Corso di Religione

Sommario




La vicenda di Charlie Gard

home



Dossiers-Migranti


commenta




powered by FreeFind



Who? When? What? La storia del piccolo Charlie Gard, un bambino britannico di 10 mesi affetto dalla sindrome da deplezione del DNA mitocondriale, sta animando il dibattito pubblico mondiale. di Roberto Massaro http://www.ilregno.it , 03/07/2017

"Si tratta di una malattia genetica rarissima (solo 16 casi al mondo) che rientra in un gruppo di patologie genetiche causate da mutazioni in geni nucleari coinvolti nel mantenimento del DNA dei mitocondri.

Questi sono degli organi che forniscono alle cellule l’energia necessaria per il loro funzionamento. In caso di perdita del materiale genetico dei mitocondri, il nostro organismo non produce energia e gli organi cominciano progressivamente a deperire.

I medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, che hanno in cura il piccolo Charlie, hanno tentato diverse terapie, senza ottenere alcun miglioramento. Il piccolo è, pertanto, mantenuto in vita mediante un respiratore e un sondino nasogastrico e, secondo i medici, continuare su questa strada costituirebbe non solo un’ulteriore sofferenza per il bambino, ma anche un inutile dispendio economico.

Per tale ragione gli amministratori dell’ospedale hanno chiesto al tribunale di poter staccare le macchine che tengono in vita il bambino, accompagnando l’ultimo tratto della sua esistenza con la sedazione palliativa.

A tale decisione, i genitori di Charlie si sono opposti con veemenza, utilizzando tutti i mezzi in loro potere, sia da un punto di vista legale che economico.

Hanno, infatti, fatto ricorso a tutti e tre i gradi della giustizia inglese e hanno raccolto 1,4 milioni di sterline per portare il bambino negli USA dove un medico aveva loro assicurato di poterlo curare con terapie sperimentali.

La giustizia inglese e la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno, tuttavia, dato ragione ai medici.

Tre punti di riflessione Personalmente, senza voler alimentare inutili polemiche, credo che tale vicenda solleciti la riflessione bioetica almeno su tre punti:

1) Who? Chi decide la sospensione dei mezzi di sostegno vitale?
2) When? Quando sospenderli?
3) What? Cosa fare quando le terapie non assicurano nessuna speranza di guarigione?

Who?
In casi drammatici come quello di Charlie, in cui il parere dei medici e quello dei genitori è in netto contrasto, a chi spetta decidere? Penso che, nel caso specifico, le questioni siano due e si intreccino tra loro.

Ferma restando la liceità «in mancanza di altri rimedi, [di] ricorrere, con il consenso dell’ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata, anche se sono ancora allo stadio sperimentale e non sono esenti da qualche rischio» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia , n. 4), non si può non tener conto che un consistente numero di medici e tre gradi della giustizia britannica hanno ritenuto che proseguire con le terapie di sostegno vitale o tentare ulteriori terapie sperimentali costituirebbe una forma di accanimento terapeutico e interrompere procedure mediche onerose o pericolose, straordinarie o sproporzionate, non solo è legittimo, ma anche doveroso.

When?
Quando è lecito sospendere le terapie? Al di là della tradizionale distinzione tra mezzi proporzionati e mezzi sproporzionati, sembra utile richiamare a tale proposito gli studi di Richard McCormick sul potenziale relazionale nelle decisioni riguardanti gli interventi di mantenimento o sostegno vitale su neonati con gravi malformazioni.

Per il gesuita statunitense non esistono vite degne e vite non degne di essere vissute, poiché ogni essere umano è di incalcolabile valore.

Ciò che è in gioco, pertanto, non è il valore, ma se questo indubbio valore ha o no potenzialità nel realizzare la propria sopravvivenza fisica per partecipare al più alto e importante dei beni: l’amore a Dio e l’amore al prossimo.

Se un neonato non ha un potenziale che gli permetta di realizzare queste relazioni, allora ogni sforzo per mantenerlo in vita non è più né obbligatorio né costituisce il best-interest del bambino.

What?
Qualora si dovesse ritenere che gli interventi su Charlie costituiscono solo una grave forma di accanimento e che il povero bambino britannico non ha più un potenziale nel realizzare delle relazioni significative, quale sarebbe il compito della medicina? Un malato inguaribile è, di conseguenza, incurabile?

Se la medicina ha fallito nel debellare la patologia di Charlie, non può e non deve fallire nell’assicurare tutte le possibilità per consentire al piccolo di concludere la sua esistenza terrena in modo dignitoso. Occorre assicurare a Charlie (come del resto già sta avvenendo) di poter godere dell’affetto dei suoi genitori, di ritornare (se possibile) nel suo ambiente domestico, di usufruire della preghiera e della vicinanza della comunità cristiana e di morire senza ulteriori sofferenze. "


