Piccolo Corso Biblico

Io sono la LUCE del mondo. TILC- Gv 9, 1Camminando, Gesù passò accanto a un uomo che era cieco fin dalla nascita. 2I  I discepoli chiesero a Gesù: —  Maestro, se quest’uomo è nato cieco, di chi è la colpa? Sua o dei suoi genitori? 3Gesù rispose: — Non ne hanno colpa né lui né i suoi genitori, ma è così perché in lui si possano manifestare le OPERE di Dio.Il peccato - o... ciò che gli uomini religiosi ritengono derivato dal peccato come le malattie inguaribili - va visto come " mancanza, carenza di qualcosa che DIO deve ancora fare nel peccatore perchè possa avere la pienezza di vita umana ".

Dio vuole che l'umanità giunga alla pienezza di vita e il peccato è visto da LUI  come " mancanza di guarigione", una " guarigione da FARE".
4 Finché è giorno, io devo FARE le OPERE del Padre che mi ha mandato. Poi verrà la notte, e allora nessuno può agire più.
Gesù è stato inviato dal Padre  per FARE  le OPERE   di guarigione che ancora devono essere fatte nei malati-peccatori  perchè abbiano la pienezza di vita.

Le OPERE DI GUARIGIONE dalle malattie ( che i giudei attribuivano ai peccati) fatte da Gesù erano SEGNI del Suo POTERE di GUARIRE DAL PECCATO.
5Mentre sono nel mondo, io sono la LUCE del mondo. 6 Così disse Gesù,...La cecità  del CIECO nato era percepita dai giudei come intimamemente legata al peccato  ( suo o dei suoi antenati ) ; Gesù aveva appena detto che quella cecità-peccato andava invece vista come  mancanza di un' OPERA di GUARIGIONE che DIO doveva FARE   e che Lui era venuto nel mondo per farla.

E dice al cieco :  Io sono la LUCE, quella LUCE che ti manca e che il Padre mi ha mandato a darti.
Il peccato dell'uomo rivela che l'umanità è cieca dalla nascita : l'  uomo  non ha in sè una LUCE che gli indichi il cammino per giungere al compimento del suo essere, la pienezza della sua umanità, nè la Forza per compierlo.

Gesù , l'inviato di Dio , è questa LUCE e questa FORZA.
poi sputò in terra, fece un po’ di fango e lo mise sugli occhi del cieco. 7Poi gli disse: — Va’ a lavarti alla piscina di Siloe (Siloe vuol dire «mandato»). Quello andò, si lavò e tornò indietro che ci vedeva Gli occhi sono organi che sono stati "formati dalla luce" e  se non vedono significa che la luce deve OPERARE  ancora su di loro.

La guarigione del cieco nato è il segno della LUCE e // FORZA che Gesù è venuto a DARE all'umanità peccatrice per GUARIRLA DAL PECCATO così che possa giungere alla sua pienezza di vita :  Mt 9,13 ..Io non sono venuto a chiamare quelli che si credono giusti, ma quelli che si sentono peccatori.
La Forza che manca all'uomo del mondo antico è la LUCE DIVINA e i peccati ne sono il segno.

Il peccato rivela la cecità degli uomini, ricorda all'umanità che è cieca : non può VEDERE la VERITA' , il CAMMINO verso la  sua felicità definitiva a meno di volgersi verso Gesù - LUCE del mondo .

Solo il dono della LUCE che viene da Gesù " apre " i NUOVI OCCHI che  VEDONO la Verità e La seguono.
Una BUONA NOTIZIA.
« Il sognatore ... sogna e si illude di essere sveglio. Agisce, va, viene, parla. In realtà è coricato e dorme . La mancanza di Forza è cecità, è il sonno. La mancanza della Forza ti chiude gli occhi, ma quando saranno riempiti della Forza, si apriranno da soli.» [Dialogues avec l'Ange, Entr. 22 avec Gitta- Ediz. DeNoel-Paris]
L'uomo del mondo antico vede perchè la luce entra nei suoi occhi; l'UOMO del MONDO NUOVO VEDE perchè la LUCE esce dai suoi NUOVI OCCHI e illumina la Realtà  disvelando la VERITA delle cose : il Progetto di Dio  . L'UOMO NUOVO ha LUCE e FORZA , ha NUOVI OCCHI che VEDONO, ma non ancora il modo perfetto // definitvo : 2 Corinzi 5, 7 VIVIAMO nella fede e non VEDIAMO ancora chiaramente.L' UOMO che VIVE nella fede VEDE la Verità, il Progetto di Dio, l'UOMO immortale che Gesù rivela  ma non  VEDE ancora chiaramente : può ancora " nascondersi " alla LUCE e  se lo fa per scelta , « il peccato - malattia - cecità rimane» in lui.Giovanni 9, 41 «Se ( voi giudei religiosi ) foste ciechi ( per natura) , non avreste colpa; invece
( voi che avete ricevuto la LUCE della profezia e della Sapienza di DIO )
dite: “Noi vediamo”
(Conoscete la LUCE della Profezia e della Sapienza ma fate il contrario, peccate : siete ciechi per scelta ) .
Così il vostro peccato rimane».

Ciò che ancora non è BENE L'UOMO NUOVO ha ricevuto la LUCE , lo SPIRITO della PAROLA di Gesù ( // la VERITA', LA VITA, LA GRAZIA; etc.) e tutto ciò che è illuminato dalla LUCE bello // buono // vero // giusto " .  Dio creò il mondo e Gn 1, 10 E Dio vide che era bello. ( Tommaso d'Aquino : ( ens, res, unum, aliquid, verum, bonum.)La LUCE - Gesù pone fine al peccato nell' uomo quando  viene completamente cancellato il passato ( cioè il peccato che è avvenuto ).

UOMINI e DONNE che ancora peccano si devono vedere non come malati  ma come " non ancora pienamente guariti: questo cambiamento di VISIONE  fa sparire il passato (cioè il peccato ) e li fa correre verso Gesù per dire: " Signore, fa che io VEDA "La tentazione al peccato è mancanza di FORZA è cecità, sonno e va vista come un RICHIAMO per correre subito da Gesù e farsi riempire di LUCE - FORZA.

Chi VEDE il peccato come segno di una malattia che Gesù è venuto a guarire corre  verso la SUA PAROLA così che la FORZA, // lo Spirito, // la VITA che da essa fluisce" gli guarisca - ricrei gli occhi" ed essi  si aprano  come NUOVI OCCHI  che VEDONO la VIAdella VITA immortale ( che è STRETTA ) e lui si decida ad imboccarla!
Altrimenti ... il peccato rimane! ..una malattia.
L'  UOMO che ancora pecca guardi al se stesso  come Gesù guardò al  cieco nato : in lui manca ancora un OPERA di Dio e subito corra da Gesù che è pronto a FARE quest'OPERA, la GUARIGIONE.

