SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
In Italia 2.000 musulmane spose bambine ogni anno.
E molte sono costrette a rimpatriare .

Nozze imposte soprattutto tra indiani e pachistani.
I racconti: ho ottenuto solo di poter scegliere tra più uomini .

di Santucci Gianni- http://www.corriere.it 20 Gennaio 2010

MILANO - «Viviamo con il cervello a metà. Una parte nel Paese della nostra famiglia. Una parte con i nostri amici. Che ci dicono di restare qui, di inserirci in questa società». La vita spezzata delle adolescenti straniere inizia a tredici, quattordici anni. È a quell' età che (secondo i sociologi che hanno intervistato queste ragazze) si vedono i primi segni di conflitto. Fino all' anno prima potevano portare i loro compagni in casa. Poi, diventa proibito. Oppure: non vanno in gita con la classe. E iniziano le liti sui vestiti, il trucco, le magliette troppo corte.

Situazioni comuni, a Milano, Roma, Brescia. Le ragazze con il «cervello a metà» crescono su due binari, senza sapere quale seguire. Dicono: «Per noi è impossibile progettare il futuro». Si trovano in mezzo a due forze. E non sanno come metterle in equilibrio. «Poi ogni tanto qualcuna sparisce dalle scuole superiori - racconta Mara Tognetti, docente di Politiche dell' immigrazione all' università di Milano Bicocca - oppure non rientra dalle vacanze. Le famiglie le hanno riportate nel loro Paese, per farle sposare». In un solo anno, nella città inglese di Bradford, sono «scomparse» 200 ragazzine tra i 13 e i 16 anni, figlie di immigrati.

In Italia non esistono statistiche dettagliate. L' unica stima è del Centro nazionale di documentazione per l' infanzia, secondo cui le «spose bambine» nel nostro Paese sarebbero 2 mila all' anno. Matrimoni sommersi. In Italia i minorenni non possono sposarsi. Esiste però una deroga. Per «gravi motivi», dai 16 anni in poi il tribunale per i minori può autorizzare le nozze. Il Centro di documentazione per l' infanzia registra da anni questi casi: nel 1994 erano 1.173, poi sono via via diminuiti, fino ai 209 del 2006 e i 156 del 2007 (ultimo dato disponibile). La Campania è la regione in cui ne avvengono di più, 77. Per la maggior parte si tratta di matrimoni tra stranieri, con in testa le comunità di immigrati da Pakistan, India e Marocco.

Al cinema.
East is East (1999) Diretto da Damien O' Donnell e ambientato nei pressi di Manchester, racconta le vicissitudini dei sette figli di un padre pachistano e della sua moglie inglese. Nazir, il loro primogenito, si rifiuta all' ultimo momento di sposare la ragazza pachistana che l' uomo aveva scelto per lui. Nazir si dà alla fuga e viene così disconosciuto dal genitore .
Monsoon Wedding (2001) Diretto da Mira Nair, è la storia di due importanti famiglie indiane, una rimasta in India e l' altra emigrata in Texas, che combinano le nozze dei loro figli. Il passato sentimentale della sposa riaffiora durante i preparativi delle nozze, ma per lo sposo non è un problema: «Una persona scelta dai genitori, una trovata in discoteca, che differenza fa?»
Welcome (2009) Diretto da Philippe Lioret, racconta del giovane curdo Bilal che lascia il suo paese per Calais, dove sogna di imbarcarsi per l' Inghilterra: qui lo attende un' adolescente che però il padre ha promesso in sposa a un ricco cugino. Bilal non riuscirà ad arrivare a destinazione e a salvare la ragazza che ama dal destino del matrimonio combinato
Questi numeri descrivono però solo l' aspetto legale, che secondo gli esperti è minimo rispetto a tutti i legami imposti all' interno delle famiglie, a volte suggellati con un rito in qualche moschea, più spesso con unioni celebrate nei Paesi d' origine. «Le seconde generazioni delle ragazze sono e saranno una vera emergenza - spiega Mara Tognetti - se non si interviene con politiche più incisive, i contrasti tra l' idea di famiglia imposta dai genitori e il modello delle adolescenti diventerà inconciliabile». Conflitti latenti Altri dati definiscono questa situazione di rischio potenziale. Le ragazze immigrate di seconda generazione nel nostro Paese sono circa 175 mila. «Il matrimonio combinato - racconta la ricercatrice - riguarda però solo alcune comunità, quella indiana e quella pakistana più delle altre, in misura minore la marocchina e l' egiziana».

