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Perché le famiglie gay sono altrettanto felici di quelle etero

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Dal punto di vista neurobiologico ed evoluzionistico non ci sono motivi per discriminare le coppie omosessuali e i loro figli. di Michele Cucchi http://27esimaora.corriere.it

Il dibattito attorno alla legge sulle unioni civili è incentrato su alcune parole chiave: famiglia, amore, omosessualità. Non è una discussione meramente politica, ma sociale, culturale, e scientifica.

In questo dibattito si danno per scontati i significati dei termini: ma cosa è la famiglia, cosa è l’amore, non solo in termini sociali e culturali, ma anche biologici ed evoluzionistici, e, continuando, cosa è l’omosessualità e che tipo di rapporto ha, in termini psicologici, con la genitorialità?

Partiamo da cosa è l’amore.

Forse qui la sfida è titanica. Dal punto di vista socio-culturale è un sentimento complesso, sembrerebbe avere una definizione soggettiva, che cambia in funzione di cultura, età (è evidente che gli adolescenti hanno una visione diversa dell’amore rispetto ad un padre di famiglia di 40 anni, così come ad un nonno di 80), esperienze personali (il nostro modo di amare cambia, evolve dire, talvolta viene impedito, per via delle esperienze relazionali che abbiamo), qualcuno vive per amore, qualcuno non ci crede…

Il punto di vista biologico ci viene in soccorso a fare chiarezza: l’amore definito essere un «Committment Device», ovvero lo strumento elaborato dall’evoluzionismo per permettere alla nostra specie, e a quelle animali, l’autoconservazione e l’evoluzione, facilitando il rapporto di coppia, sostenendo l’immane investimento che va fatto per crescere i figli, e, nella sua versione a lungo termine, l’amore romantico è alla base della durevolezza della famiglia, dell’intelligenza sociale e della cooperazione.

L’amore in un’accezione neurobiologica è universale. È una forza, forse l’unica in natura, che permette di violare le regole dello spirito di autoconservazione: si muore e ci si fa uccidere per amore. Quindi, dal punto di vista neurobiologico, non v’è dubbio, alla base della famiglia c’è l’amore. Senza non può ( o forse dovremmo dire, non dovrebbe) esistere.

Ma cosa è la famiglia?

La famiglia è una struttura sociale e relazionale che permette di non rimanere mai da solo, che offre riparo, accudimento e protezione, incondizionatamente.

Ha un significato evolutivo molto forte, è basata sull’esistenza di ruoli e responsabilità ben precise, che ne permettono l’equilibrio e l’efficacia sociale. Per molti anni la famiglia è stata trasformata in un tabù, in una roccaforte di certe tradizioni, di certe regole sociali. Oggi, con la globalizzazione, la famiglia come concetto ha subito profonde rivisitazioni nei fatti, soprattutto in Europa ed in America.

È un fatto che l’egocentrismo, il valore dell’emancipazione e la mancanza di condivisione, abbiano portato a far vacillare la famiglia; infatti la piaga sociale, oggi, è la solitudine.

Cosa è è l’omosessualità:

l’omosessualità, dal punto di vista sociale, biologico ed antropologico, è una differenza individuale, come il colore della pelle, l’inclinazione politica, la predilezione per uno sport o un gusto alimentare.


Nel 1973 l’omosessualità fu rimossa dalla bibbia degli psichiatri: il DSM, nell’allora versione II, (Manuale Statistico Diagnostico delle Malattie Mentali). Prima questa caratteristica individuale era vista come una devianza.

Che ripercussioni ha l’omosessualità rispetto a famiglia, genitorialità e l’amore?

Ci sono numerosi studi scientifici che suggeriscono come il cuore di un omosessuale possa amare forse anche di più, del cuore di un etero. Per essere ottimi genitori e partner prima che genitori, bisogna sviluppare un grande senso di empatia.

Ci sono molti studi che suggeriscono come aver sofferto molto durante la vita o aver affrontato situazioni difficili ( malattie, cambiamenti, lutti) ci renda più empatici e più predisposti ad ascoltare l’altro. In questo l’omosessualità da grandi vantaggi.

Sono persone che spesso hanno sofferto molto, hanno dovuto affrontare la reazione emozionale dei genitori e del proprio ambiente alla dichiarazione circa la propria sessualità.