 Luca 15, 18  Mi alzerò, andrò da mio Padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te, ... GUARISCIMI che io VEDA!
“LA PARABOLA DELLA MISERICORDIA DI DIO” . Luca 15, 11-31
di Alberto MAGGI . Conferenza tenuta a Montefano il 22-04-2001 in occasione del venticinquesimo anniversario della sua ordinazione presbiterale.. www.studibiblici.ir - Trasposizione da audio-registrazione non rivista dall’autore
Qual è il tema di questa parabola?

L’evangelista vuol rispondere alla domanda: cosa deve fare l’uomo peccatore per ottenere il perdono di Dio?

Questa parabola dovrebbe – ma non credo che ci riusciremo - mettere la parola fine a quella domanda che continuamente assilla le persone: perchè la confessione?Perché stride l’annunzio di Gesù, con quella pratica che conosciamo sotto il nome di confessione, anche se ormai da quasi trent’anni è stata cambiata nella forma e nella sostanza e viene ora chiamata il sacramento della riconciliazione.

Io non parlerò naturalmente della confessione o del sacramento della riconciliazione, ma chi ha orecchi per intendere, capirà quello che l’evangelista ci insegna.

Sapete che ogni religione propone i suoi riti penitenziali, i suoi riti purificatori con i quali l’uomo deve espiare la propria colpa  e ristabilire la comunione con il proprio Dio .
Quello che l’evangelista ci dirà, e che anticipiamo, è che il perdono di Dio non va ottenuto per i meriti dell’uomo, ma viene accolto come dono gratuito dell’AMORE di Dio.

Quindi non si viene perdonati per le azioni che uno fa per ottenere il perdono, ma il perdono viene concesso come dono gratuito e anticipato da parte di Dio.
Il contesto nel quale si muove la parabola è quella del malumore contro Gesù da parte di scribi e farisei, per il suo atteggiamento nei confronti dei peccatori. Per peccatori si intendeva, a quell’epoca, tutti coloro che non volevano o non potevano osservare tutti i dettami della Legge.
Scribi e farisei accusano Gesù di non essere un maestro spirituale serio perché il suo comportamento, nei confronto dei peccatori, è contro tutta una tradizione biblica e religiosa del popolo d’Israele. Se voi leggete i salmi, c’è un salmo in cui il pio salmista - e le persone pie sapete sono sempre le più pericolose - dice: «ah, se il Signore sopprimesse tutti i peccatori della terra!», perché l’idea di Dio, del Padre Eterno, era di colui che elimina il male.

Una delle espressioni che spesso si sente dire: ah, se fossi il Padre Eterno! Ecco, l’immagine che abbiamo del Padre Eterno, è un Dio micidiale. Se fossi il Padre Eterno, cosa farei? Beh, intanto eliminerei tutti i cattivi, i malvagi, i peccatori, eliminiamo le persone che non la pensano come me e chi rimane? C’è questa idea di un Dio micidiale, che elimina tutti quelli che non la pensano come noi.
La tradizione insegnava che i peccatori sarebbero stati eliminati fisicamente dalla venuta del Messia.

Quando Gesù, che viene riconosciuto come Messia, si trova con i peccatori, non soltanto non li minaccia, non li elimina, ma fa una grande festa con loro.

Quando Gesù incontra un peccatore non gli dice: «pentiti, fai penitenza», dice: «accoglimi e facciamo festa», e la festa si fa in tutte le culture con un pranzo.

Quando Gesù invita un peccatore a seguirlo, non lo manda a fare esercizi spirituali per purificarsi, ma gli dice: «senti quanto è grande l’AMORE che io ho per te!».
Questo provoca la reazione degli scribi, cioè coloro che insegnavano la Legge, e i farisei, coloro che la praticavano in tutti i dettagli, che si rivoltano contro Gesù, che mangia, - mangiare insieme, sapete in oriente si mangia tutti in uno stesso piatto, significa comunicazione di VITA - con i peccatori, quindi è peccatore anche lui.

Allora Gesù, a queste categorie di persone, i perfetti osservanti, i zelanti ortodossi, le persone devote e bigotte, a queste persone rivolge queste parabole. Non sono quindi parabole tanto per la comunità dei discepoli, ma parabole rivolte a un determinato tipo di persone, quelle persone che credono che l’Amore di Dio va meritato.

L’abbiamo detto tante volte, l’Amore di Dio ( LUCE // VITA // GRAZIA // SPIRITO // VERITA' // SAPIENZA... n.d.r.] non va meritato ma va accolto. Allora Gesù, a queste persone, dirige tre parabole:
1. quella della pecora perduta (Lc 15,3-7),
2. quella della moneta perduta (Lc 15,8-10),
3. e poi quella conosciuta come “del figliol prodigo” (Lc 15,11-32), che spiega il perché di quest’amore da parte di Dio.

Leggiamo dal capitolo 15 del vangelo di Luca questa parabola. Ho scelto questa parabola perché è il concentrato teologico di tutto il vangelo ed è quella che, se compresa cambierà il nostro rapporto con Dio e di conseguenza cambierà il nostro atteggiamento con gli altri. Quindi è importantissima, vediamo di esaminarla.

Lc 15, 11“Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il minore di loro disse al padre: Padre, dammi la parte che mi spetta dei beni. Ed egli divise tra loro il patrimonio» È importante questa prima indicazione dell’evangelista per comprendere tutto il seguito della narrazione.

L’uomo ha due figli, il più piccolo non aspetta la morte del padre - per lui il padre è già morto - e pretende la parte di eredità. Il padre acconsente, non dà soltanto la parte dell’eredità al figlio che la richiede, ma divide tutto il suo patrimonio tra i due figli, quindi anche l’altro figlio che non aveva chiesto niente, da questo momento si trova in possesso di tutto il patrimonio famigliare.

Secondo le leggi dell’epoca, il padre godeva di una specie di usufrutto fintanto che era in vita, ma intanto il patrimonio era già tutto quanto del figlio maggiore, che - per comprendere la parabola è importante - riceveva il doppio del minore. Il primogenito, a quell’epoca, era il figlio più importante per cui riceveva il doppio di quello che aspettava agli altri figli. Pertanto questo padre non dà soltanto al figlio minore una parte di eredità, ma il doppio, cioè tutto il suo patrimonio, lo dà anche all’altro figlio.

13 Dopo non molti giorni, raccolto tutto, il figlio minore partì in viaggio verso un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. -‘paese lontano’ è una formula biblica che indica un paese pagano, quindi non si allontana soltanto dal padre ma si allontana anche da Dio, dalla religione - “dove disperse”, - dissipò – “il suo patrimonio”. Notate la contraddizione:
mentre era in casa, ha potuto raccogliere tutto;
appena fuori, ha disperso tutto.

È questo il peccato del figlio : che tutto quel patrimonio, il frutto di lavoro, di sacrificio da parte del padre, lui in un attimo lo dissipa, lo disperde. Quindi ha dilapidato tutto quello che aveva ricevuto, per cui dimostra anche di non essere una persona intelligente. Ora che i soldi non ci sono più, non solo si ritrova a non aver niente, ma non essere neanche niente.

Ciò che dà il valore alla persona – in quell’ambiente, ma anche nel nostro - è la quantità di denaro che ha. Fintanto che ha denaro è qualcuno, non avendo più denaro, non è più niente. Quindi disperdendo il denaro ha perso anche la sua identità, anche lui un nulla.

