SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) rapisce una coppia italiana.

http://www.corriere.it -29 dicembre 2009

Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) rapisce una coppia italiana. In un comunicato pubblicato su Internet con data 30 dicembre compaiono anche tre foto, due dei documenti d'identità di Sergio Cicala e della moglie Philomene Kabouree e una della coppia. 

Sergio Cicala, pensionato di 65 anni, e sua moglie Philomene Kabouree, italiana originaria del Burkina Faso, nella foto sono mostrati in ginocchio e circondati da cinque uomini armati, secondo quanto riferito dal Centro americano di sorveglianza dei siti estremisti islamici (SITE), che ha riproposto le immagini. Nel suo comunicato, l'Aqmi precisa che «il rapimento giunge mentre il governo di Silvio Berlusconi sostiene le guerre in Afghanistan e in Iraq e sostiene la "crociata" contro l'Islam». L’Aqmi precisa che «se la famiglia degli ostaggi e il popolo italiano tengono alla sicurezza di Cicala e Kabouree, devono esercitare pressioni sul loro governo perché risponda alla sua richiesta», di non sostenere più i conflitti in Afghanistan e Iraq. 

Una prima rivendicazione dell'Aqmi era giunta il 28 dicembre attraverso il canale satellitare Al Arabiya, che aveva diffuso un messaggio audio e una foto in cui Cicala appare in un sito desertico insieme alla moglie - il cui volto e le mani sono oscurati artificialmente - e stringe tra le mani il suo passaporto chiuso, mostrandone la copertina.

-http://www.corriere.it -29 dicembre 2009
di Muglia Alessandra

Italiani rapiti, nuove foto da Al Qaeda

Il volto oscurato Philomene Kabouree , moglie africana di Cicala. Il Corano non prescrive la copertura del volto. La provocazione dei terroristi ha un significato politico .

Appare così, con la faccia «cancellata», la moglie di Cicala, italiana originaria del Burkina Fasu, nella foto che accompagna la rivendicazione di Al Qaeda, pubblicata su Al Arabiya. Un «ritocco» tipico delle immagini elaborate dai terroristi, a riproporre l' idea di un Islam che vorrebbe annullare, annichilire la donna.

«È una provocazione che non ha nessun senso e fondamento da un punto di vista religioso. È un atto politico estremo, mi ha colpito molto», reagisce indignata Sumaya Abdel Qader, musulmana praticante, origini palestinesi e casa a Milano, autrice di Porto il velo, adoro i Queen (Sonzogno), ritratto ironico delle 2G, le seconde generazioni, i figli degli immigrati nati in Italia, impegnati a integrare le radici con la cultura occidentale.

Dunque una provocazione. Con quale obiettivo? «Irritare, far arrabbiare questo Occidente, visto come aggressore. Un gesto estremo che tocca un punto debole e controverso: la condizione della donna nell' Islam. Ma chi compie questi atti svuota la religione del suo senso profondo». Lei ogni mattina sceglie il velo da abbinare al cappotto. Non pensa che l' atto di oscurare il volto possa essere letto come un portare all' estremo quello di coprirsi il capo? «La donna musulmana si copre il capo in segno di fede e devozione a Dio, non di sottomissione all' uomo. E - cosa importante - la sua è una scelta libera, volontaria. Il Corano prescrive il velo e non la copertura del viso. Non si può accettare l' obbligo di coprirsi completamente il volto con il niqab, ma neppure quello di togliersi il velo». Lei è molto impegnata sul fronte dell' emancipazione delle donne musulmane. Con quale esito? «Sono portavoce per l' Italia del Forum per le donne musulmane in Europa, che ha sede a Bruxelles. Ai nostri incontri c' è un' altissima partecipazione. Di seconde generazioni, certo, ma ora cominciano a essere presenti anche le madri. Le invitiamo a non rinchiudersi nelle comunità d' origine, a integrarsi e partecipare alla vita della città. Candidandosi per esempio come rappresentanti nei Consigli di istituto delle scuole dei loro figli o diventando membri di associazioni di volontariato. Io ho scelto di iscrivere le mie due figlie alle Orsoline: come dire, non ho paura di metterle nelle mani di altri religiosi. Lavoriamo per una donna musulmana libera ed integrata nella società europea». Tragedie come quelle di Hina e Sanaa, uccise dai propri familiari perché troppo «occidentali», dicono che è un lavoro lungo. «Le donne musulmane oggi hanno più coscienza dei propri diritti. Promuoviamo una campagna contro i matrimoni imposti. Dove ricordiamo che è lo stesso profeta Muhammad che nella Sunna (fonte della legge islamica insieme al Corano, ndr) dice a una donna a cui è stato imposto lo sposo che può dichiarare nulla l' unione. Il Corano non predica la sottomissione: i versetti si rivolgono indistintamente all' uomo e la donna».

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