Piccolo Corso Biblico

         


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Orazione e preghieraF. Armellini-biblista. Libretto sul Padre nostro
Cos'è la preghiera? « Chi prega non perde la fede, ma chi non prega la lascia appassire e morire come un fiore al quale viene negata l'acqua. Chi non prega riduce Dio ad un concetto, una entità separata dalla storia , un Essere che non si coinvolge nella vita degli uomini"
Una riflessione sul Divino è sempre una elevazione della mente, ma non è preghiera. Lo studio e la riflessione sono indispensabili allo spirito umano ma sono solo preparazione alla preghiera : per dialogare con qualcuno bisogna prima conoscere chi è e la preghiera inizia quando si rivolge la parola a questa persona.

La contemplazione del creato diviene godimento delle opere del Cielo, ma tutto ciò è solo preparazione alla preghiera, non è ancora preghiera. .. .La forma più comune di preghiera è quella della supplica. Tutti gli uomini pregano per ottenere qualche favore per se stessi o per gli altri: per la salute, per il buon esito di un affare, per un viaggiare sicuro, per una svolta nella vita, etc.

Ma il ripetere parole a Dio assomiglia molto alle formule della magia, un fatigare deos ( “stancare la divinità” ) per estorcerle ciò che vogliamo, una tecnica per avere Dio al proprio servizio. Si vuole informare la divinità dei propri bisogni o desideri, come se il Cielo non li conoscesse; si vuole agire sulla Volontà celeste per piegarla a propri desideri.

È pagana la preghiera di chi dimentica che siamo noi a dover ascoltare Dio, non Dio ad ascoltare noi.  Lo stare in ascolto davanti a Dio è preghiera e il silenzio interiore è la giusta disposizione per l'ascolto. L’apice dell’evoluzione non è l’uomo che pensa, che è giunto all’autocoscienza, ma è l’UOMO che prega ed Ama. "
Nel dialogo con Dio io non ho nulla da dirgli che Egli non sappia già, meglio di me. È Lui che ha molto da dirmi.  Dio è Padre e sa di cosa abbiamo bisogno: siamo noi a non sapere ciò di cui abbiamo bisogno... » 



La Preghiera cristiana Lc 11, 5 disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», 7e se quello dall'interno gli risponde: «Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza ( insolenza) si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: CHIEDETE e vi sarà dato, CERCATE e troverete, BUSSATE e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.Chiedete, cercate, bussate. Gesù li invita a  chiedere al Padre lo Spirito , la VITA eterna , per DARE Spirito  , VITA eterna , all'umanità  secondo il Suo Programma di evangelizzazione . La PROMESSA di Gesù rivela DIO come Padre che ascolta e provvede alle suppliche dei SUOI Figli . - n.d.r. « ... L’unica cosa che Gesù garantisce che sarà data è normalmente quella che meno si chiede nell’elenco, nelle liste delle preghiere : lo Spirito Santo
Se voi dunque, che siete cattivi”
, non per dire che siamo cattivi, ma per paragonare la bontà del Padre al nostro atteggiamento verso gli altri dice che siamo cattivi, “sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo (letteralmente Spirito Santo senza l’articolo, perché non dà la pienezza dello Spirito Santo, ma Spirito Santo nella misura con cui la persona è in grado di accoglierlo) a quelli che glielo chiedono!». Ecco è l’unica cosa che Gesù garantisce che il Padre darà , Spirito Santo.
Lo Spirito è la forza dell’Amore di Dio che viene dato per realizzare il disegno del Padre , l'evangelizzazione del mondo. Perché Dio non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma  comunicando loro il suo Spirito, l’energia interiore che fa comprendere la strada da percorrere .." Alberto Maggi OSM www.studibiblici.it - conferenze A che serve questo Spirito?  "Chiedete sempre lo Spirito e lo Spirito stesso -in voi- pregherà in modo conveniente !"
Lo Spirito... " Parla nel silenzio interiore e le sue parole restituiscono all'orante il volto di un UOMO Vero, figlio del Padre, quel volto che ogni UOMO deturpa vivendo secondo il proprio desiderio corrotto dal proprio tornaconto, cioè la concupiscenza."




" ... Il Padre nostro non è una preghiera come atto cultuale di devozione ma l'accoglienza della volontà divina di evangelizzazione del mondo per la salvezza della creazione, nell'UOMO rinato dallo Spirito . n.d.r. « L’evangelista Matteo ha composto lo schema del Pater (Mt 6,9-13) come quello delle Beatitudini (Mt 5,3-10), ponendo una stretta relazione tra i due testi: può rivolgersi a Dio, come Padre, solo chi accogliendo le beatitudini si impegna a orientare la propria vita per il bene dei fratelli. Per questo, fin dai primi tempi della Chiesa, il Pater era parte essenziale della liturgia battesimale: solo al momento del battesimo il catecumeno poteva recitare la preghiera del Signore, quale segno di conversione.  ... " A.Maggi. studibiblici.it " ...È possibile -e più probabile- che le tre formule del Padre nostro che ci sono state tramandate ( Mt, Lc, e la Didachè) siano opera dei primi cristiani, desiderosi di condensare, in una preghiera al Padre, tutto ciò che avevano compreso del messaggio del Maestro. Come il Simbolo ( della fede cristiana, il " Credo"), il Pater era utilizzato nella catechesi dell’iniziazione cristiana : fin dai primi secoli era insegnato ai catecumeni come compendio di tutto ciò che era stato loro insegnato su Dio e sulla vita da battezzati, da risorti a nuova vita in Cristo.

Il Pater è una sintesi della fede non in formule dogmatiche ma in preghiera
Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani hanno continuato per alcuni anni a comportarsi da pii giudei, osservando la legge di Mosè e frequentando il tempio (At 3,1). Ci dicono che erano assidui alla preghiera (At 1,14), senza specificare di che preghiera si trattasse, ma, trattandosi di giudei devoti, non poteva essere che quella dei Salmi, dello Shemà e delle Benedizioni.

Il bisogno di avere una preghiera che li identificasse nella loro adesione a Gesù ha forse spinto i primi cristiani a comporre il Padre Nostro. La richiesta che Luca pone sulla bocca dei discepoli Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli (Lc 11,1) potrebbe essere quella dei cristiani delle comunità degli anni 80.

Nei 2 vangeli il Pater è ai discepoli che è stato insegnato, perché sono loro che hanno aderito alle sue beatitudini . Le frasi del Padre nostro si ritrovano quasi identiche in altre parti dei vangeli. Nell’orto degli Ulivi, Gesù rivolge la sua preghiera al Padre: Abbà, a te tutto è possibile, allontana da me questo calice, ma non ciò che io voglio, bensì ciò che vuoi tu (Mc 14,36). In Matteo, la corrispondenza è ancora più letterale:   Padre mio... sia fatta la tua volontà (Mt 26,42).Sempre nel racconto dell’agonia troviamo l’invito di Gesù ai discepoli a pregare per non entrare in tentazione (Mc 14,38) .

In Marco c’è un altro richiamo al Padre nostro: Quando state in preghiera, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, affinché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre trasgressioni (Mc 11,25). Il richiamo è inequivocabile.

