Corso di Religione

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Musulmani a messa: i commenti del giorno dopo.

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Bagnasco: lieti per la solidarietà  degli islamici
fonte:avvenire.it Francesco Ognibene 30 luglio 2016 © riproduzione riservata

Aveva chiesto un segno ai musulmani moderati di fronte a tanto odio
, e ora che stanno arrivando le prime manifestazioni esplicite di coinvolgimento il cardinale Bagnasco manifesta la sua soddisfazione, rilanciando la dichiarazione con la quale la Cei venerdì aveva parlato di “gesto enorme, mette fuori gioco chi vuole dividere, chi vuole una strategia del terrore”: “Come vescovi italiani ne siamo molto lieti e molto grati insieme alle nostre comunità  cristiane afferma a Cracovia, dove si trova per la Giornata mondiale della gioventù, nel corso di alcune interviste televisive -, e siamo anche grati di questa pronta risposta a un appello che aspettavamo di fare. E’ una richiesta di aiuto più convincente e più unitario da parte del mondo musulmano moderato di condanna netta e permanente, senza se e senza ma”.

Alla manifestazione del terrore che vuole dividere oggi si risponde con un gesto di unità , rompendo con silenzi ed esitazioni: “Il fatto è che non sempre abbiamo sentito una reazione corale, ora questo invece si sta creando. E’ vero infatti che il mondo musulmano è abbastanza frammentato per motivazioni di carattere teologico, che non ci competono, ma su questo punto fondamentale di condanna netta della barbarie si può essere tutti d’accordo. E ora mi pare che si vada in questa direzione”.



A chi critica anche aspramente i gesti di riconciliazione Bagnasco risponde che “non è con le posizioni di scontro che si risponde a fatti drammatici come quelli cui abbiamo assistito. La religione vera porta sempre all’amore, alla pace, illumina la vita, tutto ciò che invece che si tinge di morte può dirsi religioso ma non lo è, mai”.

Di fronte all’incalzare della minaccia fondamentalista, nelle sue diverse e spesso indecifrabili espressioni, il cardinale chiede di “non farci irretire nella trappola della guerra di religione, non possiamo assolutamente accettarlo perchè così non è. Il mondo islamico moderato esiste, e la Chiesa italiana gli chiede di far sentire la sua voce”.

La “condanna della violenza fondamentalista” ha un “grande valore che unifica e supera tutte le distinzioni. Mi pare che questo invito sia stato raccolto e diventi un gesto concreto. La primissima risposta al fondamentalismo barbaro e brutale deve arrivare dal mondo islamico, perchè se chi pratica la violenza si sente circondato da una condanna netta, chiara, permanente, senza paura credo dovrà  prenderne atto”.

L’arcivescovo di Genova si augura che questo sia “l’inizio di un percorso nuovo” perchè “sappiamo tutti che la crisi dell’Europa prima che politica è spirituale” di fronte alla quale Bagnasco insiste sulla necessità  di riaffermare “il primato dello spirito, che significa elevare l’uomo a un livello più alto di pensiero, di azione e di sentire. Credo che questo sia un valore condiviso da tutte le religioni, non può non esserlo”.

La reazione alla quale il presidente della Cei pensa è sul piano continentale: “Se l’Europa non ripensa se stessa, specie dopo l’uscita della Gran Bretagna, alla luce dei valori spirituali che sono alla base della sua storia non credo andrà  lontano”. Proprio nell’enorme partecipazione di giovani alla Gmg il presidente della Cei vede “un bisogno di verità , di ideali alti, di vita spirituale. E’ una domanda che mondo religioso e laico dovrebbero raccogliere”.

Questa situazione infatti riguarda in primo luogo proprio i giovani, che però “devono sentirsi coinvolti in modo propositivo. Credo che nella coscienza dei nostri ragazzi stia crescendo la necessità  della preghiera, perchè senza il Signore non possiamo fare nulla. Dobbiamo pregare per le vittime, per i loro familiari, per i popoli, per tutti”.

Secondo Bagnasco “sta crescendo la consapevolezza che soltanto una identità  spirituale, e dunque culturale, più chiara e serena, senza complessi, possa essere una via per rispondere alla violenza”.

