SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Jihad in Europa : Cecenia.

di Enrico Piovesana http://www.peacereporter.it

Caucaso russo, sempre più guerra

CAUCASO
PARTI IN CONFLITTO 
1994-1996: guerriglia separatista (guidata dall'ex presidente Dzokhar Dudayev) contro le  truppe del governo russo 
1999-OGGI: la guerriglia separatista guidata dall'ex presidente moderato Aslan Maskhadov e dai capi guerriglieri Samil Basaiev e Emir Khattab contro le truppe russe e il governo filo-sovietico presieduto da Alu Alkhanov.
VITTIME 
Circa 250 mila ceceni sono stati uccisi dal 1994 ad oggi, vale a dire un quarto della popolazione originaria della repubblica caucasica. Migliaia di civili (almeno 3 mila secondo le organizzazioni di difesa dei diritti umani) sono 'spariti' nel nulla dopo essere stati arrestati dalle forze di sicurezza russe e rinchiusi nei cosiddetti 'campi di filtraggio', centri di detenzione e tortura dai quali esce solo chi paga ai militari russi pesanti riscatti. Si calcola che dal 1994 al 2002 oltre 80 mila ceceni sono passati in questi campi. Secondo le ultime stime ufficiali fornite dal Cremlino, sono 5.300 i soldati russi morti nella seconda guerra cecena (dall’ottobre 1999 a oggi), ma secondo i Comitati delle madri dei soldati russi la cifra supera invece i 13 mila (25 mila contando i caduti della prima guerra).
RISORSE CONTESE 
Gli oleodotti e i gasdotti che attraversano il territorio ceceno sono strategici per il trasporto dal Mar Caspio  fino al terminal russo di Novorossijsk sul Mar Nero del petrolio (da Baku, Azerbaijan) e di gas naturale (da Tengiz, Kazakhstan). Inoltre nel sottosuolo ceceno ci sono gicimenti estesi di petrolio e gas naturale.
FORNITURA ARMAMENTI
 
L'esercito russo utilizza armi proprie e ne riceve dagli Stati Uniti e da altri Paesi Nato; i separatisti ricevono armi dall'Arabia Saudita e dalla Turchia, ma soprattutto dallo stesso esercito russo che vende loro armi.
Escalation del conflitto, ormai regionale, in Cecenia, Inguscezia e Daghestan.
Il livello del conflitto armato in corso nelle repubbliche russe del Caucaso sta salendo come non accadeva da tempo. In Cecenia, dove la guerra è scesa dalle montagne ai villaggi di pianura, in Inguscezia, dove le forze russe hanno iniziato a bombardare con artiglieria e aviazione le postazioni dei ribelli, e in Daghestan, dove gli attacchi dei mujaheddin si fanno sempre più violenti.

Cecenia. 


E' dalla fine del Settecento che i ceceni combattono contro le varie incarnazioni storiche del colonialismo russo.  Nel 1859, dopo oltre mezzo secolo di resistenza armata, la Cecenia viene annessa all'Impero zarista. 
Subito dopo la rivoluzione bolscevica del 1917 questa piccola regione conosce un breve periodo di indipendenza con la creazione della "Repubblica delle Montagne". Ma l'Armata Rossa viene subito inviata schiacciare i secessionisti, che oppongono resistenza fino al 1921, quando la Cecenia-Inguscezia viene annessa all'Urss. 
Il 23 febbraio del 1944 Stalin deporta in Asia centrale 600 mila ceceni: quasi 200 mila muoiono durante il trasporto nei vagoni-bestiame.  

Dopo il collasso dell'Urss nel 1991, il presidente ceceno Djokhar Dudayev dichiara l'indipendenza dell'ex repubblica sovietica. 
Inizialmente Mosca non presta molta attenzione alla questione cecena. Le cose cambiano quando, nel settembre 1994, le compagnie petrolifere occidentali firmano con il governo dell'Azerbaijan un contratto storico da 7,5 miliardi di dollari per lo sfruttamento del petrolio del Mar Caspio. Questo accordo, definito dagli esperti "il contratto del secolo", prevde la costruzione di oleodotti che trasportano il petrolio caspico dalle coste azere (Baku) ai mercati occidentali lungo due vie: verso il porto di Supsa, sulla costa gerogiana del Mar Nero, e verso quello di Ceyhan, sulla costa turca del Mediterraneo.

