Corso di Religione

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Ecoteologia

Ecoteologie femministe
         


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VEDI ANCHE : ETICA ECOLOGICA

Ecoteologie femministe: narrazioni per una guarigione dalla terra

di Cristina Mattiello* “Green Studies”: natura, letteratura e ambiente. Cristina Mattiello è redattrice di “Ácoma”. Ha lavorato sulle connessioni tra religione e movimenti politici di base, in ambito operaio-sindacale, afroamericano, femminista. Ha pubblicato, oltre a vari saggi, Le chiese nere negli Stati Uniti. Dalla religione degli schiavi alle teologie della liberazione (Claudiana, Torino 1993) e Le frontiere della solidarietà. Cattolicesimo e mondo del lavoro nel New Deal (Bulzoni, Roma 1994).


Prima sapevamo dov’erano gli dei. Erano negli alberi. Ora non ci sono più alberi. (detto Raji) Nell’esplosione di nuovi percorsi di ricerca teologico-politica che caratterizza negli anni Settanta le chiese sia in Europa che nelle Americhe, e dà origine alle varie teologie della liberazione , le donne, sulla spinta dei movimenti femministi , sono in prima fila nel cercare un rinnovamento che consenta loro di superare la secolare condizione di subalternità.

La rilettura dei testi sacri, che riprende e approfondisce il lavoro già svolto dalla Woman’s Bible alla fine dell’Ottocento, e l’analisi della dottrina e della struttura interna delle chiese per svelarne e contestarne i meccanismi che sanciscono il dominio della componente maschile, creano la base teorica per la teologia femminista, subito da declinare al plurale in quanto radicata in una miriade di gruppi di lavoro diversi. 1

“If God is male, then male is God”, sintetizza Mary Daly già nel 1973 e due anni dopo, passando al piano delle strutture terrene, “Ho spiegato che la richiesta di uguaglianza nella chiesa da parte di una donna è paragonabile alla richiesta di uguaglianza nel Ku Klux Klan da parte di una persona nera”. Su questi pochi punti fondamentali comuni si sviluppa un‘esperienza che nel tempo sarà intensissima e trasversale a tutte le chiese cristiane, inclusa quella cattolica, la quale in quei fermenti viveva la sua liberatoria stagione post-conciliare. 2

Di questo vasto movimento verrà qui focalizzato un ambito specifico, delineato dall’incontro con l’ ecofemminismo , che nasceva nello stesso periodo: l’ambito delle ecoteologie femministe . Lo spazio del presente contributo non consente né di vedere l’ecoteologia nel suo complesso, ovvero le riflessioni sugli stessi temi, prevalentemente di fonte maschile, non centrate sulle problematiche di genere, né di approfondire lo studio dell’ecofemminismo in sé, che da allora si è articolato in percorsi complessi, ricchissimi di suggestioni e spunti di ricerca. 3

Questi, e le dinamiche che si sviluppano intorno alle loro interconnessioni con l’ecoteologia femminista, resteranno necessariamente sullo sfondo. Del resto,

le ecoteologie, come tutte le teologie femministe di ambito cristiano, pur essendo per assunto teorico di fondo organicamente collegate ai movimenti affini che si sviluppano in ambito laico, mantengono il loro specifico campo di analisi, che deriva anche dall’obiettivo di incidere realmente nella vita delle chiese, e di liberare le donne dalla condizione di subalternità che è stata loro storicamente assegnata in questo contesto.
Allo stesso modo, poco più che un cenno potrà essere dedicato alle interconnesioni con i corsi della nuova spiritualità e con le ecoteologie femministe non cristiane di tutti i continenti, con le quali pure sono costanti il dialogo e la dinamica di scambi.4

Infine, la riflessione non seguirà un sistematico e cronologico andamento per autrici, ma si svilupperà piuttosto per temi, cercando di seguire il reale andamento magmatico di un dibattito che è sempre al tempo stesso teorico-accademico e di movimento. Un dibattito articolato che vede quindi i contributi individuali e dei piccoli gruppi intersecarsi e rinviarsi l’un l’altro nella costruzione di un discorso sempre in fieri nel quale cade il senso stesso delle barriere confessionali e la cui costruzione si pensa e si vuole il più possibile comune e trasversale: “Tessi e stessi, allaccia e slaccia. […] Le donne sole filano in tutti i modi, sempre”.5

Per una teologia del corpo, della natura, della donna
Le teologhe femministe sentono subito proprie le suggestioni dell’ ecofemminismo , che del resto era in sintonia con riflessioni che molte di loro, sotto la spinta dei movimenti delle donne e ambientalisti, andavano elaborando negli stessi anni.