Il dialogo infatti, dice citando Emmanuel Mounier, “si fa sempre almeno in due quando si ha qualcosa da dirsi di positivo. L’Europa in questo momento non ha nulla da dire dal punto di vista spirituale e culturale al resto del mondo se non stereotipi che ci portano sempre più alla frammentazione morale, a una visione individualista”.

E’ una questione di “visione dell’uomo e della vita, della quale l’Europa non è mai stata priva come invece appare adesso. Ora che l’ha tagliata via, cose le è rimasto?”.


Musulmani a Messa: un atto insensato fonte: lanuovabq.it di Antonio Livi 31-07-2016

Dai media nazionali e internazionali apprendiamo dei fatti in una certa misura indiscutibili nella loro fattualità  ma ascoltiamo anche un accavallarsi di opinioni, molte delle quali presentate a loro volta come fatti; si tratta però di fatti di secondo livello, ossia di notizie riguardanti le “reazioni” delle istituzioni (Chiesa cattolica, rappresentanti delle altre comunità  religiose, parlamenti nazionali, capi di Stato e di governo) ai fatti di primo livello.

Questa breve premessa massmediologica serve per ragionare da cattolici sull’evento tragico dell’irruzione di due terroristi islamici nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen, e dell’assassinio brutale dell’abbè Jacques Hamel che stava celebrando la Santa Messa.

Le “reazioni” a questo fatto sono state tante, e alcune corrispondono in pieno alla logica della coscienza cristiana: esecrazione di fronte a un sacrilegio così orribile (profanazione di un luogo sacro e aggressione di una persona sacra nel momento stesso in cui svolgeva il rito più sacro), preghiera e e opere di riparazione e al sentimento di venerazione di fronte alla vittima innocente della violenza anticristiana.

Il professor Roberto de Mattei, per esempio, ha subito pubblicato un editoriale nella sua agenzia “Corrispondenza romana” onorando «il primo martire  dell’islam in Europa».

Altre “reazioni” sono invece dissennate. I media di ieri hanno parlato di una decisione che dovrebbe attuarsi già  oggi: invitare i musulmani a partecipare alla Messa domenicale assieme ai fedeli cattolici, nelle chiese cattoliche.

La proposta, inizialmente avanzata dal mondo musulmano e sposata dal parroco di Saint Etienne, è stata poi approvata (sembra) dall’intero episcopato francese, e per ultimo anche dall’episcopato italiano, il cui portavoce ha detto (e la frase a effetto ha ottenuto il suo scopo, quello cioè di essere citata da tutte le radio, le televisioni, Internet  e i giornali) che «si tratta di un gesto enorme!».

Di “enorme” in questa uscita del portavoce, c’è solo l’insensatezza (che spero non sia davvero di tutta intera la Conferenza Episcopale Italiana) e la stupidità  di esprimersi in questo modo di fronte a eventi come quello di cui si sta parlando.

Queste dichiarazioni rispondono evidentemente al dettato di una legge non scritta, ma rigorosamente applicata all’unisono da tutti i poteri forti del nostro mondo occidentale, siano essi poteri ecclesiastici che civili (politica, finanza, informazione).

La legge è che non bisogna condannare nulla, ma proprio nulla, se la condanna deve mettere in cattiva luce la religione dell’islam, senza troppo distinguere tra islam considerato moderato e il cosiddetto islam radicalizzato, e senza sottilizzare troppo sulle intenzioni di guerra santa professate dall’autoproclamato Stato islamico.

Non bisogna parlare male dell’islam e non bisogna presentare le vittime cristiane dell’islam come vittime e/o come  cristiane. Bisogna parlare d’altro. Meglio tornare a parlare un’altra volta, come da anni, dell’uguaglianza di tutte le religioni, che sono tutte per la pace e non usano mai la violenza per imporsi le une sulle altre. In questa linea di retorica pacifista, l’idea di invitate i musulmani a Messa costituisce una trovata geniale. Così almeno dice (non so se lo pensa davvero) il portavoce della Cei.

