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L’ateo alla guida dei cappellani di Harvard.




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New York Times, Quartz : La spiritualità senza religione (guardando a Robert Musil)

source : corriere.it Rassegna stampa -Elena Talebano- Venerdì 27 agosto 2021


Greg Epstein, 44 anni, è il nuovo presidente dei cappellani dell’Università di Harvard, il primo ateo nella storia dell’università americana.

Non è un fatto da poco, considerato che Harvard deve il suo nome al pastore John Harvard ed è stata fondata nel 1630 dai coloni puritani per dare un’educazione adeguata al clero (il suo motto era «Veritas Christo et Ecclesiae», «Verità per Cristo e la Chiesa»).

Epstein, che è cresciuto in una famiglia ebraica, ha fatto studi teologici ed è stato ordinato rabbino umanista dall’Istituto internazionale per l’ebraismo umanistico secolare, istituzione non religiosa di cultura ebraica, è l’autore di un libro di grande successo, Good Without God. What a Billion Nonreligious People Do Believe («Bene senza Dio. In cosa credono un miliardo di persone non religiose»).

Ed è il punto di riferimento di coloro che sostengono una concezione spirituale ed etica della vita che non passi dalla religione. «Coordinerà le attività di più di 40 cappellani universitari, che guidano le comunità cristiane, ebraiche, indù, buddiste e altre comunità religiose nel campus», spiega il New York Times.

Tra gli studenti che si sono rivolti al cappellano ateo di Harvard ci sono: Adelle Goldenberg, 22 anni, che è fuggita dalla comunità chassidica ultraortodossa di Brooklyn per poter studiare («Mi ha mostrato che è possibile trovare una comunità al di fuori di un contesto religioso tradizionale, che si può avere il valore aggiunto che la religione ha fornito per secoli, cioè che è lì quando le cose sembrano travolte dal caos», dice, riferendosi in particolare al periodo della pandemia); l’ex presidente dei laureati umanisti di Harvard A.J. Kumar («Essere in grado di trovare valori e rituali senza dover credere nella magia, è una cosa potente»); o infine Charlotte Nickerson, 20 anni, una studentessa di ingegneria di educazione cattolica.

Nickerson racconta che grazie agli incontri con Epstein ha trovato un linguaggio comune con la nonna, cattolica praticante. E sono riuscite a condividere il senso della finitezza umana («La nonna della signora Nickerson ha riflettuto sugli aspetti della sua vita che erano nelle mani di Dio; la signora Nickerson ha convenuto che era importante riconoscere tutti gli eventi al di là del controllo umano, anche se lei non crede che ci sia una divinità coinvolta» sintetizza il Nyt).

La nomina di Epstein riflette un cambiamento importante nella società americana (simile a quello che sta avvenendo in Europa): l’aumento delle persone che non credono in nessun dio.

Secondo il Pew Research Center, un importante centro di ricerca americano, il gruppo dei non credenti è la «preferenza religiosa» che cresce più rapidamente negli Stati Uniti.

Più del 20% degli statunitensi si identificano come atei, agnostici o non religiosi, percentuale che sale al 25% tra i millennial.

Soprattutto a Harvard: un sondaggio del quotidiano studentesco Harvard Crimson sulla classe del 2019 ha rilevato che gli studenti dell’università erano due volte più propensi a identificarsi come atei o agnostici rispetto alla media dei 18enni americani.

Oggi quasi il 20% della popolazione mondiale non crede in una divinità.

Ma sull’ateismo ci sono ancora molti tabù: negli Stati Uniti, ricorda Quartz, «ci sono quasi tre volte più persone che dicono di non credere in dio (9%) di quelle che si identificano come atee (3%). Un altro 4% dice di essere agnostico». E in generale tutte le grandi religioni guardano con particolare sospetto ai «senza dio».

A lungo nella storia «ateo» è stato considerato sinonimo di «senza valori» o «amorale». E lo stigma permane.

Secondo Quartz, ancora oggi negli Stati Uniti, «il pregiudizio contro l’ateismo è uno degli ultimi pregiudizi socialmente accettabili.
I Boy Scout d’America, per esempio, ora ammettono gay e trans, ma mantengono un divieto sugli atei. Quasi la metà degli americani dice che non sarebbe felice se il proprio figlio o figlia sposasse un ateo. Secondo un sondaggio, sarebbe più facile essere eletto presidente per un musulmano o un gay che per un ateo».

Uno dei pregiudizi più diffusi sull’ateismo è che non ci possa essere spiritualità senza religione .

Non è così. La dimensione spirituale è fondamentale per l’essere umano e può passare anche da altri «canali»: arte e filosofia o ciò che tradizionalmente chiamiamo umanesimo, per esempio.

La nomina di Epstein a Harvard ne prende atto. «C’è un gruppo crescente di persone che non si identificano più con alcuna tradizione religiosa, ma sperimentano ancora un reale bisogno di conversazione e sostegno su ciò che significa essere un buon essere umano e vivere una vita etica» dice lui spiegando il suo ruolo. «Non guardiamo a un dio per le risposte. Siamo le risposte gli uni degli altri».

Per inciso, una delle più belle riflessioni sulla spiritualità senza fede è quella di Robert Musil ne L’uomo senza qualità, il capolavoro che lo scrittore austriaco lasciò incompiuto alla sua morte, nel 1942.

Nel libro Musil descrive «la sensazione di essere congiunti con tutte le cose come in un molle specchio di acque, e di dare e ricevere senza volontà: sensazione meravigliosa di sconfinamento e di sconfinatezza interiore ed esteriore, che è comune all’amore e al misticismo» e spiega che in questo «stato di sublimazione» c’è una «strana parentela» tra «pensiero e morale».

Per Musil questa esperienza di spiritualità è fondamentale per gli esseri umani. Ritiene però che tutte le chiese l’abbiano trattata «con la stessa diffidenza che un burocrate oppone all’iniziativa privata» cercando di «mettere al suo posto una morale disciplinata e comprensibile».

La morale (e i precetti religiosi) secondo Musil, sono proprio questo: «la cristallizzazione esterna di un movimento interiore pienamente diverso da essa». Ovvero un insieme di regole per raggiungere quello stato di comunione con tutte le cose (la spiritualità), che però cessano di funzionare nel momento stesso in cui vengono fissate.

L’unico modo di recuperare quello stato, per Musil, non è dunque l’aderenza a una serie di precetti pre-definiti, come insegnano le religioni tradizionali, ma una ricerca continua e continuamente aperta su se stessi e gli altri.

La descrive così, parlando di Ulrich, l’uomo senza qualità: «La morale non era per lui né costrizione né saggezza, bensì l’infinito complesso delle possibilità di vivere. Egli credeva a un potere d’accrescimento della morale, a gradini della sua esperienza, e non soltanto, come si usa comunemente, a gradini della sua conoscenza, come se essa fosse qualcosa di stabile per cui l’uomo, soltanto, non è abbastanza puro. Egli credeva nella morale senza credere in una morale definita. Di solito s’intende per essa una specie di regolamento di polizia che serve a mantenere in ordine la vita; e poiché la vita non obbedisce neppure a tali regole, esse appaiono quasi impossibili a seguirsi, e, pur in questo modo meschino, acquistano l’apparenza d’un ideale. Ma non è lecito mettere la morale su questo piano. La morale è fantasia».

La morale è educazione della capacità di sentire se stessi e gli altri



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