Corso di Religione

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Il Papa , il Giubileo e il dialogo tra le religioni.

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«Sì al dialogo tra le religioni, ma senza relativismo» di Massimo Introvigne 28-10-2015 lanuovabq.it

Nell'udienza generale del 28 ottobre 2015 papa Francesco, interrompendo il ciclo sulla famiglia, ha celebrato il 50° anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra ætate sui rapporti della Chiesa Cattolica con le religioni non cristiane.

Il Papa ha ricordato lo «sguardo benevolo» che il testo porta sulle religioni non cristiane, invitando però a evitare ogni relativismo e a condannare fermamente ogni forma di violenza e di violazione della libertà religiosa.

Il tema del dialogo interreligioso, ha ricordato Francesco, «stava fortemente a cuore» al beato Papa Paolo VI, il quale già nella festa di Pentecoste dell’anno precedente la fine del Concilio, aveva istituito il Segretariato per i non cristiani, poi chiamato Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

L'aggiornamento del Concilio Vaticano II, ha aggiunto il Pontefice, era «orientato da una duplice fedeltà: fedeltà alla tradizione ecclesiale e fedeltà alla storia degli uomini e delle donne del nostro tempo».

Francesco ha poi riassunto il messaggio della Nostra Ætate in otto punti.
Primo: i popoli sono in rapporto di crescente interdipendenza fra loro.
Secondo: tutti cercano il senso della vita, della sofferenza e della morte.
Terzo: l'umanità, che ha una comune origine, ha anche un comune destino.
Quarto: ne consegue che la famiglia umana ha una sua unità.
Quinto: la ricerca del senso della vita si esprime nelle religioni.
Sesto: la Chiesa considera le religioni non cristiane con sguardo «benevolo e attento»; «essa non rigetta niente di ciò che in esse vi è di bello e di vero».
Settimo: la stima della Chiesa si estende ai singoli «credenti di tutte le religioni, apprezzando il loro impegno spirituale e morale».
Ottavo: il dialogo che la Chiesa propone esclude ogni relativismo e sincretismo, e la Chiesa rimane «fedele alle verità in cui crede, a cominciare da quella che la salvezza offerta a tutti ha la sua origine in Gesù, unico salvatore».

Fin qui lo schema della dichiarazione Nostra Ætate. Dalla sua promulgazione sono passati cinquant'anni, ricchi di avvenimenti positivi e negativi. Tra gli eventi positivi Francesco ha ricordato gli incontri interreligiosi, compreso quello di san Giovanni Paolo II con i giovani musulmani a Casablanca nel 1985, e il miglioramento dei rapporti con il mondo ebraico.

Qui, ha affermato il Papa, «indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli. Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra ætate, ha tracciato la via: “sì” alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; “no” ad ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano».

In modo non identico ma analogo lo stesso discorso vale per i musulmani che, secondo la dichiarazione conciliare, «adorano il Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini (Nostra ætate, 5). Essi si riferiscono alla paternità di Abramo, venerano Gesù come profeta, onorano la sua Madre vergine, Maria, attendono il giorno del giudizio, e praticano la preghiera, le elemosine e il digiuno (cfr ibid.)».

Non mancano, tuttavia, i problemi.

Occorre, ha detto Francesco subito dopo avere citato l'islam, che tutte le religioni accettino di «rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione».

Quando qualche religione si comporta diversamente, il mondo secolarizzato e poteri forti ostili alle religioni ne approfittano per gettare discredito sulla religione in genere. «A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni».

In realtà, afferma il Papa, «benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche in individui o gruppi (cfr Discorso al Congresso Usa, 24 settembre 2015), bisogna guardare ai valori positivi che esse vivono e che esse propongono, e che sono sorgenti di speranza.

Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre». Per reagire a queste critiche ingiuste, le religioni non possono che continuare «il dialogo basato sul fiducioso rispetto». Quando il dialogo teologico è difficile, si può sempre dialogare e collaborare «in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso» e nella cura del creato.

«Tutti i credenti di ogni religione insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose».

Il Giubileo Straordinario della Misericordia, ha concluso Francesco, interpella anche i non cristiani ed è «un’occasione propizia per lavorare insieme nel campo delle opere di carità. E in questo campo, dove conta soprattutto la compassione, possono unirsi a noi tante persone che non si sentono credenti o che sono alla ricerca di Dio e della verità».

Di fronte ai non credenti, le religioni possono testimoniare insieme che chi crede rende il mondo migliore. Ma «la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa!

Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – possa aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità».

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