Ma c’è un problema. Oltre alla responsabilità  istituzionale che obbliga in un certo grado ed entro certi limiti la Chiesa gerarchica a occuparsi di diplomazia inter-religiosa (buon vicinato, rispetto incondizionato per l’altro, silenzio sulle colpe altrui e richiesta di perdono per la proprie colpe, vere o presunte che siano, non importa), c’è anche ed è la più importante, anzi è quella essenziale, tanto che se manca quella non c’è proprio più Chiesa la responsabilità  di dare a Cristo Gesù, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità » nell’Eucaristia, il dovuto culto adorazione.

Nelle chiese cattoliche questo culto si dà  con la santa Messa e con la “riserva” eucaristica  nel Tabernacolo. Per questo le chiese cattoliche non sono un semplice luogo di incontro della comunità , e quindi non sono qualcosa di analogo alle sinagoghe e alle moschee: sono in senso proprio, cioè in senso teologico e soprannaturale la “casa di Dio”.

Sono un “luogo sacro”, e la profanazione di un luogo sacro è un orrendo peccato agli occhi di Dio, perchè è esattamente il contrario di ciò che Dio ordina nel primo comandamento del Decalogo. Anche il sacerdote cattolico è una “persona sacra”, come la Chiesa ha sempre riconosciuto; è una “persona sacra” per effetto della consacrazione sacerdotale ricevuta nel momento in cui un vescovo gli ha conferito il sacramento dell’Ordine, che imprime nell’anima del soggetto un “carattere” indelebile, come il Battesimo.

E’ vero che il mondo contemporaneo è dominato, nella sua cultura apparentemente egemone, dall’ideologia del secolarismo e dal processo sociale della secolarizzazione, quindi anche dalla smania di dimenticare, anzi di rimuovere ogni forma di presenza del Sacro.

E’ vero che molti pensatori protestanti (a cominciare da Paul Tillich) pretendono che anche i cristiani di oggi sappiano accettare la secolarizzazione come un fatto positivo, che addirittura risponderebbe al messaggio cristiano originario; è vero che Martin Lutero ha abolito il sacramento dell’Ordine sacro e che per i luterani i preti cattolici, considerati alla stregua dei “pastori” protestanti, non hanno alcun carattere sacro. 

Ma tutto ciò non toglie che la nostra condizione di cattolici ci impone in termini assoluti (cioè, non in termini relativi a qualche convenienza politica del momento) di professare in ogni luogo e in ogni tempo la nostra santa fede, il cui nucleo fondamentale è il mistero della Santissima Trinità  e il mistero dell’Incarnazione del Verbo, che è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Professare questi misteri della fede non è compatibile con l’invito, rivolto ai musulmani, di riunirsi con i  cattolici nelle chiese cattoliche per manifestare i propri sentimenti di pace. 

Fare opera di pacificazione, di perdono e di ricerca di un’intesa su qualche valore condivisibile è legittimo, anzi doveroso, in quanto corrisponde a quel dialogo inter-religioso che è stato promosso dal Vaticano II con il decreto Nostra Aetate. Ma fare questa opera di pacificazione nel modo che è stato ora prospettato è assurdo.

E’ un «gesto enorme», nel senso che è un’enorme (e abnorme) testimonianza di fede al contrario. Alla fine risulta una vera e propria profanazione, la seconda per quanto riguarda la chiesa di Saint Etienne a Rouen, già  orribilmente profanata dall’assassinio rituale di un sacerdote cattolico mentre celebrava la Santa Messa.

E’ inutile far finta di non sapere (lo sanno tutti) che i musulmani che si vogliono invitare a partecipare alla santa Messa professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica.

I musulmani non accettano in alcun modo quelli che sono i fondamentali misteri della fede cattolica che nella Messa si celebrano, anzi, li considera bestemmie contro l’unico Dio, e sono sempre in qualche modo ostili a noi che siamo, ai loro occhi, gli infedeli, gli idolatri.

Che cosa si spera dunque di ottenere dall’ingresso dei musulmani nelle nostre chiese quando viene celebrata la Messa?

Nessuno di loro penserà  di entrare in luogo sacro, dove si svolge una funzione sacra e si adora il vero Dio in tre Persone, dove si celebra sacramentalmente il sacrificio redentore del Figlio di Dio per la remissione dei nostri peccati. Nessuno di loro, entrando in chiesa, si farà  il segno della Croce con l’acqua benedetta (un sacramentale che prepara i fedeli all’atto penitenziale e alla degna ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia).