I Talebani e le donne

Le nozze imposte sono il male estremo. Il pericolo dei prossimi dieci anni rischia di essere la «conflittualità latente», incarnata da ragazze che studiano e si integrano, ma che vivono in famiglie attaccate alle tradizioni. «Molti genitori non hanno un grado di istruzione elevato - racconta Fihan Elbataa, della sezione bresciana dei Giovani musulmani d' Italia - e quindi di fronte a situazioni in cui vedono un pericolo non sanno come reagire. Si chiudono, diventano severi e impongono le regole con l' aggressività. Noi cerchiamo di spingerli al dialogo, a lasciare spazi di libertà». A Brescia alcuni ragazzi sono scappati, o si sono allontanati da casa per qualche tempo, proprio per sfuggire alle «leggi» dei genitori: «Sono convinta che le famiglie cerchino il bene dei propri figli - conclude Fihan Elbataa - le intenzioni sono buone, ma purtroppo rispetto alla loro educazione si trovano in un contesto nuovo, e quindi devono cambiare i loro metodi».

...su segnalazione dell' associazione Donne marocchine in Italia, è stata salvata una ragazza a Novara. Diciassette anni, una figlia di 4 mesi, moglie maltrattata di un «matrimonio combinato». Ora si trova in una comunità di Roma. A denunciare la situazione è stata una vicina di casa. Lei non era riuscita, non sapeva neppure a chi rivolgersi. La ribellione è complicata. E allora, per trovare un equilibrio, le promesse mogli adolescenti cercano uno «spazio di negoziato». È un rimedio estremo, scoperto dalla ricerca che la sociologa Tognetti pubblicherà il prossimo mese. Contiene interviste a ragazze che hanno cercato di trattare sulla loro condanna. Queste sono le loro voci. Una giovane marocchina che vive a Milano: «Ho accettato la richiesta di mio padre, sposerò un uomo del mio Paese. Ma ho chiesto di poter scegliere tra più di un possibile marito, di vederne almeno tre o quattro». Ragazze che non possono, o non vogliono, scardinare il sistema di regole della famiglia. Ma cercano di ricavare spazi minimali di sopravvivenza. Altro racconto, di un' adolescente egiziana, anche lei studentessa «milanese»: «Hanno scelto l' uomo per me, non mi oppongo. Ma ho chiesto due cose. Prima del matrimonio volevo vederlo. E poi ho ottenuto una garanzia, una specie di "contratto" non scritto: dopo il matrimonio potrò continuare la scuola e poi andare all' università, per laurearmi».

... Nora Attaibi, marocchina residente a Liegi (Belgio), aveva 19 anni quando nel luglio del 2008 si è uccisa gettandosi dalla finestra di casa per evitare di tornare in Marocco dove l' attendeva un matrimonio combinato.
... Sanaa Dafani, 18 anni, di origine marocchina è stata sgozzata a Pordenone nel settembre scorso dal padre che non accettava la relazione della figlia con un italiano

Souad Sbai :«Sono considerate oggetti di proprietà»


«Spesso le bambine vengono prese e portate nei Paesi d' origine per il matrimonio. È inaccettabile. Di che integrazione parliamo? Non si può tollerare che gli uomini considerino le proprie figlie e le proprie mogli come degli oggetti, delle cose di loro proprietà»
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Souad Sbai è stata presidente dell' associazione Donne marocchine in Italia e oggi è deputata del Pdl.

Quali sono le ragioni del conflitto generazionale in corso nelle famiglie di immigrati?
«Sono in Italia da molti anni e ho conosciuto i diversi flussi migratori. Negli Anni 80 i lavoratori arrivavano soprattutto dal mondo rurale, erano in maggioranza analfabeti. Purtroppo negli Anni 90 molti sono diventati più integralisti qui in Europa, grazie alla successiva ondata migratoria, proprio mentre nei loro Paesi la società faceva progressi».
E queste famiglie ne sono rimaste escluse?
«Oggi in Italia aumenta la poligamia, cosa che in Tunisia è proibita dal 1959. Molti padri marocchini vietano alle figlie di uscire, ma a Casablanca nei weekend le discoteche sono piene. Il paradosso più grande è che io, marocchina, mai avrei pensato di dovermi occupare di difesa delle donne proprio in Europa».
Quali sono stati gli errori nella gestione dell' immigrazione in Italia?
«Abbiamo creato la figura assurda dei mediatori culturali a vita, e così molte donne immigrate vivono qui senza avere reali contatti con la società italiana. Servirebbe una sorta di piano Marshall per l' alfabetizzazione e l' istruzione. Le donne donne istruite non accettano più la violenza. Dobbiamo renderci conto che in Italia ci sono decine di migliaia di donne senza diritti».

