Corso di Religione

         


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IL TEATRINO DELLA RELIGIONE . Preghiera elemosina e digiuno.
I Professionisti del sacro. Mt 6,1-18 35
P. Alberto Maggi studibiblici.it

" Dopo aver contrapposto alla dottrina di Mosè il suo insegnamento (“Ma io vi dico…”, Mt 5,22), Gesù passa alla critica della pratica religiosa che scribi e farisei pretendevano contrabbandare come espressione della volontà divina (Mt 15,3). Le tre colonne che formavano la base della religiosità giudaica erano l’elemosina, la preghiera e il digiuno (Tb 12,8). Queste pratiche religiose venivano sostenute dagli scribi e eseguite scrupolosamente dai farisei che, con il loro stile di vita, ritenevano di essere di esempio al popolo.
La religiosità esemplare. Per Gesù, l’Uomo-Dio che si è fatto servo degli uomini, non l’esempio ma il servizio è l’atteggiamento che qualifica il credente (Mt 20,25-28). Nel dare l’esempio, l’individuo mostra le sue virtù affinché gli altri si sforzino di raggiungerle, e questo lo fa ritenere superiore a quanti è di esempio (Lc 18,11-12). Gesù insegna che le qualità e le virtù che uno possiede non vanno esibite, ma messe a servizio di quanti ne hanno bisogno. Mentre l’esempio mantiene la distanza tra chi lo da e chi lo riceve, il servizio elimina le distanze e rende uguali le persone. Il desiderio di dare l’esempio può indurre l’individuo ad assumere modelli di comportamento religioso che non corrispondono alla sua vita, ma fanno parte del cliché dell’uomo pio. Nel suo insegnamento Gesù demolisce questi modelli di religiosità esemplare e, senza mezzi termini, definisce ipocriti quelli che li praticano (Mt 6,2.5.16).

Per la prima volta compare nel vangelo di Matteo il termine ipocrita (gr. hypokritês) che l’evangelista impiega ben quattordici volte contro le tre in Luca e una sola volta di Marco. Con questo nome s’indicava colui che recitava una parte, cioè il commediante. Questa qualifica è sempre rivolta da Gesù agli scribi e ai farisei (Mt 23,13-15).

Autentici professionisti del sacro, scribi e farisei, mediante l’esibizione della propria pietà, manifestavano il loro senso di superiorità sul resto del popolo, nell’insaziabile bisogno di ammirazione da parte della gente ( Mt 6,1-18 36) . Ma Gesù non si lascia ingannare dalle apparenze. Per Gesù quanti elargiscono l’elemosina “per essere glorificati dagli uomini” non sono altro che dei commedianti (Mt 6,2). Non c’è nulla di più osceno che pubblicizzare il bene che si fa. L’elemosina, come ogni altra forma di aiuto interessato, se glorifica chi la fa, è sempre un’umiliazione per chi la riceve, e quando viene reclamizzata non serve ad altro che a edificare la propria reputazione di santità.

Quanti sfruttano il bisogno altrui per far conoscere al mondo quanto si è buoni e generosi non sono che dei commedianti che nell’ammirazione che suscitano hanno già ricevuto la loro ricompensa. Per Gesù costoro non solo non rendono culto al Signore, ma desiderando “essere glorificati dagli uomini” (Mt 6,2), si sostituiscono a Dio, dirottando su di essi la gloria che deve dirigersi unicamente al “Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).
All’elemosina, pratica giudaica considerata degna di grandi meriti presso Dio (Tb 4,11; Pr 19,17), Gesù contrappone la condivisione dei beni (Mt 19,21). Mentre dare l’elemosina significa mantenere una distanza e una dipendenza tra chi la fa e chi la riceve, la condivisione annulla questa distanza e instaura un rapporto tra pari: ai poveri non c’è da dare cose, ma tutto se stessi (Mt 14,13-21).

Quando si ama veramente si desidera che l’altro abbia le stesse cose che uno possiede e questo non è possibile con l’elemosina, ma solo con la condivisione di quel che si è e si ha. Nell’attesa che la comunità di Matteo giunga alla piena comprensione e accettazione del messaggio di Gesù, passando dalla pratica giudaica dell’elemosina a quella cristiana della condivisione (Mt 5,3), l’evangelista invita alla massima discrezione nel fare l’elemosina (Mt 6,3- 4).

Attrazione fatale Al centro della presa di posizione di Gesù sulle tre pratiche religiose giudaiche, Matteo colloca la più importante: la preghiera. Come ha già fatto per l’elemosina, Gesù ridicolizza quanti vogliono che la loro devozione sia conosciuta per ottenere l’ammirazione da parte degli uomini. Un detto rabbinico affermava che “al mondo ci sono dieci porzioni di ipocrisia: nove si trovano a Gerusalemme” (Esther Rabbà. I, 3-85b).

La concentrazione di tanta ipocrisia a Gerusalemme si doveva al fatto che nella città santa c’era il Tempio del Signore. Il Tempio, che il Signore non aveva voluto (2 Sam 7,5-7), era stato costruito da Salomone come piedistallo alla sua sfrenata megalomania (1 Re 6), mettendo ai lavori forzati trentamila persone “da tutto Israele” (1 Re 5,27). Bruciato dai Babilonesi (2 Re 25,8-17) e parzialmente ricostruito all’epoca di Esdra (Esd 3), con Erode il Grande il Tempio aveva acquistato nuovo splendore ed era lo spazio religioso più imponente dell’antichità.

Per Gesù il tempio di Gerusalemme, come ogni spazio considerato sacro, era tutta apparenza e poca sostanza, come il fico tutto foglie e senza frutti (Mt 21,19). Ma i luoghi sacri suscitano un’attrazione fatale per le persone pie, che li utilizzano come teatri nei quali poter esibire la loro devozione.

Per questo, dovendo indicare ai suoi discepoli il luogo più appropriato per la preghiera, Gesù esclude i luoghi di culto (Gv 4,23) che l’istituzione religiosa ha reso refrattari e impenetrabili allo Spirito del Signore e consiglia invece di pregare nella parte più nascosta della casa: la grotta che serviva da dispensa (Mt 6,6). Gesù, che l’evangelista presenta in preghiera unicamente due volte (Mt 14,23; 26,36), dà ai suoi discepoli anche alcune indicazioni su come pregare. La preghiera per Gesù è espressione della fiducia nel Padre.
Più grande è la fede nel Signore e meno la preghiera ha bisogno di formule e di parole. Al contrario, meno si ha fede, più si ha bisogno di parole. Quanti credono di esprimere la loro fede o la loro devozione moltiplicando le parole della preghiera, Gesù li accomuna ai pagani idolatri. Quelle lunghe preghiere che agli occhi della gente appaiono come alto esempio di devozione, per Gesù sono come lo sproloquio dei pagani: “Pregando poi, non blaterate come i pagani, i quali credono di venire ascoltati moltiplicando le parole” (Mt 6,7; Is 1,15).

Le parole di Gesù dovevano ricordare agli ascoltatori un conosciuto episodio narrato nel Primo Libro dei Re, dove Elia si prende gioco dei profeti di Baal e delle loro preghiere che rimanevano inesaudite: “Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà” (1 Re 18,27).

Gesù constata che molti si rivolgono al Signore esattamente come i pagani ai loro dèi, credendo che sia necessario ricordare al Signore quel che deve fare (“Ricordati del popolo che ti sei acquistato…”, Sal 74,2.18), gridando le loro richieste a una divinità sorda e insensibile (“A te grido, Signore, mia roccia, non essere sordo alla mia voce”, Sal 28,1; 86,3).