Espliciti nei loro testi sono i riferimenti al lavoro sia teorico che di condivisione esperienziale del gruppo Ecologie-Feminism , coordinato dalla femminista francese Françoise d’Eaubonne, dal cui appello alle donne del 1974 derivano il nome stesso del nuovo movimento e gli assunti iniziali di un articolatissimo percorso. “La distruzione del pianeta ha origine dalla tendenza al profitto, che è insita nel dominio maschile” e questo esercita la sua oppressione tanto sulla terra e sulla vita non umana quanto sul femminile; pertiene quindi alle donne attuare quella rivoluzione ecologica che sola può salvare la terra.6

Rosemary Radford Ruether , cattolica, personalità fondamentale sia della teologia femminista che di quella ecofemminista, già nel 1972 aveva chiaramente individuato questi nessi parlando di una “teologia della liberazione della donna, del corpo e della natura” e di “una nuova donna una nuova terra”: L’oppressione sociale nella cultura occidentale è strettamente connessa con quella mentalità che ha partorito l’alienazione corporea e lo sfruttamento della terra. […] L’oppressione della persona e l’oppressione dell’ambiente vanno di pari passo, come le due facce di un’unica realtà.

La Ruether, partendo da premesse filosofiche, teologiche e psicologiche, individua le radici di una visione del mondo che comporta devastanti conseguenze sociali, sul piano dei rapporti uomo donna: Il dio esclusivamente maschile che crea dal nulla, che trascende la natura e domina la storia […], proiezione teologica dell’io, crea una tendenza dello spirito a “infinitizzarsi”, che ha come controparte una spiritualità spregiatrice del mondo, che proietta sulla femmina il disgusto, l’avversione e la paura delle forze fisiche. e sul piano dei rapporti tra popoli e classi. Ciò che ci è dato di rilevare in questo sviluppo, è una unilaterale espressione dell’ego che rivendica la propria autonomia trascendentale negando la matrice finita della esistenza. Questa antitesi viene proiettata sul piano dei rapporti sociali e vede nella donna la realizzazione della tendenza degradante dell’esistenza corporea; […] mentre l’analogo modello polarizzato della psiche viene proiettato, politicamente, sui gruppi sociali oppressi o conquistati.7

Queste connessioni emergono anche nella Conferenza internazionale di Amherst, Women and Life on Earth: Ecofeminism in the Eighties, del 1980, in cui l’ecofemminismo, “una parola nuova per una saggezza antica”, ribadisce la contiguità tra le categorie oppresse dal dominio maschile e occidentale – i popoli non bianchi, le donne, le entità non umane, cioè la terra, il mondo vegetale e gli animali in particolare, che con le donne condividono la sorte di essere visti dagli uomini come qualcosa da usare, anche attraverso la violenza – tutte realtà interconnesse e in qualche modo identificate con la natura stessa: un‘identificazione però che della natura ribalta l‘accezione tradizionale di passività e subordinazione per evidenziarne l‘aspetto di nuova energia liberatrice e trasformante.8

Il regno delle maghe
L’approccio radicale di Mary Daly apre con decisione l’ecofemminismo alla dimensione simbolico-mitica:

l’inquinamento è insieme inquinamento della mente, dello spirito e del corpo (“mind/spirit/body pollution”) ed è frutto della vittoria dei miti patriarcali, con la loro carica di violenza nei confronti della natura e del femminile, miti che oggi trovano nuovi riferimenti nella tecnologia che vorrebbe tutti trasformati in robot.
Gyn-Ecology trova un nuovo linguaggio per le donne in un profondo viaggio interiore indietro nel tempo, che individua nella preistoria l’ambito in cui gli eventi della vita e della morte sono tutti interconnessi: la stessa parola “ecologia” rimanda a “la complessa rete di interrelazioni tra gli organismi e il loro ambiente”.

Era quello il tempo di Cronos, e il regno delle maghe, delle dee primordiali, nel quale le donne possono ritrovare i miti “ginocentrici”, le storie archetipiche che raccontano della forza del femminile, e rivivere in loro l’energia cosmica creatrice, simboleggiata dall’albero della vita, che è la Dea, e che il potere maschile, nella Terra dei Padri, ha trasformato nella croce della tortura sul quale si compie il sacrificio di tante vittime, in particolare delle donne. 9

La fase arcaica dell’umanità è al centro di tutte le teologie ecofemministe, come polo opposto rispetto ad una tecnologizzazione esasperata, che ha orientato le energie umane nel senso dell’oppressione e della distruzione e che è sentita come tipicamente maschile: il mito della macchina, che culmina con la costruzione del “palazzo-labirinto” del Pentagono, analizzato da molti sociologi statunitensi, oltre che in molti filoni femministi.
La rivoluzione femminile si oppone all’innaturale Babele di cemento e acciaio che soffoca la terra viva. Non si limita a rifiutare lo spirito separato dalla terra, ma cerca lo spirito per il corpo e il corpo per lo spirito, apparizione messianica del corpo di Dio.10

Rosemary Radford Ruether considera le società agricole del neolitico come una fase in cui “l’individuo e la comunità, la natura e la società, il maschio e la femmina, le divinità della terra e gli dei del cielo erano visti in una prospettiva totale di rinnovamento del mondo”. La salvezza della comunità era tutt’uno con la salvezza dell’individuo e della terra e in quest’ottica donne e uomini svolgevano ruoli complementari in una posizione paritaria di collaborazione reciproca.