Ancora una volta, secondo l’evangelista, mammona, il dio del profitto, il dio dell’interesse, ha divorato chi confidava in lui. Quindi il giovane rimane, non solo senza soldi, ma anche senza identità. Tant’è vero che scrive l’evangelista:

14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.Allora andò a mettersi a servizio - lui che non voleva vivere come figlio con il padre, si trova ora ad andare a servizio dagli altri
- “di uno degli abitanti di quella regione che lo mandò nei campi a pascolare i porci”.

Siamo in terra pagana perchè in terra d’Israele era proibito l’allevamento dei maiali, e il giovane, spinto dal bisogno, va a fare il lavoro più umiliante, più degradante, soprattutto che lo rendeva impuro, perché, essendo il maiale animale impuro, secondo la Bibbia, il contatto con il maiale ti rende impuro [inadeguato a stare alla presenza di Dio ] , cioè il rapporto con Dio viene eliminato.

Quindi il giovane, che non aveva voluto rimanere come figlio in casa propria, adesso è servo di estranei. Ha lasciato il padre e finisce per trovare un padrone.

16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. La condizione di questo ragazzo è quella di una bestia: come un porco, cioè come una bestia immonda, brama di sfamarsi.

Purtroppo, a volte, si sono sentiti commenti errati di questa parabola, e questo ragazzo è preso come esempio di pentimento, esempio di conversione. Attenzione, no!

Questo ragazzo, dall’inizio alla fine, ragiona soltanto in termini economici: dammi i miei soldi. Finisce i soldi, e adesso che è alla fame - e c’è per la prima volta il verbo morire , che apparirà tre volte che significa la completezza

La decisione di " andare dal padre che dà il pane, la vita"
17Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! - “Tornato in se disse: Quanti salariati di mio padre abbondano di pane mentre io per questa carestia muoio”. Quindi il giovane incomincia a ragionare stretto, non dal rimorso del dolore che ha causato al padre o alla propria famiglia, ma dai morsi della fame, e fa un piano lucido :

18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati».20 E alzatosi andò da suo padre”. “mi alzerò e ritornerò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro il cielo” – “contro il cielo” è una espressione ebraica che significa contro Dio – “e contro di te” perché non soltanto ha disonorato il padre con la sua scelta, ma si è allontanato anche da Dio, e vive in una condizione di totale impurità, “non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Fa’ di me come uno dei tuoi salariati. Quindi il giovane sta ragionando esclusivamente per il proprio tornaconto.

Non gli manca il padre, gli manca il pane (// la vita n.d.r.) , e dice: «secondo la Legge ( giudaica) non posso più essere trattato come un figlio perché ho perso ogni diritto, ma almeno mio padre mi accoglierà come un operaio, come un salariato». E quindi decide di andare dal padre ( che gli dà gratis il pane, la vita n.d.r.) .

L'atto di dolore Tenete presente questa formula che lui si è preparata. Al padre si era preparato di dirgli: «padre ho peccato contro il cielo e contro di te non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Fa’ di me come uno dei tuoi salariati». Teniamolo presente, perché poi vedremo che al momento dell’incontro con il padre non riuscirà a formulare completamente questo suo atto di dolore.

Per illustrare il proposito del giovane di tornare nella casa paterna, l’evangelista adopera lo stesso verbo “ritornare” - l’uso particolare di un determinato verbo, che si trova nella Bibbia una sola volta, vuol richiamare l’intero episodio - è quello che si trova nel libro del profeta Osea per la moglie adultera- e questo dà il tono a tutto quello che poi verrà.


Noi, che non siamo così esperti conoscitori della Bibbia, dobbiamo illustrarlo. Cosa è successo a Osea? Osea è il profeta che, dalla tragica situazione matrimoniale, per primo ha scoperto che il rapporto di Dio con il suo popolo è basato sull’amore. Che Dio non perdona gli uomini perché questi si convertono, ma dona il suo amore e questo può causare eventualmente la conversione. Cosa era successo a Osea? Brevemente. La moglie di Osea era una donna abbastanza vivace e ogni tanto, dice Osea, “come le asine o le cammelle in calore quando fiutavano l’odore del maschio, scappava via”.


Osea ogni volta la ritrovava, la riprendeva e se la portava a casa. L’ennesima volta che questa donna gli scappa, Osea perde la pazienza. La rintraccia, e le fa un pubblico processo, le elenca tutte le malefatte e arrivato alla sentenza, - e la sentenza era una sentenza di morte per le donne adultere - disse: «perciò io ti dico» - ma l’amore e più forte del giudizio - «perciò io ti dico: facciamo un altro viaggio di nozze, andiamo nel deserto te e io da soli, e là» - Osea capisce - «non mi chiamerai più padrone, ma marito». Perché il termine ebraico per marito è simile a padrone.


Questa donna scappava perché non aveva un rapporto con un marito, ma con un padrone, e cercava affetto.

Osea, da questa sua esperienza, per primo, comprende che non è vero quello che la dottrina religiosa tradizionale insegnava, che il pentimento era la condizione per ottenere il perdono dei peccati, ma prima c’è il perdono dei peccati e poi, eventualmente, il pentimento e la conversione. Secondo la religione, quando uno ha peccato, si deve pentire per poi ottenere il perdono. Osea, da questa sua esperienza, nella quale accoglie e perdona la moglie prima che gli venga richiesto, capisce che prima viene il perdono e poi, eventualmente, nella persona si suscita il pentimento.

Tornando alla parabola:

20b Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione “Era ancora lontano”, e qui inizia la serie di azioni da parte del padre che sono importanti da comprendere perché in questo padre Gesù riflette le azioni di Dio nei confronti degli uomini e nei confronti dei peccatori.

Per chi ha ancora problemi nella confessione, presti particolarmente attenzione a questa serie di azioni da parte di Dio: “Era ancora lontano quando il padre lo vide”, quindi
il padre è rimasto sempre nella ricerca, nell’attesa del figlio.
Ha rispettato la sua libertà, ma non per questo ha rinunciato al figlio.

Il padre lo vide, e lo vede ancora lontano. Se il figlio aveva rinunciato al padre, il padre no, non ha rinunciato al figlio.
“lo vide e ne ebbe compassione”. Il verbo “avere compassione” , è un verbo tecnico che nella Bibbia indica l’atteggiamento solo di Dio. Per le persone si usa il verbo “avere misericordia ” o “usare misericordia”, ma per Dio avere compassione o usare compassione, perché è il verbo che indica un’azione divina che restituisce Vita la dove Vita non c’è. Nel vangelo di Luca, questo verbo c’è tre volte e sempre in occasione quando c’è una restituzione di vita:
1. Gesù, quando vede la vedova di Nain e gli resuscita il figlio, dice: “la vide e ne ebbe compassione” (Lc 7,13). Quindi il vedere, da parte di Gesù, da parte di Dio, è sempre accompagnato da un’azione di restituzione di vita a chi vita non ce là.
2. Poi c’è nella parabola del Samaritano: il samaritano “lo vide” - il ferito – “e ne ebbe compassione” (Lc 10,33).
3. E poi anche qui, da parte del padre, quindi di Dio, nei confronti del peccatore.
Quando vede il figlio tornare - che tradotto è come dire l’uomo peccatore - non sente ira, non si mette nel trono ad aspettare che l’altro faccia penitenza e, inginocchiato, lo supplichi del perdono, ma: “lo vide e ne ebbe compassione” (Lc 15,20) cioè in Dio incomincia a muoversi una serie di azioni tendenti a restituire Vita là dove Vita non c’è. gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.La prima di queste azioni è inaudita nel mondo orientale: “correndo”. Nel mondo orientale, dove i tempi non sono i nostri, si vive molto più armonicamente e la fretta è considerato un gesto di grande disonore, di maleducazione e una persona sposata, un padre di famiglia non corre mai. Se una persona corre, significa che perde la propria reputazione.