Anche in Giovanni i paralleli con la Preghiera del Signore si trovano nei capitoli della passione: Che dirò? Padre, risparmiami da quest’ora?... Padre, glorifica il tuo nome (Gv 12,27-28). Nella parte centrale della lunga preghiera che si trova in Gv 17, Gesù chiede al Padre che custodisca dal maligno i suoi discepoli (v.5) È la stessa richiesta con cui si conclude il Padre nostro.
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CHIEDETE E VI SARA’ DATO Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM www.studibiblici.it

"L’unica preghiera insegnata da Gesù, il Padre Nostro. ci è giunta in tre versioni differenti tra loro. Questo perché gli evangelisti non intendevano trasmettere le parole esatte di Gesù, ma il suo profondo significato.

Del Padre Nostro abbiamo quindi una versione in Matteo, la più lunga, poi una versione più breve, questa di Luca che ora commenteremo, al capitolo 11, e poi nel primo catechismo della chiesa che si chiama Didaché ( “insegnamento”). Ma pur essendo differenti queste tre versioni tutte contengono un mistero ...

Gesù ai discepoli che gli chiedono di insegnare loro a pregare dice: “Quando pregate, dite: “Padre …” Verso Dio non si rivolge usando quei formulari cerimoniali liturgici in cui Dio veniva esaltato con tutti i suoi nomi (tipo “altissimo”). No.

Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre, perché questo è il rapporto che lui è venuto ad inaugurare con i suoi: la relazione di un padre con un figlio. E teniamo presente che in quella cultura il padre è colui che trasmette la vita, quindi è la fonte della vita.

E la prima richiesta che si fa: “Sia santificato il tuo nome”. Il verbo “santificare” ha il significato di consacrare, separare, ma quando è rivolto a Dio significa riconoscere quello che è.

La prima richiesta che la comunità dei credenti rivolge al Padre è “venga riconosciuto questo tuo Nome”, cioè che la gente ti conosca come un Padre.
In questo brano del vangelo Gesù dirà che il Padre va incontro ai bisogni dei suoi figli, il Padre addirittura li precede perché il Padre ha a cuore la VITA e la felicità dei suoi figli.

[Mt 6,37 Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. 8Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.]

Allora la comunità chiede questo tuo nome, con il quale noi ti abbiamo conosciuto e che stiamo sperimentando – Padre – venga riconosciuto.

L’altra petizione: “Venga il tuo regno” non ha il significato di chiedere qualcosa che non c’è e quindi deve venire, il significato del verbo è “si estenda, si allarghi questo tuo regno”
Il regno, il regno del Padre c’è già. Gesù, nel proclamare le beatitudini, aveva proclamato beati i poveri perché di essi è il regno di Dio.
Il regno è la comunità degli UOMINI.

Il regno di Dio non è l’aldilà, ma una società alternativa dove al posto di accumulare per sé si condivida generosamente con gli altri, dove al posto di comandare si serva. Allora, attraverso la fedeltà alle beatitudini, la comunità chiede che si estenda questa esperienza del regno.

E qui in mezzo c’è un versetto di difficile traduzione, perché contiene una parola greca che nella lingua greca semplicemente non esiste. E’ quello che noi traduciamo con “dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano”. L’evangelista scrive – cerco di tradurre letteralmente dal testo – “il pane nostro quello …” e poi c’è questa parola greca che nella lingua greca non esiste : [ ἐπιούσιον - epiusion]…Quel pane lì, “dallo a noi ogni giorno”.

San Girolamo, il primo traduttore del vangelo, di fronte a questo termine che non c’è nella lingua greca, fece una scelta. Nel vangelo di Matteo lo tradusse con “super-super-stantialem”, che significa un pane che va al di là della sostanza. Nel vangelo di Luca invece lo tradusse con “quotidiano”.

Poi la chiesa nella versione liturgica ha scelto la versione di Matteo, ma anziché super-super-stantialem, difficile da pronunciare e da comprendere, ci ha messo quotidiano. E’ una scelta che provoca tanti danni, perché con questa scelta sembra quasi che si debba chiedere a Dio il pane da mangiare, il pane che nutre gli uomini. No, il pane che nutre gli uomini è compito degli uomini procurarlo e condividerlo con chi non ne ha. Questo è un pane speciale perché viene richiesto a Dio.

Probabilmente la traduzione “super-super-stantialem” era quella esatta.

Chi è questo pane? Questo pane è la presenza di Gesù al centro della comunità, come è al centro del Padre Nostro, Gesù come alimento, come parola che alimenta la Vita [ zoe , la Vita di qualità divina che supera la morte ] e come pane, il pane dell’Eucaristia che dona la forza di vivere questa parola.
Quindi non si richiede il pane. Gesù aveva detto: [Mt 6,25]“Non vi affannate, non state in ansia su cosa mangerete o cosa berrete! A queste cose pensano i pagani". Se viene richiesto a Dio è perché è la presenza del Signore come alimento di VITA

Poi la clausola “e perdona”, cioè letteralmente cancella, “a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo” – cancelliamo – “a ogni nostro debitore”. Dio ci perdona, ma il suo perdono diventa efficace e operativo nel momento che si traduce in perdono per gli altri.

Leggi : " cancella i nostri debiti"

Poi l’ultima delle invocazioni, anche questa tradotta male, specialmente in Matteo, ha provocato tanti problemi ... il famoso “non ci indurre in tentazione”! Ora la traduzione ha migliorato. “Non abbandonarci alla tentazione”, letteralmente alla prova.

Qual è questa prova alla quale la comunità chiede di non essere abbandonata? E’ la prova nella quale essa ha fallito
Gesù nell’orto degli ulivi aveva chiesto ai discepoli: “Pregate per non entrare nella prova, per non cedere alla prova”.
La prova era quella di Gesù che veniva catturato come un malfattore, che finiva assassinato come un delinquente, come un maledetto da Dio, una prova che ha messo in crisi la comunità. Allora:

Gesù chiede in questa preghiera alla comunità di chiedere di rimanere forti nel momento della prova, nel momento di questa tentazione
... E’ probabile che il testo di Luca sia più vicino all'originale formula insegnata da Gesù, in quanto nella la comunità cristiana era più facile aggiungere dei termini anziché toglierli dal testo ricevuto (mentre in Matteo vi sono 7/8 domande, in Lc sono 5).

A differenza di Matteo, Luca omette l’ultima invocazione “Ma liberaci dal maligno” (Mt 6,13) poiché poco prima Gesù aveva dichiarato sconfitto il diavolo: “Vedevo il satana cadere dal cielo come una folgore” (Lc 10,18). ..." »

Il giubileo di Gesù (A. Maggi studibiblici.it -)

All'inizio il Padrenostro non veniva insegnato a tutti, era una preghiera segreta che veniva comunicata in segreto a coloro che si preparavano al battesimo e soltanto dal momento che uscivano dalla vasca battezzati, erano tutti adulti, potevano recitare il Padrenostro.
Queste persone, dopo che si erano pubblicamente battezzate, si impegnavano, pubblicamente, a vivere il messaggio di Gesù e questo messaggio è riassunto e riformulato nelle beatitudini.

Il Padrenostro è la formula d'impegno di coloro che vivono le beatitudini
Padre F. Armellini-biblista. Libretto sul Padre nostro

" L'insegnamento di Gesù sulla preghiera (sottolineato dalla ripetizione per tre volte del verbo pregare ) si apre con l'invocazione a Dio quale Padre.

1 -Dio è Padre in quanto creatore, in questo senso gli uomini sono tutti suoi figli-creature.
Is 64,8 Tuttavia, Signore, tu sei nostro padre ; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle tue mani.