Nella loro presunzione gli uomini, forse ritenendosi più misericordiosi del loro Dio, cercano di convincere il Signore a mostrarsi come loro altrettanto misericordioso e clemente (“Sii misericordioso con essi, o Signore, e proteggili!”, Tb 8,17). Ma per Gesù “il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,8). Il fatto che il Padre sappia ciò di cui gli uomini hanno bisogno, rende inutile ogni richiesta.

Quando c’è la certezza che il Padre sa, e l’esperienza insegna che il Signore tutto trasforma in bene (Rm 8,28) e si prende cura anche degli aspetti minimi o insignificanti della vita (Mt 10,30-31), non c’è bisogno né di chiedere né tantomeno d’informare, ma trasformare la fiducia in lui in un continuo ringraziamento (Mt 11,25).Superstizione e digiuno Per ultimo Gesù tratta del digiuno devozionale, pratica che distingueva i farisei e le persone pie dal resto del popolo (Mt 9,14). Il digiuno nasce nel mondo greco come frutto della superstizione: si credeva che in caso di lutto i dèmoni, che avevano causato la morte, potessero avere potere sui parenti del defunto mentre questi mangiavano. Pertanto si digiunava durante la veglia funebre fintanto che l’anima del trapassato era nelle vicinanze, perché c’era sempre il pericolo di un’infezione demoniaca.

Gli Ebrei ereditarono questa pratica dal culto cananaico dei morti, ma la limitarono a un solo giorno l’anno, quello dell’espiazione dei peccati di tutto il popolo (Lv 23,32). Nonostante fosse continuamente avversata dai profeti (Is 58,4-7; Ger 14,12), la pratica del digiuno era diventata il segno distintivo dei Giudei che digiunavano facoltativamente due giorni la settimana, il giovedì e il lunedì, in ricordo della salita e della discesa di Mosè dal Sinai. Per Gesù quelli che digiunano sono commedianti che si sfigurano per figurare (Mt 6,16) agli occhi della gente e del Signore (“Perché digiunare, se tu non lo vedi?”, Is 58,3).
In sintonia con i profeti, Gesù insegna che il Padre non chiede ai suoi figli di digiunare, ma di “dividere il pane con l’affamato” (Is 58,7; Mt 25,35). Il Figlio di Dio si fa pane per gli uomini (Mt 26,26) perché quanti lo accolgono e si fanno pane per gli altri, diventino anch’essi figli dell’unico Padre. La pienezza di vita che il Padre comunica loro è incompatibile con ogni forma di mortificazione, per questo Gesù non ha mai praticato il digiuno devozionale e mai ha invitato i suoi discepoli a farlo (Mt 9,15). La grande fortuna che la pratica del digiuno ha avuto in certa spiritualità cristiana non si deve all’insegnamento di Gesù ma all’aggiunta che un anonimo copista, nei primi secoli, appose al vangelo di Marco.

Alla dichiarazione di Gesù “Questa specie [di demòni] non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera” (Mc 9,29) aggiunse “e con il digiuno”. Non solo: l’intero versetto, così manipolato venne inserito nel Vangelo di Matteo dopo il versetto 20 del capitolo 17. Matteo toglie ogni visibilità a queste pratiche giudaiche della sua comunità relegandole nella sfera interiore del credente.

Nel Vangelo di Tommaso le tre colonne della spiritualità ebraica saranno drasticamente abbattute: “Se digiunate genererete un peccato; se pregate sarete condannati; se date elemosina nuocerete ai vostri spiriti” (14), riecheggiando la denuncia dei profeti sull’inutilità e nocività delle pratiche religiose: Che m' importa dell' abbondanza dei vostri sacrifici?, dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli. Il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi richiede da voi che calpestiate i miei atri? Cessate di portare offerte inutili, l' incenso è per me un' abominazione, noviluni, sabati, assemblee sacre, non sopporto iniquità e feste solenni. L' anima mia odia i vostri noviluni e le vostre solennità; esse sono per me un peso, sono stanco di sopportarle. Quando tendete le vostre mani, io chiudo i miei occhi davanti a voi. Anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto, (Isaia 1,11-
15)


GUERRE DI RELIGIONE?
È LA LIBERTÀ AD ESSERE PERSEGUITATA.

A. Maggi studibiblici.it - editoriale


" Il seguace di Gesù non si meraviglia quando giunge la persecuzione, ma deve invece preoccuparsi quando questa è assente: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc 6,26). E per il credente, se è fedele al Signore e al suo messaggio, la persecuzione, nelle sue varie forme, aperta o mascherata, larvata o evidente, è sempre presente: “Tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tm 3,12). Il mondo corteggia e premia quanti non lo disturbano, ma scatena tutta la sua ferocia verso quanti con la loro esistenza sono una palese denuncia dell’ingiustizia del sistema: “Ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri” (Sap 2, 14-15).

Soprattutto il potere, specialmente quello religioso, non tollera l’esistenza di persone libere, che sfuggono al suo dominio e non possono essere controllate. L’adesione a Gesù e al progetto del Padre sull’umanità rende le persone pienamente libere: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). La libertà è la condizione per la presenza dello Spirito, e lo Spirito rende l’uomo sempre più libero: “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1) e “Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).
Gesù emancipando l’uomo dalla religione, dalle leggi e prescrizioni che regolavano il rapporto con la divinità, da tutto quel che il credente era obbligato a fare per compiacere il suo dio, ha favorito lo sviluppo e la crescita dell’individuo.

La maturazione, infatti,avviene solo nell’affermazione crescente della propria libertà di pensiero e autonomia di movimento senza dover essere assogettati a restrizioni religiose.
Per questo Gesù ha svincolato i suoi seguaci dalle norme tipiche della religione, quali osservanze alimentari, con proibizioni e divieti (“Non prendere, non gustare, non toccare”, Col 2,21), non ha imposto né periodi né giorni da consacrare al culto divino, non chiede sacrifici e non ammette che ci siano persone considerate inferiori, riconoscendo alle donne la stessa dignità degli uomini (Gal 3,28). Gesù non lega i suoi seguaci a leggi divine ma comunica loro lo Spirito, lo stesso amore del Padre, un Dio che non assorbe le energie degli uomini, ma gli comunica le sue.
Questa libertà è intollerabile per la religione, che per esistere deve dominare le persone, renderle sottomesse e infantili, sempre bisognose di un’autorità superiore che dica loro cosa e come fare. Gli schiavi da sempre hanno detestato i loro padroni, ma ancora più grande è la rabbia di chi si è reso schiavo volontariamente nei confronti delle persone libere e indipendenti, come Marta, che vive relegata in cucina,secondo quel che comanda la tradizione, e non tollera la libertà che si prende la sorella Maria, che, come un maschiosi intrattiene con il Maestro (Lc 10,38-42). È questa la collera dei “falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi” (Gal 2,4). Quanti seguono Gesù, “Luce del mondo”, non camminano nelle tenebre, ma hanno la luce della Vita (Gv 8,12), mentre quanti vivono nelle tenebre detestano la luce (Gv 3,20). Gesù non invita ad alcuna crociata contro le tenebre, ma chiede alla luce di splendere sempre più, perché “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,5). Chi non vuole essere perseguitato deve rinunciare alla pienezza della libertà, e rassegnarsi avivere regolato dalle leggi e non piùanimato dallo Spirito. Ma nella persecuzione c’è una grande certezza: Dio starà sempre dalla parte dei perseguitati (Mt 5,10-11) e mai da quella di chi perseguita, anche se pretende farlo in nome suo (“Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà si rendere culto a Dio”, Gv 16,2), per questo Gesù rassicura: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Mt 10,28). "
Un messaggio universale
di Alberto Maggi in studibiblici.it (trascritto di conferenze non verificato dall'autore)