Per non venire tagliata fuori dalla commercializzazione del petrolio caspico, la Russia decide di correre ai ripari costruendo un suo oleodotto che parta da Baku e, dirigendo verso nord attraverso il Deghestan e la Cecenia, arrivi fino al porto russo di Novorossiysk, sul Mar Nero. Di qui la necessità di riprendere il controllo del territorio ceceno, e l'inizio, l'11 dicembre 1994, della 'prima guerra cecena'. I bombardamenti su Grozny e sulle altre città fanno strage di civili, vittime anche di esecuzioni di massa e violenze e abusi di ogni genere. Oltre 100 mila ceceni rimangono uccisi, più del doppio si rifugiano in Inguscezia. La resistenza cecena mette in forte difficoltà le truppe russe inviate da Boris Eltsin, che registrano fortissime perdite. Nell'aprile 1996 il presidente ceceno Dudayev viene ucciso da un missile russo, ma pochi mesi dopo le truppe cecene comandate dal generale Aslan Mashkadov riconquistano Grozny costringendo i russi alla resa e a un'umiliante ritirata.

Nel 1997 Maskhadov viene eletto presidente della Cecenia in votazioni ritenute regolari dagli osservatori dell'Osce. Il Cremlino, pur di costruire il suo oleodotto, scende a patti con la leadership cecena. E ci riesce. Ma presto la nuova Cecenia indipendente diventa un covo della criminalità organizzata, la quale si arricchisce con il contrabbando del petrolio sifonato clandestinamente dalle nuove condutture. Molti ritengono che sia stato questo dannosa situazione, e il desiderio di rivalsa, a spingere il Cremlino a reinvadere la Cecenia il 1° ottobre 1999. Ma sembra più probabile che la 'seconda guerra cecena' sia stata concepita dall'allora astro nascente della poltica russa, l'ex agente del Kgb Vladimir Putin, per unire attorno alla sua figura l'opinione pubblica russa. 

Come pretesto per sferrare un nuovo attacco alla Cecenia, Putin utilizza l'incursione in Daghestan delle milizie islamiche del comandante ceceno Basayev (vecchia conoscenza dei servizi segreti russi) nell'agosto '99 e i tremendi attentati del settembre '99 che, con lo scoppio di quattro palazzi a Mosca, Volgodonsk e Buinaksk, provocano la morte di quasi 300 civili russi. Si scoprirà poi la mano dei servi dell'Fsb (ex Kgb) dietro a queste stragi, volte a creare un clima di tensione e di allarme e a promuovere un forte sentimento nazionalista anti-ceceno. La nuova guerra si rivela ancor più devastante della precedente, trasfromandosi in un vero e proprio genocidio. L'esercito russo è accusato dalle associazioni umanitarie locali e internazionali di violare sistematicamente i diritti umani della popolazione cecena, compiendo attacchi indiscriminati contro i civili, saccheggi e distruzioni di villaggi, arresti di massa, prese d’ostaggi, stupri e torture, esecuzioni extragiudiziali. Dopo aver raso al suolo e riconquistato Grozny, i russi esautorano il presidente Mashkadov, instaurando un governo filo-russo guidato da Akhmed Kadyrov.

Dopo l'11 settembre 2001 Putin non si lascia sfuggire l'opportunità di cavalcare l'onda della guerra americana al terrorismo per intensificare le operazioni belliche contro i "terroristi ceceni", sospettati di ricevere sostegno finanziario e militare da Osama Bin Laden. In realtà la guerriglia di resistenza cecena non ha un carattere religioso. Questo è proprio solo delle formazioni capeggiate dall'ambiguo Shamil Basayev, da molti ritenuto un pazzo sanguinario manipolato dai servizi russi, con scarso seguito poltico ma fondamentale peso militare. Le sue brigate sono le meglio armate e le meglio organizzate, grazie ai finanziamenti e ai rifornimenti di armi provenienti dai paesi arabi. Solo questo, non la religione, fa sì che i giovani ceceni che decidono di entrare nella guerriglia si arruolino sotto Basayev. E' per questo stesso motivo che Mashkadov, religiosamente moderato e contrario al ricorso alle azioni terroristiche sostenute invece da Basayev, non si può permettere di rompere l'alleanza con lui: farlo significherebbe rompere il fronte di resistenza e privarsi della suo componente più efficace. Ma molto osservatori internazionali osservano che solo smarcandosi da questa scomoda alleanza la lotta di resistenza cecena potrà rendersi a pieno titolo immune da ogni accusa di terrorismo e fondamentalismo.

