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Pontificia Accademia delle Scienze Sociali : la società partecipativa.

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Sotto il tema “Verso una società partecipativa: nuove strade per l’integrazione sociale e culturale” si è svolta in Vaticano dal 28 aprile al 2 maggio 2017 l’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. source:https://it.zenit.org

Dopo la conclusione dei lavori, i partecipanti hanno pubblicato un comunicato stampa, nel quale hanno espresso la loro preoccupazione “per il diffondersi della frammentazione sociale da un lato e della concomitante incapacità dei sistemi politici di governare la società” in un contesto di “forte disintegrazione sociale”.

Preoccupa in particolare “la crescente disuguaglianza sociale fra ristrette élites e la massa della popolazione”, specialmente in Europa e America, dove la classe media si è “notevolmente indebolita”, così si legge nel testo.

Per una migliore società partecipativa,
così sottolinea il comunicato stampa, i membri della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali auspicano una cooperazione tra “un sistema politico che si renda sensibile alla voce di chi non è rappresentato, una economia civilizzata e forme associative di società civile basate su reti di reciprocità”.

La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha svolto la sua sessione Plenaria nei giorni 28 aprile – 2 maggio 2017 sul tema “Verso una società partecipativa: nuove strade per l’integrazione sociale e culturale”.

Papa Francesco ha inviato uno speciale messaggio, datato 24 aprile e pubblicato sull’Osservatore Romano il giorno 29 aprile, che ha fatto da sfondo e da linea-guida dei lavori.

I partecipanti alla Plenaria hanno affrontato il tema della società partecipativa definendo innanzitutto i concetti di partecipazione, lotta all’esclusione e integrazione sociale e culturale, per poi prendere in considerazione i fenomeni empirici, le loro cause e le possibili soluzioni

Si tratta di concetti e di processi multidimensionali non identici fra loro e tuttavia connessi in vari modi.

La partecipazione può essere istituzionale o spontanea. La esclusione può essere attiva (voluta, come nel caso delle discriminazioni in base alla etnia o alla religione) o passiva (dovuta a cause non intenzionali, come una forte crisi economica). In entrambi i casi essa è il frutto di processi che sono stati analizzati nei loro meccanismi generativi, dato che l’integrazione sociale e culturale è il frutto della modificazione di questi meccanismi, che sono economici, sociali, culturali e politici.

Lo scopo di includere le persone e le comunità nella società non può essere perseguito con misure forzate o in maniera standardizzata (per esempio con sistemi scolastici che non tengono conto delle differenze culturali e delle culture locali).

Una reale partecipazione sociale è possibile solo a condizione che vi sia libertà religiosa. I lavori hanno messo in luce la preoccupazione per il diffondersi della frammentazione sociale da un lato e della concomitante incapacità dei sistemi politici di governare la società. Questi due fenomeni si vanno diffondendo in tanti Paesi e creano situazioni di forte disintegrazione sociale, in cui diventa sempre più difficile realizzare forme di partecipazione sociale ispirate a principi di giustizia, solidarietà e fraternità.

Le cause di queste tendenze disgregative che operano contro una società più partecipativa sono state individuate nella crisi della rappresentanza politica, nelle crescenti disuguaglianze sociali, negli squilibri demografici a livello planetario, le crescenti migrazioni e il numero elevato di rifugiati, il ruolo ambivalente delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, nei conflitti religiosi e culturali.

Certamente il fattore più significativo che opera contro la partecipazione sociale è la crescente disuguaglianza sociale fra ristrette élites e la massa della popolazione. Le statistiche sulla distribuzione della ricchezza e delle opportunità di vita indicano degli enormi divari fra paesi e paesi e interni ai vari paesi. Preoccupa in particolare il fatto che in Europa e America la classe media si sia notevolmente indebolita, diversamente da altri paesi come l’India e la Cina dove la classe media si è rafforzata.

Si deve infatti considerare che, laddove la classe media subisce dei tracolli, la democrazia partecipativa è messa in pericolo. Nonostante tutto ciò, è possibile operare per una migliore ‘società partecipativa’ qualora si riesca ad instaurare una vera cooperazione sussidiaria fra un sistema politico che si renda sensibile alla voce di chi non è rappresentato, una economia civilizzata e forme associative di società civile basate su reti di reciprocità.

Occorre rendere circolari le forme di partecipazione top-down a bottom-up, valorizzando le realtà intermedie basate sul principio di collegialità.

In sostanza, una società partecipativa è quella che afferma e promuove i diritti umani, nella consapevolezza che la legislazione sui diritti umani non può realizzare alcun progetto utopico di trasformazione sociale, ma solo creare le condizioni positive entro cui le persone e i gruppi possono agire in modo etico, cioè avere le opportunità per dedicarsi al bene reciproco l’uno dell’altro nella comunità, e sviluppare nuove iniziative sociali generative di maggiore inclusione sociale.


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