".. Con Gesù, “Dio con noi” (Mt 1,23), cambia il cammino degli uomini. Prima del Cristo, l’umanità era rivolta al Signore in un’incessante ricerca di comunione con un Dio che la religione presentava sempre più lontano, una divinità esigente, che trovava difetti persino nei santi e negli angeli da lui stesso creati (“Ecco, dei suoi servi egli non si fida e nei suoi angeli trova difetti”, Gb 4,18). Protesi verso il loro Dio, tutto quel che gli uomini facevano era per il Signore, dal servizio alla preghiera, all’amore per l’altro. E le persone più religiose erano spesso talmente assorbite dal loro Dio da non accorgersi dei bisogni del prossimo. Con Gesù tutto cambia. La ricerca di Dio ( religione ) con lui è terminata: il Signore non è più da cercare, ma da accogliere e, con lui e come lui, andare verso gli uomini.
Con Gesù gli uomini non vivono più per Dio, ma di Dio, un Padre che chiede di essere accolto per fondersi con loro, dilatarne la capacità d’amore e renderli così l’ unico santuario dal quale irradiare l’amore a ogni creatura. Dio si è fatto uomo, per sempre, ed è con un Uomo ( Definitivo ) che i credenti devono confrontarsi. Per Gesù, quel che determina la riuscita o meno dell’esistenza, rendendola così definitiva, non è il rapporto che si è avuto con Dio, ma con gli uomini. Non è il riconoscerlo “Signore, Signore”, ma il compiere la volontà del Padre (Mt 7,21), accogliendo il suo amore e trasformandolo in azioni che comunicano vita.

Per questo nell’elenco dei comportamenti che, secondo Gesù, rendono impuro l’uomo, nessuno di essi riguarda il rapporto con la divinità, il culto, la religione, ma sono enumerati gli atteggiamenti negativi che danneggiano l’altro: “omicidi, adultèri, prostituzioni, furti, false testimonianze, calunnie” (Mt 15,19). Similmente, al ricco che gli chiedeva quali comandamenti osservare per avere la vita eterna, Gesù nomina solo quelli che riguardano i doveri verso il prossimo, e non quelli, ritenuti importantissimi, degli obblighi verso Dio: “Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,18-19)

Il messaggio di Gesù diventa pertanto universale e abbraccia tutta l’umanità. Non sarà domandato agli uomini se hanno creduto, ma se hanno amato, non sarà loro chiesto se sono saliti al tempio, ma se hanno aperto la loro casa al bisognoso, non se hanno offerto al Signore, ma se hanno condiviso il loro pane con chi ne aveva necessità. Chiunque dimostri attenzione verso i bisogni dell’altro, e intervenga per aiutarlo, costui entra nella Vita definitiva. "


Dio è come GesùA.Maggi-Settimana biblica- (www.studibiblici.it- Montefano (MC) 2013

".. Gesù rivela che Dio non è come la religione (giudaica) lo aveva presentato e come la casta sacerdotale lo aveva imposto. Dio è completamente diverso. La casta sacerdotale aveva presentato un Dio despota; un Dio che emana delle leggi alle quali chiede osservanza, obbedienza; un Dio che chiede di essere servito, che chiede sacrifici ma soprattutto un Dio pronto a minacciare e castigare con pene tremende quanti trasgrediscono i suoi comandi.

Questa maniera di presentare Dio era uno strumento in mano alla religione per dominare le persone: fintanto che uno domina in nome di un uomo, ad un uomo ci si può ribellare ma quando si fa credere che se disobbedendo non disobbedisci a lui ma a Dio, la risposta di Dio sarà tremenda. La religione ( giudaica ) ha manipolato, usato Dio per sfruttare e manipolare le persone. Poi, all’improvviso, appare Gesù e con Lui tutto cambia!

Giovanni ( nel suo vangelo ) chiede ai lettori di sospendere per un momento tutto quello che si sa su Dio per centrare tutta l’attenzione su Gesù, sulla sua vita, sul suo insegnamento. Se quanto vedono nelle opere di Gesù, nel suo messaggio, coincide con l’immagine che hanno di Dio, quell' immagine va mantenuta, ma se quello che vedono se ne distanzia o peggio o la contraddice, quell’immagine che hanno di Dio, va eliminata. Gli evangelisti sono d’accordo nel presentare Gesù come unica e piena rivelazione di Dio e ci fanno capire che “ Gesù non è come Dio” ma “Dio è come Gesù”.


Gv12,44 Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; 45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.

E’ importante questa definizione . Se noi diciamo che Gesù è uguale a Dio significa che di Dio abbiamo un’immagine. Ebbene no: non Gesù è uguale a Dio ma Dio è uguale a Gesù. Quindi è soltanto dalla conoscenza di Gesù che si comprende e si sperimenta chi è Dio.

Quello che emerge dai vangeli è un Dio talmente diverso dalla religione che saranno proprio i capi religiosi i massimi avversari di questo Dio e non esiteranno a sbarazzarsene, ad eliminarlo perché in contraddizione con l’immagine del Dio che loro hanno presentato. E Gesù per essere fedele all’immagine del Padre non ha esitato ad affrontare la morte. La Buona Notizia, il Vangelo: L'uomo non è chiamato a servire Dio ma Dio è un Padre che serve l'uomo, in Gesù.

Per la prima volta nella storia delle religioni Gesù ci presenta un Dio che non chiede - come in tutte le altre religioni, quella giudaica compresa - che gli uomini siano al suo servizio (nella religione l’uomo è il servo del Signore e questo servizio si esprime nel portare doni al Signore) ma un Dio che è a servizio degli uomini. Questo non era mai successo! Non era mai stato rivelato!

Dio non chiede agli uomini di innalzarsi per raggiungerlo ma è Lui che si abbassa per raggiungerli e mettersi al loro servizio. Nella religione si insegna che l’uomo deve purificarsi per poter accogliere il Signore. Ma tante persone, per la loro situazione, per la loro condotta, per la loro condizione di vita religiosa, morale, sessuale vengono considerate dalla religione in uno stato di peccato, di colpa, che non permette loro di avvicinarsi al Signore.
Chiunque può accogliere Dio in sè, questa accoglienza di fede rende l'uomo puro. Chi può purificare? Il Signore ! Ma siccome siete in uno stato di impurità (permanente n.d.r.), non potete avvicinarvi a Lui [ per farvi purificare : erano i lebbrosi, i pastori ,le prostitute,i non-ebrei, etc n.d.r. ] Gesù cambia tutto questo. Con Gesù non è vero che l’uomo deve purificarsi per avvicinarsi a Dio, per poterlo accogliere.

E’ accogliereDio che rende puro l’uomo. Dio non è distante dagli uomini, relegato in qualche tempio. È un Dio che chiede di essere accolto dall’individuo per fondersi con lui, per essere una cosa sola con lui. Questa è la buona notizia di Gesù! Gesù presenta l’amore di Dio concesso non per i meriti degli uomini ma per i loro bisogni.

“A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Nella religione l’amore di Dio bisogna meritarlo attraverso i propri sforzi. Con Gesù l’amore di Dio non va meritato ma accolto. La novità cristiana, la libertà portata da Gesù non sopporta le regole o le pratiche tipiche della religione. Per questo i rappresentanti della religione, farisei e scribi, criticano la formazione spirituale dei discepoli di Gesù, che giudicano carente: "I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni/suppliche [deêseis]; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!" (Lc 5,33).