Dal '99 ad oggi la guerra ha causato altri 100 mila morti e 300 mila profughi ceceni. Migliaia anche le perdite dell'esercito russo, bersaglio di quotidiane azioni di guerriglia dei ceceni, che colpiscono i convolgi militari con ordigni telecomandati. Il sequestro al teatro Dubrovka di Mosca nell'ottobre 2002, finito in tragedia dopo l'intervento delle forze speciali russe, non ha fatto altro che giustificare agli occhi del mondo la continuazione della guerra di Putin. L'azione è stata rivendicata dal solito Basayev, ma anche questa volta sembra esserci stato lo zampino dell'Fsb, che avrebbe saputo e avrebbe permesso che l'azione andasse in porto. Nel 2003 Mashkadov ha proposto un piano che prevede l'intervento dell'Onu, che amministrerebbe la Cecenia per un periodo non breve, fino a libere elezioni. Il piano ha ricevuto il sostegno del Parlamento europeo, ma Putin ha sempre rifiutato ogni dialogo, tanto più dopo i tracigi fatti di Beslan.

A febbraio 2005 Maskhadov ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale (sostanzialmente rispettato dalla guerriglia) ribadendo la sua volontà di aprire un dialogo con il Cremlino, sottoposto in questo senso anche a una crescente pressione internazionale.

La risposta di Putin è stata drastica: l’8 marzo 2005 le forze speciali russe hanno individuato e ucciso Maskhadov, eliminando l’unico leader ceceno che cercava un dialogo.

A Maskhadov è succeduto il più intransigente Abdul-Halim Sadulayev, ma secondo molti ora è il pazzo sanguinario Shamil Basayev a tirare le fila della guerriglia cecena. E infatti pochi mesi dopo, nell’agosto 2005, Sadulayev ha nominato Basayev vice primo ministro del governo clandestino indipendentista ceceno. I peggiori timori sono quindi stati confermati.

Putin nella trappola di Basayev. 

L’ambiguo e sanguinario terrorista Shamil Basaev, che combatte una guerra santa contro la Russia non più allo scopo di rendere indipendente la Cecenia ma al fine di creare un emirato islamico del Caucaso del Nord, sta facendo proseliti in tutta la regione.
Ovunque sono spuntati gruppi armati ‘wahabiti’ che, secondo il Cremlino, sono cellule di una rete diretta da Basayev e da lui intessuta in anni di spostamenti da una repubblica all’altra. Cellule che fino all’estate scorsa sembravano ‘dormienti’ e che poi si sono improvvisamente risvegliate. Prima in Inguscezia, a giugno, con i clamorosi attacchi alle caserme della polizia di Nazran che causarono un centinaio di morti. E poi, a settembre, nell’Ossezia del Nord, con il drammatico sequestro della scuola di Beslan conclusosi con la strage d’innocenti che tutti conoscono. 
Provocazioni a cui il Cremlino ha reagito proprio come Basayev sperava, cioè lanciando in tutta la regione azioni militari ‘preventive’ e aprendo così, di fatto, nuovi fronti di guerra e ‘cecenizzando’ le repubbliche caucasiche. 
  
La 'cecenizzazione' del Caucaso russo.

La chiamano ‘cecenizzazione’ del Caucaso. Un brutto termine per esprimere un drammatico fenomeno: l’estensione del conflitto ceceno a tutte le repubbliche russe del Caucaso settentrionale, il dilagare in tutta la regione della guerra che da anni si combatte in Cecenia. Dal Daghestan all’Inguscezia, dal Cabardino-Balcaria all’Ossezia del Nord, quella che fino a pochi mesi fa era solo una fosca previsione, dopo Beslan sta diventando una realtà. 

Enrico Piovesana 2005-2007

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