Corso di Religione
Entusiasta s'è detto il presidente della comunità islamica veneziana
Mohamed Amin Al Ahdadb, che primo fra tutti
ha capito l’importanza dell’avvenimento: «Questo progetto supera l’effetto
di cento conferenze sul dialogo tra le culture». Il problema è che il Patriarcato di Venezia
non ha mai autorizzato la trasformazione del sito.
Che l’edificio sia
chiuso al culto da molto tempo (dal 1969),
non conta nulla.
«L’edificio
in questione, chiuso al culto, non appartiene
più a realtà ecclesiastiche ma è proprietà
di privati dal 1973», si legge come premessa in un comunicato
ufficiale. Tuttavia, «per ogni utilizzo diverso
dal culto cristiano cattolico», prosegue la Nota, «va
richiesta autorizzazione all'autorità ecclesiastica
indipendentemente da chi, al momento, ne sia proprietario; tale autorizzazione,
per questo specifico sito, non è mai stata richiesta né concessa».
Dalla diocesi si aggiunge anche qualche particolare
che rende la vicenda, se possibile, ancor più interessante. Si fa sapere,
infatti, che «nello scorso mese di febbraio era stata richiesta al
Patriarcato di Venezia la concessione di altri edifici sacri situati
in città da mettere a disposizione per questa stessa installazione
artistica; tale concessione non fu accordata per le stesse motivazioni
che oggi vengono qui confermate».
E a chi come il Comune ha parlato di un via libera relativo unicamente
«a una mostra e non a un luogo di culto», si replica che «la
singolarità dell’evento proposto comportava maggiore attenzione e richiedeva
il coinvolgimento delle comunità religiose interessate e non solo la
valutazione dell’intervento artistico e l’eventuale autorizzazione
all’uso di uno spazio, a chiunque esso appartenga». Dalla Biennale cercano di gettare
acqua sul fuoco e spiegano che «il progetto è
stato approvato come installazione artistica, alla condizione che sia
realizzato come luogo espositivo visitabile da tutti». Poco cambia, rileva ancora il Patriarcato:
«La scelta di usare una chiesa chiusa al culto non risolve questo aspetto,
ma lo ignora. L'intervento così attuato ricade su componenti della
città che avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolte».
FATELA RIMUOVERE SUBITO
, di Riccardo Cascioli
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