Qui il padre si mette a correre. Per il padre, restituire Vita e dignità al figlio disonorato, è più importante del proprio onore. Per restituire subito l’onore al figlio che l’aveva perso, il padre accetta di perdere il suo. Il padre si disonora per onorare il figlio. Il figlio, col proprio comportamento, aveva disonorato il padre. Il padre, con il suo, gli restituisce l’onore quindi “il padre gli corre incontro”.

E qui c’è un attimo di suspence. Se uno non sa il seguito della parabola “gli si gettò al collo e”- lo strozzò, come minimo. No! Ci aspetteremo…. Perché questa espressione “gli si gettò al collo”.. e invece non lo strozza, ma “ lo baciò”.

Qui l’evangelista riprende alla lettera una espressione che si trova nel primo grande perdono che compare nella Bibbia. Il primo grande perdono che compare nella Bibbia riguarda anche quello un fatto di eredità, e si trova nel libro del Genesi, nell’episodio di Esaù e Giacobbe.

Giacobbe, vigliacco, approfittando che il padre Isacco è ormai cieco e non ci vede - Giacobbe era il secondogenito e sapendo che l’eredità passava tutta al primogenito, ad Esaù - inganna il padre. Gli dice che è Esaù e si fa benedire e la benedizione significava il conferimento dell’eredità.

Figuratevi quando Esaù viene e si trova diseredato perché questo vigliacco di Giacobbe lo ha fregato di tutta l’eredità. Allora Giacobbe, appena ricevuto ufficialmente, giuridicamente, - da quel momento la benedizione non poteva più essere ritirata indietro - prende e scappa perché dice: Esaù, quando mi vede, come minimo mi fa la pelle.

E infatti c’è scritto nel libro della Genesi, che Giacobbe vide da lontano Esaù con più di quattrocento uomini. Una strizza perché dice: è finita. Ebbene, il libro della Genesi dice: “Esaù gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Gn 27,27) E’ il primo grande perdono della Bibbia.
Il bacio, nel linguaggio biblico, significa un perdono che è già concesso.

Quindi il figlio qui non trova un giudice che lo condanna, ma un padre che con il suo amore - ricordatevi : avere compassione - lo ri-genera.

Il padre non rimprovera il figlio, ma lo bacia, segno che il perdono è già stato concesso.
Quante volte, fino alla noia, in questi nostri incontri diciamo che chiedere perdono a Dio è la cosa più inutile che ci sia, perché Dio mai perdona perché mai si sente offeso. Il Padre è una continua comunicazione del suo Amore, per questo
Gesù mai nei vangeli invita i peccatori a chiedere perdono a Dio - non si trova neanche una sola volta - ma sempre, continuamente, invita gli uomini a perdonarsi fra di loro per rendere operativo questo perdono ( che è sempre disponibile n.d.r.) da parte di Dio. Qui il padre non chiede al figlio: cosa hai fatto, come ti sei comportato, ti sei pentito? Lo bacia, cioè ti perdono, già sei tutto perdonato, senza sapere cosa hai fatto e neanche per sapere perché sei tornato. Al padre interessa il figlio, non il suo passato colpevole, e neanche l’elenco dettagliato delle sue colpe: quante volte? Da solo in compagnia? Ti è piaciuto o no?

Il padre, correndo di fronte al figlio, ha già perso la sua reputazione di fronte agli uomini. Ma adesso il padre fa di più. Questo ragazzo è un porcaio, un immondo. Il padre - notate cosa ha detto l’evangelista - gli si gettò al collo.

Toccando il porcaio, l’impurità del porcaio passa pure al padre. Così come prima ha perso l’onore per rendere onore al figlio, adesso accetta di essere impuro per rendere puro il proprio figlio.

21Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». “Ma gli disse il figlio:”- il figlio aveva preparato l’atto di dolore e scrupoloso lo tira fuori - “Padre ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” e il padre non gli permette di continuare.

22Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare,  “Ma il padre disse ai suoi servi” - ricordate l’atto di dolore del figlio che proseguiva:  “non sono più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi salariati”? Il padre non lo fa terminare.

Il figlio - qui è la seconda volta che questo figlio parla al padre, la prima era stata per rivendicare il diritto di figlio di aver parte dell’eredità; adesso, sfumata l’eredità, gli ricorda che non è degno di essere chiamato figlio - il figlio, la mentalità religiosa, ragiona ancora con le categorie del merito, di essere degno o no, e lui ragiona ancora in termini economici perchè essere figlio o meno del padre dipende, per lui, dal possesso o meno dell’eredità.

Il figlio crede che il perdono venga meritato. Questa è la malsana idea della religione, che il perdono deve essere meritato: “non sono più degno di essere chiamato tuo figlio ma trattami come uno dei tuoi operai”. E qui adesso c’è un crescendo di azioni da parte del Signore che sono stupende: “ma disse il padre ai suoi servi: «Presto portate la veste, quella migliore, e rivestitelo»”.
Abbiamo visto come il perdono è già stato concesso. Adesso c’è, come primo regalo simbolico a questo figlio scellerato, la veste che non è soltanto, come i pittori o i film ci fanno intendere, per rivestire il porcaio di abiti degni.

La veste era una onorificenza che indicava il pieno ripristino nella dignità che aveva prima.
E anche qui il riferimento è al libro della Genesi. Conoscete tutti l’episodio di Giuseppe e il faraone. Sapete che Giuseppe era finito in carcere per sottrarsi alle voglie della moglie del faraone. È stato calunniato, è stato in carcere, poi finalmente è venuta fuori la sua innocenza.

Quando il faraone lo rimette a capo di tutto il paese d’Egitto, dice: “si tolse di mano l’anello” - adesso vedremo anche l’anello – “lo pose sulla mano di Giuseppe, lo rivesti di abiti di lino finissimo”. Quindi non si tratta di cambiare un abito sporco con abiti decenti, ma una onorificenza che indica grande autorità e dignità.
Questo ragazzo, che ha perso tutto, che ha perso l’onore, ha perso la reputazione, che ha perso il rapporto con Dio, il primo gesto del padre è di ripristinarlo nella dignità totale che aveva prima, senza nessuna garanzia.