2-Dio è padre di Israele in quanto suo popolo eletto
Os11,1 Quando Israele era giovinetto, io l`ho amato e dall`Egitto  ho chiamato mio figlio.
Es4, 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito.

Ger3,19 Io pensavo: Come vorrei considerarti tra i miei figli e darti una terra invidiabile, un`eredità che sia l`ornamento più prezioso dei popoli! Io pensavo: Voi mi direte: Padre mio, e non tralascerete di seguirmi.

3- Dio è Padre dei discepoli di Gesù in quanto comunica loro la SUA Natura : i FEDELI cristiani sono figli di Dio in quanto nascono dal SUO Spirito, partecipano della sua VITA. 2Pt 1,4 Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate   partecipi della natura divina , sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Gal4, 5 .. quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l`adozione a figli. 6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! 7Quindi non sei più schiavo (servitore ), ma figlio ; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio. Ef1,4 In Lui ( in Gesù ) Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, 5 predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, Rm8, 15E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura ( di Dio) , ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!» 16Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 17E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo , se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria . 1 Gv 3, 1 Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. " È del III millennio a.C. questa invocazione sumerica al dio "Sin": O Padre, misericordioso e clemente, che hai nelle tue mani la vita del mondo intero, o Padre generatore degli dei e degli uomini. Nel 2350 a.C. il re di Lagash pregava così la sua divinità: Io non ho madre, tu sei mia Madre; io non ho padre, tu sei mio Padre. Tu mi hai concepito nel tuo cuore, tu mi hai generato nel tuo tempio.

Quasi mille anni più tardi, in Egitto, un poeta cieco andò a visitare la tomba di un amico. Sulla parete del sepolcro tracciò un graffito con questa commovente preghiera al dio Ammon: Il mio cuore desidera vederti Ammon, protettore del povero. Tu sei il padre dell’orfano e lo sposo della vedova! Tu hai fatto le tenebre e hai voluto che io le vedessi; hai fatto anche la luce.

Tuttavia, non tutti coloro che chiamano Dio padre hanno in mente la stessa immagine di Dio. L’uomo pagano era animato da una profonda diffidenza nei confronti degli dei. Anche se li chiamava padri, li riteneva capricciosi, imprevedibili (non per nulla il mito narra che Zeus era stato allevato da una capra… capricciosa), pensava che possedessero tutti i vizi degli uomini, che potessero adirarsi per un nonnulla e inviassero castighi; per questo evitava di provocarli, cercava di tenerseli buoni e di placarli con sacrifici. Un rapporto di autentica fiducia nei loro confronti era assolutamente inconcepibile, al punto che Aristotele affermava: Sarebbe insensato voler asserire di amare Zeus.

A differenza degli altri popoli, Israele era riluttante a chiamare Dio Padre. Nell’AT questo appellativo viene utilizzato solo poche volte (15 in tutto). Di queste poi solo sei ricorrono nelle preghiere.

La parola padre ci introduce in un ambiente familiare, non in quello della corte del faraone. Viene quindi subito da chiedersi quali manifestazioni esteriori manifestino questo rapporto nuovo: davanti al farone si trema, ci si prostra, davanti al babbo no… Ecco la scena con cui il profeta Osea introduce, per la prima volta nella Bibbia, la tenera immagine di Dio padre.


Os 11, 1 Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. 3 Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. 4 Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. 8 Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. 9 Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè io sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.

Anche se molto lentamente, Israele, superò le diffidenze nei confronti del termine “padre”. La metafora del padre però era troppo ricca e Israele non poteva permettersi di ignorarla. Fu così che, a partire dal periodo del post-esilio, a poco a poco, cominciò ad essere adottata. Inizialmente non riceveva la connotazione di tenerezza e di affetto cui noi siamo abituati, ma serviva soprattutto ad inculcare negli israeliti il dovere dell'obbedienza.

La prima volta in cui ricorre in una preghiera è in: Is 63, 15 Non forzarti all'insensibilità,16perché tu sei nostro padre , poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di noi. Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. (cf, anche Is 64, 7 Sal 89, 27 Sal 68, 6 Sir 23, 1 Sap 14,2 )

Al tempo di Gesù, era divenuto abbastanza usuale attribuire a Dio l’appellativo di Padre, specialmente quando si voleva sottolineare la sua sollecitudine verso chi si trovava nel bisogno. Anche l'espressione “Padre nostro” compare con una certa frequenza.

La benedizione Ahavah rabbah, che precede la recita dello Shema’ Yisra’el: Con amore grande ci hai amati, Signore nostro Dio, e con misericordia grande e sovrabbondante hai avuto pietà di noi. Padre nostro, nostro Re (Avinu, malkenu)... Padre nostro (Avinu), Padre misericordioso e compassionevole, abbi pietà di noi; concedi al nostro cuore di comprendere, discernere, ascoltare, meditare, trasmettere, custodire, osservare e realizzare con amore tutte le parole della tua Legge.

Vi è poi la preghiera dello Shemoneh ‘esreh (Diciotto benedizioni), quella che segue lo Shema’ Jisra’el, la quale rinnova per tre volte l’invocazione Avinu, Padre nostro, rispettivamente nella quinta, sesta é ultima benedizione: Facci ritornare, Padre nostro, alla tua Legge Perdonaci, Padre nostro, abbiamo peccato Benedici, Padre nostro, tutti noi come uno solo con la luce del tuo volto..." 

Il nome del Dio d’Israele è impronunciabile ( jhwh). Per parlare di lui, gli israeliti ricorrevano ad altre espressioni. Lo chiamavano: il Santo, benedetto egli sia, colui che fa abitare il suo nome in questa casa, la potenza, il misericordioso, il cielo, il luogo, la dimora, il nome . Quando intendevano sottolineare soprattutto il legame affettivo,lo chiamavano Padre che è nel cielo.

Anche Gesù è ricorso a queste perifrasi usate dal suo popolo. Lo ha chiamato: cielo (Mt 4,17); la potenza (Mc 14,62) Ma per lui Dio è il Padre. Nei vangeli questo appellativo ricorre sulla sua bocca per ben 184 volte (46 volte: Padre mio). Un’altra volta soltanto sulla bocca di Filippo (Gv 14,8). In Mc 5 volte; in Lc 17 volte; in Mt 45 volte; in Gv 118 volte. .."


nostro Rm 8,14Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.Tutti coloro cha hanno in sè lo Spirito di Dio (hanno accolto la comunione di Spirito ) sono SUOI figli adottivi : GLI assomigliano nell'agire, lo chiamano Padre e si fanno guidare da Lui, si occupano del suo Progetto salvifico.   n.d.r.
A.Maggi- studibiblici.it

" .. In un’epoca in cui, chi non si riconosceva la natura divina dell’imperatore, perdeva la propria testa (Ap 13,15; Dn 3,1-6.15), Gesù proclama che nei cieli c’è solo il Padre, e inviterà a non riconoscere a nessun altro il ruolo di padre


Mt 23,9 Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo .


Nella lingua ebraica non esiste il termine genitori ma solo un padre e una madre con compiti differenti. Mentre il padre è colui che genera, la madre si limita a partorire il figlio (Is 45,10). Il figlio riceve la vita esclusivamente dal Padre e la prolunga assomigliandogli nel comportamento mediante la pratica dei valori ricevuti.