Nessuno di loro si inginocchierà  al momento della consacrazione per adorare il Santissimo Sacramento dell’Altare. Soprattutto, nessuno di loro ascolterà  l’omelia del sacerdote celebrata come commento liturgico al Vangelo di Gesù Cristo proclamato nella Messa: al massimo, la potranno considerare come qualcosa di analogo (e di contrario) ai sermoni del loro imam.

A che pro tutto questo? Per il bene del dialogo inter-religioso? Per la pace nel mondo?

Sono tutti risultati che corrispondono a una pia illusione irenista. Quello che realmente ne risulterà  è un’empia profanazione della Santa Messa, del luogo sacro dove essa viene celebrata e della persona sacra del celebrante, che sull’altare è Cristo stesso, in quanto presta la voce e i gesti a Cristo sommo ed eterno Sacerdote, che si fa Vittima perla nostra salvezza.

E se qualcuno, leggendo queste poche righe, penserà  che qui si dà  troppa importanza al dogma e che quello che conta è la pastorale e l’azione ecumenica, ebbene, sappia che è vittima di accecamento prodotto dalla falsa teologia e dai cattivi pastori.

La fede della Chiesa è quella che ho ricordato; nessun Concilio e nessun papa l’ha voluta cambiare, nè avrebbe potuto. E sappia che nessuna pastorale e nessuna iniziativa ecumenica raggiunge i suoi veri scopi se ignora o contraddice il dogma.

Musulmani nelle chiese cattoliche? Posso dirlo? Ho trovato molto rispettosa, dignitosa e coerente la scelta dei musulmani che hanno deciso di non andare nelle chiese cattoliche per manifestare la loro contrarietà  al terrorismo di matrice islamica e la loro solidarietà  ai cristiani. fonte: Blog di

Sì, avete capito bene: ho detto la scelta di non andare. Perchè dico che è stata una scelta rispettosa, dignitosa e coerente?

Per rispondere occorre pensare a che cosa è una chiesa cattolica. Non un semplice luogo di incontro, non una sorta di sala della comunità , nemmeno un luogo di preghiera. No, la chiesa, qualunque chiesa cattolica consacrata,  è molto di più: è la casa di Dio, degli uomini che credono in Dio e del Figlio di Dio, Gesù, che lì è veramente presente nel tabernacolo. àˆ dunque luogo massimamente sacro, perchè segnato dalla presenza reale di Cristo.

Mi vengono mente alcune parole di Benedetto XVI. Fanno parte di un’omelia pronunciata il 10 dicembre 2006 e dicono così:

«La Parola di Dio non è soltanto parola. In Gesù Cristo essa è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo più profondo dell’esistenza di questo edificio sacro: la chiesa esiste perchè in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è fatto carne e si dona a noi nel mistero della santissima Eucaristia. La Parola è carne. Si dona a noi sotto le apparenze del pane e diventa così veramente il Pane di cui viviamo. Noi uomini viviamo della Verità . Questa Verità  è Persona: essa ci parla e noi parliamo ad essa. La chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi».

Sono concetti molto chiari e non hanno bisogno di commenti. Voglio solo aggiungere un altro pensiero, sempre di papa Ratzinger, riguardante il luogo nel quale si svolge il sacrificio eucaristico, ovvero l’altare. Benedetto XVI ne parlò il 21 settembre 2008 nella messa, con dedicazione dell’altare, celebrata nella cattedrale di Albano:

 «Nella liturgia romana il sacerdote, compiuta l’offerta del pane e del vino, inchinato verso l’altare, prega sommessamente: “Umili e pentiti accoglici, Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te”. Si prepara così ad entrare, con l’intera assemblea dei fedeli, nel cuore del mistero eucaristico [€¦]. L’altare del sacrificio diventa, in un certo modo, il punto d’incontro fra Cielo e terra; il centro, potremmo dire, dell’unica Chiesa che è celeste ed al tempo stesso pellegrina sulla terra, dove, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, i discepoli del Signore ne annunziano la passione e la morte fino al suo ritorno nella gloria».