Il padre non lo minaccia, non lo ammonisce, ma addirittura lo premia. Cioè gli dà la stessa dignità che aveva prima.
mettetegli l'anello al dito “E datogli l’anello nella mano”, l’anello non è un semplice monile ma è la consegna del sigillo della famiglia. Possedere l’anello significava essere a capo di tutta l’amministrazione. Anche qui l’evangelista si rifà a delle espressioni dell’Antico Testamento. Nel libro di Ester si legge: “Il re si tolse l’anello che aveva fatto ritirare ad Aman, e lo diede a Mardocheo. Ester affidò a Mardocheo l’amministrazione della casa che era stata tolta ad Aman” (Est 8,2). Qui il padre fa un gesto pazzesco.
L’anello, oggi potremo dire era la carta di credito, il libretto degli assegni della casa.

Ebbene a questo figlio incapace, che in breve tempo ha dissipato tutto il suo patrimonio, il padre lo rimette nella dignità di prima e addirittura gli dà l’anello, cioè lo mette a capo dell’amministrazione della casa.
Ma siamo matti? Un padre che si comporta così è pazzo perché noi non sappiamo - naturalmente è una parabola, e non ne conosciamo il seguito - ma chi ci dice che la notte stessa, quando tutti dormono ormai ubriachi per la festa, il figlio ha la veste bella, quindi la dignità, ha in mano il sigillo dell’amministrazione della casa, scappa e la mattina dopo il padre si ritrova in mutande perché questo figlio gli ha preso tutto?

Perché non c’è nessuna garanzia che questo figlio si sia pentito, lui è tornato a casa per interesse: «qui faccio la fame e là mangio». Lo abbiamo detto anche prima: non gli manca il padre, gli manca il pane, quindi non è tornato per il rimorso, ma per interesse.

E chi dice che di fronte a tutto questo fluido d’amore il figlio non se la svigni la notte stessa? Può darsi! Ma questo è il rischio dell’amore.
Gesù vuol far comprendere che l’amore di Dio viene concesso anticipatamente e gratuitamente senza nessuna precondizione .e i sandali ai piedi. E c’è un altro particolare, “i sandali ai piedi”. Togliere i sandali ai piedi era una delle espressioni che accompagnavano le manifestazioni di dolore, di lutto.
Rimetterle i sandali significava la fine di un periodo di lutto o  di tristezza.
Per il padre, la mancanza del figlio l’aveva vissuta come un lutto, adesso il lutto è finito e bisogna restituire la gioia a questa casa.

23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, “E portato il vitello, quello ingrassato, uccidetelo, mangiamo e festeggiamo”. Il tema del vitello grasso è importante perché apparirà per ben tre volte in questa narrazione e il fatto di mangiare tutti insieme vuol dire che ..
questo figlio non sarà un servo nella casa paterna ma sarà pienamente integrato nella vita famigliare.24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».E questa è la motivazione: “perché questo mio figlio era morto, ed è tornato in vita era perduto ed è stato trovato. E cominciarono a fare festa”. Il motivo della festa è la nuova nascita del figlio minore. Quindi l’atteggiamento di Dio nei confronti dell’uomo peccatore è di comunicargli Vita e poi … E cominciarono a far festa. - non mandarlo a fare gli esercizi spirituali perché si ravveda - ….. ma fare festa.

L’incontro dell’uomo peccatore con Dio, non è mai quello sempre avvilente dell’elenco delle proprie infedeltà o delle proprie colpe, ma quello sempre arricchente ed esaltante della grandezza dell’Amore di Dio.

Dio non vuole che noi andiamo da lui in ginocchio supplicando di ottenere il perdono. Dice: «guarda, il perdono te lo già dato, facciamo festa», perché la festa comunica Vita.

E' la Nuova Nascita del figlio minore che viene festeggiata.
Costui si era allontanato dalla casa paterna perché considerava il padre come morto, aveva preteso la sua eredità. In realtà era lui che era andato incontro alla morte, ma adesso è tornato alla Vita e ogni volta che un uomo torna alla Vita c’è soltanto da festeggiarlo.

Notate che il padre non gli mette raccomandazioni: «ti devi comportare così, adesso vedi di regolarti..», ma gli dà un amore gratuito.

E adesso vediamo chi è che rovina la festa:

25Il figlio maggiore Ora suo figlio il più anziano” , il termine anziano, in greco, è presbitero e l’evangelista lo adopera perché ricorda i presbiteri, gli anziani del popolo che insieme agli scribi e ai sadducei, erano i componenti del sinedrio.

E’ a costoro che è stata rivolta la parabola, quindi da adesso inizia a focalizzarsi su quello che è il protagonista assoluto di questa parabola.
La parabola è stata detta a coloro che si ritengono i figli maggiori, coloro che pensano di ottenere l’amore di Dio grazie ai loro sforzi e ai loro impegni : le persone religiose. Le persone che tutto quello che fanno, lo fanno per amore di Dio. È a queste persone che è indirizzata questa parte.

si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; “Il figlio più anziano” - quindi il figlio maggiore - “era nel campo. Quando tornando si avvicinò a casa, udì la musica e le danze”. Quindi sta nei campi, torna a casa, sente la musica e le danze.

La reazione normale di una persona sana sarebbe quella di sentirsi attratti dalla musica e dalle danze, ma la religione non rende le persone sane, la religione rende le persone malate. Quello che doveva essere uno stimolo di vita, lui lo vede con sospetto. Le persone religiose sono delle persone deformate nel proprio intimo e nella propria psiche.
Mentre la fede in Gesù fa crescere l’individuo e lo modifica, la religione distrugge l’individuo. 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». 28Egli si indignò, e non voleva entrare.E infatti cosa fa? Non va a casa. Questo protagonista è già presentato in una luce cupa. “Ed avendo chiamato uno dei servi si informò su cosa fosse tutto questo”. Musiche e danze nella casa di mio padre? Lui non c’è abituato, è una persona grigia, funerea.

“Egli allora gli disse: Tuo fratello e venuto e tuo padre ha ucciso il vitello, quello ingrassato, perché lo ha riavuto sano”. Gli dice il motivo della festa e ci sarebbe da rallegrarsi. “Ma si adirò e non voleva entrare”. Quell’allegria del padre non viene condivisa dal figlio maggiore, che alla gioia del padre contrappone tutta la sua rabbia.

Il figlio maggiore, si trova nella stessa situazione del figlio minore: quello era andato via da casa, e questo non ci vuole entrare. Quindi abbiamo due figli che si trovano nella stessa situazione, ma vedremo che quella del figlio maggiore è più grave. Abbiamo detto che il rifiuto del primogenito di entrare nella casa del padre, richiama l’accusa che Gesù ha fatto a scribi e farisei, dicendo: «Voi non siete entrati nel regno e ci impedite agli altri di entrare».

I farisei credevano che la venuta del regno di Dio, fosse impedita dalla presenza dei peccatori, quali i pubblicani e le prostitute. Gesù, proprio a questa categoria di persone, dice: «sveglia, gente, quelle persone che voi credete che siano esclusi dal regno, guardate che hanno preso il posto vostro, e voi siete rimasti fuori».

