SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
L'archivio dell'"homo religiosus"

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I miti del cielo
di Julien Ries

Sacerdote della diocesi di Namur, in Belgio, Julien Ries che dal 1968 al 1990 occupò la cattedra di Storia delle Religioni all'Université Catholique di Louvain-la-Neuve - presso la quale ha fondato il Centre d'Histoire des Religions - ha dedicato la vita allo studio della storia e dell'antropologia delle religioni. Il frutto di questo lavoro - un imponente archivio che contiene la totalità dei suoi manoscritti e lettere - è stato donato all'Università Cattolica del Sacro Cuore. Circa 8.000 documenti ora ospitati dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa. Un materiale a disposizione di chiunque sia interessato all'homo religiosus e ai percorsi del sacro. L'archivio è stato presentato il 10 novembre 2009 dal Centro di Ateneo e da Jaca Book, la casa editrice che sta pubblicando l'opera omnia dello studioso.  Le cosmogonie sono l'insieme delle teorie, dei miti e delle spiegazioni che riguardano l'origine e la nascita del cosmo così come l'ordinamento originale dell'universo. In questo campo il ruolo dei miti cosmogonici è fondamentale, poiché costituiscono la storia sacra dei popoli. Essi rivelano la creazione del mondo e dell'uomo, i principi che governano il cosmo e le norme etiche del comportamento umano. I miti cosmogonici esistono in tutte le culture e di ciascuna portano l'impronta specifica:  il loro immaginario segnato dall'ambiente, il sistema di simboli proprio dell'identità culturale e religiosa, la trasposizione in dimensioni rituali adattate a ogni società. 

La conoscenza dei miti cosmogonici ci viene dai testi antichi e dalle tradizioni orali dei popoli chiamati senza scrittura. Per ritrovare i miti cosmogonici della preistoria, occorre raggiungere la memoria arcaica dei popoli. Le scoperte preistoriche hanno portato alla luce una parte importante di questa memoria conservata negli archivi della terra:  arte parietale, grotte dipinte del Paleolitico superiore, iscrizioni e incisioni rupestri neolitiche. Recuperiamo più di trenta millenni anteriori alla scrittura. Grazie all'inventario dell'arte rupestre in tutto il mondo, realizzato sotto l'impulso di Emmanuel Anati, questo vasto campo si apre agli studiosi. 

Sono percorribili due vie di approccio. La prima è quella che si rivolge alle aree culturali riguardo alle quali, grazie agli antichi testi scritti, possediamo una versione dei miti cosmogonici:  è il caso del Vicino e Medio Oriente e del mondo mediterraneo. Prendendo come punto di partenza questi miti, sarà possibile risalire alle incisioni rupestri e all'arte delle caverne per scoprirvi mitogrammi in cui trovare elementi suscettibili di essere interpretati nel senso di una cosmogonia. La seconda via concerne le aree culturali nelle quali i miti sono ancora oggi trasmessi per tradizione orale. Le etnie eredi di questi miti sono nello stesso tempo portatrici della memoria delle più antiche tradizioni ancestrali, grazie alle quali si possono chiarire diversi aspetti riguardanti l'arte rupestre della loro cultura (Emmanuel Anati, 1989). 

Gettiamo ora uno sguardo su alcuni testi cosmogonici del Vicino Oriente Antico. L'Egitto ha fatto dell'emersione di un'isola il primo atto della genesi; il Nun primordiale, l'oceano, è anteriore a tale emersione; la terra si solleva al di sopra di esso. Il tema arcaico della collinetta iniziale segna il mondo immaginario dell'egiziano che, da tempo immemorabile, assiste ogni anno alla piena e al ritiro del Nilo. Tutte le cosmogonie egizie, inoltre, attribuiscono al Sole un ruolo divino di creazione:  nei miti cosmogonici si manifesta la trascendenza del demiurgo creatore.

Le cosmogonie sumero-accadiche presentano un fatto essenziale:  il cielo è stato separato dalla terra. Un blocco compatto è stato diviso in tre:  cielo, terra, inferi. A Sumer appaiono tre dèi:  Enlil, Enki e An, una Triade suprema, ma il Dio-Cielo è il dio supremo. L'uomo è creato per liberare gli dèi dalle loro fatiche; essi lo hanno modellato dall'argilla. Talvolta, il mondo alle origini viene rappresentato come una montagna che collega la terra al cielo prima della loro separazione. Nei testi trovati a Ras Shamra, l'antica Ugarit, la creazione del mondo è opera del dio El, "il creatore delle cose create". La cosmogonia biblica, invece, pur partecipando della stessa area, è già teologica:  un Dio creatore continua a governare il mondo. È la rottura con il pensiero mitico. 

Le regioni del Vicino e del Medio Oriente antico dove si sono scoperti i più antichi testi scritti che riferiscono miti cosmogonici sono anche le aree della sedentarizzazione iniziale, dei primi villaggi, delle prime città e delle prime rappresentazioni della divinità. Più di due millenni prima della comparsa della scrittura, vi troviamo una coppia di simboli, la Donna e il Toro, due vere e proprie divinità che dominano l'arte anatolica (Çatal Hüyük, Halaf) e che influenzeranno tutto il Vicino Oriente mediterraneo. A Çatal Hüyük, queste divinità s'impongono al mondo degli uomini e degli animali, vera e propria manifestazione, attraverso l'arte, della loro trascendenza. Non abbiamo già qui, nel VII millennio prima dell'era cristiana, ciò che troveremo verso il 2600 su alcuni sigilli di Mohendjo-Daro:  la Grande Dea che regna sul mondo degli uomini e degli animali? L'arte neolitica anatolica riflette una ferma posizione dell'homo religiosus:  la credenza in una o più divinità alle quali gli esseri sono sottomessi. 
Non è questo il luogo e l'epoca dell'elaborazione dei grandi miti cosmogonici?

Tale fermento elaborativo impiegherà alcuni millenni a perfezionarsi e a raggiungere le popolazioni dell'area mediterranea orientale. Appena compaiono i primi testi scritti, essi illuminano i documenti archeologici e si scopre tutto un universo di simboli e significati. 
Le radici dei miti cosmogonici egizi, sumeri, accadici, anatolici, cananei affondano le loro radici nell'humus neolitico. 
L'arte delle caverne è anch'essa suscettibile di fornirci alcune indicazioni sul pensiero cosmogonico dei paleoantropi. Le grotte decorate sono state considerate santuari dove si svolgevano riti d'iniziazione. 
Sembra che durante tali cerimonie i soffitti dipinti giocassero un ruolo importante. Mircea Eliade ritiene che i miti cosmogonici e i miti di origine potessero essere familiari alle popolazioni paleolitiche:  si tratta di temi mitici quali le acque primordiali e il creatore, l'ascensione in cielo, l'arcobaleno, il simbolo della montagna cosmica, l'origine degli animali. I soffitti delle grotte, appunto, sono un riferimento simbolico alla sacralità della volta celeste (Mircea Eliade, 1979). 

(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2010)

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