Ora è più chiaro perchè condivido la scelta di quei musulmani che hanno deciso di non entrare nelle chiese cattoliche. Il motivo è molto semplice: Gesù per i musulmani non è oggetto di venerazione. Il Corano lo considera infatti un grande profeta, famoso per i suoi miracoli, ma la venerazione è riservata esclusivamente a Maometto. Non solo. Il Corano nega decisamente, e condanna, l’idea che Gesù sia figlio di Dio.

«I versetti contro la trinità  osserva un islamista serio e competente come il padre Samir Khalil Samir    sono molto chiari e non hanno bisogno di tante interpretazioni».

Per molti musulmani i cristiani, proprio a causa della Trinità , sono politeisti o falsi monoteisti. Oltre a negare totalmente la divinità  di Cristo, il Corano nega la redenzione:  addirittura vi si afferma che Gesù Cristo non è morto in croce, ma è stato crocifisso un suo sosia. Il Corano e i musulmani, in poche parole, negano i dogmi essenziali del cristianesimo: Trinità , incarnazione, redenzione.

Stando così le cose, per un musulmano non entrare in chiesa, ma pregare altrove, è dunque un segno di grande coerenza e rispetto. Un segno che, fra l’altro, ci aiuta a ricordare che una chiesa cattolica è qualcosa di ben diverso da una moschea.

Quest’ultima, infatti, non è propriamente un luogo di culto, ma un luogo di incontro per i membri della comunità , un luogo nel quale non solo si prega ma si ricevono direttive di vario tipo: morale, sociale, anche politico. Un luogo nel quale non si celebra un culto nel senso cristiano del termine, anche perchè non vi è alcun amministratore del culto consacrato a questo scopo.

Pensare di accogliere i musulmani in una chiesa come se la chiesa fosse la “moschea dei cattolici” significa, quindi, fare soltanto una grande confusione e non rispettare le differenze.

Un teologo come monsignor Antonio Livi è arrivato a sostenere che la presenza di musulmani in chiesa è, letteralmente, assurda: non ha senso. Non lo ha perchè i musulmani non credono nei misteri cristiani che in una chiesa cattolica sono celebrati alla presenza reale di Cristo. Non lo ha perchè i musulmani, sono ancora parole di monsignor Livi, «professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica». àˆ un giudizio che può suonare duro per le nostre orecchie abituate al politicamente corretto, ma è indubitabile.

Aggiungerò che, considerato quanto ho cercato di spiegare (e che per un cattolico, tutto sommato, dovrebbe essere evidente), pensare che la presenza di musulmani in una chiesa non costituisca un problema tradisce un’idea protestante, non cattolica, della chiesa stessa. Sono i protestanti che hanno «desacralizzato» la chiesa riducendola a luogo di incontro della comunità  dei fedeli.

Sui giornali ho letto diverse testimonianze di semplici fedeli musulmani che, decidendo di non entrare in chiesa ma di pregare nei loro luoghi abituali di incontro, hanno espresso non disprezzo per i cattolici, ma profondo rispetto.

Di questo li dobbiamo ringraziare, perchè anche nel campo religioso viviamo in un tempo di grande confusione e approssimazione, un tempo dominato dall’appiattimento e dall’incapacità  di distinguere le peculiarità .

Ma tu, potrà  osservare qualcuno, in questo modo neghi la possibilità  di esprimere concretamente il senso di fratellanza, così importante in questa fase nella quale siamo tutti minacciati dagli estremismi violenti.

Rispondo che non è così. Il senso di fratellanza si può esprimere molto bene, molto meglio, evitando confusioni e approssimazioni. «Ciascuno a casa propria» può sembrare una formula brutta, non solo sgarbata ma anche portatrice di divisione, ma se la giudichiamo così è, appunto, perchè non siamo più abituati a distinguere, perchè siamo tutti sottoposti al dogma del livellamento. Invece le differenze ci sono, sono importanti e vanno conosciute. Solo conoscendole, solo tenendone conto, si può sviluppare, sempre che ce ne sia la volontà , un vero dialogo. In caso contrario c’è solo un vacuo parlarsi addosso.