La pratica del digiuno e il fare orazioni sono le caratteristiche della spiritualità sia dei discepoli di Giovanni sia di quelli dei farisei, come di ogni gruppo religioso. Sono i due basilari aspetti della loro spiritualità che li distinguono dagli altri e li rendono riconoscibili. Gesù nella sua replica ignora il fare orazioni e si riferisce esclusivamente al digiuno dichiarando questa pratica incompatibile con la sua presenza all'interno della comunità: "Gesù rispose: Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?”.

Gesù nega qualunque validità del digiuno inteso come esercizio ascetico e lo considera solo come un aspetto di profondo dolore per la morte (“Verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno”). Poi conclude la sua risposta con l'insegnamento che “il vino nuovo bisogno metterlo in otri nuovi” (Lc 5,37).

Non degnando di risposta il tema del fare orazioni Gesù vuol far comprendere che anche questo modo di rivolgersi al Signore è, come la pratica del digiuno, incompatibile con la nuova relazione con Dio che egli è venuto a instaurare.  Di fatto Gesù mai farà e tantomeno insegnerà a fare orazioni. Il termine greco tradotto con orazioni/suppliche compare unicamente nel vangelo di Luca per personaggi che non hanno conosciuto Gesù, come Zaccaria (Lc 1,13) e la profetessa Anna (Lc 2,37).

Dio non si concede come un premio ma come un regalo. (Se io adesso do un premio a qualcuno di voi significa che questi ha fatto qualche azione per meritarselo. Se io invece do un regalo, questo non dipende da chi lo riceve ma da me che lo dono. Ed è così per l’amore di Dio) .Dio non esclude nessuno dall’azione del suo amore. Dio continuamente perdona, egli non assorbe le energie dell’uomo ma le potenzia. Se prima di Gesù le persone vivevano “per” Dio, con Gesù le persone vivono “di” Dio. Gesù ha sovvertito il quadro religioso dell’epoca e quindi ha avuto tutti contro: non soltanto i capi religiosi, la casta sacerdotale, i teologi ma anche la sua famiglia e i discepoli che non l’hanno compreso.

“Convertiti e credi al vangelo”QUARESIMA - ISTRUZIONI D'USO di Alberto Maggi www.studibiblici.it

Oggi l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito evangelico “Convertiti e credi al vangelo”, secondo le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco (Mc 1,15). Un invito al cambiamento di vita, orientando la propria esistenza al bene dell’altro e a dare adesione alla buona notizia di Gesù. L’uomo non è polvere e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per questo ha una vita di una qualità tale che è eterna, cioè indistruttibile, e per questo capace di superare la morte. Mai Gesù nel suo insegnamento a invitato a fare penitenza, a mortificarsi, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi, ha detto il contrario: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 12,7).

I sacrifici centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione spirituale, la misericordia orienta l’uomo al bene del fratello. Sacrifici, penitenze, mortificazioni infatti non fanno che centrare l’uomo su se stesso, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo atteggiamento. Paolo di Tarso, che in quanto fanatico fariseo ea un convinto assertore di queste pratiche, una volta conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi: “Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati… Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: Non prendere, non gustare, non toccare? Sono tutte cose destinate a scomparire con l’uso, prescrizioni e insegnamenti umani, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,16.20-23).

Paolo aveva compreso molto bene che queste pratiche centrano l’uomo su se stesso, nel miraggio di una impossibile perfezione spirituale, tanto lontana e irraggiungibile quanto grande è la propria ambizione. Per questo Gesù invita invece al dono di sé, immediato e concreto, tanto quanto è grande la propria capacità di amare.


La religione e il senso di colpa Testi scelti da 2 conferenze di Ricardo Pérez Márquez sul libro dell'Apocalisse- studibiblici.it

La comunità cristiana non è più soggetta ai tempi e luoghi sacri della religione.
LA DONNA
La veste di sole che avvolge la donna di Ap 12 è tutto l’amore che Dio ha versato sul suo popolo, e attraverso di esso sull’umanità intera. [ su Israele e sulla comunità cristiana ] L’autore parla qui della comunità dell’alleanza nuova, che ha ricevuto tutto l’amore del Padre, quale una veste di luce che la identifica davanti agli altri. Il sole significa calore, vita, potenza… aspetti che ora distinguono la comunità dei credenti.

La donna porta la luna sotto i piedi, anche questo è un elemento importante, perché la luna era il pianeta che guidava i processi della natura e della vita di quei popoli. Il ciclo lunare serviva per fissare il calendario, le feste, le attività agricole. Succede ancora oggi: la Pasqua cristiana coincide con la prima luna piena di primavera. La luna nel mondo giudaico era l’astro che regolava i tempi e i movimenti del popolo. Avere la luna sotto i piedi significa che non si è più regolati da nessuno, ma la comunità controlla anche quegli elementi.

L’autore afferma che l’essere rivestiti dall’amore di Dio, come dimostra il personaggio della donna, rende talmente forti e liberi da non avere nessun altro al di sopra che possa condizionare la vita . Chi da l’adesione al progetto del Padre rivelato da Gesù non è più costretto ad osservare tempi, regole, cicli, scadenze come succede un po’ in tutte le culture. Nell’antichità nessuno poteva attentare contro il “calendario ufficiale” e contro ciò che in esso era stabilito… poteva succedere il pandemonio. C’è gente che ancora vive schiava di questo senso del tempo, o delle cose che riguardano il tempo con le sue scadenze.

La luna sotto i piedi vuol dire il controllo che ha la comunità dei credenti su quanto possa condizionare la sua vita. Dall’immagine della donna che tiene la luna sotto i piedi si deduce che la comunità è libera per agire, è padrona della sua vita e nessuno le può impedire di manifestare ciò in cui crede e di operare per quello che garantisce la sua crescita e piena maturazione. E che cosa vale della vita di questa donna?

La sua capacità di generare altra vita, una donna che è incinta, che sta partorendo e che subisce i dolori del parto, come ogni nascita comporta. L’essere liberi e signori nei confronti della realtà che ci circonda, come risposta all’amore che Dio ha versato su di noi, questo rende la comunità vincente, capace di raggiungere una dimensione di vittoria. E questo è rappresentato dalla corona che la donna porta sul capo, una corona di 12 stelle. Il 12 è la cifra del popolo di Dio, significa appunto che la comunità, già avvolta dall’amore di Dio e resa pertanto libera per agire e dirigere la propria vita, può generare altra vita ed è ormai vincente, ha raggiunto il suo traguardo : porta la corona.

IL DRAGO
Quando nell’Apocalisse si dichiara che il drago non può accedere in cielo, ne ha alcun potere sugli uomini, si ode una voce in cielo, un inno di lode. Nell’Apocalisse ogni tanto intervengono queste voci corali, come nelle opere letterarie antiche da rappresentare in teatro, dove a un certo momento entravano i cori dopo che il protagonista aveva fatto qualcosa di importante o il nemico era stato vinto, si apriva una pausa celebrativa.

La voce in cielo parla della salvezza, della potenza del regno di Dio, cioè proclama finalmente che il disegno di Dio si è realizzato dal momento che l’essere umano ha capito che quella realtà di male, rappresentata dal drago, non ha alcun potere su di lui. Questo è già avvenuto con il Cristo, è Lui che l’ha capito per primo, e noi possiamo capirlo come lui.