Le antiche religioni della terra ruotavano intorno al concetto della morte annuale del cosmo e della sua risurrezione dal caos primordiale.
Questa visione sacrale, che veniva rappresentata nella grande festa comunitaria di inizio d’anno con la quale tutta la società sperimentava il ciclo primordiale, permane anche nel primo periodo delle grandi civiltà sumere e babilonesi, nelle quali il re, in quanto rappresentante della comunità, personifica il dio e ne rappresenta la morte e la rinascita: “la sua controparte era una potente figura femminile, ad un tempo vergine e madre, sposa e sorella, che salvava il dio morente dal potere del mondo infernale”.

La loro unione, alla fine della celebrazione, dava origine alla “nuova creatura divina, la primavera del nuovo anno”: Morte e rinascita racchiudevano e la società e la natura: gli inni di gioia celebravano la liberazione dei prigionieri, la giustizia per il povero, la difesa contro le invasioni e insieme la pioggia nuova, il nuovo grano, i piccoli del gregge e degli uomini. 11

Il mito del “paradiso perduto”

Altro nodo cruciale per le teologie femministe è il mito del “paradiso perduto”, presente sia nella Bibbia che nella cultura classica come età dell’oro, che viene riletto in chiave di caduta nel patriarcato e perdita di contatto armonico con la natura stessa. Nel suo testo base Gaia & Dio (12) la Ruether evidenzia come

il concetto di peccato e redenzione che si sostituisce all’idea di un ciclo naturale morte/resurrezione è responsabile di un distacco irreparabile dalla natura e apre alla formazione di una società umana divisa in generi e classi e fondata sulla dialettica dominio/subalternità.

Questa linea interpretativa si ricollega anche all’ipotesi di un matriarcato originario, che avrebbe realmente caratterizzato le società pre-agricole, una teoria sostenuta da studiosi di varia estrazione, a partire da Friedrich Engels, che vide in quella fase il tempo dell’egualitarismo e quindi del comunismo primitivo, fino a molti antropologi, alcuni dei quali però lo interpretarono come il periodo del dominio delle forze oscure, da cui ci si è liberati grazie alla forza della ragione, e ad alcuni teologi come il domenicano Matthew che ha sostenuto l’idea di una “benedizione originaria”, quindi di una creazione inerentemente buona, come verità teologica opposta ai concetti di caduta e redenzione, secondari e recenti nella storia umana.

Molte teologhe ecofemministe parlano di un passato armonico centrato sulla donna come base del loro pensiero, da Merlin Stone a Elizabeth Gould Davis, che sottolinea come nell’arcaico mondo ginocentrico le donne fossero tutte collegate tra loro e con il mondo non umano degli animali, della terra e del cosmo, alla stessa Mary Daly.(13)

Carol Christ, in Rethinking Theology and Nature, si spinge a cercare nell’archeologia le tracce storiche del paradiso perduto, richiamandosi al lavoro di Marija Gimbutas nelle città neolitiche dell’Anatolia, soprattutto Catal Huyuk , che sarebbero espressione di una civiltà matrilineare, nonviolenta e socialmente non diversificata, retta da regine-sacerdotesse e fondata sul culto della grande Dea incarnatrice delle energie vitali di tutti gli umani, degli animali e delle piante, centro del processo ciclico di morte e rigenerazione. In realtà, come osserva la Ruether, questa visione è confutata da numerosi archeologi. Resta comunque il suo fascino sul piano immaginale e come proiezione di un mondo ancora possibile in un ipotetico futuro.14

Le radici del distacco dalla natura La teologia ecofemminista ha analizzato tutto l’iter del pensiero filosofico e religioso occidentale oltre che alla luce della dialettica uomo/donna, come tutte le teologie femministe, anche alla luce del rapporto con la natura.

L’ebraismo punto di snodo. La sua accezione originaria e la speranza dei Profeti si fondavano su un “ rinnovamento paradisiaco della terra e della società” [ cf 1. Is 2,1-5: il monte del tempio, centro del mondo redento; 2. Is 4,2-6: la Gerusalemme purificata e glorificata; 3. Is 11,1-9: la pace messianica universale; 4. Is 30,18-26: la futura fecondità della terra; 5. Is 32,15-20: l’effusione dello spirito e il rinnovamento del cosmo; 6. Is 33,17-24: la nuova Gerusalemme; 7. Is 35: la nuova terra--- n.d.r.], ma lo jahvismo proiettò questo rinnovamento nella storia, spezzando il legame con il mondo naturale e reprimendo il ruolo della divinità femminile.