Qualcuno potrà  anche obiettare che ragionare così significa non essere al passo con i tempi e con l’esigenza, tanto pressante, dell’accoglienza. Per rispondere non starò a farla lunga. Mi basta un pensiero del buon vecchio Chesterton: «Il novanta per cento di ciò che chiamiamo nuove idee sono semplicemente vecchi errori».

Aldo Maria Valli

Mondo sottosopra. I cattolici uccidono la suocera, i musulmani vanno a messa .di Sandro Magister 01 ago - http://chiesa.espresso.repubblica.it

E' stata più breve del solito la conferenza stampa di papa Francesco sul volo di ritorno da Cracovia a Roma. Ma è bastata per riascoltare la sua personale lettura del terrorismo islamista, lettura di cui è evidentemente arciconvinto.

Questa volta, anzi, ha addirittura equiparato in forma più che mai esplicita "il piccolo gruppetto fondamentalista" dello Stato islamico al "fondamentalismo" che anche "noi cattolici abbiamo", quello "che uccide la fidanzata o la suocera", se non col coltello "con la lingua", per cui "se parlassi di violenza islamica dovrei parlare anche di violenza cattolica, di cattolici battezzati".

E ancora una volta il papa ha additato "il primo terrorismo, il terrorismo di base contro tutta l'umanità ", nel "mettere al centro dell'economia il dio denaro".

Di fronte a simili, ripetute, incorreggibili asserzioni, non resta che arrendersi. E meno male che nessuno ha interpellato il papa su ciò che era accaduto la mattina stessa in varie chiese di Francia e d'Italia, dopo l'invito rivolto da alcuni musulmani ad altri musulmani di entrarvi ad assistere alla messa, in segno di solidarietà  per l'uccisione di padre Jacques Hamel.

Gli elogi e le adesioni a tale gesto si sono sprecati, anche da parte di alte autorità  della Chiesa .

Nessuno ha notato il rigoroso silenzio in cui si è chiuso, al riguardo, il cardinale Robert Sarah , il grande custode della liturgia cattolica autentica, nella sua qualità  di prefetto della Congregazione per il culto divino.

Ma per fortuna, qualche voce assennata ha rotto il coro dei plaudenti, semplicemente per rammentare che la messa non è una riunione fraterna come tante ma è "culmen et fons" della fede cristiana, è il "mysterium fidei" a cui neppure i catecumeni avevano accesso.

La destrutturazione del sacramento dell'eucaristia è in atto da tempo nella Chiesa cattolica, in forma consapevole o meno. Il gesto di domenica 31 luglio è stato l'ennesimo colpo.

Il detto e il non detto da papa Francesco, a proposito del terrorismo islamista che divampa anche in Europa, suscitano interrogativi crescenti, specie dopo l'assassinio del sacerdote Jacques Hamel davanti all'altare della sua chiesa in Normandia, il 26 luglio.

Poche ore dopo quell'uccisione, il papa, durante il volo d'andata del suo viaggio in Polonia, ha voluto "chiarire" così il suo pensiero, in realtà  ingigantendo ancor di più gli interrogativi:

"Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: 'Sta parlando di guerra di religione'. No. Tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra, la vogliono gli altri. Capito?".

A stupire è soprattutto la reticenza di Jorge Mario Bergoglio circa la matrice islamica degli aggressori.

Gli interrogativi che sorgono da questo suo silenzio sono numerosi, e Aldo Maria Valli, il più autorevole dei vaticanisti in servizio alla Rai, ne ha inanellati nove in un suo post del 29 luglio, tra i quali i due seguenti:

"Perchè [il papa] si rifugia nella lettura sociologicamente povera e superata secondo cui dietro questa violenza ci sarebbero solo vili interessi materiali, solo questioni di soldi e di commercio di armi, solo disagi psicologici, culturali e sociali più o meno indotti dall’Occidente?".

"Perchè non dice quello che ormai perfino molti islamici, con infinito dolore, dicono, e cioè che, qualunque sia l’innesco contingente, la loro religione fornisce la legna perchè il fuoco possa divampare?".


Valli però va oltre agli interrogativi e alle critiche.

"Mi viene quasi da difenderlo, il papa", scrive. "Nel senso di cercare di capirlo".

