il principale problema finanziario mondiale". Prossimamente toccherà alla Francia. E persino per la Germania – scrive padre Larivera – "la quiete potrebbe durare poco, poiché per i titoli del debito pubblico tedesco cala l’attrattiva, offrendo rendimenti negativi al netto dell’inflazione, e iniziano ad aumentare i prezzi delle polizze per assicurarsi dal loro non rimborso".

"Tutto si risolverebbe se ogni Eurostato iniziasse a crescere del 3-4 per cento annuo", prosegue Larivera. Ma le previsioni per questi anni sono opposte, di recessione. Nel frattempo, che la Banca centrale europea possa farsi "prestatore di ultima istanza", immettendo nuova moneta come la Federal Reserve o la Banca d'Inghilterra, non solo è vietato dalle regole dell'Eurozona, ma è anche sconsigliabile per vari motivi che padre Larivera elenca.

A condurre il gioco per ora è la Germania, unica superpotenza economica del continente, d'intesa con la BCE e la Commissione europea. Ed è il gioco che padre Larivera chiama "di instabilità controllata".
Lasciando correre "una certa dose di panico finanziario" si mettono sotto pressione gli Stati, si cambiano i governi, si obbligano strette di bilancio e riforme strutturali su pensioni e mercato del lavoro.

L'ora cruciale dovrebbe scoccare nei prossimi mesi, quando gli Stati dell'Eurozona dovranno rifinanziarsi per quasi duemila miliardi di euro. Se non vi riuscissero – conclude padre Larivera – per evitare il fallimento interverrà, almeno per una quota dei finanziamenti, il Fondo monetario internazionale.

E per i paesi a rischio di insolvibilità – tra i quali l'Italia, che dovrà rifinanziare nel 2012 ben 440 miliardi di debito pubblico – le imposizioni del FMI saranno ancor più ultimative di quelle già dure di Berlino, Francoforte e Bruxelles, pena la cancellazione degli aiuti.

È questo lo "stato d'eccezione" che in Italia ha portato alla costituzione del governo "tecnico" presieduto da Mario Monti. Uno "stato d'eccezione" – conclude "La Civiltà Cattolica" – che consente a tale governo di varare riforme che nessun altro governo, in condizioni normali, sarebbe in grado di far approvare.
Ecco qui di seguito i passaggi salienti dell'articolo, stampato con il "placet" della segreteria di Stato vaticana.

LA CRISI FINANZIARIA DELL'EUROZONAdi Luciano Larivera S.I.

[...] L’Europa sembra proprio di fronte alla peggiore crisi dopo la seconda guerra mondiale. Entro pochi mesi l’euro [...] potrebbe cessare di esistere [...]. Ma l’Unione Europea è tanto integrata nella globalizzazione che il suo fallimento (anche soltanto di una sua parte) rappresenta un rischio sistemico per tutti i paesi del mondo. [...]

Nel mondo c’è liquidità in abbondanza. Ma non sa dove andare, salvo restare nei confini nazionali. La domanda di prodotti finanziari a "rischio zero" [...] non trova più un’offerta adeguata, perché i titoli di debito pubblico denominati in euro [...] sono considerati pericolosi [...]. Il rischio è connesso alle basse prospettive di crescita economica per l’UE; alla demografia (calo della forza lavoro, aumento della spesa pensionistica e sanitaria); ai deficit e debiti pubblici e bancari elevati e poco sostenibili; ai vizi di nascita dell’euro (i forti differenziali di produttività/competitività, la mancata integrazione dei mercati bancari e delle politiche fiscali nazionali); alla limitata credibilità dei politici europei, a livello nazionale e nei loro rapporti nell’UE, per attuare le misure attese dai mercati.

Su questo macro-fenomeno si è innestata la speculazione al ribasso, ma anche quella al rialzo. Il 30 ottobre è fallito il gestore di fondi statunitense Mf Global, che si era troppo esposto sui titoli del debito pubblico europei, pensando che il loro valore sarebbe salito con un ampio intervento della Banca centrale europea (BCE). [...] Altri speculatori hanno acquistato Bund tedeschi, magari con denaro ottenuto liquidando BTP italiani o titoli francesi e spagnoli, ritenendo che già a gennaio la Germania uscirà dall’euro (oppure che gli Stati in crisi lasceranno la valuta comune). Ciò significherebbe la fine dell’euro a 17 Stati, e i Bund tedeschi, ridenominati in marchi (o con un euro che lega i soli paesi con un rating AAA), varrebbero molto di più in termini di dollari o di altre valute (incluse le nuove lire, dracme e pesetas).