“Figlio di..” non significa tanto “nato da"...”, ma assomigliante a" nel comportamento. Per questo alla prima predica di Gesù, nella sinagoga di Nazaret, i presenti, sconcertati, si chiedono “Non è il figlio di Giuseppe?” (Lc 4,22). In questo interrogativo non viene messa in discussione la paternità di Giuseppe, poiché, come scrive l’evangelista, Gesù “era figlio, come si credeva, di Giuseppe” (Lc 3,23), ma l’assomiglianza nel comportamento.

Lo sconcerto è stato provocato dal fatto che Gesù, dichiarando realizzata su di lui la profezia di Isaia sull’inviato del Signore, ha omesso di parlare della vendetta di Dio sui dominatori. Mentre il testo di Isaia affermava che compito dell’atteso Messia è “promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Is 61,2), Gesù tronca la lettura al tema della misericordia, le uniche che commenta. La reazione dei presenti sarà furibonda: “all’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno. Balzarono in piedi, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul figlio del del monte, sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (Lc 4,2829).

I fedeli della sinagoga, abituati a fare orazioni, sono completamente refrattari alla voce del Signore, che si illudono di pregare, e ostili alla volontà di Dio che in Gesù si manifesta. Nel vangelo di Giovanni, Gesù constaterà amaramente che “viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2).

Culto a Dio e intenti omicidi convivono, l’uno accanto l’altro, nella sinagoga: i fedeli, a forza di chiedere a Dio di ammazzare i nemici, diventano nemici e assassini di Dio. Quando si prega un Dio vendicativo e bellicoso è inevitabile finire per diventare come lui. Per questo l’iroso autore del salmo 109 può trasformare in preghiera i suoi istinti omicidi e chiedere a Dio che il suo nemico muoia, e i suoi figli vadano raminghi, mendicando, e siano votati allo sterminio. Per poi finire piamente con “Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore” (Sal 109,30).


La prima volta che Gesù, il figlio di Dio, ha parlato ai suoi discepoli di Dio come un Padre, non è stato per invitarli ad adorarlo e neanche a ubbidirgli, ma per assomigliargli nell'Amore: "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso"


(Lc 6,36). Mt 5,48 Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. La relazione con Dio alla quale Gesù chiama è quella della somiglianza : definendo questo Padre come misericordioso, la somiglianza al Padre dei suoi Figli è quella del SUO Amore.

Con Gesù il Figlio di Dio non è colui che GLI obbedisce secondo le leggi stabilite dalla religione ma colui che GLI assomiglia praticando un Amore incondizionato . (Lc 6,35). ...solo così "sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi”. Solo quanti accolgono l'amore incondizionato di Dio e lo prolungano attraverso gesti concreti di misericordia, di condivisione e di perdono, possono essere considerati i figli di questo Padre, perché in essi scorre (e si manifesta) la stessa VITA divina, indistruttibile .




« Invitando i suoi discepoli a rivolgersi a Dio come dei figli verso un Padre, Gesù li invita a una nuova relazione con Lui . Nella nuova relazione alla quale Gesù invita, si passa dalla “servitù” a Dio, alla “figliolanza” del Padre. Mentre la prima sottolineava la distanza tra Dio e l'uomo, la seconda l'annulla. Non solo l'uomo non è più chiamato a servire la divinità ( culto e osservanza) , ma con Gesù è Dio stesso che si fa servo degli uomini per innalzarli al suo stesso livello.

Con Gesù Dio non vuole essere servito, ma è il Padre che si mette a servizio dei suoi: "li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc 12,37). Per questo, nell'ultima cena Gesù definisce se stesso con le parole: "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Questa affermazione Gesù la pronuncia dopo aver fatto dono ai suoi della sua stessa Vita, attraverso il pane e del vino. La serie di richieste che seguono l’invocazione Pater sono gli effetti e l’impegno di quanti hanno accettato di farsi servire da Gesù, e attraverso il dono della propria Vita prolungano il dono di Gesù e diventano come lui figli di Dio.

Il loro compito sarà quello di santificare il nome del Padre
.
... che sei nei Cieli

F. Armellini Libretto del Padre Nostro .
Gli ebrei non potevano pronunciare il Nome di Dio ( JHWH) e usavano espressioni sostitutive : Signore-Adonai, "il Nome -hashem " etc.. "Padre che sei nei Cieli "  significava " che sei Jhwh". La comunità cristiana riconosce ( Jhwh) come "Padre", e come "Dio". ( cf.: Beati i poveri in spirito ) n.d.r.
" ...Riconoscersi figli del Padre significa rinunciare al padre-padrone che è mammona (Mt 6,24 ; Sal 10,3) il dio  del profitto personale che governa coloro che lo adorano e servono.
Il termine Abbah ( padre) ci colloca in un ambiente familiare, non nella corte di un sovrano o di un faraone di fronte al quale ci si deve inchinare, inginocchiare, prostrarsi e tremare. Non è neppure il linguaggio teologico dei rabbini. Gesù usa la lingua di casa e non quella dei documenti teologici. Ai rabbini poteva sembrare una mancanza di rispetto verso YHWH. Nome insolito, così poco ossequiente. Era troppo familiare!

Abbiamo un Dio che si dona come papà, ..per il cristiano avviene come per il bambino: solo se fa l'esperienza di essere amato sarà poi capace di amare. Come Gesù il credente non è colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.

Quando si prega un Dio vendicativo e bellicoso è inevitabile finire per diventare come lui. Nel vangelo di Giovanni, Gesù constaterà amaramente che “viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16,2).

Per la prima volta veniva nella storia delle religioni viene presentato un Dio che non premia i buoni e castiga i malvagi, ma a tutti indistintamente dirigeva il suo amore. La preghiera di Gesù ci vuole liberare da questo idolo.
Il Padre nostro non ha nulla in comune con il dio che ci siamo inventati: il dio che si adira se trasgrediamo i suoi ordini. Siamo affezionati al dio gendarme del mondo, riparatore dei nostri torti, contabile dei nostri errori, osservatore delle nostre debolezze. La preghiera del Padre Nostro vuole proprio purificarci da questa falsa immagine di Dio e farci interiorizzare il vero rapporto con Dio. Gesù non ha voluto regalarci una formula, ma regalarci la Sua relazione con il Padre.

La relazione figlio Padre tra l'uomo e Dio cambia completamente il carattere del culto (cf Gv 4,23-24; Rm 12,1). Mentre dio abita in un tempio, il padre in una casa. Mentre dio ha bisogno di sacerdoti che gli rendano culto, il Padre Ama i suoi figli.

Mentre i sacerdoti nei templi si rapportano con la divinità in certi tempi e luoghi sacri, i Figli si relazionano con il Padre continuamente, senza intermediari e prescindendo da luoghi e tempi. " Sia santificato il tuo Nome Lv 22,32Non profanerete IL MIO SANTO NOME , affinché IO SIA SANTIFICATO in mezzo agli Israeliti. Io sono il Signore che VI SANTIFICO, 33che vi ho fatto uscire dalla terra d'Egitto per essere vostro Dio. Io sono il Signore".
Is 12,1ss Ecco, Dio è la mia salvezza; * io confiderò, non avrò mai timore, perché mia forza e mio canto è il Signore;* egli è stato la mia salvezza. Attingerete Acqua con gioia * alle sorgenti della salvezza. In quel giorno direte: * «Lodate il Signore, invocate il SUO NOME ; manifestate TRA I POPOLI le sue meraviglie, * proclamate che IL SUO NOME E' SUBLIME
La Santificazione del Nome   [ Kol Ha Shem ] F. Armellini. Libretto del Padre Nostro

Israele Santifica il Nome Santo di Dio  nella preghiera liturgica.