Quindi la salvezza, in questo senso, significa il massimo di possibilità di bene che Dio vuole e che realizza per gli uomini. Tale capacità che ha Dio di comunicare il massimo di bene si esercita mediante la sua potenza, la sua forza d’amore che tutto invade e che si attua nel suo Regno, ossia la creazione di una società veramente umana e di una storia che progressivamente abbandona ogni dinamica di morte, e questo attraverso la potestà del Cristo.

L’autore ha fatto un po’ di teologia, per spiegare come si è attuato il disegno del Padre sulla terra. E qual’è il motivo che ci permette di dire che questo disegno si attua? Adesso qui l’autore introduce un aspetto interessantissimo. Dice: questa salvezza si è attuata perché l’Accusatore, colui che accusava i nostri fratelli giorno e notte davanti a Dio, è stato gettato via. Qui egli sta parlando sempre del drago, ma l’autore dell’apocalisse lo presenta adesso con la sua veste più insidiosa e più letale possibile.

Chi è l’accusatore?
Quando si parla di drago è facile identificarlo con l’impero romano… Ma cosa interessava all’impero accusare davanti a Dio questi poveri fratelli? quando l’impero romano li poteva far fuori come se niente fossero? L’autore ci sta presentando una visuale del drago che forse non c’era mai passata per la mente.

L’accusatore, -questa immagine viene dal libro di Giobbe- (Gb 2), era il satana nel senso di dignitario (il visir), potente e cattivo, alla corte di Dio. Dio era circondato da tutta una specie di luogotenenti, se si può dire così, comunque i suoi mandatari, i ministri e questo grande visir che aveva parte piena nella sua corte. Secondo il libro di Giobbe, a che cosa si dedicava? Ad andare per il mondo e a guardare le malefatte degli uomini e poi riportarli a Dio, faceva la spia al Padre eterno. E quando Dio gli diceva: ma guarda c’è tanta gente buona… sì, sì, ti dico io che cosa hanno combinato! Rispondeva l’accusatore. Era una figura importante, perché doveva far notare a Dio le trasgressioni degli uomini nei confronti della Legge. Non si tratta di un aspetto che concerne il potere politico (impero) bensì quello religioso.

L’accusatore è il senso di colpa che può uccidere l’essere umano. E finché si vive con il senso di colpa si è in balia di un potere, che magari noi stessi generiamo, che può distruggere la vita dell’uomo e che gli impedisce di fare del bene. Questa è l’arma più subdola del potere, quella religiosa. Quando succede una disgrazia (sappiamo che funziona il meccanismo), uno si chiede cosa avrà fatto di male perché Dio lo tratti così…

E si cominciano a tirar fuori i sensi di colpa… Se si prende il termine adoperato dall’autore per parlare dell’accusatore, lo si può dire anche in greco, perché fa parte del nostro linguaggio, si dice “categor”, da dove noi usiamo la parola “categorico” = quello che è proprio così…. Nel Nuovo Testamento il “categor”, l’accusatore è sempre usato dagli evangelisti per presentare gli avversari di Gesù, coloro che lo accusano e che tramano contro la sua vita, ovviamente tutti essi appartengono all’istituzione religiosa. L’accusatore è colui che ricorda all’uomo che di fronte a Dio non vale niente, anzi è sempre nel peccato e ha bisogno di purificazioni e di sacrifici. L’accusatore sa tutto di Dio e solo lui può dire come Egli è.

E’ interessante trovare che nei vangeli il “categor” sono i farisei, gli scribi, i sommi sacerdoti… e lo stesso succederà nella vita di Paolo, anche lui avrà degli accusatori nella figura dei rappresentanti dell’istituzione religiosa. Ecco perché finalmente la salvezza si è realizzata, dice quella grande corale che entra in scena: perché ci siamo liberati del senso di colpa che la religione aveva radicato nel cuore umano, perché di fronte a Dio, anche con tutte le nostre magagne, siamo persone da abbracciare e da voler bene.

Dio non si spaventa di fronte a quello che l’uomo possa combinare, ma gli interessa ciò che può diventare se si lascia avvoligere dal suo amore. Il Padre è sempre con le braccia aperte per dimostrare quanto è importante che la persona umana possa sentire il suo amore. E finché c’è l’accusatore, a rovinare tutto questo, tale esperienza di salvezza non si può provare.

Finché si insegna il volto di un Dio che può punire non è possibile fare esperienza del suo amore. Dio resta una minaccia, qualcosa di angosciante perché il suo giudizio incombe sull’essere umano. Gesù invece si ha mostrato il volto di un Padre che è esclusivamente buono, follemente innamorato dei suoi figli… L’autore dell’Apocalisse traduce questo insegnamento dicendo: nessun accusatore al cospetto di Dio. L’accusatore che fa sentire in colpa un altro dove si trova? Ditemelo voi! In tutte quelle persone che si permettono di trattare male un altro nel nome di Dio, anche se ha sbagliato.

Nessuno può trattare male l’altro né fargli sentire ancora di più lo sbaglio che ha commesso nel nome di Dio. La donna avvolta di sole rappresenta una comunità liberata dalla colpa, e avvolta dall’amore del Padre, un amore che trasforma e rende pienamente umani. Non siamo riusciti a capire che siamo già avvolti di sole? Il sole è proprio la premessa, come per dire: ma di cosa ti preoccupi? Però adesso sei tu che ti devi dare da fare, anche tu devi generare la vita. Il Padre ci comunica il suo amore gratuitamente affinchè possiamo fare altrettanto nei confronti degli altri.

Anche san Paolo nella lettera ai Romani si domanda: chi ci accuserà davanti a Dio? Lui che ci ha perdonato già in partenza…?, il Figlio che è venuto proprio per dirci quanto siamo importanti agli occhi del Padre….? Finché funziona quella storia del senso di colpa ci si rimane in preda al drago e può fare di noi quello che gli pare. Sapere che nessuno ci può accusare davanti a Dio, perché Dio è colui che accoglie, significa provare la certezza che la vita della persona può svilupparsi e raggiungere la sua piena realizzazione.

L’accusatore è stato vinto per mezzo del sangue dell’Agnello. L’Agnello con il taglio alla gola mostra la qualità del suo amore. Anche coloro che gli hanno dato adesione continuano a testimoniare che l’accusatore è stato sconfitto. Quelli che con la parola della loro testimonianza non hanno amato la loro vita, nel senso che l’hanno esposta alla morte, che sono stati come Gesù persone libere, capaci di dare sé stessi per il Regno, costoro continuano a diffondere la salvezza procurata dal Cristo.

Anche noi siamo chiamati a portare avanti questa grande e buona notizia, la novità di sapersi non più accusati davanti a Dio. Chi legge e riflette sul messaggio del libro non può rimanere neutrale, deve portare una scelta concreta, o si condivide l’ideologia del potere (così come i sistemi terrestri la diffondono) o si sta dalla parte di Dio dando adesione alla sua proposta di un amore universale. Il potere significa dominio, la proposta di Dio significa amore che si manifesta attraverso il servizio. L’Apocalisse è stata scritta per ravvivare l’impegno radicale dei credenti a favore del Regno, manifestando la volontà di non sottomettersi a nessuna forma di potere. Questo è il nostro compito, tocca a noi testimoniare il messaggio per contemplare un cielo nuovo e una terra nuova.