Finora si è evitata la bancarotta da panico, cioè la fuga generalizzata dai prodotti finanziari in euro al di là dei rendimenti promessi. Tuttavia, se la crisi di liquidità europea può essere compensata pagando tassi d’interesse crescenti, la maggiore spesa di oneri finanziari porterà alla difficoltà di ripagare i debiti, cioè a una crisi di solvibilità di Stati, banche, imprese e famiglie. [...] C’è il pericolo che neanche i Bund siano in futuro considerati senza rischio, se le decisioni del recente Consiglio europeo dell’8-9 dicembre saranno ritenute, dai mercati, una soluzione politica di corto respiro. Non basta che la Germania unilateralmente si assuma, attraverso uno o più marchingegni finanziari, l’onere di garantire i debiti dell’Eurozona, perché il rating tedesco perderebbe la tripla A. E quindi Berlino non darebbe più assicurazione credibile ai creditori e la crisi si aggraverebbe.

Con questi scenari, si è di fronte a una sorta di "protezionismo" internazionale della liquidità. I paesi extraeuropei non vogliono finanziare l’Eurozona, perché tali risorse finanziarie potrebbero invece coprire i loro nuovi fabbisogni per un eventuale fallimento di Italia, Spagna o di altri debitori europei. Per finanziarsi a tassi d’interesse crescenti, gli Stati europei in crisi di liquidità riducono le spese e aumentano le imposte (anche per mostrare un bilancio pubblico sano e capace di rimborsare i debiti). Ciò, nel 2012, avrà effetti recessivi in alcuni paesi come l’Italia e forse nell’intera Eurozona, e produrrà un rallentamento economico globale. Lo spettro è una nuova recessione mondiale, con il corollario di un euro senza più valore internazionale, sia come mezzo di pagamento sia come riserva delle banche centrali. [...]

Tutto si risolverebbe se ogni Eurostato iniziasse a crescere del 3-4 per cento annuo. Dimentichiamolo per il 2012-14. Allo stato attuale, rispetto alla crisi di liquidità, l’Eurozona ha bisogno di aiuti finanziari esteri, o per lo meno che gli operatori tornino ad acquistare i titoli in euro (non soltanto tedeschi) a tassi d’interesse sostenibili, e che pure le banche dell’Eurozona trovino come finanziarsi. [...]

In teoria, basta che la BCE offra tutta la nuova liquidità richiesta da banche e Stati creando moneta. [...] La BCE, allo stesso scopo, potrebbe anche finanziare e/o garantire il "Fondo salva Stati" (EFSF, European financial stability facility) ancora poco capiente e non del tutto operativo. Oppure potrebbe acquistare in modo più massiccio i titoli pubblici già emessi dai paesi in crisi, per tenerne bassi (o entro una soglia massima) i tassi d’interesse di mercato. Congiuntamente potrebbero essere emessi eurobond o garanzie da parte dell’UE o da più Eurostati per rifinanziare Spagna e Italia (o il Fondo monetario internazionale perché li salvi). [...]

Ma se la BCE agisse come "prestatore di ultima istanza", perderebbe la sua indipendenza dai governi, perché sarebbe obbligata a salvarli; in particolare dalla Germania, che dovrebbe garantire la BCE e ne condizionerebbe l’azione. E la Banca centrale europea perderebbe la sua credibilità internazionale. Per questo c’è chi sta speculando al ribasso, pensando che la BCE non interverrà in modo drastico.

Dal punto di vista legale, la BCE non può salvare uno Stato membro. [...] Ma la preclusione agli interventi straordinari della BCE non è soltanto un problema di legalità o di indisponibilità tedesca a pagare i debiti altrui. C’è di mezzo l’"azzardo morale". Se la BCE (o Berlino o il FMI) diventasse il sicuro prestatore di ultima istanza, ci sarebbe l’incentivo per Stati e banche a non essere rigorosi nella gestione, indebitandosi oltre la capacità di rimborso. Dopo il sostegno a Grecia, Irlanda e Portogallo (da rinnovare), adesso la Germania, la BCE, la Commissione e il FMI potrebbero soccorrere i nuovi paesi europei in crisi (Spagna, Italia, e potenzialmente Francia e Belgio). Ma essi pongono due condizioni per contrastare il rischio di azzardo morale.