In Israele il "Nome" di Dio  è la Sua stessa Persona: il NOME è Santo cioè sacro e trascendente ( impronunciabile, non raffigurabile, ineffabile, etc ) e i fedeli israeliti manifestano nella loro vita la santità del Nome con la loro santità intesa come separazione dagli altri popoli , osservanza della LEGGE divina e culto permanente
Lv 20,9 Io sono il Signore che vi vuole fare santi  26 Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perché siate miei.
.. santità intesa come rispetto delle regole di purità rituale ( separati)
Lv 11,44Poiché io sono il Signore, il Dio vostro. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminate le vostre persone con alcuno di questi animali che strisciano per terra. 45Poiché io sono il Signore, che vi ho fatti uscire dal paese d`Egitto, per essere il vostro Dio; siate dunque santi, perché io sono santo.
... santità intesa come osservanza della Torah
Lv19,1Il Signore disse ancora a Mosè: 2«Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo.3Ognuno rispetti sua madre e suo padre e osservi i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. 20,8Osservate le mie leggi e // mettetele in pratica.
... intesa come servizio liturgico di lode permanente
Is12, 4 «Lodate il Signore, invocate il suo nome;manifestate tra i popoli le sue meraviglie, proclamate che il suo nome è sublime. 5Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose grandiose, ciò sia noto in tutta la terra. 6 Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele».

Sal 148,13 lodino il nome del Signore: perché solo il suo nome è sublime ,la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli.14Egli ha sollevato la potenza del suo popolo. E` canto di lode per tutti i suoi fedeli

« ..avveniva primariamente nella liturgia e il q'dushāh è la preghiera di santificazione divina, usata nella liturgia ebraica ; la più importante e solenne si recita durante la ripetizione pubblica della "preghiera delle 18 benedizioni"

Necessita del numero di almeno dieci persone (minian) per poter essere recitata. In origine era una formula di chiusura di riunioni di studio o di preghiera nella quale si esaltava la grandezza di Dio e si esprimeva la speranza di un rapido avvento del Messia. In epoca successiva il Kaddish fu recitato anche dalle persone in lutto.

E’ una preghiera che recitata con amore e venerazione nel corso dei secoli, ha sempre sottolineato la volontà del popolo ebraico di mantenere vivo il proprio caratteristico ed essenziale dialogo con Dio. Nel Kaddish si recita " Sia il Suo grande Nome benedetto" . Nel testo liturgico ebraico Machazor  di rito italiano :
Qaddhish [ sia santificato]
- Sia magnificato e santificato il suo Nome grande nel mondo cha ha creato secondo la sua volontà e faccia venire il suo regno nella vostra vita e nei vostri giorni e nella vita di tutta la casa di Israele , presto e in un tempo vicino e dite: Amen.
- Sia benedetto il suo Nome grande : sempre e per tutta l’eternità sia benedetto, celebrato, glorificato, esaltato, innalzato, onorato, elevato e lodato il Nome Santo, sia benedetto al di sopra di tutte le benedizioni, i canti, le lodi e le consolazioni che si dicono nel mondo e dite: Amen.
Sh'mōneh 'esrēh ( «diciotto [benedizioni]») è la preghiera ebraica di lode, richiesta e ringraziamento a Dio . Ha assunto la sua forma definitiva sulla fine del 1° sec. d.C. Deve essere recitata 3 volte al giorno in silenzio e in piedi (di qui l’altro nome Amīdāh, «lo stare in piedi»), e viene quindi ripetuta ad alta voce dall’officiante nella preghiera pubblica.
Shemoneh eshreh [ tephillah o preghiera per eccellenza]
- III. Di generazione in generazione proclameremo la regalità di Dio, perché egli solo è eccelso e santo... Benedetto tu, Signore, Dio santo.
XI. Fa' tornare i nostri giudici come in antico... e si stabilisca il tuo solo regno sopra di noi...
Benedetto tu, Signore, Re che ami la carità e la giustizia.
VI. Perdonaci, Padre nostro, perché abbiamo peccato, assolvici, o nostro Re perché sei un Dio buono e che perdona. Benedetto ...
IX . Benedici Signore Dio nostro questa annata e ogni genere di raccolto per nostro beneficio ; dà la rugiada come una benedizione su tutta la superficie della terra e sazia con la tua benedizione il mondo intero... Benedetto tu, Signore, che benedici le annate ....
"..Nella liturgia la gioia di Israele si esprime nel canto di lode per ciò che Jahwé ha fatto. Ma non basta santificare il nome del Signore con la lingua e con la liturgia. È necessario che Israele conduca una vita santa, completamente diversa da quella degli altri popoli, per poter testimoniare la santità del suo Dio.
La Santificazione del Nome   [ Kol Ha Shem ] F. Armellini. Libretto del Padre Nostro

" ... Il verbo “santificare” ha il significato di "separare" qualcuno o qualcosa con lo scopo di mettere in risalto un particolare valore ("consacrare" ) (per esempio del vasellame adibito esclusivamente per la liturgia, viene consacrato a questo uso, oppure di una persona completamente dedita a una causa si dice che si è consacrata a quella causa ).

Quanti vengono immersi nello Spirito, forza vitale di Dio, e l’accolgono, vengono santificati, cioè separati dall'ambito del male e dal peccato.
Questa santificazione iniziale può diventare costante e crescente mediante la pratica dell'amore: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nell’amore” (Ef 1,4).

... mentre l'attività di Dio nei confronti degli uomini è di santificarli, cioè di consacrarli, per l'uomo santificare Dio significa riconoscerne la sua santità.
La particolare forma verbale utilizzata dall’evangelista vuole significare che

questa santificazione del NOME del Padre viene resa visibile nella pratica quotidiana dell’Amore.
Mentre YHWH era il Dio d’Israele, il Padre lo è di tutta l’umanità.

Con la richiesta “sia santificato il tuo nome” la comunità chiede e si impegna al fine che Dio venga conosciuto col Nome col quale è stato invocato, che non è più quello di YHWH, ma quello di Padre già conosciuto e sperimentato dai discepoli.
I discepoli di Gesù, i credenti di ogni tempo, sono chiamati a far conoscere il nome del Padre attraverso la costante pratica e somiglianza dello stesso amore che essi hanno sperimentato nella nuova relazione con Lui .
Questo impegno a dilatare la propria esperienza del Padre formula l’oggetto della richiesta seguente: venga il tuo regno "

Il popolo d’Israele è come una vetrina sul mondo. Israele è come un inno vivente al nome del Signore. Egli è il servo nel quale Dio manifesta la sua gloria (Is 49,3). Ma può anche profanare il nome del Signore: Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; calpestano come polvere della terra la testa dei povertà... e così hanno profanato il mio santo nome (Am 2,6-7).

Anche la chiesa è una vetrina in cui sono esposti i prodotti del vangelo e dello Spirito portato nel mondo a Gesù… Voi siete la luce del mondo. Siete le persone splendide che provano la santità del nome del Dio di Gesù Cristo.

In questa vetrina vediamo la fedeltà coniugale, l’accoglienza del fratello, l’amore al nemico, il perdono incondizionato, sentiamo il profumo del nardo, simbolo dell’amore. Lì incontriamo persone che sanno dirti il senso della vita


La nostra supplica non è per convincere Dio, ma  per convicere il nostro cuore , rendendolo disponibile ad accogliere la VITA eterna che opera la salvezza dal fallimento del nostro essere.
Mt 5, 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.  

