Corso di Religione

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Seppellire i defunti: il dovere e il conflitto

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Siamo profondamente toccati in questi giorni dai volti e dalle storie delle vittime dell’attentato di Dacca, uccise da un’azione violenta e brutale. La solidarietà alle famiglie e il lutto che il paese vive in questi giorni non fa, però, che accentuare il contrasto con alcuni interrogativi - di segno ben diverso - che erano stati posti solo qualche giorno fa. fonte: Simone Morandini http://www.dehoniane.it

Vale la pena di investire denaro pubblico per recuperare dal mare una nave affondata e rendere gli onori funebri - e, prima ancora, identificare e dare un nome - a coloro che con essa sono sprofondati?

E' questa la domanda che ha attraversato in questi giorni i social media, a seguito del recupero del barcone tragicamente inabissatosi nel Mediterraneo il 18 aprile 2015 col suo carico di circa 700 vittime e riportato a galla nei giorni scorsi.

Dopo le riflessioni ospitate in diversi spazi televisivi, il programma di Radio 3 “Tutta la città ne parla”, condotto da Pietro Del Soldà ha dedicato un dibattito al tema.

Lascia che i morti...

Molti dei primi intervenuti erano decisamente critici nei confronti di tale gesto; in alcuni casi si trattava di mera ostilità verso gli immigrati, vivi o morti che fossero (e su tali posizioni non riteniamo valga la pena di spendere parole: già molti lo hanno fatto su Moralia, in altre occasioni). In altri il ragionamento procedeva in modo più sottile: si insinuava che tale denaro avrebbe potuto essere meglio utilizzato per la cura di tanti, che alla morte o alla sofferenza si trovano oggi esposti.

A rafforzare tale argomentazione è stata tra l’altro citata la parola evangelica: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti!» (Mc 9, 60; Lc. 8,22), quasi sentenza lapidaria a chiudere il dibattito.

Notiamo intanto che tale richiamo è decisamente improprio: pronunciando tale espressione Gesù non stava in alcun modo offrendo una regola generale per comparare azioni rivolte a vivi con altre destinate a morti. Ciò che egli intendeva affermare era solo la radicalità dell’esigenza della sequela, persino dinanzi ad una realtà altissima come la cura dovuta dovuta agli anziani genitori (che peraltro per il destinatario cui era diretta l’espressione sembra di poter supporre ancora viventi).

Forse l’unico motivo per cui tale testo potrebbe essere invocato in questo contesto è per evidenziare la possibilità di un contrasto tra esigenze morali diverse - e con questo però aprire un dibattito, non certo chiuderlo con un argomentare tranchant.

La pietas ed il conflitto

In effetti la pietas verso i defunti costituisce uno dei tratti caratteristici della civiltà - non solo di quella civiltà occidentale - anche quando essa porta con sé conflitti. Facile ricordare Antigone, pronta a pagare un prezzo altissimo nella sua sfida a Creonte, per rendere onore al cadavere di un caro morto, anche se ciò andava contro le leggi fatte dagli uomini. Ma la stessa tradizione cristiana annovera la sepoltura dei morti tra le opere di misericordia corporali - come ultima, a farne quasi un compimento delle altre, tutte indirizzate ai vivi. Ed anche l’ultima delle opere di misericordia spirituale «pregare per i vivi e per i defunti» raccoglie insieme destinatari così diversi.

Quest’ultima indicazione appare particolarmente significativa: l’attenzione per i defunti non esprime uno sguardo inutilmente rivolto al passato, che andrebbe contrapposto alla fattiva cura per il presente e per il futuro. «Il cuore è uno solo» afferma papa Francesco al n. 92 dell’enciclica Laudato si’: chi pratica la cura e la gratuità saprà indirizzarle - certo con modalità differenziate - ai vivi e ai morti, agli esseri umani ed anche agli altri viventi; chi invece privilegia l’uso «razionale» delle risorse troverà sempre un motivo per orientarle in altra direzione.

Non amiamo particolarmente usare toni di denuncia delle «derive della cultura contemporanea»; certo, però, è sgradevole constatare quanto diffusa sia una mentalità economicistica incapace di riconoscere l’esistenza di beni che al di là del valore economico. Non è casuale che Kant parlasse in tal senso di dignità, a dire di realtà che sono irriducibili allo scambio mercantile.

Responsabilità

Certo, non sarà forse sempre concretamente possibile prendersi cura di ogni singola persona defunta. Che uno stato avverta però tale responsabilità - e che la eserciti anche nei confronti di coloro che sulle sue coste cercavano vita e che vi hanno invece trovato una fine tragica - è istanza etica e politica alta.

Anche così si ritesse un’etica civile: mantenendo la memoria delle vite passate - specie di quelle lacerate dalla sofferenza - quale fondamento di una convivenza possibile tra quelle presenti.


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