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Orrore in Nepal, un bambino vittima di un sacrificio umano

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Dodici arrestati (compreso lo sciamano). Volevano «cacciare gli spiriti» da un ragazzo diciottennedi Michele Farina corriere.it 28 luglio 2015 (modifica il 28 luglio 2015 | 12:40) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Martedì scorso, quando i genitori sono tornati dai campi, Jivan Kohar non c’era più.

Il nonno, Ram Baran, quel giorno aveva partecipato a una strana riunione al villaggio di Kudiya, un puntino di Nepal al confine con l’India. L’aveva indetta un vicino. Disse che serviva un sacrificio umano, perché suo figlio era «posseduto dagli spiriti maligni». Ma «nessuno l’aveva preso seriamente», ha raccontato nei giorni successivi il nonno disperato. 
Quasi nessuno.

La polizia domenica ha arrestato undici persone per lo sgozzamento di Jivan, un ragazzino di 10 anni con la faccia sorridente e l’aria da grande. La polizia ha trovato il corpo lungo il fiume. Kodai Harijian avrebbe confessato il crimine. Tra gli arrestati c’è anche il figlio diciottenne, Bijay, e lo sciamano Ganga che avrebbe indicato «la cura».

Il «sacrificio umano» è stato compiuto in un tempietto indù, secondo testimonianze raccolte dalla Cnn , secondo altri in un prato. In tre tenevano il ragazzo a terra, mentre il padre del «posseduto» gli tagliava la gola con un falcetto. L’avevano attirato mentre giocava con gli amici, con un pacchetto di biscotti e la promessa di 50 rupie, l’equivalente di mezzo euro.

I biscotti e 50 centesimi: questo dà l’idea della vita a Kudiya. Vittime e assassini appartengono alla casta degli «intoccabili». Ma l’orrore non si spiega solo con la povertà. L’uccisione rituale di animali (bufali, capre, galline) è diffusa tra la popolazione indù soprattutto durante la festa di Gadhimai, che si celebra ogni cinque anni. Il sacrificio di bambini è una pratica che affiora in molti luoghi del mondo e in diverse culture, anche in Paesi con un’economia in crescita come l’Uganda, dove si sono contati almeno 900 casi negli ultimi anni secondo un rapporto dell’ong inglese Jubilee Campaign avvalorato dalla Bbc . 

Il Nepal vive nel vuoto del post-terremoto. Che aumenta i rischi per i piccoli. L’ong Plan International per esempio denuncia l’accresciuta piaga delle spose-bambine (il 41% delle nepalesi date in matrimonio sono minorenni). Famiglie che hanno perso tutto per il sisma tendono ancor più a «disfarsi» delle figlie e non mandarle a scuola. Da qui l’appello di Plan per le adozioni a distanza. Che purtroppo non può servire ai bambini come Jivan Kohar, sgozzato come un capretto dai vicini una sera di luglio.
 

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