... trasformando il cuore dell'uomo, la preghiera accelera realmente la santificazione del nome di Dio. .."
"..Il Padrenostro non è una preghiera, ma, sotto forma di preghiera, è l'impegno di VITA di quanti hanno scelto le beatitudini! La richiesta dei cristiani significa: "Mostra che TU sei Padre, un Dio diverso da tutti gli altri e siccome noi siamo tuoi figli… Che tutti vedano il tuo volto santo in noi. " A:Maggi-studibiblici.it
Venga il tuo Regno F. Armellini. Libretto del Padre Nostro

Il Regno è il centro della predicazione di Gesù


Nel NT la nozione di regno di Dio o dei Cieli  ricorre 122 volte (90 sulla bocca di Gesù).


" Israele si attendeva un regno di prosperità e pace e soprattutto l’instaurazione della giustizia. Chiedeva ai suoi governanti che ponessero fine ai soprusi, alle violenze ed alle iniquità perpetrate, soprattutto contro i più deboli.
Le denunce dei profeti testimoniano quanto la realtà fosse lontana dalle aspettative: I capi sono dei banditi e complici di ladri;tutti sono bramosi di regali, ricercano merce, non rendono giustizia all'orfano e la causa della vedova a loro non giunge (Is 1,23).

La tragica esperienza della monarchia portò il popolo a proiettare in Dio stesso l'ideale di un re difensore dei poveri e degli oppressi e nel cui regno si sarebbe amministrata una giustizia perfetta: Padre degli orfani e difensore delle vedove (Sal 68,6; 146,9).

Dio si sarebbe preso cura di tutti gli emarginati rappresentati dalle categorie della vedova, dell'orfano e dello straniero, persone che più di altri erano vittime di soprusi. I profeti cominciarono a parlare della venuta di un re ideale, potente, saggio, giusto, della casa di Davide. .."
Is 9:6 grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

" L'attesa diviene particolarmente viva a partire dal II sec. a.C., per opera, soprattutto, degli apocalittici . In un periodo di disordini e di crisi sociale e politica, questi autori cercano di cogliere segni di speranza che rivelino come vicina la venuta del regno di Dio.

Il primo di questi scrittori è Daniele che descrive, in un susseguirsi di immagini drammatiche, il crollo di tutti i grandi imperi terreni e l'instaurarsi del regno dei santi dell'Altissimo (Dn 7). Dopo di lui, numerosi altri autori parlano dell'imminenza di un capovolgimento di tutte le situazioni di dolore. Si rendono conto che il mondo antico è ormai alla fine e scorgono un mondo nuovo che sta per fare irruzione.

Il passaggio dall'era antica alla nuova, sarà preceduto da un periodo di calamità e di afflizioni. Poi ci saranno dei segni: il sole e la luna si oscureranno, appariranno spade nel cielo, gli uomini lotteranno gli uni contro gli altri, ci saranno terremoti, fuoco e fame... Questi non saranno segni di morte, ma dolori che, come quelli del parto, preludono alla nascita di una nuova vita.

Un'altra corrente che potremmo definire spiritualista concepisce il regno di Dio non come una realtà terrena, ma come l'annientamento dei malvagi operato dal giudizio di Dio. Gli israeliti del tempo di Gesù pregavano così: Che egli stabilisca il suo regno durante la nostra vita, ai nostri giorni, mentre è viva tutta la casa d'Israele, presto e in un tempo prossimo (Qaddish). Dal tuo luogo, o nostro re, risplendi e regna su di noi, perché noi attendiamo che tu regni in Sion” (3a Benedizione).

Riferendosi alla rivolta che doveva portare nel 70 d.C. alla distruzione di Gerusalemme, ecco cosa ci dicono tre storici riguardo alle attese del regno da parte dei giudei:

"...Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un'ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui, in quel tempo, uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, 6,312-314).

"La maggior parte dei giudei era convinta che fosse scritto negli antichi testi dei sacerdoti che in quell'epoca l'Oriente avrebbe dimostrato la propria forza e che degli uomini partiti dalla Giudea sarebbero diventati i padroni del mondo(TACITO, Hist. 5,13).

"Si era avvalorata in tutto l'Oriente un'antica e costante credenza che, per disposizione dei Fati, quelli che in quel tempo fossero venuti dalla Giudea otterrebbero la signoria universale (SVETONIO, Vesp., 4,9). Su questo sottofondo di attese e speranze risuonano le voci del Battista e di Gesù di Nazareth.»

Il regno di Dio è in mezzo a voi! A Maggi - studibiblici.it-Appunti da conferenze

Lc 17:21 «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché».
il regno di Dio è in mezzo a voi!
" Tutte le speranze che il popolo di Israele ha nutrito per tanti secoli stanno per compiersi in Gesù. Da un lato egli prende le distanze da chi dà alla sua missione un'interpretazione politico-nazionalistica (Mt 4,8s.). Dall'altro ha cura di evitare che il Regno da lui predicato venga inteso come una realtà puramente interiore.

Il Regno di Dio è -
- un banchetto dove tutti sono commensali e nessuno è padrone.
- il regno di chi si fa povero affinchè nesuno sia bisognoso. Chi invece   rifiuta la logica della gratuità è fuori dal regno ed entra nel pianto e   stridore di denti (Mt 22).
- una vigna dove non si merita lo stipendio (Mt 20,1-16).
- una realtà che cresce per una sua forza di Vita irresistibile (Mc 4,26,29).
- grano che cresce fra zizzanie (Mt 13,24-30).
- lievito che fa diventare pane saporito chi lo accoglie (Mt 13,33).
- senape che diventa albero che accoglie gli uccelli (Mt 13,32).
- la vera perla e il vero tesoro (Mt 13,44-46).
- una realtà dove coesistono pesci buoni e cattivi (Mt 13,49-50).

Il Regno sarà totale e completo in tutto l'universo e in ogni uomo solo quando Cristo
(1 Cor 15,24-28) “consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni potenza nemica... e aver posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte... e Dio sarà tutto in tutti” . " .... Gesù inizia la sua attività pubblica e nella sinagoga dice la preghiera del Kaddish giudaico che termina così : «possa egli stabilire la giustizia del suo regno nella vostra vita e lungo i vostri giorni e nella vita di tutta la casa di Israele, presto e velocemente» ...

La tragica esperienza della monarchia, nata e morta nel giro di quattro re, portò il popolo a proiettare in Dio stesso l'ideale di un re difensore dei poveri e degli oppressi e nel cui regno si sarebbe amministrata una giustizia perfetta. "Padre degli orfani e difensore delle vedove" (Sal 68,6; cf 146,9), Dio si sarebbe preso cura di tutti gli emarginati (cf Mi 4,6-7), raffigurati dalle categorie della vedova, dell'orfano, persone che più di altri erano vittime di soprusi in quanto privati di un uomo che li potesse soccorrere.

Gesù indica che il regno, già presente con la volontaria scelta da parte dei suoi discepoli della condizione di povertà per le beatitudini , si estenda, e allarghi i suoi confini a tutta l’umanità.
Questo regno deve ancora crescere e diffondersi, e saranno gli uomini a decidere se appartenervi o no. I credenti vi appartengono già: "E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13; cf Ap 1,6).