Suo padre allora uscì a supplicarlo. “Ora suo padre uscito, lo pregava” . Come il padre è andato incontro al figlio minore, ora va incontro al figlio maggiore. Vedete che il padre non fa differenze, e non fa forza della sua autorità paterna, non lo comanda, ma lo prega. Il padre verso il figlio non si comporta come un padrone ma addirittura come un servo che supplica.

29Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. “Ma egli rispose al padre” - e questa è una fotografia della deformazione che può produrre la religione – «Ecco, da tanti anni ti servo e mai un solo comando tuo ho trasgredito, e mai mi hai dato un capretto perché con i miei amici facessi festa»”.

Il motivo della lamentela del figlio maggiore viene espresso attraverso l’immagine del servizio, del comando, e l’immagine della ricompensa, che sono le tre basi della religione. Bisogna servire Dio, si serve Dio osservando i suoi comandi, come risposta da parte di Dio, c’è una ricompensa. Questo è il ritratto della religione. Quindi il servizio, il comando e la ricompensa. Io servo Dio, lo servo osservando i suoi comandamenti, e come ricompensa ho qualcosa.

Quello che accomuna i fratelli è che entrambi non hanno un atteggiamento di figlio verso il padre, ma di servi verso il padrone. Il primo, il minore, torna a casa sperando di essere trattato come un servo. Il secondo, il maggiore, -ma questo è più grave- invece si crede e si comporta come uno schiavo. Lui non collabora come un figlio col padre, ma obbedisce come uno schiavo.
Qui Gesù denuncia il frutto marcio, la deformazione causata dalla religione.

La religione insegna che il credente è colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, e per questo ha una ricompensa.

Gesù insegna che il credente [ la fede ] è colui che assomiglia al Padre ( // è Suo FIGLIO) praticando un Amore simile al suo.
Ma quello che è più grave è l’immaturità che produce la religione. Lo abbiamo sottolineato all’inizio: questo figlio riceve non solo la sua parte di eredità, ma tutto il patrimonio famigliare, è tutto già suo, non ha bisogno di andare dal padre. Avete notato la lamentela infantile: non mi hai mai dato un capretto per far festa con gli amici!! O scemo, è tutto tuo, prenditelo, cosa aspetti che io te lo dia?
L’obbedienza alla legge, che era sostenuta dagli scribi e praticata dai farisei, rende le persone infantili e impedisce la loro crescita.

Quindi l’obbedienza non è una virtù cristiana, ma è un atteggiamento satanico [cioè oppositivo a Dio n.d.r.] perché impedisce lo sviluppo e la crescita dei figli di Dio.
Le persone che obbediscono rimangono sempre immature, incapaci di autonomia e sempre bisognose di un’autorità che dica loro se il loro comportamento è giusto o meno. Questa è una tentazione continua.

Anche in questi incontri, molte persone mi dicono: «Ma noi come ci dobbiamo comportare?» Lo devi sapere tu, non te lo devo dire io. E’ sempre il bisogno di ricorrere ad una autorità, le persone che attendono sempre che qualcuno le autorizzi a far festa incapaci di farla da soli.

Perché sono incapaci di far festa da soli?
Perché hanno sempre paura di sbagliare. Dopo chissà Dio come se la prende.
Il figlio maggiore rappresenta le persone immature a causa della religione che hanno sempre bisogno di un padre al quale riferirsi.

Per questo Gesù quando dice: «chi avrà lasciato il padre, la madre, il fratello, la sorella, troverà cento volte tanto nella comunità : madre, fratello, sorella».

La figura del padre , che indica l’autorità, nella comunità ( di fede) , non c’è.

L‘unico padre presente nella comunità dei credenti è il Padre chiamato ‘dei cieli’, cioè Dio, che non governa gli uomini dando delle leggi che loro debbono ubbidire, ma comunicando la sua stessa FORZA [ LUCE // VITA // SPIRITO // AMORE, etc.].
Mentre l‘obbedienza rende le persone immature e infantili, l’amore fa crescere le persone soprattutto - e questo è importante - capaci di ragionare con la propria testa. Gesù non vuole che noi, per sapere se ci siamo comportati bene o no, dobbiamo andare da un padre, o da un santo padre. Dobbiamo ognuno di noi ragionare con la nostra testa se quello che facciamo è bene o no. Quindi l’unico Padre è quello dei cieli.

Abbiamo visto che la rimostranza del figlio maggiore, è quella di un servo nei confronti del padrone. Nonostante che tutto il patrimonio fosse già suo, lui si comporta come un servo. E qui, naturalmente, c’è l’allusione di Gesù a tutti coloro che la relazione con Dio la vivono come dei servi nei confronti del loro Signore, di un Signore esigente, al quale non sfugge niente, un Signore che ti fa pagare qualunque minima infrazione.


30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». E continua: “Ma quando questo tuo figlio” è grave questa l’espressione, non dice: “ma quando questo mio fratello” come ci saremmo aspettati, ma questo tuo figlio. Questo è tipico anche nelle famiglie: quando marito e moglie litigano, il figlio è sempre dell’altro, perché tuo figlio ...... E qui è lo stesso dice: questo tuo figlio, non mio fratello.

Quindi il figlio maggiore non si sente fratello del minore, “ha divorato il tuo patrimonio”, non è vero che era suo il patrimonio (quello del padre), perché era [solo ] la parte che egli aveva dato al figlio. Notate qui il crescendo di malizia da parte di questo figlio maggiore.

L'accusa che fa al fratello, rappresenta il satana. Il satana – sappiamo - è l’accusatore dei credenti, [ Ap 12,10 Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. ] quindi il ruolo del figlio maggiore, nonostante tutta la sua osservanza, è quella del satana.

E dice che “ha divorato il tuo patrimonio” - notate ‘tuo figlio, tuo patrimonio’ - “con le prostitute”. E chi lo ha detto? Gesù ha detto che questo figlio aveva sperperato tutto vivendo dissolutamente.

Ma, con la malizia tipica delle persone molto religiose che vedono anche quello che non c’è, questi osservanti che osservano così bene da poter vedere anche quello che non c’è - è la trave conficcata nell’occhio che deforma la realtà - informa (con la malizia delle persone molto religiose) il padre come è stato sciupato il capitale: con le prostitute.

Francamente, detto da uno che non ha mai trasgredito un solo comando, che non ha mai osato fare festa con i suoi amici e neanche di prendersi un solo capretto, questa espressione sembra più dettata dall’invidia che dalla rabbia. E dice che “per lui hai ucciso il vitello ingrassato”. Ecco che ritorna per la terza volta questa espressione del vitello grasso.

31Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; Allora, mentre il figlio si è rivolto al padre: “questo tuo figlio”, il padre gli risponde: “Ma egli gli disse: Figliolo” - il termine greco è un termine che indica un grande affetto, una grande tenerezza - “tu sei sempre con me, e tutte le cose mie sono tue”.