Il suo posto fu preso dalla figura della sposa di Jahveh, simbolo della comunità di Israele, che al dio maschile, che regna da solo nei cieli, venne del tutto subordinata. Del potere femminile viene perfino eliminata la memoria, come emerge da due racconti chiave: la creazione di Eva dalla costola di Adamo (Gen. 2, 21-3), che si sovrappone a quello egualitario originario (Gen. 1, 27) e il tentato sacrificio di Isacco da parte di Abramo (Gen. 22), nel quale il patriarca deve affermare la sua fedeltà assoluta al Dio maschile e la madre, Sara, non ha nessun diritto e nessuno spazio, neanche quello della testimone.

Anche il mondo classico vive “un analogo sviluppo dell’alienazione dell’individuo dal mondo”: i miti arcaici, delle radici cretesi-micenee, testimoniano di un potere femminile fonte di tutta la vita, ma la riorganizzazione in senso maschile della società, operata già da Solone nel VI sec. A.C., esilia le donne nel retro della casa, togliendo loro ogni autonomia.

I l mito di Pandora Madre Terra trova spazio ad Atene solo nelle figure normalizzate delle Eumenidi, sottomesse al potere dell’Areopago. Il libero cittadino maschio greco definisce la sua identità attraverso il dominio sugli opposti esclusi: la donna, il barbaro, l’animale, come simboleggiano anche i numerosi bassorilievi in cui Centauri e Amazzoni combattono, e sono sconfitti, contro i soldati greci.

Platone e Aristotele elaborano una nuova metafora della gerarchia che “include la femmina, il diverso e l’animale come inferiori ‘naturali’ in una gerarchica ‘catena dell’essere’, che si estende dall’immateriale Logos divino, all’estremità superiore della gerarchia, alla materia informe, all’estremità inferiore”.

Se per Platone il corpo “attira l’anima verso il basso, ne oscura la limpidezza intellettuale, ne degrada l’integrità morale”, Aristotele collega quella gerarchia al concetto di schiavitù e fonda filosoficamente “un rapporto in cui la ‘mente’ dominante si appropria dei corpi degli altri come ‘strumenti’”.

Così, donne, barbari (in quanto schiavi) e animali, tutti esseri privi di capacità razionale, sono solo adatti a essere “strumenti servili della sovranità mascolina greca”.15

L‘ambivalenza del pensiero medievale Questa gerarchia ontologica viene assunta dal cristianesimo strutturato dei primi secoli e influenza lo sviluppo della cultura occidentale, in un percorso in cui “l’emergere di una coscienza liberata va di pari passo con la sua alienazione dalla natura, in una fuga dal corpo, verso una spiritualità negatrice del mondo”: la Ruether sottolinea che i Padri della Chiesa accettano la “concezione anti-corporea e anti-femminile”, ma tende a negare che sia il cristianesimo in sé responsabile della concezione degradata della natura e del suo asservimento al potere del Logos e alla tecnologia, come invece spesso si afferma in campo ecologista.

La teologia femminista vede anzi nella figura di Cristo una rivalutazione delle donne, del corpo e del femminile simbolico. L’ecoteologia considera con favore anche l’ascetismo cristiano, che, con la sua visione fortemente integrata in cui terra e cosmo sono un unico grande corpo e la natura è organica, esprime un rifiuto dell’eccesso e dello sfruttamento, e auspica e pratica il ritorno a una vita semplice e in armonia con tutti gli elementi del creato, quasi un “recupero del paradiso”.
E il monachesimo, che ripristina sia la proprietà comunitaria che l’amicizia con il creato, in particolare con gli animali, perduta con la “caduta”. Francesco d‘Assisi è per le teologhe cattoliche “il santo patrono della conservazione della terra e dei diritti degli animali, con la sua reverenza verso tutte le creature come nostri fratelli e sorelle” e il teologo della liberazione Leonardo Boff lo definisce “promotore della coscienza ecologica” e “sintesi fra ecologia interiore e ecologia esteriore”.

Ma la struttura gerarchizzante tipica del pensiero medievale spinge la concezione ascetica nel dualismo mente/corpo attraverso il quale, nell’ascesa a Dio, la natura è il termine inferiore, ed è addirittura maledetta: diventa tutto ciò che è corrotto, non redento e si confonde con il regno del Diavolo. Anche le foreste e gli animali ancora selvaggi entrano in questa visione.

Del resto, gli animali, come sottolinea anche Heather Eaton , sono da sempre nella storia occidentale, a partire dal mondo classico, oggetto di una furia distruttrice che ha avuto un impatto ecologico devastante.

