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Sulla medicina per i peccatori, le opposte ricette di Ratzinger e Bergoglio

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"L’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli". source: magister.blogautore.espresso.repubblica.it/ 03 feb

Viste le istruzioni dei vescovi della regione di Buenos Aires – approvate per iscritto da papa Francesco –, dei vescovi di Malta, di altri vescovi ancora e da ultimo della conferenza episcopale della Germania, è ormai evidente che l'argomento principe sul quale i novatori fanno leva per giustificare la comunione ai divorziati risposati è quello adombrato in questa frase suggestiva di "Amoris laetitia", a sua volta ripresa da "Evangelii gaudium", il documento programmatico dell'attuale pontificato:

"L’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli".

È un'asserzione, questa, che è frequentemente associata – anche nella predicazione di Jorge Mario Bergoglio – ai pasti che Gesù consumava con i peccatori.

Ma è anche un'asserzione che è stata messa a nudo e criticata a fondo da Benedetto XVI. Basta porre a confronto i testi dell'uno e dell'altro papa per verificare quanto siano tra loro in contrasto.

In papa Francesco l'associazione tra l'Eucaristia e i pasti di Gesù con i peccatori è postulata in forma allusiva e con lo studiato ausilio di note a piè di pagina. In "Amoris laetitia" il passaggio chiave è nel paragrafo 305:

"A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa".

Al quale è agganciata la nota 351:

"In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, 'ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore' (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia 'non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli' (ibid., 47: 1039)".

Se poi si risale a "Evangelii gaudium", ecco che cosa si legge nel paragrafo 47:

"Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. […] L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli".

Anche qui con un rimando a una nota, la 51:

"Cfr Sant’Ambrogio, De Sacramentis, IV, vi, 28: PL 16, 464: 'Devo riceverlo sempre, perché sempre perdoni i miei peccati. Se pecco continuamente, devo avere sempre un rimedio'; ibid., IV, v, 24: PL 16, 463: 'Colui che mangiò la manna, morì; colui che mangia di questo corpo, otterrà il perdono dei suoi peccati'; San Cirillo di Alessandria, In Joh. Evang. IV, 2: PG 73, 584-585: 'Mi sono esaminato e mi sono riconosciuto indegno. A coloro che parlano così dico: e quando sarete degni? Quando vi presenterete allora davanti a Cristo? E se i vostri peccati vi impediscono di avvicinarvi e se non smettete mai di cadere – chi conosce i suoi delitti?, dice il salmo – voi rimarrete senza prender parte della santificazione che vivifica per l’eternità?'".

In Joseph Ratzinger teologo e papa, invece, ci troviamo in presenza di un'argomentazione serrata, mirata a provare l'insostenibilità dell'associazione tra l'Eucaristia e i pasti di Gesù con i peccatori, con le conseguenze che ne derivano.

Ecco come egli sviluppa tale argomentazione nelle pagine 422-424 del volume XI dei suoi Opera Omnia, "Teologia della Liturgia", pubblicato nel 2008 a cura dell'attuale prefetto della congregazione per la dottrina della fede, cardinale Gerhard L. Müller:

"La tesi secondo cui l'Eucaristia apostolica si ricollega alla quotidiana comunità conviviale di Gesù con i suoi discepoli […] viene in ampi circoli radicalizzata nel senso che […[ si fa derivare l'Eucaristia più o meno esclusivamente dai pasti che Gesù consumava con i peccatori. "

"In tali posizioni si fa coincidere l'Eucaristia secondo l'intenzione di Gesù con una dottrina della giustificazione rigidamente luterana, come dottrina della grazia concessa al peccatore. Se infine i pasti con i peccatori vengono ammessi come unico elemento sicuro della tradizione del Gesù storico, si ha per risultato una riduzione dell'intera cristologia e teologia su questo punto."

"Ma da ciò segue poi un'idea dell'Eucaristia che non ha più nulla in comune con la tradizione della Chiesa primitiva. Mentre Paolo definisce l'accostarsi all'Eucaristia in stato di peccato come un mangiare e bere "la propria condanna" (cf. 1 Cor 11, 29) e protegge l'Eucaristia dall'abuso mediante l'anatema (cf. 1 Cor 16, 22), appare qui addirittura come essenza dell'Eucaristia che essa venga offerta a tutti senza alcuna distinzione e condizione preliminare. Essa viene interpretata come il segno della grazia incondizionata di Dio, che come tale viene offerta immediatamente anche ai peccatori, anzi, anche ai non credenti, una posizione che, comunque, ha ormai ben poco in comune anche con la concezione che Lutero aveva dell'Eucaristia. "

"Il contrasto con l'intera tradizione eucaristica neotestamentaria in cui cade la tesi radicalizzata ne confuta il punto di partenza: l'Eucaristia cristiana non è stata compresa partendo dai pasti che Gesù ebbe con i peccatori. […] Un indizio contro la derivazione dell'Eucaristia dai pasti con i peccatori è il suo carattere chiuso, che in questo segue il rituale pasquale: come la cena pasquale viene celebrata nella comunità domestica rigorosamente circoscritta, così esistevano anche per l'Eucaristia fin dall'inizio condizioni d'accesso ben stabilite; essa veniva celebrata fin dall'inizio, per così dire, nella comunità domestica di Gesù Cristo, e in questo modo ha costruito la 'Chiesa'".

È evidente che da questa argomentazione di Ratzinger deriva il divieto della comunione ai divorziati risposati, e non solo ad essi: divieto che ha trovato chiara espressione nel suo magistero da papa, come già nel magistero dei suoi predecessori.

Così come non sorprende che dalle asserzioni allusive di papa Francesco derivino interpretazioni favorevoli alla comunione ai divorziati risposati: interpretazioni da lui stesso non solo consentite, ma esplicitamente approvate.

