SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Italiana rapita in Algeria .
Due cooperanti , un danese e una ragazza americana, rapiti in Somalia .
In Nigeria una città devastata dai radicali islamici.

Venerdì di sangue in Nigeria: una città devastata dai radicali islamici.
di Massimo A. Alberizzi  - www.corriere.it 06/11/2011

NAIROBI-Con una serie di attacchi coordinati, miliziani armati della setta fondamentalista islamica Boko Haram (letteralmente: “Vietare l’educazione occidentale”), hanno messo a ferro e fuoco con bombe a mano e sventagliate di mitra interi quartieri a Damaturu, capitale del Yobe State, nel nord del Paese.

I morti sono almeno una settantina (tra cui nove agenti sella sicurezza) e i feriti alcune centinaia. Il bilancio rischia di aumentare esponenzialmente perché tra i ricoverati in ospedale alcuni sono in fin di vita.
La furia dei terroristi non ha risparmiato neppure i musulmani. Infatti, oltre a chiese e caserme di polizia e dell’esercito, sono state distrutte anche alcune moschee.

Nelle foto Reuters e Ap: soldati nigeriani di guardia a Maiduguri, la bandiera di Boko Haram, militanti del guppo terroristico.

Gli attacchi di Damaturu sono seguiti a quattro attentati (uno suicida) nella vicina città di Maiduguri, uno dei quali contro un acquartieramento dell’esercito.

Secondo il quotidiano settentrionale Daily Trust, molto vicino al mondo islamico nigeriano, il portavoce di Boko Haram, Abul Qaqa, ha rivendicato gli attacchi. Potrebbe essere l’inizio di una nuova offensiva del gruppo radicale, legato ai terroristi di Al Qaeda per un Maghreb Islamico (Aqim), che operano più a Nord. L’obbiettivo di Boko Haram, è quello di imporre la sharia (la legge islamica) in tutta la Nigeria.

Nel 2009 il gruppo lanciò un’offensiva di violenza che devastò gran parte del Nord dell’ex colonia Britannica. Ora sembra si sia organizzato meglio con armi sofisticate e nuovi adepti votati alla causa dell’integralismo islamico. Il 26 agosto scorso ha rivendicato un attacco suicida contro il quartier generale delle Nazione Unite ad Abuja che provocò 26 morti.

Secondo Ibrahim Bulama, uno dei capi della Croce Rossa nigeriana, l’ondata di violenza a Damaturu è cominciata quando un’auto bomba è scoppiata fuori da un palazzo che ospita un comando militare, causando diversi morti. Subito dopo gruppi di commando su fuoristrada hanno fatto saltare la sede di una banca e attaccato tre stazioni di polizia e alcune chiese, distruggendole. I raid omicidi sono continuati tutta la notte e hanno investito anche Potiskum, un villaggio poco fuori Damaturu.

Durante un intervista con l’Associated Press, l’ispettore Bulama, sentito al telefono mentre si trovava al funerale islamico di alcuni parenti e di un ufficiale delle forze dell’ordine uccisi nel raid, ha raccontato che ieri mattina la città appariva come colpita da un violento terremoto, con palazzine semidistrutte. Nelle strade veicoli militari, della polizia e dell’esercito, bruciati.

Le bombe di Maiduguri invece hanno colpito veicoli di passaggio in tre strade. Molti feriti ma nessuno ha perso la vita. La quarta, fatta saltare da un terrorista suicida, poteva causare una strage. Un fuoristrada nero imbottito, di esplosivo, ha cercato di entrare in una base militare dove si addestra un corpo speciale incaricato proprio di combattere Boko Haram. E’ stato bloccato delle guardie. L’attentatore ha fatto così saltare la santabarbara che aveva nell’auto fuori dal cancello. L’esplosione ha causato diversi feriti e danni agli edifici, ma nessun morto.

L’ondata di attentati è coincisa con l’apertura dei festeggiamenti per l’Eid al-Adha, cioè la festa del sacrificio, che ricorda il tentativo di Abramo di immolare il figlio per ingraziarsi la benevolenza di Dio. In questi giorni i musulmani sgozzano capre e montoni.