E avanza un'inattesa ipotesi di spiegazione, che merita di essere riportata per intero. Eccola.

E'ˆ FIGLIO DEL CONCILIO, PER QUESTO RAGIONA COSI'Œdi Aldo Maria Valli

Una risposta che mi viene, e che propongo, è questa: pur non avendo partecipato al Concilio Vaticano II, Francesco è profondamente figlio del Concilio, nel senso che mantiene una grande fiducia nel mondo e nei suoi fenomeni e pensa che la Chiesa questi fenomeni li debba sempre e comunque accogliere e accettare piuttosto che fronteggiare e denunciare.

Non a caso nel vocabolario di Francesco i verbi accogliere e accompagnare sono così centrali. Sono verbi conciliari, di una Chiesa fiduciosa nei confronti del mondo, che usciva da una fase delle porte e delle finestre chiuse (dove c’era un po’ odore di muffa, come mi disse una volta il cardinale Martini) e desiderava aprirsi alla realtà  non per ciò che essa potrebbe essere ma per ciò che essa è, anche dal punto di vista delle diverse fedi religiose.

Quella Chiesa desiderava voler bene al mondo "in toto", anche e soprattutto al mondo lacerato, contraddittorio, brutto e cattivo. Quella Chiesa desiderava voler bene alle altre fedi e religioni, anche se dalle altre fedi e religioni non arrivavano messaggi altrettanto concilianti e amichevoli.

Papa Giovanni volle un Concilio pastorale, non teologico. Volle un Concilio per dire il Vangelo in modo nuovo, non per lanciare anatemi. Di qui il necessario senso di fiducia verso il mondo in tutti i suoi aspetti. Di qui quello che io chiamo, anche se l’espressione non suona bene, il desiderio di voler bene al mondo. Desiderio a volte sincero, a volte no, a volte declinato nella realtà  con intelligenza, altre volte no.

Ma il punto non è questo. Il punto è che un figlio del Concilio, come sicuramente Francesco è, probabilmente continua a desiderare di voler bene al mondo "in toto". E continua nonostante il fatto che, nel frattempo, il mondo, anche dal punto di vista religioso, è riuscito molto bene nell’impresa di dare il peggio di sè.

Fa parte della temperie culturale e spirituale del Concilio non solo la fiducia nel mondo, ma un certo senso di colpa per i peccati dell’Occidente.

In quella fase, in cui si usciva definitivamente dall’epoca coloniale e molti popoli e molte culture si affacciavano sulla scena rivendicando un ruolo autonomo e portatore di dignità , indipendentemente dal ruolo assegnato loro dall’Occidente, la Chiesa fece propria questa visione, fino al punto da incominciare a mettersi in discussione in quanto Chiesa nata in Oriente ma cresciuta in Occidente, con tutte le conseguenze del caso.

I figli del Concilio sono cresciuti così, interiorizzando sinceramente questa miscela di fiducia e senso di colpa più o meno consapevole. E anche Bergoglio è cresciuto così.

Solo che oggi le sue parole, di figlio del Concilio, suonano terribilmente fuori sincrono rispetto a un mondo che non è più quello di mezzo secolo fa.


Ascoltando Francesco, specie quando parla dell’accoglienza dei migranti o denuncia le colpe della globalizzazione o tace certe responsabilità  a proposito di violenza di matrice religiosa, sembra proprio di assistere a un video con un montaggio sfasato: un testo appartenente a un’altra epoca è applicato sopra immagini di un’epoca, la nostra, tutta diversa, così profondamente diversa da aver bisogno di nuove chiavi di lettura.

Ripeto: non sto giustificando il papa. Sto solo cercando di capire. E quella che propongo potrebbe essere una risposta, o almeno un pezzo di risposta.

Di certo, credo che Francesco abbia bisogno di aiuto. Non solo attraverso la preghiera, che lui sempre chiede e noi gli assicuriamo, ma dico proprio aiuto culturale: quello che solo amici sinceri, e non "yes men" ossequiosi, possono garantirgli.

Del resto, non è stato proprio Francesco a chiedere a noi cattolici di parlare con 'parresìa', cioè con franchezza e libertà  di dire tutto?

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