Ancora oggi la caccia è ampiamente considerata un inalienabile diritto e un comportamento maschile normale, anche se per diletto, e la metafora della caccia è applicata al rapporto uomo/donna. Difendere i diritti degli animali, in quanto esseri viventi con una loro dignità, è una battaglia di minoranza.16

La scissione nel pensiero razionalista Secondo questa linea interpretativa, fu in particolare il calvinismo che “radicalizzò la scissione tra natura e grazia”, considerando la prima totalmente corrotta: una visione fortemente dualistica, simile a quella del cattolicesimo ufficiale.

La conoscenza salvifica di Dio non può avvenire attraverso “il libro della natura”, ma solo attraverso il Logos. Tra i cinque sensi prevale l’udito, necessario per ascoltare la Parola, i sermoni e la musica, mentre tutti gli altri vengono guardati con sospetto, e anche l’eucarestia perde i connotati fisici. Resta però, addirittura rafforzato, l’universo demoniaco, associato alla natura selvaggia e alla donna, nella caccia alle streghe.

La Ruether individua anche un nesso, apparentemente paradossale, tra pensiero calvinista e rivoluzione scientifica. In Bacone , ad esempio, “il laboratorio scientifico viene descritto in un linguaggio preso dal Tribunale dell’Inquisitore, in cui la ‘natura’ è vessata e messa alla prova e con ciò è costretta a cedere i suoi segreti”. Questo “immaginario inquisitoriale” sottende “la situazione di laboratorio, dove entità della natura sono estratte dal loro ambiente normale e poste in particolari condizioni di pressione” perché si rivelino, mentre dello scienziato-Inquisitore è data per scontata l’obiettività.

Inoltre, Bacone usa “immagini della natura da costringere, da ‘penetrare’, conquistare e ‘forzare a cedere’”, e “lega la rivoluzione scientifica al mito cristiano della caduta e della redenzione. Attraverso il peccato di Eva la ‘natura’ è caduta al di fuori del controllo dell’‘uomo’, ma attraverso la conoscenza scientifica […] sarà restituita al dominio del maschio quale rappresentante del dominio di Dio sulla terra”.

Cartesio approfondisce in modo radicale il dualismo mente/materia: “la mente pensante è trascendente e sovrasta la materia, che per sua natura è senza mente e senz’anima”, diventa morta, e “si muove meccanicamente secondo le leggi della causalità”, simile a una macchina. Gli animali sono ridotti a “automi” meccanici, e si apre la via alla giustificazione della vivisezione e degli esperimenti dolorosi, nei quali “le grida i contorcimenti degli animali sono meri riflessi meccanici”.

L’uomo si considera trascendente rispetto alla natura come Dio rispetto all’uomo e tende a dominarla e utilizzarla per i suoi scopi.17

L’area più radicale dell’ecoteologia accentua la responsabilità della religione. Così un documento della Eatwot (Ecumenical Association of Third World Theologians):

La religione (che è una relazione dell’essere umano con Dio) è stata concepita e vissuta alle spalle della natura. […] Non apparterremmo in realtà a questo mondo, a questa Terra, perché saremmo stati creati a parte, quando già era pronto tutto lo scenario, direttamente da Dio, il che significa che non verremmo da questa Terra, ma da sopra e da fuori […] e non ci sentiamo in questo mondo come nella nostra casa, perché qui saremmo solo di passaggio, in cammino verso la vita eterna celestiale. Ci siamo quindi sentiti “esseri superiori al resto della natura”, “e tutte le altre forme di vita devono servirci: la religione giudaico-cristiana” è “la più antropocentrica” e specista.18

Il superamento dei dualismi come cura Le teologie ecofemministe sono inserite nel complesso dibattito critico sulla visione dualistica che individua coppie antinomiche in cui il primo termine è superiore e in una relazione di dominio rispetto al secondo: ragione/natura, umano/non umano, razionale/irrazionale, soggetto/oggetto, logica/caos, produzione/riproduzione, potere/ mancanza di potere, padre (maschio)/ tutti gli altri, civilizzato/primitivo (selvaggio, animale), illuminato/non illluminato, padrone/schiavo, universale/particolare.

Il polo identificato con il bene è stato declinato al maschile, quello associato al male, da controllare e reprimere, se non distruggere, al femminile. La salvezza di Gaia da questa furia distruttiva è anche la nostra salvezza. E viceversa.19

Ma come guarire la terra e noi stessi? Come tutte le teologie della liberazione, anche l’ecoteologia femminista si scioglie nel grande fiume della ricerca di nuovi percorsi che travalica le singole religioni, pur continuando a gettare fecondi semi di consapevolezza, di cui spesso si perde l’origine, all’interno del mondo cristiano.