Ragazza pachistana rapita dal padre «Non voleva che vivesse all' italiana» . Caricata in auto dopo la scuola: 17 anni, era stata tolta al genitore perché violento .

di Francesco Alberti http://www.corriere.it 19 Gennaio 2010

FANO - Le leggi italiane gliel' avevano tolta. E lui se l' è ripresa come si prende una cosa. Con la forza. Si è appostato in auto davanti a scuola e, quando la figlia è uscita, l' ha avvinghiata, sbattuta dentro l' abitacolo, e via: destinazione ignota. Non si sa dove e come finirà la storia di Almas, 17 anni, ragazza pachistana che dell' Italia aveva respirato le atmosfere sin da bambina, ma che agli occhi del padre, Akatar Mahmood, venditore ambulante quarantenne, padre-padrone violento e dispotico, era colpevole di «essersi troppo occidentalizzata»: nelle amicizie, nel vestire, nel voler vivere come le sue coetanee, perfino quell' italiano così fluente era una colpa agli occhi del monarca domestico.

Dipinto di Saeed Akhtar , artista pachistano

La cercano ovunque, le forze dell' ordine. Blindata la rete stradale marchigiana. Ricerche in tutta Italia. Occhi puntati sulla comunità pachistana tra Fano e Senigallia, dove vive la famiglia di Almas, nell' eventualità che qualcuno stia proteggendo la fuga di Akatar Mahmood, islamico. È una corsa contro il tempo. Perché il timore di tanti è che questa brutta storia assuma gli sconvolgenti contorni di altre dalle premesse simili: come quelle di Hina, sgozzata dal padre nel Bresciano nel 2006, o di Sanaa, pure lei massacrata dal genitore nel settembre scorso a Pordenone.

È stato qualche mese fa, in aprile, che il conflitto familiare è esploso con violenza. Akatar, incapace di capire lo stile di vita della figlia e probabilmente condizionato da una parte del parentado, ha picchiato selvaggiamente la figlia, costringendola a ricorrere alle cure del pronto soccorso. Ai medici è bastato poco per capire: il caso è stato segnalato ai servizi sociali e al Tribunale dei minori, che ha allontanato la ragazza dai genitori, affidandola a una casa accoglienza a Fano. Una decisione mai accettata da Akatar, che prima ha fatto ricorso in Appello («Ma la stessa Almas ha convinto i giudici a non rimandarla a casa» dice l' avvocato Monica Clementi, tutore della giovane) e poi ha cercato di fare pressioni sulla figlia, «arrivando a minacciare i funzionari dei servizi sociali e della comunità» prosegue il legale.

Un caso difficile. Come aveva da tempo intuito Giuseppe Franchini, preside dell' istituto commerciale «Battisti», di cui Almas frequenta (con buoni risultati) il quarto anno: «Ho incontrato una sola volta il padre ed era chiaro che non aveva accettato l' allontanamento della ragazza. Mi è parsa una persona integrata dal punto di vista economico, ma non certo da quello culturale». Un testimone, che ha assistito al rapimento, ha raccontato che Almas ha tentato in ogni modo di sfuggire «al placcaggio» del padre. Ha provato a chiedere aiuto, ma il cellulare le è caduto. In auto con Akatar c' erano una o due persone. Un esercito di agenti è sulle loro tracce. Con il cuore in gola.

Precedenti .
Nel 2006 Ad agosto Hina Saleem , 20 anni, pachistana, viene uccisa a coltellate e seppellita nel giardino della casa dei genitori a Sarezzo, nel Bresciano. Viene arrestato il padre, Mohammad Saleem, per omicidio premeditato e occultamento di cadavere. L' uomo era insofferente alla occidentalizzazione della figlia .
Nel 2009 A settembre a Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, il marocchino El Ketawi viene fermato dai carabinieri con l' accusa di aver ucciso a coltellate la figlia 18enne Sanaa: non condivideva la relazione della ragazza con Massimo De Biasio, cristiano e di 13 anni più grande di lei .

