Corso di Religione

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Maschio e femmina alla prova delle neuroscienze.



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Sembra essersi placata quella che alcuni anni fa Paolo Legrenzi e Carlo Umiltà definivano  «neuromania» (2009), una vera esplosione delle  neuroscienze  «applicate» ai vari campi del sapere, compresa la teologia.

source : ilregno.it - di Luigi Renna, 06/05/2020 Luigi Renna è dottore in Teologia presso la Pontificia università lateranense, ed è stato per anni docente di teologia morale presso la Facoltà teologica pugliese. Dal 2016 è vescovo della diocesi di Cerignola - Ascoli - Satriano.


Credo che oggi stiamo vivendo una fase di «assestamento», in cui il rapporto dei vari saperi con questa «nuova» scienza è meno preoccupato di essere fagocitato da un monismo neuroscientifico.

Una fase di assestamento

Molte acquisizioni, tuttavia, aprono orizzonti interessanti nella comprensione della persona. Una di queste è il rapporto tra sistema cerebrale e dimorfismo sessuale.

È del 2005 l’articolo apparso su Scientific American di L. Cahill dal titolo His brain, her brain, che proponeva un’analisi sintetica sul cervello dei due sessi. A fronte però di alcune variazioni strutturali come il peso, la grandezza dell’ippocampo nella donna e quella dell’amigdala nell’uomo, gli elementi di somiglianza tra i due cervelli sono maggiori delle dissomiglianze.

Altri aspetti maggiormente recepiti, perché più suffragati dalla comunità scientifica, sono l’incidenza neurobiologica sulla passione amorosa e l’attrazione estetica come componente della relazione affettivo-sessuale.

L’attrazione sessuale sarebbe dovuta, nel primo caso, a variazioni ormonali ed eventi che modificano l’equilibrio chimico e funzionale del cervello, come anche a un innalzamento del tono dell’umore Così anche la percezione di forme simmetriche, che rispondono a canoni di bellezza e di proporzione, attiva specifiche aree del sistema nervoso. Davvero possiamo affermare con Boncinelli che la corteccia cerebrale è il «trionfo della complessità», e come ogni cosa complessa non si può conoscere con un approccio unilaterale, pena il riduzionismo: è necessario un dialogo interdisciplinare.

Neuroscienze e interdisciplinarietà

L’approccio neuroscientifico non esclude il ricorso ad altri saperi, che non possono essere considerati ancillari, come ci ricordava nel 2002 Alberto Oliverio nella sua Prima lezione di neuroscienze:

«Anche se le neuroscienze ci dicono, e giustamente, che i processi mentali dipendono dal gioco dei mediatori, dei circuiti e nuclei nervosi, ciò non comporta che se anche in futuro fossimo in grado di conoscere le modalità attraverso cui i desideri, le intenzioni, gli atteggiamenti sono incorporati e mediati dal cervello, potremmo fare a meno di quei concetti che sono alla base delle nostre conoscenze del mondo e quindi dell’io». [1]

Ci sono infatti tre livelli strutturali che si integrano tra di loro: quello biologico, quello psicologico e quello mentale, con le sue componenti di intelletto e volontà.

Maschile e femminile: questione di cervello?

In quest’ ottica la sessualità va ricollocata nel rapporto cervello-mente-corporeità, con i relativi approcci disciplinari  Il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, ad esempio, pur rilevando la maggior plasticità del cervello femminile e pur riconoscendo che le afasie evolutive e l’autismo infantile siano più frequenti nei maschi, non giunge mai alla conclusione che certi meccanismi biologici pongono dei limiti relativamente fissi e permanenti al comportamento. (2) 

La struttura stessa del cervello ne fa non «un rigido controllore della periferia», ma un organo che nella sua complessità viene influenzato dai «messaggi» che gli giungono dalla periferia, e gli fanno assumere forme e strutture variabili.
In questa relazione, centro-periferia e periferia-centro, dove il centro è il cervello e la periferia tutte le sensazioni che nel percorso evolutivo iniziale e nelle esperienze di vita interagiscono, si costruiscono l’orientamento sessuale, la biografia affettivo-sessuale della persona, quell’universo che si apre alle scelte di vita e in qualche modo ne condiziona la libertà.
Ma la persona rimane sempre, come afferma Ricoeur, «uomo capace», che si definisce nel potersi «riconoscere come autore dei propri atti, dunque come imputabile, responsabile di essi»
[1] A. Oliviero, Prima lezione di neuroscienze, Laterza, Roma-Bari 2020, 135.

[2] Cf. E. Kandel, J. Schwartz, T. Jessel, Principi di neuroscienze, Milano 2003, 616.


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