Il contrasto c'è. E a giudicare dagli argomenti di Ratzinger non è solo pratico, "pastorale", ma tocca i pilastri della fede cristiana.



L'intervista al card. Gerhard L. Müller
Anche a lui, oltre che a papa Francesco, i cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner avevano inoltrato i loro cinque "dubia" sull'interpretazione di "Amoris laetitia", chiedendo di "fare chiarezza".

E né lui, il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, né tanto meno il papa avevano fin qui risposto alle domande dei quattro cardinali.

In compenso, però, ora Müller "chiarezza" la fa, eccome, nell'ampia sua intervista che esce oggi sulla rivista "Il Timone", raccolta dal direttore Riccardo Cascioli e da Lorenzo Bertocchi: La verità non si negozia

Nell'intervista, il cardinale non fa parola dei "dubia", ma dice "apertis verbis" proprio ciò che i quattro cardinali chiedevano che fosse chiarito.

E non manca di sferzare quei vescovi che con i loro "sofismi" interpretativi – dice – invece che fare da guida ai loro fedeli cadono "nel rischio che un cieco conduca per mano altri ciechi".

Ecco i passaggi chiave dell'intervista.

D. – Si può dare una contraddizione tra dottrina e coscienza personale?

R. – No, è impossibile. Ad esempio, non si può dire che ci sono circostanze
per cui un adulterio non costituisce un peccato mortale. Per la dottrina cattolica è impossibile la coesistenza tra il peccato mortale e la grazia giustificante. Per superare questa assurda contraddizione, Cristo ha istituito per i fedeli il Sacramento della penitenza e riconciliazione con Dio e con la Chiesa.


D. – È una questione di cui si discute molto a proposito del dibattito intorno all’esortazione post-sinodale "Amoris laetitia".

R. – La "Amoris laetitia" va chiaramente interpretata alla luce di tutta la dottrina della Chiesa. […] Non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando "Amoris laetitia" secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del papa. Questo non va nella linea della dottrina cattolica. Il magistero del papa è interpretato solo da lui stesso o tramite la Congregazione per la dottrina della fede. Il papa interpreta i vescovi, non sono i vescovi a interpretare il papa, questo costituirebbe un rovesciamento della struttura della Chiesa cattolica. A tutti questi che parlano troppo, raccomando di studiare prima la dottrina [dei concili] sul papato e sull’episcopato. Il vescovo, quale maestro della Parola, deve lui per primo essere ben formato per non cadere nel rischio che un cieco conduca per mano altri ciechi. [...]

D. – L’esortazione di san Giovanni Paolo II, "Familiaris consortio", prevede che le coppie di divorziati risposati che non possono separarsi, per poter accedere ai sacramenti devono impegnarsi a vivere in continenza. È ancora valido questo impegno?

R. – Certo, non è superabile perché non è solo una legge positiva di Giovanni Paolo II, ma lui ha espresso ciò che è costitutivamente elemento della teologia morale cristiana e della teologia dei sacramenti. La confusione su questo punto riguarda anche la mancata accettazione dell’enciclica "Veritatis splendor" con la chiara dottrina dell’"intrinsece malum".  […]  Per noi il matrimonio è l’espressione della partecipazione dell’unità tra Cristo sposo e la Chiesa sua sposa. Questa non è, come alcuni hanno detto durante il Sinodo, una semplice vaga analogia. No! Questa è la sostanza del sacramento, e nessun potere in cielo e in terra, né un angelo, né il papa, né un concilio, né una legge dei vescovi, ha la facoltà di modificarlo.

D. – Come si può risolvere il caos che si genera a causa delle diverse interpretazioni che vengono date di questo passaggio di Amoris laetitia?

R. – Raccomando a tutti di riflettere, studiando prima la dottrina della Chiesa, a partire dalla Parola di Dio nella Sacra Scrittura che sul matrimonio è molto chiara. Consiglierei anche di non entrare in alcuna casuistica che può facilmente generare malintesi, soprattutto quello per cui se muore l’amore, allora è morto il vincolo del matrimonio. Questi sono sofismi: la Parola di Dio è molto chiara e la Chiesa non accetta di secolarizzare il matrimonio.

Il compito di sacerdoti e vescovi non è quello di creare confusione, ma quello di fare chiarezza. Non ci si può riferire soltanto a piccoli passaggi presenti in "Amoris laetitia", ma occorre leggere tutto nell’insieme, con lo scopo di rendere più attrattivo per le persone il Vangelo del matrimonio e della famiglia. Non è "Amoris laetitia" che ha provocato una confusa interpretazione, ma alcuni confusi interpreti di essa. Tutti dobbiamo comprendere ed accettare la dottrina di Cristo e della sua Chiesa e allo stesso tempo essere pronti ad aiutare gli altri a comprenderla e a metterla in pratica anche in situazioni difficili.


Fin qui il cardinale Müller, che tra i "confusi interpreti" di "Amoris laetitia" da lui presi di mira non può non aver incluso anche i vescovi argentini della regione di Buenos Aires.

Ai quali però papa Francesco scrisse approvandoli in pieno: "El escrito es muy bueno y explícita cabalmente el sentido del capítulo VIII de 'Amoris laetitia'. No hay otras interpretaciones."…

POST SCRIPTUM – Poche ore dopo l'uscita dell'intervista del cardinale Müller, la conferenza espiscopale di Germania ha pubblicato delle linee guida per l'applicazione di "Amoris laetitia" che ammettono "in casi individuali" l'accesso alla comunione eucaristica per i divorziati che vivono in una nuova unione: German Bishops Allow Holy Communion for the “Remarried” Now



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