Almas torna libera I genitori volevano imporle il matrimonio.La coppia arrestata. Il padre: mi ha umiliato.In aprile era stata picchiata e ora viveva in una casa-famiglia. Sulla macchina altre persone .

di Alberti Francesco (20 gennaio 2010) http://www.corriere.it

FANO - Portarla lontano, via da questo paesino di mare pieno di tentazioni, di diavolerie all' occidentale. Aktar Mahmood, 40 anni, dopo aver perso il lavoro da operaio e aver ricevuto lo sfratto dalla piccola casa di Senigallia, non voleva e non poteva perdere anche lei, Almas, 17 anni, quella figlia maggiore che il Tribunale dei minori gli aveva tolto mesi fa per maltrattamenti: «Non potevo fare altro che rapirla: lei, con il suo modo di fare, mi umiliava di fronte agli amici e alla comunità pachistana».

Aveva un piano, Aktar: sequestrare la ragazza, portarla da alcuni conoscenti a Roma, il resto sarebbe venuto da sé. Farla sposare con un connazionale? Certo che ci ha pensato Aktar, lo confermano gli investigatori e lui stesso ne aveva fatto cenno in passato, ma l' importante per il momento era andare via, sradicare Almas da questo paese di mare dove aveva tanti, troppi, amici. I suoi progetti, per fortuna, si sono frantumati ieri in poche ore sotto la pressione di una caccia all' uomo che, da Fano a Roma, passando per Bologna, ha visto centinaia di carabinieri mobilitati per liberare la giovane pachistana, rapita lunedì mattina davanti a scuola dal resto della famiglia: padre e figlio di 16 anni l' avevano prelevata di forza, mentre la madre Nabeela di 37 anni e l' altra sorella di 14 assistevano sottomesse e impassibili alla scena.

I due genitori sono ora nel carcere di Pesaro con l' accusa di sequestro di persona e anche il ragazzo, sulla cui posizione il pubblico ministero Maria Fucci si riserva una decisione, rischia la stessa incriminazione. «È andata bene, mettiamola così: fino all' ultimo abbiamo temuto un epilogo funesto, purtroppo i precedenti non mancano...». È arrivato subito al nocciolo della questione il comandante dei carabinieri di Pesaro, Stefano Fedele, dando corpo agli incubi che per tutta la notte avevano accompagnato la caccia degli investigatori: quelli di Hina e di Sanaa, giovani donne, quasi coetanee di Almas, maltrattate, perseguitate e infine assassinate da padri o parenti.

ONU: 51 milioni di spose-bambine, 14 l'anno sono madri - Archivio di Rainews24
Ogni anno 14 milioni di adolescenti diventano madri, il 90% nei paesi in via di sviluppo. Si stima che siano 51 milioni le adolescenti o bambine gia' sposate. I matrimoni precoci espongono bambine e ragazze a rischi di sfruttamenti, malattie e poverta'. Lo sottolinea il rapporto 2008 sullo stato della popolazione nel mondo del Fondo dell'Onu per la popolazione presentato a Roma a cura dell'Associazione donne per lo sviluppo. Lo studio intitolato "Punti di convergenza: cultura, genere, diritti umani" si concentra sui fattori culturali e su come essi incidano nella violazione dei diritti umani, compresi quelli di genere. Sollecita quindi azioni di 'politica culturale'. Fra le denunce del rapporto, la condizione delle giovanissime nei paesi sottosviluppati e' grave ed emblematica. Anche se i matrimoni precoci sono in calo, si stima che nei prossimi 10 anni, 100 milioni di ragazze si sposeranno prima di compiere 18 anni. Chi si sposa giovanissima non ha alcun potere in casa, raramente e' coinvolta nelle decisioni familiari.
Il piano di Aktar, invece, ne aveva poche di speranze di successo. Un testimone aveva assistito al rapimento della ragazza (che dopo l' allontanamento dalla famiglia vive in una casa di accoglienza a Fano) e aveva segnato il numero di targa dell' auto. Il primo avvistamento della famiglia in fuga è avvenuto alle porte di Roma. L' intenzione di Aktar era quella di convincere alcuni conoscenti a ospitare la figlia, in attesa di trovare una soluzione (tipo, appunto, un buon matrimonio con un connazionale). Qualcosa però dev' essere andato storto e Aktar, senza più una meta, si è nuovamente diretto al nord, verso Bologna, per poi puntare su Fano. Ma i carabinieri ormai gli erano addosso. Quando l' hanno fermato, l' uomo ha abbassato il capo, in segno di resa. Mentre Almas, stretta nel sedile posteriore tra madre e fratelli, poco c' è mancato che saltasse al collo del maresciallo.