La regalità del Padre che la comunità ha sperimentato, e che chiede si estenda anche ad altri, non viene esercitata privando l’uomo dei suoi averi e sottraendogli energie,ma arricchendolo dei beni ed energie divine che gli comunicano la stessa vita indistruttibile di Dio. Dio, come re, non governa i suoi imponendo delle Leggi da osservare, ma comunicando il suo stesso Spirito che li rende capaci dei suoi stessi gesti d’Amore.

Nel regno, ambito dove l’Amore reciproco è norma di comportamento, la paternità di Dio viene sperimentata nei quotidiani gesti di perdono e nella generosa condivisione, che rendono visibile la “santificazione” del Padre. Il Padre non domina i suoi ma si mette al loro servizio.
L'estensione del regno di Dio ha un orizzonte universale che supera ed abbatte ogni tipo di confine o barriera innalzati dagli uomini.

Questo regno non è più limitato a un popolo o a una nazione (il "regno di Israele" che i discepoli speravano ancora fosse ristabilito da Gesù risuscitato, At 1,6) ma, svincolato da ogni elemento nazionalista, è aperto a tutti coloro che vorranno far parte del regno del Padre (Lc 12,32).
Il bandito crocifisso con Gesù non ha alcun merito per accedere al regno (“Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”). Gesù non solo lo accoglie, ma gli concede la sua stessa dignità: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,4243)

In questo regno non si entra per i meriti degli uomini ma per la misericordia del Padre.
Questo regno non diventa realtà storica unicamente per un intervento divino calato dall'alto, come l'attendevano i farisei che chiedono a Gesù: “quando verrà il regno di Dio?” (Lc 17,20), o gli stessi discepoli che “credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro” (Lc 19,11), ma esige ed è condizionato dall'impegno dei credenti di entrare volontariamente nella condizione dei poveri. Il regno di Dio è dei poveri: “Beati voi, che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20).

La realtà del regno dipende dalla risposta di quanti hanno accolto l'invito di Gesù (“lasciato tutto lo seguirono” Lc 5,11) e entrano volontariamente nella condizione di “poveri” Su costoro il Padre può esercitare la "regalità" e "paternità" che sono così strettamente legate da poter divenire l'una sinonimo dell'altra : Dio esercita la sua regalità manifestandosi Padre, e la sua paternità si manifesta prendendosi cura, come il re ideale, di tutti i poveri e dei più deboli della società.
Per questo Gesù avverte i suoi discepoli che “chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà” (18,17). Il bambino nella cultura ebraica era colui che si trovava all'ultimo posto della scala sociale, ed era ritenuto senza alcun valore.

Solo chi accetta di mettersi con gli ultimi ha l'accesso al regno, agli altri, i “primi”, è negato: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!” (Lc 18,24-25)
La petizione del Pater non è una richiesta per l'avvento del regno, ma è la preghiera di quelli che ne fanno parte affinché questo regno si estenda. Coscienti che gli effetti del regno si manifestano unicamente su quelli che si situano nel raggio d'azione del Padre, i poveri per amore chiedono nella petizione del Pater che il regno di Dio, del quale hanno già esperienza, si allarghi e raggiunga ogni uomo. "
La Novità del Regno F. Armellini. Libretto del Padre Nostro

".. Gli apocalittici del tempo di Gesù attendevano il Regno, ma lo facevano in modo completamente passivo, convinti di non poterci proprio far nulla. Pregavano perché Dio capovolgesse miracolosamente la loro condizione, distruggesse i malvagi e facesse prosperare i giusti.

Il cristiano non prega così, non invoca il Padre affinché instauri il Regno a colpi di miracoli tutti i problemi, mentre egli rimane nell'inerzia. Prega perché il dialogo con il Padre lo introduce nella visione che egli ha del mondo, dell'uomo e della storia.

È la preghiera che crea la disposizione interiore per accogliere il dono di Dio. Se non si prega non ci si sintonizza sulle beatitudini del monte, non si comprende che solo diventando poveri in Spirito si è accolti nel Regno dei Cieli.

Inoltre, colui che prega perché venga il Regno, ricorda continuamente a se stesso che il Regno non è ancora venuto definitivamente né nel mondo né in lui. La preghiera gli fa dunque superare la tentazione del fanatismo, cui va soggetto chiunque identifichi se stesso con il Regno. Il Padre nostro è una preghiera impegnativa. La possono recitare tutti, ma esige disposizioni che non sono di tutti.

La chiesa non è il Regno di Dio ma è a servizio di questo Regno e il suo servizio finirà quando il Regno di Dio avrà raggiunto la sua pienezza. .."

sia fatta la tua volontà Fare l a volontà di Dio

Gv 6,38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Gv 6,39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno .
Gv 6,40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno ».
Gv4,34 Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e // compiere la sua opera ».

La volontà di Dio si è manifestata nell' opera divina della creazione  e il suo compimento è l' UOMO SPIRITUALE DEFINITIVO, CELESTE
Mt 7,21 Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Mt 12,50 Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».


Posizionarsi nella volontà di Dio è camminare verso il compimento dell'UOMO SPIRITUALE  nella comunità della carità  dei discepoli evangelizzatori
Il Libretto del Padre NostroF. Armellini.

"Sia fatta" : il l verbo greco gignomai non significa fare, ma divenga realtà, si realizzi. Come quando un progetto sulla carta diviene una costruzione... È un disegno che deve farsi realtà.  " »

" Qualcuno ha quasi paura a pregare il Padre nostro proprio per questa richiesta. Teme che il Signore lo prenda in parola e invii qualche prova dolorosa. Ma questa è una domanda gioiosa o una espressione di chi si è rassegnato e spera che Dio non gli chieda troppi dolori e sacrifici?

Dietro questa concezione c’è un’immagine di Dio onnipotente che potrebbe evitarci ogni dolore, ma con decisioni arbitrarie mette alla prova la nostra fede in Lui e a noi non resta che chinare il capo.

Una frase di Gesù sembrerebbe favorire questa interpretazione. Nel Getsemani prega: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà” (Mt 26,42). Il suo desiderio – come quello di ogni uomo – è vivere, mentre la volontà del Padre contrasta con questa sua pulsione naturale. E allora china il capo… Ma è questo il significato?

A conferma si cita anche il detto di Gesù: Non si vendono forse due passeri per un asse? Ebbene, uno solo di essi non cadrà senza il volere del Padre vostro (Mt 10,29). Da questa frase è nato il detto: Non cade foglia che Dio non voglia. Ma il testo non dice senza che il Padre lo voglia, ma dice all’insaputa (àneu) del Padre vostro. Nulla cioè sfugge al suo progetto di amore.

Gesù dichiara che nessuna forza riuscirà mai a provocare il fallimento del progetto del Padre.
Va comunque chiarito cosa si intende per volontà di Dio su cui insistono i testi evangelici: Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma solo colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli (Mt 7,21). Un uomo aveva due figli. Andò dal primo e disse: Figlio mio, va' e lavora oggi nella vigna! Rispose: Sì, signore! ma non andò. Allora si rivolse al secondo figlio e gli disse lo stesso. Quegli rispose: Non ne ho voglia. Più tardi, tuttavia, si pentì e vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del loro padre? (Mt 21,28-31). Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli: chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questo è per me fratello, sorella e madre (Mt 12,49-50).