Come superare i dualismi? Gli ambiti più radicali, e gran parte delle ecoteologhe femministe, tendono a un ribaltamento dei termini: solo se si lascia prevalere l’“altro” polo invece di chi ha costruito il mondo sul dominio si può ritrovare una vita equilibrata e giusta per tutti.

La Reuther, invece, pur assumendo che “la liberazione della donna e della natura procedono di pari passo”, tende piuttosto a ricostruire – junghianamente – una coincidentia oppositorum.20

La voce di Gaia “Per la creazione di un mondo guarito” è necessario un cambiamento radicale: bisogna ascoltare un‘altra voce, a lungo “costretta al silenzio dalla voce maschile”: “È la voce di Gaia. La sua voce non si traduce in leggi o in conoscenza intellettuale, ma ci chiama alla comunione con tutte le creature”.21 Da qui, senza che si perda la dimensione politica, nasce l’aspirazione a una nuova spiritualità “transreligiosa, interculturale ed ecumenica” che percorre oggi tutti i continenti.22

“Dall’essere centro del mondo all’integrazione cosmica”, ovvero “dall’arroganza del dominio sul mondo all’umiltà cosmica”: questa la direzione per tutti, sia per chi cerca di “ricostruire una teologia cristiana della natura”, immaginando un suo “futuro ecologico”, sia per chi vede orizzonti più ampi.

C’è infatti un punto oltre il quale tutte le religioni, anche quelle indigene, troppo facilmente bollate come “paganesimo” dal mondo cristiano, confluiscono in un sentire comune. Le barriere confessionali, ma anche lo spazio e il tempo tendono ad annullarsi: se il sacerdote cattolico indiano Felix Wilfred parla di una un’“ecoteologia interreligiosa”, per molti più che di una nuova teologia è di una nuova cosmologia che c’è bisogno oggi, o meglio di una “teocosmologia femminista”, fondata sull’accettazione della transitorietà dell’io, che deve rinunciare ad affermare non solo la sua superiorità ma anche la sua stessa specificità. La terra è un bene comune e lo stesso universo tende ad essere considerato “autocosciente”.23

La nostra affinità con tutte le creature della terra è globale, e ci collega oggi all’intera Gaia vivente. Essa abbraccia anche tutte le età passate, collegando la nostra sostanza materiale con tutti gli esseri viventi che sono esistiti prima di noi sulla terra, e persino con la polvere delle stelle che esplodono. Abbiamo bisogno di nuovi salmi e di una nuova riflessione per rendere viva questa affinità nella nostra meditazione personale e comunitaria.24

Può assumere sfumature diverse e nomi diversi, e spesso nuovi, questo ritrovato senso cosmico che resta la meta per tutti i percorsi e che le teologie femministe declinano, incrociandoli, nella loro prospettiva. L’ecoteologo Moltmann parla di “panenteismo”, un superamento e ampliamento del concetto di panteismo classico, in quanto vede Dio nel mondo, e il mondo in Dio, in una relazione speciale in cui le creature, non si perdono in un tutto indistinto, pur facendone parte.25

Di “ecosofia”, come traguardo dell’ecofilosofia, parla invece il movimento dell’ecologia profonda, che spinge la riflessione ambientalista al livello della coscienza individuale, tendendo a un ampliamento e a una realizzazione del Sé come parte dell’intera ecosfera e nell’ambito di un radicale rinnovamento concreto dello stile di vita.26 P

La spiritualità cosmocentrica di Platone - Paolo Scroccaro from ecofilosofia on Vimeo.


ersonalità di assoluto rilievo, punto di riferimento spirituale e politico per aree religiose e non di tutto il mondo, Ramon Panikkar accentua la dimensione dell’amore in questa ricerca oltre il Logos nel quale l’Occidente si è bloccato e ha bloccato il mondo.

È una visione immediata, diretta, col cuore puro che ci può far superare il Logos e arrivare a vedere che non c’è una lotta fra chi vince e chi perde, non c’è violenza, e che cielo e terra, corpo e anima vanno tenuti insieme: una visione “cosmoteandrica” , in cui la religione è intesa come connessione alla terra, al mistero che si chiama Dio, agli altri e solo l’armonia tra le tre dimensioni – divina, umana, cosmica – può far attingere all’Assoluto.27

Molte teologhe cristiane e non e sociologhe del Sud del mondo hanno accentuato della ricerca ecoteologica l’aspetto politico, che negli ultimi anni si è per tutte intrecciato con i temi della globalizzazione, economia, diritti, guerra, in una tensione verso la nonviolenza e la giustizia: Marilù Rojas ha lavorato sul concetto di buen vivir, mentre i Dieci principi della democrazia della terra , stilati dall’economista indiana Vandana Shiva, figura centrale del movimento critico nei confronti della globalizzazione, sintetizzano i risvolti politici dell’ecoteologia e indicano la via per rendere fattiva la riflessione teorica: “La Democrazia della Terra collega le persone in circuiti di cura, di cooperazione e di compassione anziché dividerle con la competizione, il controllo e il conflitto”.28