Commenti

06/07/2017 angelopizzetti@hotmail.it

Per me le tre domande sono giuste, ma le risposte sono sbagliate.
1. Chi? Chi ha il diritto di staccare la spina?
Il diritto naturale non ha dubbi in proposito: i genitori. Al massimo l'ospedale può rinunciare per motivi economici e rimandare il paziente, così lo stato. Ma il diritto di decidere è dei genitori.
2. Quando?
Il valore della persona non è relativo alla sua capacità di tessere relazioni con Dio e col prossimo, ma è assoluto, per ciò che è, amata da Dio, oggettivamente, prima di ogni capacità soggettiva.
L'interpretazione del tal gesuita è assai pericolosa perché riduce il valore della persona a sue potenzialità, dunque ne nega l'assolutezza e l'oggettività.
3. Che cosa fare?
Innanzitutto la medicina non ha ancora fallito, visto che ci sono prospettive di cura altrove. A meno che la medicina inglese non pretenda di essere tutta la medicina. In secondo luogo sarebbe certo un intervento sproporzionato se i genitori non potessero permetterselo. Ma visto che hanno raccolto fondi appositamente per questo, è ideologico e violento non permetterglielo. La violenza non sono appena le guerre. Sul sull'Avvenire di martedì 4 luglio pag.4 c'era la storia di un caso simile curato dal medico a cui hanno fatto ricorso anche questi genitori. Per cui dissento su tutti i fronti.

Risponde l'autore

Ringrazio per le osservazioni e per il "dissenso". Il mio post non aveva la pretesa di essere esaustivo né di esporre acriticamente dei "dogmi morali" intangibili, ma solo di tirar fuori la discussione sul caso del piccolo Charlie dalle strettoie dell'emotivismo alla riflessione etica. Provo, pertanto, a specificare la mia posizione, partendo dalle obiezioni poste nell'intervento di Pizzetti.
1) Mettere a tacere la discussione rifacendosi al diritto naturale credo possa indebolire e banalizzare il discorso etico. Senza entrare nel merito, penso che siano facilmente richiamabili esempi di genitori che, per mancanza di conoscenza o incapacità morale o psichica, non siano adatti a prendere delle scelte per i propri figli.
Nel caso specifico la soluzione migliore sarebbe stata sicuramente quella di una sintonia tra personale medico e genitori, frutto di un'alleanza terapeutica che è sempre auspicabile in situazioni simili a quella del piccolo Charlie. Ma quando c'è dissenso, siamo sicuri che il parere dei genitori sia assolutamente vincolante?
È possibile che le competenze dei medici siano irrilevanti e che il loro ruolo debba essere semplicemente quello di applicare le scelte dei genitori, anche quando esse vadano contro la loro scienza e coscienza personale? Difendere la vita fisica a ogni costo è sempre un bene per il malato?
Nel caso specifico non ci sono i presupposti per parlare di eutanasia, ma il desiderio di astenersi da ulteriori terapie che potrebbero risultare altamente dannose e provocare ulteriori sofferenze.
Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che «l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (CCC 2278).
2) Richiamare la teoria di R. McCormick non intende ridurre la persona alle sue relazioni, ma solo invitare a pensare che, oltre alle tradizionali categorie di proporzionalità, quella del potenziale relazionale non può essere trascurata. Non è l'unica, ma non può nemmeno essere totalmente bypassata!
3) Pur riconoscendo di non avere le competenze mediche adatte a valutare l'efficacia della terapia statunitense, mi limito a dire due cose:
a) la sperimentazione è ancora allo stato primordiale e, in ogni caso, si tratterebbe di sottoporre a tale sperimentazione un bambino di 10 mesi la cui patologia genetica è già in stato avanzato;
b) il caso riportato da Avvenire non è totalmente paragonabile al caso del piccolo Charlie. Arthur Estopinan , infatti, è stato ammesso alla sperimentazione quando i suoi organi non erano stati totalmente compromessi dalla patologia. Ne è prova il fatto che i medici del Great Ormond Street Hospital, in gennaio, avevano dato il consenso alla sperimentazione su Charlie. Tale consenso è stato ritirato quando ulteriori complicazioni hanno gravemente e irreversibilmente danneggiato l'encefalo. Il fatto poi che i genitori abbiano i mezzi economici necessari per permettersi la terapia negli USA ci fa porre la questione del rapporto costi/benefici che, a mio avviso, allo stato attuale, sembra ampiamente sproporzionato.
Rispetto alla domanda della sig.ra Santucci, credo che il mantenimento del bambino in ospedale sia legato al fatto che, se Charlie fosse staccato dai macchinari che lo tengono in vita, morirebbe in poco tempo e in modo non dignitoso. Il permanere in ospedale, anche qualora si procedesse con la sospensione delle terapie, permetterebbe di somministrare una sedazione palliativa adeguata evitando ogni ulteriore sofferenza al piccolo Gard.



Top





Sommario

DISCLAIMER. Si ricorda - ai sensi della Legge 7 marzo 2001, n. 62 - che questo sito non ha scopi di lucro, è di sola lettura e non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare" : gli aggiornamenti sono effettuati senza scadenze predeterminate. Non può essere in alcun modo ritenuto un periodico ai sensi delle leggi vigenti né una "pubblicazione"  strictu sensu. Alcuni testi e immagini sono reperiti dalla rete : preghiamo gli autori di comunicarci eventuali inesattezze nella citazione delle fonti o irregolarità nel loro  uso.Il contenuto del sito è sotto licenza Creative Commons Attribution 2.5 eccetto dove altrimenti dichiarato.