In primo luogo, gli Stati salvati devono attuare misure di austerità economica (taglio di spese e aumento delle imposte, per azzerare il deficit e non aumentare quindi il debito pubblico) e riforme strutturali per far ripartire la crescita economica. E questo è stato già promesso, ma mantenuto da pochi, da oltre un anno.

Poi, in secondo luogo, si deve attribuire all’UE (Commissione, o ministro delle finanze del Consiglio europeo da creare, o corte di giustizia europea) la capacità di verificare i progressi degli Stati e sanzionarne gli inadempimenti. Così i mercati avrebbero fiducia e tornerebbero a far prestiti ai paesi europei in crisi, a interessi ragionevoli. [...]

Finora Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Austria, con il sostegno della Commissione (mediante le sue verifiche fiscali) e della BCE (tramite le sue "lettere" ai governi e gli interventi limitati sui mercati), hanno giocato all’"instabilità controllata". Hanno permesso cioè una certa dose di panico finanziario per stimolare i paesi periferici ad assumersi le vecchie responsabilità del trattato di Maastricht [...]. In assenza di volontà o capacità politica dei paesi periferici (detti "Piigs": Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, ai quali rischiano di aggiungersi Belgio e Francia, perché Nicolas Sarkozy ha problemi a ridurre il deficit di bilancio a pochi mesi delle elezioni presidenziali), si è permesso ai mercati, con le vendite accelerate dei loro titoli, di mettere pressione ai loro governi in carica perché si dimettessero (ricorrendo alle urne o a esecutivi tecnici) o varassero politiche di austerità di bilancio e riforme strutturali su pensioni, ammortizzatori sociali, flessibilità sul mercato del lavoro ecc. [...]

Nonostante tutto, i mercati potrebbero non riacquistare fiducia nell’Eurozona dopo il Consiglio europeo dell’8-9 dicembre. Chi presterà, allora, i capitali a un grande Stato e alle sue banche per evitarne una bancarotta imminente? [...] Ricordiamo che nel 2012 le banche e gli Stati dell’Eurozona devono rifinanziarsi per 1.900 miliardi di euro, escludendo le risorse per nuovi investimenti. [...] E purtroppo l’Italia, quando il 9 novembre i tassi sui BTP decennali hanno superato il 7 per cento, e il 25 novembre con i titoli a tre mesi al 10 per cento, si conferma il principale problema finanziario mondiale (se la Francia non la sostituisce).

Che cosa avverrebbe se il tesoro italiano e quello spagnolo non riuscissero più a finanziarsi nei prossimi mesi (o a interessi inferiori al 7-9 per cento) ed entrassero in crisi di solvibilità? È stato predisposto, comunque sia, un "piano B" capace di offrire loro almeno 800 miliardi di dollari per i prossimi 18-24 mesi, magari con finanziamenti pure dalla Federal Reserve?

Per dare una risposta a queste domande, è stato creato il G20 ed esiste il Fondo monetario internazionale. [...] Se la BCE non interverrà massicciamente, il FMI potrebbe [...] di fatto "imporre" all’Italia o alla Spagna di domandare i suoi limitati finanziamenti. Il FMI avrebbe il potere di esigere riforme economiche (minacciando il taglio degli aiuti) dallo Stato che chiede sostegno. I mercati finanziari potrebbero premiare tale paese riaprendo i rubinetti del credito (o punirlo, reputandolo in crisi di solvibilità). Se l’Italia chiedesse una piccola quota di aiuti al FMI per rifinanziare i 440 miliardi di euro di debito pubblico in scadenza nel 2012, dovrebbe attuare riforme che difficilmente il suo parlamento potrebbe eludere. Questa è una freccia (l’ultima?) nell’arco del premier italiano Mario Monti per tenere a bada i partiti e i mercati finanziari. [...]



Il testo integrale dell'articolo di padre Larivera, ripreso per gentile concessione de "La Civiltà Cattolica":
La crisi finanziaria dell'Eurozona

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