Tutti coloro che attaccano la nuova legge e mettono in guardia dall’equiparazione fra etero e omo, dovrebbero pensare a come è andata la storia: ci ricordiamo quando le donne non votavano? Ci ricordiamo quando i neri d’America non avevano diritti? Stiamo parlando della stessa dinamica sociale.

A fronte di una differenza individuale, quindi nulla di fatto che identifichi una differenza di specie o una devianza dalla specie, si attivano le dinamiche della cultura dominante contro quella minoritaria: paura per il diverso, risentimento per chi nel difendere i propri diritti sembra mettere in discussione la nostra identità. Sono tutte ansie infondate dal punto di vista scientifico.

Certo: il confronto con il diverso genera una costante tensione verso la giustificazione di ciò che si è, un costante mettersi in discussione per capire se effettivamente ha senso essere ciò che siamo. Questa condizione allena il cervello emotivo e regala alla persona appartenente alla subcultura, quella minoritaria per numerosità, leadership, tradizione, etero e non etero, una prospettiva di favore sul conflitto sociale.

Quindi: dire che l’unione fra omosessuali non può avere gli stessi diritti che quella fra eterosessuali, ha lo stesso valore scientifico che dire che l’unione fra bianchi è diversa dall’unione fra un bianco ed un nero o fra neri.

Una considerazione va fatta anche per coloro che, all’idea che una donna faccia «il papà» con un bambino, rabbrividiscono e non capiscono come possa essere. Questa difficoltà è frutto delle cosiddette credenze circa il concetto di «genere». Esiste cioè il mito, un po sfumato e aleatorio, del vero uomo e della vera donna.

Sarebbe interessante capire quali sono esattamente e se ci sono modi di essere uomo e donna migliori in termini di gentorialità. Siamo in una società in cui la famiglia ha virato rapidissimamente da un modello patriarcale ad un modello paritetico-emancipativo, ovvero se prima esistevano regole sociali fatte di tabù che indicavano con chiarezza chi fosse il capo famiglia, quale ruolo, sociale, lavorativo e affettivo dovessero avere la donna e l’uomo.

Ora è un gran caos in cui le istanze individuali vanno in perenne conflitto di interessi con quelle della coppia e della famiglia e non è tanto più facile, anzi, trovare un equilibrio e una traiettoria evolutiva adeguata. Oggi c’è un po la tendenza a vedere uomini che non portano più i pantaloni, che non riescono a sviluppare leadership, carisma, protezione del nucleo famigliare ma anzi, in difficoltà agonistica, vengono messi in discussione continuamente da donne che vogliono comandare (talvolta sacrosanta richiesta).

Nulla di male ad avere abbattuto certi tabù sociali, e ben venga questo rimescolamento di ruoli e posizioni. Ma siamo davvero sicuri che esista ancora il mito del vero uomo e della vera donna?

I dati circa la qualità dei rapporti fra coppie omo dopo la riproduzione assistita ci dicono che la qualità è buona anche dopo l’esperienza della genitorialità. I dati di trenta anni di ricerca dimostrano come i figli di coppie non etero crescano resilienti, in salute psicofisica e sociale, nonostante lo stigma e potenziali condizioni socio-economiche non ottimali.

Oggi credo che tutte queste informazioni, fatti e punti di vista ci debbano far riflettere su cosa sia veramente la genitorialità, cosa sia l’amore e come possano essere fatte evolvere le relazioni e le famiglie, che sono sempre progetti in divenire, in crescita e trasformazione.

Non ci sono evidenze per pensare che la coppia omo o non etero che sia, sia un punto di partenza sfavorevole nella corsa verso la felicità. Cerchiamo tutti la stessa cosa e tutti abbiamo ostacoli da affrontare sul nostro percorso: la felicità non ci è garantita sulla base della nostra genetica o delle nostre inclinazioni sessuali. Ci dobbiamo sudare tutti, la nostra felicità, e forse le subculture come le coppie non etero sono un opportunità in questa rincorsa.

NB. Quello dell'autore è un punto di vista neurobiologico ed evoluzionistico , non etico, non filosofico-moralelegale. (n.d.r.)

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