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Il divorzio non è la soluzione: la famiglia va in terapia. E funziona.

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Quando lo sfacelo è ormai sotto gli occhi di tutti, basta poco per alzare la testa e accorgersi della realtà. source: lanuovabq.it  di Andrea Zambrano 09-02-2017

Il divorzio come scelta di libertà, come affermazione di un diritto. Per anni ci siamo sentiti ripetere fino allo stordimento questo refrain. E per anni abbiamo visto i danni che la rottura della coppia provocava: l’amore disintegrato come la ferita principale dentro la quale infilare tutte le storture che abbruttiscono il cuore dell’uomo.

Con l’approvazione della legge sul divorzio, la società ha iniziato la sua discesa agli inferi che in pochi anni ha portato allo sdoganamento dell’aborto, dell’utero in affitto, dell’eutanasia. Rotto l’argine familiare, tutto è stato più facile. Ogni aberrazione è entrata più facilmente.

Perché con una famiglia fragile e distrutta è più semplice spremere fino al midollo tutti i suoi componenti facendo loro accettare ogni stortura dato che ormai sono soli ed esposti ai quattro venti. Abbiamo chiuso gli occhi sul progetto creativo di Dio sulla coppia, abbiamo silenziato il dolore dei figli, relegandoli a figure mute sulla scena di cui non tenere conto. E che cosa resta tra le mani? Solo sgomento e disperazione.

Bisogna provare a tornare indietro e riallacciare i fili strappati di quella rottura. Serve qualcuno che si prenda cura di chi è ferito come ci suggerisce la stessa Amoris Laetitia. Come? Curando la coppia.

Sembra facile a dirsi, ma c’è qualcuno che ci sta provando, con risultati sorprendenti. In Spagna il centro giuridico San Tommaso Moro ha proposto una legge che contempli l'obbligo della terapia familiare da inserire nella legislazione che regolamenta il divorzio. Non è una soluzione definitiva, ma può essere una soluzione, l’inizio di un cammino obbligato che tenda a migliorare la salute delle famiglie in crisi in procinto di avviare le pratiche dall’avvocato.

E’ nata così una campagna dal titolo Il divorzio non è la soluzione che consta di due azioni: firmare e diffondere una petizione al ministro della Giustizia perché si approvi il disegno di legge popolare sulla terapia familiare obbligatoria e, secondo, diffondere un video di appena 50 secondi chiamato come la campagna stessa.

Un video molto semplice, dove una coppia racconta le motivazioni che hanno animato la decisione di lasciarsi, ma che alla fine considera il dolore arrecato al figlio per quell’addio. L’obiettivo è quello di salvare il matrimonio, perché uno sposalizio salvato dalla catastrofe è il primo tassello della ricostruzione morale e civile di un Paese. Ed è con questo intendimento che il centro Tommaso Moro ha lanciato la sua campagna, forte dell’esperienza dell’ Unità di diagnostica e terapia familiare dell’Università di Navarra .

Si tratta di una vera e propria clinica di esperti, principalmente medici e psicologi, che accompagnano la coppia in un percorso di riconciliazione per scongiurare il grave passo dell’addio. Il cosiddetto ultimo tentativo, diremmo oggi, ma che ha sorprendentemente i numeri dalla sua.

Più del 75% delle famiglie che seguono gli orientamenti dell’Unità di terapia familiare hanno migliorato la loro situazione tanto da decidere di deporre l’ascia di guerra e riconciliarsi. Un percorso rigoroso, perché non basta solo la buona volontà. E che adesso si prova a far diventare obbligatorio.

Immaginiamo già le contrarietà: non si può costringere la gente a volersi bene, d’accordo. Ma che cosa abbiamo ottenuto lasciando la più ampia libertà a lasciarsi senza neppure un solo freno? Una disgregazione del tessuto familiare che è anche una disgregazione sociale. Di cui uno Stato dovrebbe tenere conto per il bene comune.

Il lavoro della clinica universitaria consta di una diagnostica delle problematiche familiari e di un percorso di 6-8 sedute con un’equipe multidisciplinare composta da esperti e collegata con altre divisioni cliniche come la ginecologia o la neurologia. Le terapia consistono nell’analisi familiare e globale della persona, nell’analisi della comunicazione, nelle interviste dirette ai pazienti, nella visualizzazione della scala familiare e coniugale, nell’esplorazione psicopatologica e nel genogramma.

L’obiettivo è quello di conoscere le caratteristiche dell’unione coniugale e le sue disfunzioni per affrontare le problematiche familiari. Ma l’esperienza della clinica spagnola non è la sola. Anche in Italia si sta facendo largo un’attività di supporto per famiglie in crisi che abbiano l’obiettivo dichiarato di curare le ferite per scongiurare il divorzio.

Non si tratta di una semplice terapia di coppia al termine della quale il divorzio, così come il rafforzamento dell’unità familiare, sono due opzioni equivalenti. Ma di un interessamento umano a rimuovere quegli ostacoli che non fanno stare bene la coppia e che la legislazione sul divorzio non contempla affatto.

A percentuali simili di successo, intorno al 70% arriva anche l’esperienza dell’associazione Retrouvaille la cui vocazione all’unione sponsale è messa nero su bianco fin da nome. In francese infatti retrouvaille significa ritrovarsi. E il servizio è offerto a coppie sposate o conviventi che soffrono gravi problemi di relazione o che sono in procinto di separarsi o già separate o divorziate o che intendono ricostruire la loro relazione d'amore lavorando per salvare il loro matrimonio in crisi, ferito e lacerato.

Spesso lavora in appoggio alle Diocesi, quando queste non hanno dei servizi specifici di consultorio familiare, che comunque ci sono: basta soltanto accettare la prima condizione che provoca nella coppia la separazione: la solitudine, la quale a volte è la prima causa della separazione.

Le esperienze dei consultori familiari diocesani o di servizi specifici esterni come retrouvaille testimoniano che il primo passo è quello di accettare la problematica e di chiedere aiuto in una discesa intima e profonda verso la conoscenza di sé stessi e della relazione di coppia. Sulla quale però ha sempre un’ultima parola il perdono: “Il programma Retrouvaille – dicono i responsabili - aiuta a scoprire come il processo di ascolto, perdono, comunicazione e dialogo sono strumenti potenti nella riconciliazione tra gli sposi e per recuperare un rapporto di coppia duraturo, anche dopo il tradimento e la separazione”.

Al fondo di tutto c’è sempre il bisogno di riconoscersi assetati di misericordia. Infatti Retrouvaille “offre la possibilità di ritrovare una vita di fede proponendo e valorizzando il sacramento del matrimonio vissuto dentro una comunità cristiana dove conta essere parte di un gruppo di sostegno formato da coppie che credono al valore del matrimonio e la preghiera”.

In un mondo entrato nel tunnel dell’assuefazione alla solitudine e alla rottura dei rapporti, esperienze come queste aiutano a comprendere che anche la famiglia, come un organo del corpo, ha bisogno di essere custodita e preservata. E se si ammala, si può e si deve intervenire. Perché il divorzio non è la soluzione.



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