( Ap12,10: Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. 11 Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. )

Colui che accusa gli uomini davanti a Dio giorno e notte , il satana , cioè il pubblico ministero nel giudizio divino ( il Categor n.d.r. ), identificato con tutti i satani della storia a partire da quello che ha rovinato l'umanità fin dalle origini , è gettato fuori, è esorcizzato . Gv 12, 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

La vittoria è dovuta all'azione di Gesù, del suo sangue, il sangue dell'agnello (che esorcizza lo spirito maligno nel rito apotropaico dell'esodo dall'Egitto ) e il sangue di tutti i suoi testimoni ( martiri ), coloro che nella storia hanno collaborato alla sua azione salvifica, al regno messianico delle beatitudini fino a dare -come Lui- la vita. Questa azione storica è determinante per la vittoria contro il satana , per la sentenza definitiva.

Solo chi vive la storia in Gesù nella comunità messianica delle beatitudini vince il satana e le sue bestie . Quando nell’Apocalisse si dichiara che il drago non può accedere in cielo, ne ha alcun potere sugli uomini, si ode una voce in cielo, un inno di lode. Nell’Apocalisse ogni tanto intervengono queste voci corali, come nelle opere letterarie antiche da rappresentare in teatro, dove a un certo momento entravano i cori dopo che il protagonista aveva fatto qualcosa di importante o il nemico era stato vinto, si apriva una pausa celebrativa.

La voce in cielo parla della salvezza, della potenza del regno di Dio, cioè proclama finalmente che il disegno di Dio si è realizzato dal momento che l’essere umano ha capito che quella realtà di male, rappresentata dal drago, non ha alcun potere su di lui. Questo è già avvenuto con il Cristo, è Lui che l’ha capito per primo, e noi possiamo capirlo come lui. Quindi la salvezza, in questo senso, significa il massimo di possibilità di bene che Dio vuole e che realizza per gli uomini. Tale capacità che ha Dio di comunicare il massimo di bene si esercita mediante la sua potenza, la sua forza d’amore che tutto invade e che si attua nel suo Regno, ossia la creazione di una società veramente umana e di una storia che progressivamente abbandona ogni dinamica di morte, e questo attraverso la potestà del Cristo.

L’autore ha fatto un po’ di teologia, per spiegare come si è attuato il disegno del Padre sulla terra. E qual’è il motivo che ci permette di dire che questo disegno si attua? Adesso qui l’autore introduce un aspetto interessantissimo. Dice: questa salvezza si è attuata perché l’Accusatore, colui che accusava i nostri fratelli giorno e notte davanti a Dio, è stato gettato via. Qui egli sta parlando sempre del drago, ma l’autore dell’apocalisse lo presenta adesso con la sua veste più insidiosa e più letale possibile.


Mt 18, 15 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.



Salire e scendere. A.Maggi Versetti pericolosi . Roma 2011

" ... Scribi e farisei si sono messi a servizio di Dio e offrono la loro vita al Signore. Gesù, Figlio di Dio, ha messo la sua esistenza a servizio degli uomini (Lc 22,27) offrendo loro la sua vita. Il percorso degli scribi e dei farisei e quello di Gesù è pertanto opposto, perché diverso è il loro concetto di Dio, e quindi sono destinati a non incontrarsi mai e a scontrarsi sempre. E' LUI che cerca te. Tu non hai che da cedere [ a questa chiamata].

Scribi e farisei per avvicinarsi sempre più al Signore si separano, di fatto, dal resto del popolo. Per loro, infatti, il Signore è nell'alto dei cieli (Dt 4,39), e per raggiungerlo occorre salire la mistica scala di Giacobbe «la cui cima raggiungeva il cielo» Gn 28,12. Gesù è il Dio che per amore è sceso verso gli uomini, e si è fatto lui stesso uomo. Fil 2,6ss. Scribi e farisei salgono, il Signore scende... e non s'incontrano mai. Anzi, a forza di salire verso il loro Dio nei cieli, scribi e farisei si allontanano sempre di più da quel Dio che si è fatto uomo.
Il paradosso è che quelli che, per il loro stile di vita e le loro devozioni, si ritengono i più vicini a Dio, di fatto sono i più lontani. Più cercano di avvicinarsi a Dio, meno lo incontrano, e quindi meno lo conoscono. Con Gesù, Dio ha infatti assunto un volto umano e si manifesta nell'umano. Ciò significa che al di fuori di quel che è umano non è possibile fare alcuna esperienza di Dio Scribi e farisei, a forza di spiritualizzarsi, si sono disumanizzati: il loro sguardo, costantemente teso a scrutare il cielo, li fa diventare refrattari e insensibili ai bisogni e alle sofferenze del popolo. Interamente assorbiti dalle loro devozioni, sono indifferenti alle necessità concrete delle persone. Il loro attaccamento alle cose celesti li fa essere distaccati da quelle terrene, tanto ardenti verso Dio quanto freddi verso i propri simili.

Per Gesù più l'individuo è umano e più manifesta il divino che è in sé. Una spiritualità che disumanizzi la persona, soffocandone la vitalità, reprimendone i sentimenti, non procede in alcuna maniera dallo Spirito del Signore. Una spiritualità del genere non solo non permette di incontrare Dio, ma lo impedisce, perché Dio può essere conosciuto e incontrato in quel che è profondamente e intensamente umano.

Il Dio che Gesù fa conoscere è esclusivamente buono, perché «Dio è Amore» (lGv 4,8), e l'amore non può essere comunicato attraverso una Legge o una dottrina, ma solo mediante gesti che trasmettono vita e l'arricchiscono. Ed è questo che le folle percepisconoda Gesù, e per questo sono attratte da lui: si sentono amate come mai prima era loro capitato.

Con Gesù, il Dio che si è fatto uomo, cambia il rapporto degli uomini con il Signore. L'uomo, una volta accolto da questo amore gratuito e incondizionato, non vive più per Dio, ma di Dio, e come Gesù è spinto dallo Spirito ad alleviare le sofferenze dell'umanità. Prima di Gesù, il cammino dell'umanità era diretto verso Dio. Ma ora Dio in Gesù si è fatto uomo, c'è solo da accoglierlo e, con lui e come lui, andare verso ogni creatura.

Gesù nella sua predicazione annuncia il regno di Dio, la società alternativa che lui è venuto a inaugurare : un mondo dove alla brama di accumulare si sostituisca la gioia del condividere, al posto della frenesia del salire si scopra la libertà di scendere, e alla smania di comandare si opponga la vera grandezza, quella del servire. Nel messaggio proclamato da Gesù, stupisce l'assenza dell'invito alla santità, caratteristica costante dell'insegnamento degli scribi.

La spiritualità dell'Antico Testamento era infatti fondata sull'imperativo di Dio: «Siate santi perché io sono santo» (Lv 11,44). Mai Gesù fa suo questo invito e mai invita alcuno a essere santo. Nel codice di santità, contenuto nel Libro del Levitico (Lv 19-24), la relazione con Dio si realizzava mediante l'accettazione di verità assolute e per questo immutabili, di norme intoccabili, di osservanze e pratiche rituali ben determinate.

Questa legge di santità generava una società discriminatoria, che escludeva quanti non potevano osservare i suoi innumerevoli precetti, dividendo, di fatto, il popolo tra uomini puri e impuri, tra giusti e peccatori. Gesù non pone come traguardo l'irraggiungibile santità di Dio, ma la sua compassione per gli uomini.
Il Padre di Gesù non assorbe gli uomini, ma comunica a essi il suo Spirito, dilatando la loro capacità d'amore. E l'amore e non la Legge che può generare una società dove ognuno si senta accolto, giustificato, perdonato. Per questo il Cristo, piena manifestazione di un «Dio, che è ricco di misericordia» (Ef 2,4), propone di essere misericordiosi come il Signore è misericordioso, obiettivo a tutti accessibile, perché essere compassionevoli come il Padre significa avere come lui un amore dal quale nessuno viene escluso, e questo rientra nelle possibilità di ogni persona.

