Corso di Religione


I martiri cristiani ci riportano alla serietà della fede






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di Alberto Melloni corriere.it 10 aprile 2015 | 19:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il testo che ci aiuta a capire il collegamento fra le tragedie di oggi e il sacrificio delle origini è «Cordula, ovvero il caso serio»

Nel 1966, preoccupato per una deriva semplicista e mondanizzata della Chiesa, Hans Urs von Balthasar scrisse Cordula, ovvero il caso serio. Un pamphlet tagliente e lucido ispirato alla leggenda della martire Cordula, appunto. Gli Unni in una loro razzia catturano undicimila vergini e le uccidono una dopo l’altra.

Cordula è l’unica superstite perché si trova nascosta in uno scafo e lì resta fino al mattino dopo: quando decide di uscire ed andare incontro anche lei al martirio. Ignorata dal culto delle undicimila martiri Cordula appare in sogno ad una monaca perché la sua festa liturgica sia celebrata ogni anno, il giorno dopo la memoria delle vergini massacrate.

Balthasar, nominato cardinale da Giovanni Paolo II, reagiva con la forza di questo racconto e di Lumen Gentium 42 alle tesi sul Cristianesimo anonimo di Karl Rahner e al Cristianesimo tutto analogico di dotti scipiti. Egli rivendicava la peculiarità del «caso serio» («Ernstfall») cristiano che non è la fattispecie credente di un idealismo «disarmato» o una qualsiasi vittima «innocente», ma il testimone inerme reso tale dalla grazie da Gesù, l’Inerme per antonomasia.

Come può non pensare a Cordula, in questi giorni in cui santi e coccodrilli piangono attorno ai cristiani morti, parte di una innumerevole scia di cadaveri di musulmani soprattutto e di cristiani, ebrei, atei, zoroastriani, fedeli d’ogni famiglia confessionale e sfumatura, che si contano a milioni nella terra che va dall’aridità afghana, alla regione benedetta di Abramo e traversa fiumi e deserti per arrivare al verde tinto di sangue e petrolio della Nigeria? Come non ricordare Cordula, ora che, dopo aver dimenticato di piangere i ragazzini che saltavano sulle mine nella guerra fra Iran e Iraq, i caldei sepolti vivi durante l’avanzata di Desert Storm, le masse di uccisi dai mercenari reduci in Algeria e la devastazione pluridecennale della Somalia, piangiamo i ragazzi macellati in un college o gli abitanti dei villaggi fatti a pezzi dalla ferocia sacrilega?

Come non pensare alla barca di Cordula davanti a quei musulmani che hanno salvato la vita ai clienti di Hyper Cacher a Parigi, ai fedeli pachistani usando il loro corpo o ai ragazzi kenyoti mettendoli in salvo davanti agli Unni di turno? Cordula, spiegava Balthasar, non è l’eccezione lontana di un modo mitico: ma l’espressione del Cristianesimo come «caso serio». Quel Cristianesimo che, per la fede che porta nella unità della famiglia umana e nella dignità dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, può ammonire tutti.

Infatti o ogni sciupio di vita umana, qualsiasi Nome essa invochi quando vive, qualsiasi Dio preghi quando viene strappata, suscita lo stesso identico orrore; oppure facendo distinzioni oggettive e tardive si finisce per alimentare la spirale di un male capace anche oggi di ergersi in tutta la sua maiuscola «personalità» sopra l’orizzonte di una società secolare. Il tempo che viviamo suscita dunque un orrore sacrosanto da trasformare in magistero.

Potrebbero insegnare — il tempo e l’orrore — quanto sia stato irresponsabile accendere un fuoco lasciando che altri ne sentissero le fiamme sulla loro pelle. Ma saremmo ancor più irresponsabili se dopo aver giudicato coi parametri della realpolitik le uccisioni nelle moschee e nei bazaar, se dopo aver digiunato controvoglia quando il Papa si schierò contro gli «insorti» siriani e la brillante idea di rovesciare Assad, se dopo aver taciuto dei cristiani che si uccisero a Odessa, se dopo aver ignorato la cancrena di Somalia e i Libia, dimenticassimo che questo è un «Ernstfall, un «caso serio» per i credenti e per i non credenti. La stessa espressione di Hans Urs von Balthasar, infatti la usava lo storico dell’Autunno del Medioevo, Johan Huizinga per indicare l’inizio dello stato di guerra: quello che impiglia l’umanità nei «lacci demoniaci del gioco» che presenta come «extrema ratio» quella che si palesa sempre come «extrema rabies».

Sta dunque a chi ha responsabilità politica cogliere questo «Ernstfall» e spiegare apertis verbis che quel «silenzio» contro cui inveisce con il Papa ogni uomo di buona volontà cesserà solo quando ci si renderà conto quanto serva la pace con la Russia, una politica estera attiva e di mediazione nei quadranti di crisi, un ripensamento della Nato, un accordo con gli sciiti, una minaccia seria a quegli emirati e regni che con il loro denaro spingono in bocca al demone dello stragismo migliaia di giovani sunniti. Sta a chi ha responsabilità di fede sapere che il cinico gioco di usare i morti cristiani per tener vivo un fronte che si sposta senza spegnersi da un terzo di secolo sarà il «caso serio» di una nuova «extrema rabies» che non difenderà i cristiani da nulla ma li consegnerà come sempre agli Unni di turno: e porrà a tutti il dilemma di Cordula.

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