SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Non solo Boko Haram: l'odissea dei profughi nigeriani


di Anna Bono 12-02-2015 lanuovabq.it

 La guerra scatenata dai jihadisti Boko Haram nel nord est della Nigeria ha già messo in fuga circa 3,2 milioni di persone: metà profughi nei vicini Ciad, Camerun e Niger, gli altri sfollati.

Per accoglierli e assisterli sono stati allestiti dei campi. La maggior parte dei fuggitivi li raggiungono sprovvisti di tutto, salvo il poco che sono riusciti a raccattare prima di mettersi in cammino. Molti non hanno più niente altro al mondo: i terroristi hanno bruciato le loro abitazioni, distrutto e razziato tutto quel che possedevano. 

Quasi tutti hanno perso ben più che i beni materiali: piangono infatti parenti, amici, vicini di casa rapiti dai terroristi oppure uccisi e abbandonati insepolti tra le macerie o lasciati indietro perché feriti o troppo deboli per proseguire. Ma al peggio non c’è limite, se è vero quel che emerge da una indagine condotta nei campi degli sfollati dall’International Center for Investigative Reporting, Iicir, una agenzia di stampa nigeriana, indipendente, no profit, impegnata a combattere la corruzione e a promuovere buon governo e valori democratici nel Paese. 

Nel rapporto appena pubblicato, intitolato “Tristi storie di stupri e traffico di bambini nei campi profughi” la Icir sostiene che nei campi si commettono gravi violazioni dei diritti umani. Denuncia centinaia di casi di bambine e ragazzine sparite, rapite da trafficanti e vendute come lavoratrici domestiche non pagate (in altre parole, schiave), parla di donne, ragazze e molti bambini ripetutamente violentati, di sfollati che si presentano negli ospedali e negli ambulatori gravemente ustionati e feriti.  Sono gli stessi abusi, le stesse crudeltà di cui si accusano i miliziani di Boko Haram e, qualche volta, persino i militari nigeriani. La cittadina di Baga è stata rasa al suolo il 7 gennaio dai jihadisti che vi hanno ucciso, seviziato e rapito migliaia di persone. Il 16 e 17 aprile del 2013 in quella stessa cittadina l’esercito, con il pretesto di stanare dei terroristi e individuare tra la popolazione dei complici, ha incendiato una dopo l’altra 2.275 abitazioni, altre 125 ne ha danneggiate e ha ucciso tra 187 e 220 persone. 

Le accuse del Icir sono gravi e, purtroppo, del tutto verosimili. Si sa, infatti, e tutti gli addetti ai lavori ne sono a conoscenza, che i campi per profughi in Africa sono posti terribilmente pericolosi, non solo perché, malgrado gli sforzi e l’impegno internazionali, le condizioni abitative e ambientali sono spesso malsane, disagevoli e penose, ma perché chi ci vive, soprattutto le categorie più deboli – donne e bambini soli, esponenti di etnie minoritarie rispetto alla popolazione ospitata… – è esposto appunto ad abusi, ricatti e violenze. La prima minaccia è data dal fatto che, all’interno dei campi, si creano tra gli abitanti gerarchie da cui dipendono la distribuzione degli aiuti, l’accesso ai servizi disponibili, la sistemazione nei settori più sicuri e meglio attrezzati e protetti dalle intemperie. 

In secondo luogo, tra il 15 e il 20% circa degli ospiti dei campi sono i combattenti stessi, responsabili degli esodi forzati che hanno reso necessario allestire i campi: insieme alle famiglie, trovano comodo mescolarsi ai civili, ricevere assistenza e cure per poi riprendere la lotta. Per finire, una parte almeno del personale incaricato di prendersi cura dei profughi e di garantirne la sicurezza cede alla tentazione di ricattarli e abusarne approfittando del proprio potere. La più comune e frequente delle violenze consiste nel pretendere favori sessuali da donne e bambine in cambio di cibo: si sa di bambine costrette a prestazioni sessuali per una pagnotta di pane. 

Data la gravità delle rivelazioni contenute nel rapporto dell’Icir, la Nema, l’agenzia governativa che si occupa delle catastrofi e delle calamità nazionali, ha costituito un comitato con l’incarico di indagare sui fatti denunciati. Il 10 febbraio il direttore generale della Nema, Muhammad Sani Sidi, ha annunciato che tutti i campi per profughi citati nel rapporto dell’Icir verranno ispezionati e che verranno consultati e coinvolti nelle indagini il dipartimento dei servizi di stato, le forze di polizia, la Commissione nazionale per i diritti umani, i corpi di sicurezza e di difesa civile nazionali, la Croce Rossa Nigeria e tutti gli enti e gli organismi federali, regionali e locali che possono contribuire a fare chiarezza sulla situazione dei profughi e a individuare eventuali responsabili. Il comitato ha due settimane di tempo per concludere l’indagine di verifica e presentare il proprio rapporto. 

A causa dell’insicurezza nel nord est, sono state rimandate a fine marzo le elezioni generali previste il 14 febbraio. Il Paese è quindi in piena campagna elettorale. Il governo, screditato dal fallimento nel combattere Boko Haram e in difficoltà a causa del crollo del prezzo del petrolio da cui dipende il 70% del suo bilancio, ha bisogno di dimostrarsi capace e solerte agli occhi degli elettori. Se non altro per questo, qualcuno sembra disposto a occuparsi dei profughi in pericolo.

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