Mentre all'imperativo della santità di Dio seguiva tutta una serie di norme su ciò che era puro (e quindi permetteva la santità) e quel che era impuro (e ostacolava la santità), separando, di fatto, quanti osservavano queste regole da chi non poteva o non voleva osservarle, la pratica dell'amore e della misericordia non allontana da nessun uomo ma avvicina a tutti.
Per Gesù l'assomiglianza alla misericordia del Padre non si realizza mediante attestati di ortodossia (lc 6,46 ), né attraverso l'osservanza di norme religiose ( Mt 15,12 ), ma attraverso l'attenzione alla persona, alla dignità, al bene e al benessere degli uomini, liberandoli da ogni sofferenza e angustia. Mentre la santità colloca al di sopra degli altri, la misericordia pone a fianco degli ultimi della società, delle persone emarginate ed escluse. La spiritualità proposta da Gesù non centra la persona in se stessa, nella propria perfezione, nella santificazione personale, ma nel dono concreto e generoso di sé agli altri.

Non la propria virtù (parola assente nei vangeli), ma la necessità altrui è quel che distingue il credente in Gesù «Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 5; Mt 5,44). Da qui l'invito a impegnarsi contro li forma di ingiustizia e sofferenza (Lc 6,24 ) per realizzare I disegno del Padre di rovesciare i potenti dai troni innalzare gli umili, di ricolmare di beni gli affamati e di rimandare i ricchi a mani vuote ( Lc 1,52 6,20 ).

E se Dio rifiuta la religione ? di A. Maggi www.studibiblici.it Conferenza trascritta e non verificata dall'autore. ]

La spiritualità nasce dall’intimo degli uomini, è la forza interiore che li spinge verso l’infinito, l’assoluto. È il desiderio, innato in ogni creatura, di pienezza di vita. ( la religiosità costitutiva dell'uomo n.d.r. ) La spiritualità ( religiosità, senso religioso, bisogno di rivelazione) nasce dall’uomo che, creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), nel corso della sua esistenza sviluppa, attraverso atti concreti, questa somiglianza al fine di giungere a essere “immagine e gloria di Dio” (1 Cor 11,7).
La religione invece è un artefatto culturale. Nata come strumento per sviluppare la spiritualità dell’uomo in realtà la religione la opprime e la soffoca, perché per sua natura ogni religione è violenta. Nello specifico cristiano la spiritualità conduce alla fede ( in Gesù, piena rivelazione di Dio e n.d.r. ).
La differenza tra spiritualità e fede è che mentre la prima nasce dagli uomini ed è diretta verso la divinità, la seconda nasce da Dio ed è rivolta agli uomini (“Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”, 1 Gv 4,10; Rm 5,8). Mentre nella religione conta ciò che l’uomo fa per Dio, la fede nasce da quel che Dio fa per gli uomini. Le crociate e le guerre sante non nascono dalla spiritualità, ma dalla religione. Per questo è illusorio pensare che le religioni possano portare la pace nell’umanità.
Le religioni sono per loro natura violente. Ogni religione ha la pretesa di essere l’unica assoluta rivelazione della divinità, a riprova della quale rivendica il possesso di un testo sacro, rivelato, comunicato o scritto direttamente da Dio. Nella religione è sacro il Libro. Nella fede (cristiana ) è sacro l’UOMO (Mc 2,27). La sacra scrittura, ritenuta espressione definitiva della volontà di Dio, dà il diritto alla religione di dividere le persone tra fedeli e infedeli, tra puri e impuri, di promettere un premio o di minacciare un castigo, innescando forme crescenti di violenza morale, psicologica e, quando le leggi civili lo consentono, anche fisica. Naturalmente ogni religione è convinta di essere portatrice di pace e che il Male, o il Satana, sia qualcosa che appartiene alle altre religioni, filosofie o sistemi di potere. La certezza di essere il Bene consente di ostacolare, combattere e sconfiggere, con qualunque mezzo, tutto quel che si ritiene gli sia contrario.
Ogni religione ritiene di avere l’esclusiva della fratellanza e della pace, ma la storia insegna che proprio in nome della religione gli uomini si sono scannati gli uni contro gli altri, uccidendo e massacrando per la difesa del loro Dio. Non va dimenticato che il cristianesimo è stato la religione più omicida che sia mai apparsa nella storia. È triste e angosciante doverlo ammettere, ma nessuna religione ha tanti morti sulla coscienza come il cristianesimo ( Islam? n.d.r.) . Fin dai suoi inizi la violenza è stata la costante della Chiesa: hanno ucciso più persone i papi per imporre la religione cristiana che gli imperatori romani per contrastarla. Se sono incontestabili le radici cristiane dell’Europa, è anche incontestabile che queste radici sono state abbondantemente annaffiate col sangue di milioni di vittime. La violenza della Chiesa non si è rivolta solo agli “infedeli”, musulmani ed ebrei, ma agli stessi cristiani, sia a quelli considerati eretici, che sono stati bruciati, squartati, bolliti, arrostiti, sia alle streghe,torturate e condannate al rogo, ma anche a quanti non si sottomettevano completamente al suo potere. Il tutto in nome del Cristo.

E in nome di Cristo sono stati perpetrati genocidi e stragi: intere popolazioni ed etnie sono state cancellate dalla faccia della terra (basti pensare agli Aztechi e ai Maya, solo per citare i più conosciuti) e altre sono state sottomesse cancellando la loro cultura, la loro storia e le loro tradizioni. Bartolomeo de Las Casa, nella sua Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie, scrive pagine raccapriccianti. Lui era cappellano degli occupanti, ma cambiò atteggiamento di fronte alla conquista e all’evangelizzazione delle Indie quando fu testimone a Cuba del crudele supplizio al quale fu sottoposto Hatuei, capo delle resistenza degli indios: giudicato eretico e ribelle fu condannato a essere bruciato vivo.

Il cattolicissimo condottiero spagnolo Hernan Cortés, massacrò e cancellò dalla faccia della terra intere popolazioni in Messico. Cortés può essere ritenuto l’inventore della “guerra preventiva”: l’invasione di un paese con lo scopo di impadronirsi delle sue ricchezze, ma con la giustificazione di volervi portare valori postivi (cristianesimo, democrazia, etc.). Hernan Cortés invitava i suoi soldati a sterminare ferocemente tutti, uomini, donne, vecchi e bambini “per spargere e inculcare il terrore della loro ferocia in ogni angolo di quelle terre; onde incutere durevole timore tra quei greggi di agnelli mansueti, in ogni contrada ove entrano sono usi commettere per prima cosa un crudele e memorando massacro”. Terminato il massacro, le mani delle vittime venivano infilzate in lunghi bastoni “cosicché gli altri indiani potessero vedere quanto era stato fatto in quel villaggio”.E egualmente gli spiedi coi bambini a rosolare a fuoco lento fra le urla delle madri, per terrorizzare i villaggi, e i bambini gettati in aria a decine per i giuochi dei conquistadores, in gara tra loro a chi li infilzava nella spada con più destrezza prima che rotolassero a terra” (cf G. Zizola, in Rocca, 20/2004, p. 52).