La polizia nigeriana aveva nei giorni scorsi lanciato avvisi per mettere in guardia contro eventuali violenze. Nessuno però pensava a un’operazione terrorista di così vasta portata.Mercoledì scorso era stato annunciato l’arresto di un gruppo di terroristi che progettava attentati.

Il gruppo Boko Haram è stato fondato nel 2002 dallo sceicco Ustaz Mohammed Yusuf che predica non solo il divieto di educare con sistemi non islamici, ma sostiene, tra l’altro, che la terra è piatta, come c’è scritto nelle sacre scritture, e che la pioggia è un dono di Dio e non c’entra niente l’evaporazione dell’acqua.

In questi anni ha reclutato molti giovani che vengono dagli strati più poveri della popolazione nigeriana, senza prospettive di un futuro migliore. I suoi centri sono strutturati in modo tale che, dopo le preghiere coraniche, si può accedere al refettorio. Una lusinga particolare per chi non ha nulla da mangiare e vive in un Paese dove i proventi dell’estrazione di petrolio potrebbero garantire un’esistenza decente a tutti gli abitanti.

Nelle mani dell'ala sahraui di Al Qaeda l'italiana rapita in Algeria domenica scorsa.
di Massimo A. Alberizzi l 28/10/2011

I tre ostaggi europei, tra cui l’italiana Rossella Hurru, rapiti nel campo di rifugiati vicino Tinduf, in Algeria, sono in mano alla filiale sahraui di Al Qaeda per un Maghreb Islamico (AQIM). Il gruppo che è comandato da Hakim Ould Mohammed M’Barek. Qualche giorno fa ci sono stati violenti scontri tra i miliziani fedeli ad Hakim e l’esercito mauritano. I qaedisti si sono rifugiati nel nord del Mali, dove operano altri gruppi di Aqim e sono scampati alla tenaglia dei mauritani.

Rossella Urru è stata rapita nella notte tra sabato e domenica scorsi nel campo profughi di Rabuni, che ospita oltre centomila persone. Aveva invitato a cena alcuni colleghi spagnoli, portati via dai terroristi anche loro, Ainhoa Fernandez de Rincon e Enric Gonyalons. Un terzo spagnolo si è salvato perché, poco prima dell’irruzione, si era appartato fuori dalla baracca, per telefonare alla moglie.

“Non è stato un attacco mirato alla nostra Rossella – aveva detto subito dopo il rapimento Paolo Dieci, il capo del CISP, l’organizzazione non Governativa per cui lavora la Urru -  ma la sua era la prima abitazione, subito dopo l’ingresso del campo, più semplice da assalire e in posizione migliore per scappare in fretta”.Gli ostaggi sarebbero stati portati in un accampamento di fortuna nel nord del Mali i cui servizi di intelligence, comunque, negano che ci siano rapiti sul loro territorio.

Hakim Ould Mohammed M’Barek è considerato un dissidente del Fronte Polisario, il gruppo che dagli anni ’70 lotta per l’indipendenza del Sahara ex spagnolo, ora occupato dall’esercito marocchino. Secondo lo stringer del Corriere in Mauritania, si sarebbe alleato con le forze che fanno capo all’emiro di Al Jawadi, uno dei capi qaedisti nel Sahara.

Criminali comuni o terroristi? In Mauritania, Mali e Algeria non hanno dubbi. “E’ gente che usa l’Islam per fare traffici sporchi: di droga, di armi e di esseri umani che vogliono raggiungere l’Europa - spiega un residente europeo a Nouakchott - . Il nuovo gruppo Hakim/Jawadi sta creando grande apprensione tra chi si occupa di terrorismo nella zona”.Hakim era stato arrestato a Bamako nel 2008 e trasferito in Mauritania. Durante gli interrogatori aveva ammesso l’esistenza di centri di indottrinamento e reclutamento nei campi sahraui in Algeria.

Omar Mih, rappresentante del Polisario in Italia nega qualunque collusione con Al Qaeda: “Sono voci calunniose diffuse dal Marocco per screditarci. Tra noi e i terroristi non c’è nessuna relazione. Quelli sono dei criminali e noi condanniamo loro rapimenti”.