Sono numerosissimi infatti i gruppi ufficiali o locali nei quali si continua a lavorare sulle tematiche dell’ecoteologia, nella convinzione che solo una rete internazionale, rafforzata da periodici momenti di incontro comune, accanto a efficaci azioni di salvaguardia locali e battaglie ecologiste precise, possa davvero contribuire alla guarigione di Gaia e di tutti gli esseri viventi che la abitano: aver cura di Gaia pertiene alle donne e Gaia curerà tutti noi.

La Commissione Giustizia, pace e salvaguardia del creato opera dal 1984 in una prospettiva ecumenica all’interno delle chiese cristiane e con un’apertura interreligiosa, mentre la Assett si pone dalla visuale del Sud del mondo. Tra gli incontri più significativi, la Ground for Hope Conference, tenuta all’Università di Madison, New Jersey, il 30 settembre 2005, che elaborò anche nuovi rituali interreligiosi (Faith, Justice and the Earth Interfaith Worship Service).29

Le teologie più avanzate hanno quindi raccolto la sfida ecologica planetaria e cercano, ciascuna con la sua strada, una nuova cosmologia per un nuovo “racconto sacro” della guarigione: “Fratello mandorlo, parlami di Dio./E il mandorlo si coprì di fiori”.30

Cristina Mattiello


NOTE

1 - Essendo impossibile dare una bibliografia per percorsi così complessi , verranno dati solo pochi punti di riferimento esemplificativi. Per un quadro di sintesi, si veda
- Cristina Mattiello, Se Dio è maschio, il maschio è Dio, “Ácoma”, 14 (1998), pp. 24-32.
- La Women’s Bible (a cura di Elizabeth Stanton, 1898) è stata ristampata nel 1974 (The Original Feminist Attack on the Bible, Arno Press, NY);
- La Bibbia delle donne, Claudiana, Torino 2000.
2 - Mary Daly, Beyond the God Father: Toward a Philosophy of Women’s Liberation, Beacon Press, Boston 1973, p. 19.
- Mary Daly, The Church and the Second Sex, Harper & Row, New York 1968.