La ragazza :«Mi aveva vietato gli amici italiani»

SENIGALLIA (Ancona) - Un giorno arrivò un gruppo di pachistani nella casa-accoglienza di Cante di Montevecchio, a Fano, dove Almas viveva dopo che il Tribunale dei minori l' aveva allontanata dalla famiglia. «Li aveva mandati il padre - racconta l' avvocato Mauro Diamantini - e cercarono di convincere la ragazza a tornare in famiglia, assicurandole che non le sarebbe successo nulla...».

Almas li accolse con sguardo duro e disse solo poche parole: «Là non ci tornerò, voglio vivere la mia vita: in quella casa mi sento in prigione e poi ho paura che lui mi faccia del male, non venite più...». Raccontano che negli ultimi tempi la diciassettenne neanche più riuscisse a pronunciare il nome di suo padre, Aktar. Un tabù. Un incubo. Un blocco mentale.

Il tribunale, nel respingere il ricorso del genitore per riavere la figlia, parlò di «una netta posizione di rifiuto della ragazza». Un muro che quel padre, abituato a comportarsi da monarca nei confronti della moglie e degli altri due figli, ha cercato di abbattere in ogni modo, fino al sequestro, al naufragio personale. «Sono libera» ha gridato ieri sera Almas non appena rimesso piede nella casa-accoglienza di Fano, accolta dagli applausi degli amici e dal sorriso del presidente Giuliano Di Bari.

Libera di vivere quella vita che suo padre considerava offensiva per sé, il decoro della famiglia, le tradizioni o presunte tali. «Era impossibile per quell' uomo - spiega l' avvocato Diamantini - accettare l' idea che sua figlia andasse in discoteca, fumasse, frequentasse altri ragazzi, soprattutto se maschi e italiani». La faceva controllare, pedinare, da alcuni connazionali: e Almas, che se n' era accorta, si sfogava con le amiche del cuore: «Li vedete, sono quelli che manda mio padre...».

Nell' assenza della madre Nabeela, succube del marito, il filo familiare si è definitivamente spezzato in aprile quando, al culmine dell' ennesima lite, Aktar ha alzato le mani su Almas, causandole un profondo taglio alla testa. È stato in quel momento che è scattata la ribellione della giovane: prima davanti ai medici e poi ai carabinieri, ha accusato il padre di averla «ferita con un coltello», di averla «minacciata di morte», di avere «il terrore di quella casa». Precisa l' avvocato: «La storia del coltello poi si è ridimensionata...». Resta il fatto che i giudici hanno dato ragione a lei, «vittima - è scritto nella sentenza di Appello - di un clima familiare improntato ad un atteggiamento di chiusura e negazione repressiva della personalità del minore». Ora Almas, con due genitori in carcere, «è libera», come dice lei. Ma anche molto sola.

Nojoud, yemenita, sposa a otto anni ha denunciato in tribunale il marito trentenne
Nojoud Muhammed Nasser è una bambina Yemenita di 8 anni . Il 2 di aprile 2008 Nojoud si è presentata aun tribunale di Sana’a, la capitale dello Yemen, per chiedere il divorzio dal marito, che la picchiava e la costringeva ad avere rapporti sessuali, e per denunciare il padre, che due mesi fa l’ha data in moglie a quest'uomo di 30 anni. Nojoud piangente ha raccontato ai giudici che "Ogni volta che volevo giocare in cortile, mi picchiava e mi faceva andare con lui in camera da letto. Era molto duro con me e quando lo imploravo di avere pietà, mi picchiava, mi schiaffeggiava e poi mi usava. Voglio avere una vita rispettabile e divorziare". Nojoud ha raccontato la sua storia al giornalista Hamed Thabet dello Yemen Times. "Mio padre mi ha picchiato e mi ha detto che dovevo sposare quest’uomo. Lui mi ha fatto brutte cose, io non avevo idea di cosa fosse il matrimonio.Correvo da una stanza all’altra per sfuggirgli, ma alla fine mi prendeva, mi picchiava e poi continuava a fare ciò che voleva. Ho pianto così tanto, ma nessuno mi ascoltava. Ho supplicato mia madre, mio padre, mia zia di aiutarmi a divorziare. Mi hanno risposto: Non possiamo fare niente. Se vuoi, vai in tribunale da sola". Ed è quello che ho fatto". Lo sposo : "Sì, sono stato in intimità con lei ma non ho fatto nulla di male. È mia moglie e ne ho il diritto. Nessuno può fermarmi".

