SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
La religione di Avatar.

di Massimo Introvigne , Avvenire, 30 gennaio 2010

È nata in Piemonte

Il film di James Cameron Avatar unisce a una tecnologia prodigiosa e apprezzabile solo in 3D e sul grande schermo, davvero in grado di riportare al cinema chi si nutre di solo Internet e televisione, una trama tutto sommato molto semplice e un’ideologia discutibile. I Na’vi, i pacifici abitanti del pianeta Pandora attaccati da mercenari terrestri al soldo di una multinazionale, sono infatti un’ovvia metafora di tutti i «diversi»: e il messaggio è che i «diversi» sono sempre e comunque migliori di noi. Se si trattasse solo di una critica di quello che Giulio Tremonti chiama il «turbocapitalismo» delle multinazionali – compreso il suo scarso rispetto per la cultura e per l’ambiente - non ci sarebbe niente da obiettare. Ma il fatto – come hanno notato molti critici cristiani negli Stati Uniti - è che la superiorità morale dei Na’vi deriva dalla loro religione, che lo spettatore è indotto ad ammirare e condividere. 
Questa religione è superiore a quelle dei terrestri, insegna il film, perché non divide ma unisce. Perché non è dualista, ma monista, non distingue fra Creatore e creature e venera Eywa, la Madre o il Tutto, una sorte di mente collettiva dell’universo che lo rivela come una rete fittissima di interconnessioni.

Tempio in Valchiusella

Tutto è collegato con tutto, e le sciamane Na’vi compiono prodigi, guarigioni comprese, perché riescono a penetrare in queste linee di collegamento e ad entrare in sintonia con Eywa. Il nome classico di questa religione – non usato nel film di Cameron – è panteismo: ma si tratta di un panteismo rivisitato in salsa ecologistica e New Age. Il riferimento al New Age è ovvio, e convince di più dell’ipotesi - che in India è arrivata fino alla prime pagine dei quotidiani - di vedere nella religione dei Na’vi una variante neppure troppo modificata dell’induismo. L’espressione «New Age» indica tuttavia un genere, non una specie. I gruppi New Age sono moltissimi, e abbastanza diversi tra loro. Chi ha qualche familiarità con questo mondo di fronte ad Avatar non può fare a meno di notare che il gruppo New Age che si avvicina di più alle idee dei Na’vi non sta negli Stati Uniti ma in Italia, in provincia di Torino.

È Damanhur, il centro «acquariano» fondata nel 1976 in Valchiusella da Oberto Airaudi, famosa per il suo grande tempio sotterraneo e che, per quanto i suoi «cittadini» – come preferiscono farsi chiamare – non amino questa etichetta rappresenta la più grande comunità New Age del mondo. L’ipotesi secondo cui Cameron potrebbe essersi ispirato a Damanhur non è peregrina. Libri e video in inglese su Damanhur sono molto diffusi nel circuito New Age americano, e la storia del tempio sotterraneo che la comunità è riuscita incredibilmente a tenere segreto fino al 1992 ha affascinato anche i grandi quotidiani. Le somiglianze sono sorprendenti. Come il tempio sotterraneo di Damanhur, il centro del potere e della spiritualità dei Na’vi è nascosto: in un enorme albero.

Come i damanhuriani, i Na’vi hanno una loro lingua sacra, il cui uso sia nel film di Cameron sia a Damanhur in Valchiusella aiuta a segnare la differenza con chi non fa parte della comunità. Sia i Na’vi sia i cittadini di Damanhur sottolineano il valore dell’appartenenza un «popolo» che non è solo etnica ma iniziatica e – come dimostra il caso stesso del protagonista del film – volontaria. I damanhuriani si salutano, riconoscendo la comunione profonda che regna fra loro, con le parole «Con te», non con il consueto buongiorno; lo stesso fanno i Na’vi dicendo «Ti vedo». A Damanhur ogni fedele stabilisce uno speciale legame – bilaterale – con un animale, di cui prende il nome. Tra i Na’vi ogni guerriero o guerriera diventa tale scegliendo un animale alato da cavalcare ed essendone nel contempo scelto. 

Il cittadino di Damanhur, scrive il fondatore Airaudi, diventa «goccia cosciente di sé e di tutte le altre gocce formanti il mare dell’Essere». I Na’vi sarebbero d’accordo. Sia i Na’vi sia i damanhuriani credono panteisticamente in un grande Tutto dove ogni manifestazione della natura e della vita è in collegamento con tutte le altre. Come i Na’vi, i damanhuriani cercano di interagire con queste connessioni – anche attraverso l’uso di speciali simboli – ottenendone, o così dicono, risultati anche in campo terapeutico.Si capisce – negli Stati Uniti e altrove – la diffidenza delle Chiese e comunità cristiane, per cui il panteismo e la negazione della differenza ontologica fra il Creatore e il creato sono nemici secolari che oggi ritornano con il New Age. Ma finora non sono stati in molti a vedere l’origine di questa nuova religione hollywoodiana molto vicino a casa nostra, in Valchiusella.

           SOMMARIO RASSEGNA STAMPA