3 - Due testi fondamentali :
-Rosi Braidotti, Trasposizioni. Sull’etica nomade, Luca Sossella, Roma 2008
- Elizabeth Greene, Il pensiero della differenza sessuale e la teologia. Il dibattito italiano, in “Concilium”, 1 (1996).
Tra i testi maggiormente citati dalle teologhe:
- Francoise d’Eaubonne, Le Féminism ou la mort, P. Horay, Parigi 1974;
- Ynestra King, Ecofeminism: The Reenchantment of Nature, Beacon Press, Boston 1991;
- Mary Mellor, Feminism and Ecology, New York University Press, New York 1997;
- Judith Plant, Healing the Wounds: The Promise of Ecofeminism, New Society Publishers, Philadelphia 1989;
- Irene Diamond e Gloria F. Orenstein, Reweaving the World: The Emergence of Ecofeminism, Sierra Club Books, San Francisco 1990.
- Maria Mies e Vandana Shiva, Ecofeminism, Zed Books, London and New Jersey 1993.
4 - Si veda avanti in questo stesso testo La Voce di Gaia
5 - Mary Daly, Gyn/Ecology: The Metaethics of Radical Feminism, Beacon Press, Boston 1978, pp. 9-11, 424.
6 - Cit. in Rosemary Radford Ruether, Ecofeminist Philosophy, Theology, and Ethics: A Comparative View, in Laurel Kearns, Catherine Keller, a cura di, - Ecospirit: Religions and Philosophies for the Earth, Fordham University Press, New York 2007, p.77.
7 - Rosemary Radford Ruether, Per una teologia della liberazione della donna, del corpo, della natura, Queriniana, Brescia 1992 (1976)
- Liberation Theology: Human Hope Confronts Christian History and American Power, Paulist Press, New York 1972), pp. 28, 147-48;
- Id., New Woman, New Earth, Beacon Press, Boston 1995 (1975).
8 - Ecofeminism, Women and Life on Earth
9 - Daly, Gyn/Ecology, cit., pp. 9-11, 37-72.
10 - Ruether, Per una teologia, cit., p. 152;
- Lewis Mumford, The Pentagon of Power , Harcourt Brace Jovanovich, San Diego 1970, cit. in Ivi, p. 143.
Tra i numerosi studi sul tema,
- Leo Marx, The Machine in the Garden: Technology and the Pastoral Ideal in America, Oxford University Press, New York 1964 e
- Rosi Braidotti, Madri, mostri e macchine, manifestolibri, Roma 1996.
11 - Ruether, Per una teologia, cit., pp. 143-44.
12 - Id. , Gaia e Dio. Una teologia ecofemminista per la guarigione della terra, Queriniana, Brescia 1995, (Gaia & God: An Ecofeminist Theology of Earth Healing, Harper, San Francisco 1992), cap. 6, pp. 202 e ssg. 13 13- Ivi, pp. 205-20. La Ruether fa riferimento a diversi testi, tra cui:
- Carol Christ, in Rethinking Theology and Nature, in Carol Christ e Judith Plaskow, a cura di, Weaving Visions: New Patterns in Feminist Spirituality, Harper & Row, San Francisco 1989;
- Id., The Laughter of Aphrodite: Reflections on a Journey to the Goddess, Harper & Row, San Francisco 1987;
- Marija Gimbutas, Women and Culture in Goddess-Oriented Old Europe, in Christ, Weaving Visions, cit., pp. 63-71.
Si veda anche
- Eaton, Introducing, cit., p. 42-3,
- Ruether, Per una teologia, cit., p. 258.
14 - James Mellaart, Catal Huyuk: A Neolithic Town in Anatolia, Thames and Hudson, Londra 1967, cit. in Ruether, Gaia e Dio, cit., pp. 216-19.
15 - “Green Studies”: natura, letteratura e ambiente 15 Ivi, pp. 253-64; Eaton, Introducing, cit., pp. 51-3.
16 - Ruether, Gaia e Dio, cit., pp. 268-74.
Si veda anche:
- Leonardo Boff, La Preghiera semplice di Francesco, un messaggio di pace per il mondo attuale, Cittadella, Assisi 2001.
Sulle streghe,
Ruether, New Woman, cit., pp. 92-110.
17 - Id., Gaia e Dio, cit., pp 274-83.
18 - Eatwot, Visione ecologica e sopravvivenza planetaria, in Claudia Fanti, a cura di, “Adista Documenti”, 30, 01/09/2012.
19 - Si veda in particolare
- Eaton, Introducing, cit., pp. 56-8.
Impossibile dar conto qui del ricchissimo dibattito che ha attraversato tutto il pensiero femminista nelle sue varie espressioni.
20 - Elizabeth Green, Postfazione. L’opera teologica di Rosemary Ruether, in Ruether, Gaia e Dio, cit., p. 391.
21 - Ivi, p. 359.
22 - Si vedano i dossier con antologia curati da Claudia Fanti per “Adista documenti”: Da inquilini incoscienti a custodi responsabili: il cammino obbligato di un’alleanza con il Pianeta (112, 7/11/2009); L’immagine di Dio è in espansione. Dalla cosmologia un nuovo “racconto sacro” per l’umanità (29, 3/04/2010);
Una teologia declinata al futuro. A Dakar per un’agenda planetaria in prospettiva liberatrice (6, 29/01/2011);
Scommessa sul futuro (42, 24/11/2012);
Divino naturale (5, 9/2/2013).
23 - Felix Wildred, Verso un‘ecoteologia in prospettiva interreligiosa, http://www.gasbosco. it/files/franz/CNC032106.pdf;
- Jürgen Moltmann, “Il futuro ecologico della teologia cristiana”, in http://www.liberospirito.org/Ecoteologia.html;
- Anna Case-Winters, Reconstructing a Christian Theology of Nature, Ashgate, Farmham, VT 2007.
24 - Ruether, Gaia e Dio, cit., p. 356.
25 - Jürgen Moltmann, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Brescia, Queriniana, 2007;
- Id., Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973.
26 -Tra i principali teorici, Arne Naess, che dirige il Centre for Development and the Environment dell’Università di Oslo.
27 - Specifico su questi temi è Ecosofia: la nuova saggezza. Per una spiritualità della terra, Cittadella, Assisi 1993.
28 - Marilù Rojas, Teologia e spiritualità liberatrice, in “Adista” 42, 24/11/2012;
- Mies e Shiva, Ecofeminism, cit. 29
29 - Jane Ellen Nickell e Lawrence Troster, Cries for Creation, Ground for Hope: Faith, Justice, and the Earth Interfaith Worship Service, in Kearns, Ecospirit, cit., pp. 517-30;
- Heather Murray Elkins, The Firm Ground for Hope: A Ritual for Planting Humans and Trees, Ivi, pp. 531-36.
- Braidotti, Trasposizioni, cit., pp. 139-41. 30
30 - Nikos Kazantzakis , Quando il seme dell’odissea dava frutto dentro di me, in El Greco e lo sguardo cretese, Biblioteca del Vascello, Roma 1994, cit. in Wilfred, Verso un’ecoteologia, cit., p. 59.

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