Sono dettate dalla sorpresa le parole del padre al figlio, perché questo figlio, pur stando sempre con il padre, non ha mai vissuto da figlio.
È la tragedia di molti credenti che vivono il rapporto con Dio sempre in un rapporto di timore come dei servi nei confronti di un Signore e non riescono mai a vivere come dei figli col loro padre.

Sempre con il timore di trasgredire, di fare male, perché poi Dio si vendica.
Quel Dio - voi conoscete l’immagine di una volta della quale, almeno quelli della mia età, sopra i cinquanta, ci portiamo dietro ancora tutte le conseguenze - che veniva rappresentato con l’occhio dentro un triangolo, l’occhio inquisitore, un occhio guardone e pedofilo che veniva a vedere anche nel cesso per vedere se ti toccavi o meno. Pazzesco!! Che ha prodotto veramente tanti turbamenti in adolescenti e anche successivamente.

L’immagine di Gesù è una denuncia di un rapporto religioso con Dio, che è quello dei servi con il loro Signore, ed è un rapporto che paralizza e non fa crescere. Era già tutto tuo, ma sei te che ti comporti come uno schiavo!!!
È stata l’obbedienza [ quella di servo ] a impedirgli di comprendere l’amore del Padre, è stato il sentirsi servo che gli ha impedito di comportarsi come figlio.

Quindi un invito da parte di Gesù che, se ancora c’è qualcuno che vive il rapporto con Dio come un rapporto di obbedienza nei confronti del Signore, di liberarsi da questa idea, ed iniziare una relazione dove – come dice il padre della parabola - tutto quello che è mio è tuo.
32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»» E, siamo arrivati alla conclusione, “Ma occorreva festeggiare e rallegrarsi perché tuo fratello - notate prima il figlio ha detto “perché tuo figlio” adesso il padre gli dice “tuo fratello”, gli ricorda che è il fratello -, “era morto ed ora è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Il Signore ricorda a farisei e scribi che coloro che essi considerano peccatori, miscredenti, sono i loro fratelli, anche essi amati dal Signore - ed è la formula tipica del vangelo di Luca - che  è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

Gesù invita i farisei e gli scribi e ogni lettore che si ritrovi in queste categorie, a non scandalizzarsi per la bontà del Padre, ma ad unirsi alla festa con il figlio ritrovato.
Il credente spesso può essere proprio lui la pietra d’inciampo che impedisce alla persona lontana di fare questa festa con Dio. E soprattutto è importante - chi ha orecchie per intendere intenda - quando il peccatore accenna a ritornare a Dio, il padre gli corre incontro.

C’è una mossa, senz’altro, da parte dell’uomo, però la mossa più grande la compie Dio. Notate che mentre il figlio s’incammina verso il padre, il padre gli corre incontro. All’atteggiamento iniziale del figlio, c’è una risposta molto più forte da parte di Dio.
Quindi quando l’uomo peccatore accenna a ritornare a Dio, il Padre gli corre incontro, non lo sottopone ad umilianti rituali per riammetterlo nel suo amore, non è un inquisitore che va a frugare nelle pieghe della sua coscienza e della morale per sapere esattamente cosa, come e quante volte lo ha fatto, e soprattutto non gli impone penitenze per il male commesso. L’incontro del padre con il figlio peccatore è stato quello di una grande festa nella quale si comunica vita. Pertanto c’è soltanto da festeggiare .
DOMANDE 1 - Bene o male questo figlio che se ne è andato ritorna, o per interesse o per qualsiasi altro motivo. Quello che non ritorna, che rimane lì e si lascia morire? Come sperimenta l’amore del padre, il perdono? Cioè che fine fa? Questo io non lo so perché nella parabola non è previsto. Quello che l’evangelista ci vuole indicare è che le crisi, specialmente nel campo della fede, sono sempre salutari e positive. Meglio una persona che a un certo momento rifiuta, come motivo di crescita, la religione che gli è stata trasmessa dai propri genitori e se ne allontana e poi, ad un certo momento della propria esistenza, in circostanze particolari, scopre un qualcosa…. Quel ragazzo che cresce sempre buono, sempre bravo, obbediente, che va a Messa perché glielo hanno insegnato i suoi, ma senza farne oggetto di una propria conquista personale…

.. Secondo la Bibbia, è meglio essere o caldi o freddi; la via di mezzo, quell’acqua tiepida, questa provoca il rigetto. [ Ap 3,16 Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. ]. Quindi meglio una persona che attraverso esperienze sbagliate, devastanti, tocca il fondo della propria esistenza, ma lì scopre quanto è grande l’amore di Dio, piuttosto di una persona che vive tranquillamente stando sempre sui binari del permesso e non permesso senza mai crescere.
2- Questo padre che perdona prima, allora quella preghiera che dice: [ nella messa alla comunione eucaristica] Signore non sono degno che tu entri nella mia casa ….ma di soltanto una parola? Nella celebrazione eucaristica sono state prese alcune espressioni del vangelo ma fanno parte di un retaggio nel quale il cristianesimo era vissuto come religione. Quella è un’espressione del centurione. Lo abbiamo fatto ultimamente: quando Gesù si offre di andare a casa sua, lui, che ragiona in termini religiosi, di supremazia dei giudei nei confronti dei pagani, dice: «Signore, io non sono degno». La religione insegna che l’uomo deve essere degno per accogliere il Signore, e la persona impura non può rivolgersi al Signore. Gesù ribalta il concetto: è l’accoglienza del Signore quello che ti rende degno.

Ricordate quando abbiamo fatto l’episodio emblematico del lebbroso? Il lebbroso, in quanto impuro, non può avvicinarsi al Signore. Deve essere puro per avvicinarsi al Signore, ma non può perché la sua esistenza è nell’impurità. Ebbene cosa succede? L’accoglienza del Signore lo rende puro. Quindi non è che noi dobbiamo essere puri per avvicinarsi al Signore, ma è l’accoglienza del Signore quello che ci rende puri. Il padre perde il proprio onore per restituirlo al figlio perduto, il padre accetta di essere lui contagiato dall’impurità pur di restituire la purezza al figlio.

Il momento della comunione, non è un premio per coloro che hanno tenuto una buona condotta, ma eventualmente [la comunione è ] la capacità [ la FORZA ] per averla [ una buona condotta ] L’Eucaristia non è - una volta si diceva - il pane degli angeli - quando mai gli angeli hanno mangiato il pane? L’Eucaristia è la medicina per gli ammalati. Gesù dice: «Io sono il medico venuto per gli ammalati» [ Mc 2,17 Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».], e proprio perché noi tutti viviamo situazioni di peccato, di infedeltà, abbiamo bisogno di questa forza da parte di Dio.
Purtroppo lo so, in passato, era stata fatta diventare il premio ottenuto per la buona condotta. Ricordate quando bisognava essere in perfetta grazia di Dio per fare la comunione? E per questo si ritorna alla confessione.

Ci si confessava però all’ultimo momento perché questa grazia era talmente labile che bastava un niente…. Io ricordo, da parte di tante persone, l’esperienza di confessarsi all’ultimo momento, mettersi in coda per fare la comunione, ti veniva un pensiero, - magari c’era una ragazza carina – ritornavi indietro. Si, perché la grazia di Dio era labile, bastava un niente per perderla. E se si fa la comunione che non sei in grazia di Dio, è sacrilegio e quindi un peccato gravissimo.
Non è questo la comunione, non è un premio per la buona condotta, ma eventualmente la Forza per ottenerla.