L'interpretazione più immediata sembra orientare verso un'osservanza di tipo morale. Cioè: fa o Padre che tutti gli uomini osservino i tuoi comandamenti. In cielo questo avviene già, come ci dice molto bene il Salmo 103 che descrive gli angeli pronti a scattare ad ogni cenno del loro Sovrano: Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola... suoi ministri, che fate il suo volere (v. 21)

Ma che significa obbedire a Dio? Paolo dice: Gesù si fece tapino, divenendo obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,8). In genere il testo è interpretato in senso moralistico. Ma non è così! Gesù è obbediente non a comandi esterni, ma alla sua identità di Figlio di Dio.
Quando Paolo dice: Gesù fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce, dice che Gesù è stato Figlio in pienezza, in modo integrale , fino alla morte. Non poteva far altro che essere fedele alla propria identità di perfetta immagine//somiglianza del Padre. E la manifestazione massima di questo amore incondizionato e totale non poteva che essere il dono della vita intera.

L’obbedienza fondamentale a cui siamo chiamati, è obbedienza alla pienezza dell’immagine di Dio che è in noi. Noi siamo stati creati con l’immagine indelebile di Dio dentro di noi. In noi è posto il germe della vita dell’Eterno. La volontà di Dio non è un comando che viene da fuori, viene dal cuore, è la mia identità di figlio.
Il seme cresce e diviene spiga di grano non perché obbedisce a qualche ordine esterno, viene dalla sua natura di chicco. Così il fiore cresce ed emana profumo non per un ordine esteriore.

La volontà di Dio è che noi   "siamo noi stessi".
".. La preghiera non cambia Dio, ma colui che prega. Quando auspichiamo che “la volontà del Padre si compia” noi ci collochiamo nella disposizione giusta per accogliere il suo dono. Non solo, ma la preghiera risveglia costantemente in noi la coscienza di appartenere alla famiglia dei figli dell’unico Padre e all’impegno perché in tutti si compia questa volontà del padre..."

L’obbedienze al Padre è lasciare che questa immagine di Dio si sviluppi e giunga a maturazione per assomigliare sempre di più all’Unigenito. Senza questa obbedienza, il germe divino potrebbe rimanere sempre in embrione.
Non c’è da temere che Lui abbia in programma qualcosa che possa farci del male o farci soffrire. La costante e perfetta sintonia della volontà umana di Gesù a ciò che gli richiedeva la sua identità di Figlio Unigenito del Padre lo ha fatto crescere durante tutta la vita in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).

Quindi non "ci si rassegna a fare la volontà di Dio", ma si risponde al desiderio profondo della nostra identità. In questa volontà è la nostra vita e la nostra gioia
“così in cielo come in terra” ... A Maggi . Appunti da conferenze studibiblici.it

« Così come è realizzata in Cielo la Sua volontà di compiere la creazione nella perfezione definitiva di Gesù risorto , l'Uomo definitivo, così sia fatta in terra nella comunione di Spirito con Lui e con Gesù , nella comunità della carità per le beatitudini.
Gv 5,30 Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.


".. Gesù aveva inviato i suoi dodici discepoli ad annunziare il regno di Dio (Lc 9,1) In realtà la missione dei dodici non ha avuto l’effetto sperato a causa del nazionalismo dei discepoli, tenacemente attaccati all’idea del regno di Israele e della sua supremazia sugli altri popoli.

I dèmoni che possedevano ebrei e pagani sono le ideologie religiose , le filosofie e le credenze popolari che impediscono di comprendere ed accogliere Gesù, Colui-che-salva.
Chiamati a seguire colui che è venuto per servire, i discepoli continuano a nutrire sentimenti di ambizione e di grandezza che li rende refrattari all’annuncio di Gesù (Lc 22,24-27).

Nel libro degli Atti l’autore scrive che Gesù risuscitato si mostrò ai dodici per ben “quaranta giorni apparendo loro e parlando del regno di Dio”. Ma costoro alla fine gli domandarono: “Signore, è questo il tempo in cui ristabilirai il regno per Israele?” (At 1,3.6).

Questo tenace attaccamento alla tradizione nazionalista fa sì che nonostante Gesù abbia dato loro “forza e potere su tutti i demòni” (Lc 9,1), essi sono incapaci di liberare i posseduti:
[ dallo spirito nazionalista ] “Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti” (Lc 9,41).

Non solo i discepoli non riescono a cacciare i demoni, ma intendono impedirlo anche a quanti vi riescono: “Abbiamo visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non ti segue insieme a noi” (Lc 9,50).

Animati essi stessi dal demònio della supremazia e della violenza non possono liberare quanti ne sono posseduti (“sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande, Lc 9,46).

Visto l’insuccesso dei dodici discepoli, Gesù ne invia “altri settantadue. Mentre dodici è il numero che raffigura il popolo di Israele composto dalle dodici tribù (Lc 6,13), ed è rappresentato dai discepoli di Gesù (Lc 6,13), i settantadue, che mai vengono definiti discepoli, richiamano il numero dei popoli pagani secondo l’elenco di Genesi 10 -LXX.

Il numero svincola i settantadue da Israele, e indica un’apertura universale. La missione ottiene i frutti sperati e “i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc 10,17). E’ a questo proposito che Gesù esclama: “Vedevo il satana cadere dal cielo come una folgore”.

Mentre i dodici discepoli, animati da sentimenti di supremazia e di vendetta sugli altri popoli, avevano chiesto a Gesù di distruggere tutti gli abitanti del villaggio samaritano che non li aveva ricevuti (“Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” Lc 9,54), l’effetto della predicazione dei settantadue è la caduta dal cielo non di un fuoco che distrugga gli uomini, ma del satana distruttore degli uomini.

L’affermazione di Gesù si rifà a quelle che secondo il Talmud erano le funzioni del satana. La residenza abituale del satana si credeva fosse il cielo, da dove faceva la spola continuamente verso la terra per spiare il comportamento degli uomini e poi poterli accusare di fronte a Dio ((κατήγωρ- l'imputatore-accusatore ) .

Il ruolo del satana consisteva nel sedurre gli uomini, accusarli dinanzi a Dio e infliggere così la pena di morte. Da quando Gesù ha annunciato che l’amore del Padre non viene condizionato dal comportamento degli uomini, e che il suo amore continua a effondersi su tutti quanti, il ruolo di accusatore esercitato dal satana diventa inutile.

Il Padre non ascolta le accuse e tantomeno punisce perché “egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35). Per questo Gesù esulta, perché come scriverà l’autore dell’Apocalisse “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio (κατήγωρ) giorno e notte" (Ap 12,9-10).

L’esultanza di Gesù viene così descritta dall’evangelista: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito santo e disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Sì, Padre, perché così hai voluto nella tua bontà” (Lc 10,21).

L’avvenimento è importante perché è l’unica volta, in tutto il vangelo, in cui si parla della gioia di Gesù. Questa si deve al fatto che finalmente c’è un gruppo di discepoli che è stato capace di liberare la gente dalle false ideologie che la imprigionano.

Alla pienezza di gioia dei settantadue, corrisponde l’esultanza di gioia da parte di Gesù, nello Spirito santo, che rivolge la sua lode al Padre , “Signore del cielo e della terra”.

Una volta cacciato l’intruso dal cielo (il satana-κατήγωρ ) , finalmente il Padre può essere proclamato Signore del cielo e della terra e la sua signoria proclamata “così in cielo come in terra” (Mt 6,10). "  

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