I padri-padrone che l' Occidente non può tollerare. Un modello culturale arcaico e la difesa dell' indipendenza delle nuove generazioni.

di Agnese Maria Luisa (20 gennaio 2010) http://www.corriere.it

Due buone notizie: non solo Almas, la diciassettenne pachistana rapita dal padre perché troppo attirata dalla vita occidentale, è salva, ma sfuggirà a un matrimonio combinato con qualche sconosciuto della sua stessa etnia, contro la sua volontà. Proprio questo meditava il padre per toglierle dalla testa tutte le fisime di un mondo che a lui fa paura, lo si è scoperto quando Almas è stata ritrovata dai carabinieri sulla via tra Fano e Marotta, nelle Marche dove la famiglia islamica abitava da 10 anni.

Ma dietro il sollievo per la sorte di Almas (per fortuna migliore di quella capitata a Hina, morta per la violenza di un altro padre-padrone) riaffiora nelle nostre cronache un fantasma che si pensava superato per sempre, il matrimonio imposto dai genitori, echi di un' Italia lontana, anche se non troppo. Un modello culturale arcaico risbattuto in faccia all' Occidente dalle nuove etnie pachistane, indiane, egiziane, marocchine che ripopolano i nostri Paesi; e l' Europa ormai laica e illuminista è costretta, per quanto di malavoglia, a confrontarsi di nuovo. Non facile avere dati su un fenomeno ultrasommerso, che in genere si consuma nel chiuso delle nuove famiglie che uccidono, ma secondo il Centro internazionale di ricerca sulle donne ( Icrw ) oltre 51 milioni di minorenni erano state costrette a sposarsi nel mondo contro la loro volontà nel 2003, cifra che è destinata a salire a 100 milioni nel giro di dieci anni.

Vittime anche da esportazione ormai, visto che in Gran Bretagna sono più di 17 mila le donne che subiscono violenze per una questione d' onore (dati dell' Association of Chief Police Officiers ). Padri, e persino madri che non reggono l' impatto con i codici di un' altra civiltà, che sentono forte il disagio verso quelle figlie che sognano l' indipendenza, e che non riescono a sopportare il giudizio della comunità, per i quali il rispetto del codice tradizionale e la paura per quel che pensa il vicino valgono molto di più della felicità, se non della vita, delle figlie. E così preferiscono buttarle giovanissime nelle braccia di un nuovo padrone, il marito, per piegarle, scaricarsi della responsabilità e liberarsi dalla fatica del confronto e del dialogo.

Il giudizio dell' ambiente condiziona, si sa, e anche a noi ha contato parecchio fino all' altro ieri: ne La prima cosa bella, film non consolatorio di Paolo Virzì, si racconta tra l' altro di come nell' Italia degli anni Settanta un marito innamorato della moglie, forse troppo bella e libera per lui, sacrifichi per paura la sua piccola felicità familiare sull' altare delle convenzioni e dei pregiudizi di una città di provincia.

Che fare oggi di fronte al ritorno di questi fantasmi, re-importati da culture chiuse e antagoniste? Dove porre il confine del dialogo e del bisogno di integrazione fra mondi diversi?

Arretrare non si può, neppure in nome di quella tolleranza sulla quale si fonda la storia della civiltà occidentale e che viene messa in crisi proprio in nome del suo principio cardine: tollerare (Popper docet). Meglio quindi che le nostre comunità, i nostri Stati pretendano, senza nessun astio ma con fermezza, che gli individui che vivono e lavorano sul loro suolo rispettino le leggi e i diritti dei cittadini, a cominciare da quelli dei loro figli. E difendere il diritto all' indipendenza delle nuove generazioni straniere, magari con il sostegno della scuola. In fin dei conti, anche la giovane Almas «troppo occidentalizzata» solo questo chiedeva, ed era felice più a scuola che a casa sua.

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