Non dobbiamo essere puri per avvicinarsi al Signore, ma è accogliere il Signore quello che ci rende puri.
3- Ad Assisi, quando spiegasti questa parabola, avevi introdotto una distinzione molto interessante tra perdono dei peccati e la remissione dei peccati. Ti dispiacerebbe ripetere. E poi un’altra domanda di introduzione a questa domanda: il peccato, dal punto di vista etimologico ma anche teologico nei vangeli, come emerge? Che cos’è il peccato? Allora vediamo la differenza, nei vangeli, tra il perdono dei peccati, e il condono dei peccati.
Il perdono è un termine religioso che presume una serie di atteggiamenti da parte dell’uomo.

L’uomo commette il peccato, si pente, denuncia il proprio peccato - a quell’epoca offriva delle offerte di animali - e poi otteneva il perdono.

Quindi il termine perdono implica una serie di azioni compiute dall’uomo nei confronti di Dio.
Nei vangeli Gesù non parla di perdono dei peccati, ma di condono.
Il condono che cos’è?
E’ un’azione gratuita da parte di Dio.


Dio non attende che tu fai tutta la procedura del pentimento, della confessione, dell’offerta, della penitenza, ma lui ti ha cancellato già la colpa, ti ha perdonato completamente.
Quindi il perdono indica la serie di azioni da parte degli uomini nei confronti di Dio per ottenerne il perdono. Il condono è l’azione che parte da Dio nei confronti dell’uomo. Tu per ottenere il perdono dei peccati non devi fare assolutamente niente perché Dio te li ha già perdonati.

Però questo perdono diventa efficace ed operativo, quando si traduce in altrettanto perdono nei confronti degli altri .
Che cos’è questo peccato? Nella lingua italiana lo abbiamo inflazionato: tutto ciò che è negativo diciamo che è peccato. L’espressione tipica italiana nell’ambito molto cattolico, all’estero non si dice.

Cos’è il peccato?
Io credo che la definizione più bella del peccato l’abbia data il Concilio Vaticano quando afferma che “il peccato è un limite che mette l’uomo nella propria crescita”.

Noi siamo destinati a crescere, in una crescita senza fine. Si cresce, ci si modifica piano piano, attraverso le scelte di bene.

Le scelte positive di bene, di generosità, di perdono, che oggi possiamo aver fatto ci modificano interiormente e anche fisicamente, e questa modifica crescente ci fa crescere e diventare sempre di più figli di Dio .

Le azioni negative, quindi alla generosità contrapponiamo l’avarizia, al perdono il rancore, ostacolano questa crescita, impediscono questa crescita.
Quindi la definizione più bella del peccato è biblica.
Infatti dice Geremia: il peccato non è che offenda Dio, perché Dio non si offende, il peccato è un’offesa che voi fate a voi stessi.

Quando noi pecchiamo, non è che offendiamo Dio, ma mettiamo un limite, uno stop alla nostra crescita.

Però questo stop può subito essere tolto attraverso scelte positive a favore del bene.
4- Cosa significa “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete non saranno rimessi”? Il giorno della risurrezione di Gesù, nel vangelo di Giovanni (20, 19-23), Gesù si presenta ai discepoli che erano nascosti per paura di fare la sua stessa fine. Gesù la prima parola che annuncia è una parola di pace, cioè di felicità, e poi testimonia ( quello che si dice deve essere dimostrato) a questi discepoli che si erano nascosti per paura di fare la fine di Gesù, Gesù si presenta e dice: pace, ma poi mostra i segni dei chiodi nelle mani.

C’era un precedente, quando è arrivata la truppa per arrestare tutto il gruppo, l’ordine di cattura non era soltanto per Gesù perché pericoloso non è Gesù, pericoloso è il suo messaggio (tanto è vero che quando Gesù si troverà davanti al sommo sacerdote, il sommo sacerdote ignora Gesù, gli chiede soltanto dei discepoli, vuole sapere dove sono, cosa fanno e Gesù non risponde); allora quando c’è stato il momento della cattura, Gesù cosa fa? Gesù è in una posizione di forza e dice: se cercate me, lasciate che questi se ne vadano, fa un baratto. Se volete me, lasciate che questi se ne vadano, è il pastore che dà la vita per le pecore.
Allora Gesù appare loro mostrando i segni dell’amore che rimane, cioè: non vi preoccupate, come prima io ho dato la vita per voi, continuo a darla.

Ed è in quel momento che Gesù dona loro Spirito e dice:
a chi cancellerete i peccati saranno cancellati, a chi non li cancellerete rimarranno addosso . Cosa significa? Non è un potere che Gesù concede ad alcuni, ma una responsabilità a tutta la comunità cristiana.
La comunità cristiana secondo il vangelo di Giovanni deve essere il luogo dove splende la Luce.

La luce non lotta contro le tenebre, la Luce deve splendere e quando La luce allarga il raggio d’azione della sua luminosità, la tenebra si ritira.
  La lingua greca distingue vari modi di peccato: il termine adoperato dall’evangelista non indica la colpa occasionale, lo sbaglio, ma indica una direzione sbagliata di vita .
Ebbene, assicura Gesù, quanti vivono una direzione sbagliata di vita e VEDONO brillare la LUCE di questa comunità, vedono lo splendore di questo Amore e se ne sentono attratti .

Se entrano entro nel raggio d’azione di questa LUCE, il loro passato viene completamente cancellato.

( non si vedono più come malati  ma si vedono come " non ancora guariti" . Questo cambiamento di VISIONE  fa sparire il passato cioè il peccato.n.d.r.)
Quanti al contrario sono nelle tenebre e vedono questa LUCE una minaccia al loro interesse, al loro prestigio, man mano che la LUCE si allarga, loro cosa fanno?

Si ritirano sempre più nelle tenebre, vanno sempre più nella parte più tenebrosa, perché come ha detto Gesù chi fa il male odia la luce.
[ Gv 3,20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. ]

Un delinquente per agire bene [ secondo le sue prospettive criminali ] gli dà fastidio la luce. Il delinquente per agire bene cosa ama? Ama lo scuro, ama le tenebre. ( Il perdono) Quindi non è un potere che Gesù ha dato ad alcuni, ma una responsabilità di tutta la comunità.

La comunità cristiana deve essere talmente traboccante d’Amore (// LUCE) (Giovanni usa l’immagine del profumo che inonda tutta la casa) che quanti sentono il desiderio di pienezza di VITA e se ne sentono attratti, possono cominciare una Vita Nuova , e il passato è cancellato.

Quanti invece non vogliono questo, man mano che la LUCE si espande si ritirano sempre più nella cappa delle tenebre e dove ci sono le tenebre non c’è VITA e c’è la morte. ( il loro peccato rimane n.d.r. )
"Per crescere d’ora in poi” guardate avanti, non indietro "
di Alberto Maggi


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