Altri due cooperanti stranieri, un danese e una ragazza americana, rapiti in Somalia
di: Massimo A. Alberizzi  26/10/2011

Attacco a terra dei pirati somali che ieri pomeriggio hanno sequestrato a Galkayo, poco più di 250 chilometri dal mare, due cooperanti, una trentaduenne americana e un sessantenne danese, dell’organizzazione Danish Deminig Group, che si occupa di sminamento. I due occidentali, rapiti assieme a un loco collega somalo, vivono a Nairobi, in Kenya, ed erano giunti a Galkayo per partecipare a un seminario; terminati i lavori stavano raggiungendo l’aeroporto per tornare a casa.

Viaggiavano in un convoglio di tre automobili, una dei quali carica di uomini armati di scorta. Ciononostante gli assalitori, giunti su due fuoristrada, non hanno trovato alcuna resistenza. Fermate le tre auto e catturate le loro prede sono ripartiti verso Obbio, uno sei santuari dei pirati sull’Oceano Indiano.

Galkayo è una città divisa da un wadi, cioè un fiume senz’acqua durante la stagione secca. A nord è controllata da forze migiurtine del clan Omar Mamoud, fedeli al governo della regione semiautonoma del Puntland, a sud da miliziani della tribù Galmudug. Le due cabile sono in perenne conflitto, ma poche settimane fa hanno raggiunto una tregua. Secondo lo stringer del Corriere nella città il convoglio con gli occidentali ha attraversato la linea verde che separa i due settori per raggiungere l’aeroporto che è ad est. Vicino allo scalo l’assalto e la cattura.

Comunque la situazione in Somalia appare sempre più confusa: continua lo stillicidio di rapimenti di stranieri. Criminali comuni, probabilmente, ma che il Kenya accusa di godere della protezione degli shebab, i miliziani islamici che controllano gran parte dell’ex colonia italiana e sostengono di essere la filiale di Al Qaeda nell’Africa Orientale.

Il 13 ottobre nel campo profughi di Dadaab, in Kenya sono state prese in ostaggio due giovani cooperanti spagnole, portate e tenute in custodia in Somalia (il confine dista un centinaio di chilometri).

Due giorni dopo, Nairobi ha inviato un contingente armato (oltre 1500 uomini) con blindati, carri armati, elicotteri e aerei oltre la frontiera all’inseguimento dei banditi che fino quel momento sembrava avessero in mano due donne, un’inglese, Judith Tebbut, rapita l’11 settembre in un villaggio keniota di lusso (nell’azione era rimasto ucciso il marito che voleva proteggerla), e una francese, Marie Dedieu, catturata il primo ottobre a Lamu, un villaggio sulla costa dell’ex colonia britannica. Purtroppo Marie, molto malata, paralizzata e non in grado di essere autosufficiente è morta durante la prigionia.

Le forze keniote sono avanzate all’interno della Somalia lentamente anche per le piste allagate per la pioggia e hanno bombardato lo strategico porto di Chisimaio, importante base degli shebab.

Per altro gli islamici negano qualunque connessione con la criminalità cui addossano le responsabilità dei rapimenti e dei sequestri di navi. Secondo i rapporti dell’Onu è vero che gli integralisti non partecipano in prima persona, ma tollerano e trattengono a mo’ di tassa una parte del denaro raccolto con le attività criminali.

L’incursione delle truppe keniote ha provocato la reazioni degli shebab che hanno immediatamente minacciato ritorsioni terroristiche. A Nairobi ci sono stati due attentati: il primo, in un nightclub  del centro, ha provocato una ventina di feriti, e una granata lanciata contro un matatu (i minibus privati che assicurano i trasporti pubblici) tre morti e diciotto feriti, un bilancio contenuto dal fatto che il terrorista ha sbagliato mira. Questi attentati non sembrano pianificati a dovere ma piuttosto organizzati da non professionisti. Quelli che si temono sono attacchi suicidi. Tra i possibili obbiettivi anche l’ambasciata italiana che è situata a International House, un grattacielo nel centro della capitale già indicato come obbiettivo alcuni mesi fa.
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