Naturalmente le motivazioni, per la guerra, sono sempre oscene e menzognere, ma rivestite di nobili intenti. Lo sterminio delle popolazioni dell’America latina “era l’estirpazione dell’idolatria e la conversione degli indigeni alla fede cristiana” (D. Ulloa, Los predicadores divididos. Los dominicos en Nueva España). Non è stato Maometto, ma un papa, Urbano II, a lanciare la prima guerra santa, e al grido di “Dio lo vuole” (Deus lo vult), non fu difficile trovare tutti i supporti teologici per giustificarla È pertanto evidente che l’adesione ai principi di testi ritenuti sacri non è sufficiente per esorcizzare la violenza nei confronti degli uomini. Per questo non basta che un testo sia considerato sacro, occorre anche che l’uomo venga considerato sacro.
Se il bene dell’uomo non viene messo al primo posto come valore sacro, non solo i testi dell’Antico Testamento, ma persino i Vangeli possono essere usati per fare il male anziché per compiere il bene. San Tommaso arriverà ad affermare, commentando il testo di Paolo “La lettera uccide, ma lo Spirito dà la vita” (2 Cor 3,6),che “Per lettera si deve intendere ogni legge esterna all'uomo, precetti della morale evangelica compresi, che possono uccidere se non esistesse nell'intimo la grazia sanante della fede” (I 2a q.106 art.2). La Parola di Dio si svela solo a quanti mettono il bene dell’altro al primo posto nella loro esistenza. E’ questa la verità che permette l’ascolto della voce del Signore (“Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”, Gv 18,37). Quando ciò non accade, si rischia di disonorare l’uomo per onorare Dio.

Lo stesso vangelo, quando non è più a servizio del bene e della felicità degli uomini, ma viene usato come strumento di potere per sottometterli, si fa portatore di morte anziché di vita. Il potere esercitato in nome di Dio è il più perverso, perché ha convinto gli uomini della necessità di sottomettersi ai suoi rappresentanti quale unica via di salvezza. Questo rende le persone non solo schiave, ma complici di questa schiavitù accettata e assunta a valore.

".. Dai vangeli appare che Gesù, Figlio di Dio, manifestazione visibile del Dio invisibile, e “Dio con noi” (Mt 1,23) ha avuto un rapporto sempre fortemente conflittuale con tutto quel che riguarda la religione: le leggi, le persone, i luoghi di culto.

Per comprendere il comportamento di Gesù occorre vedere che cosa s’intendeva a quel tempo per religione. Sotto questo nome si raccoglieva quell'insieme di comportamenti che l'uomo doveva avere nei confronti della divinità per ottenerne la sua benevolenza. Tutto questo con Gesù non ha più valore. Gesù ha proposto un rapporto nuovo con Dio non più basato su quel che l’uomo deve fare nei suoi confronti, ma su quello che Dio, rivelato come Padre, fa nei confronti dei suoi figli.
Con Gesù è finita la religione ed è nata la fede. Per questo nei vangeli la parola religione non si trova, e nel Nuovo Testamento compare una sola volta, ma per indicare la religione ebraica (“Essi avevano contro di lui certe questioni intorno alla propria religione ”, At 25,19). Il termine greco che viene tradotto con religione, (gr. deisidaimonía) è composto dal verbo temere (gr. déidô) e da dèmone (gr. daimôn) e significa il timore degli dèi/dèmoni, paura delle potenze celesti, degli spiriti maligni, superstizione, religione. Alcuni traduttori rendono con religione il termine greco thrêskeia, che ha più il significato di culto religioso (“Nessuno v’impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione [thrêskeia] degli angeli, Col 2,18; cf At 26,5; Gc 1,26.27).Il mondo della religione e le persone religiose vengono presentate nei vangeli come refrattari all’azione dello Spirito, nemici accaniti di Gesù ed irriducibili avversari del progetto di Dio sull’umanità... " .. In Mt 20,1-16 Il signore della vigna non è stato ingiusto (quel che aveva pattuito è quel che è stato dato), ma generoso. Non toglie nulla a quelli che hanno lavorato dall’alba, ma vuole dare lo stesso salario anche agli ultimi. Difendendo il suo comportamento, il padrone della vigna si definisce buono (“Sei invidioso perché io sono buono?”, Mt 20,15). Nell’atteggiamento del proprietario della vigna, Gesù raffigura quello del Padre.

Dio non è un padrone severo, ma un signore generoso che non retribuisce gli uomini secondo i loro meriti, ma secondo i loro bisogni, perché il suo amore non è concesso come un premio, ma come un regalo. Quel che motiva il suo agire è la necessità dell’uomo, la sua felicità. E se a qualcuno questo comportamento può sembrare ingiusto, e non gli sta bene, è perché il suo è un “occhio maligno” (Mt 20,15), quello dell’avaro, dell’invidioso (Dt 15,9), di colui che fa tutto per la sua convenienza. Questi non potrà mai capire l’agire di un Dio che non “cerca il proprio interesse” (1 Cor 13,5), ma quello dell’uomo" .
Religione e fede. Testimonianza di un ex evangelico convertito al cattolicesimo. di K. Albert Little  in : http://www.patheos.com/blogs/albertlittle/why-catholicism-is-so-unattractive-to-evangelicals/

Quando ero un  giovane evangelico tendevo a distinguere nettamente i cattolici dai cristiani. Non erano sinonimi, e molto spesso un cattolico non era, a mio avviso, un cristiano. Quando i cattolici si presentavano ai nostri corsi di esegesi evangelica del Nuovo Testamento, venivano identificati immediatamente con un gruppo concreto di persone: i farisei. I farisei con la loro religione. “Stupidi farisei”, pensavamo, “non riconoscerebbero il Messia neanche se togliesse loro il fango dagli occhi!”Ho detto che noi eravamo quelli intelligenti? Ad essere onesto, eravamo fuori dalla realtà, e quello che commettevamo era il tipico errore protestante: identificavamo i farisei con la religione e la religione con ciò che è negativo.
Gesù ha condannato i farisei, i farisei erano religiosi, dunque la religione è negativa. La logica sembra schiacciante. Zwingli, padre del movimento anabattista, la pensava allo stesso modo. Dal suo punto di vista, la vita sacramentale della Chiesa cristiana medievale era troppo religiosa. Un punto di vista che persiste ancora oggi nella fede evangelica. Credo che il cattolicesimo non sia attraente per gli evangelici per due ragioni. In primo luogo, molti dei miei compagni evangelici ed io diffidavamo della religione. Ciò era dovuto, in grande misura, ad una mancanza di comprensione delle interazioni tra Gesù e i farisei e delle radici storiche della Riforma. Guardando più in profondità, una lettura molto più attenta della condanna dei farisei da parte di Gesù è che condanna la loro religione vuota. La loro falsa pietà.

Riformatori come Zwingli hanno smantellato il sistema sacramentale cristiano, e noi, gli evangelici di oggi, abbiamo ereditato quello che restava. In una stanza piena di evangelici convertiti al cattolicesimo scommetterei con sicurezza che tutti hanno ascoltato questo sermone "La religione è negativa.": Le chiese cattoliche sono ornate e stravaganti. I cattolici raccolgono cose come rosari, statue e crocifissi. I cattolici si siedono, si alzano in piedi, e si inginocchiano con una frequenza allarmante. I cattolici sono un ovvio analogo dei farisei, e viceversa..." ma se non stiamo attenti manchiamo completamente il punto di Gesù.

Naturalmente, ci innervosisce qualsiasi cosa abbia una parvenza di religione per paura di cadere nella presunta trappola dei farisei, per questo rifiutiamo il cattolicesimo in cui vediamo trappole religiose. Per prima cosa, la condanna dei farisei da parte di Gesù non era una condanna totale della religione. Gesù non ha condannato la religione. La religione non è qualcosa di male. Purtroppo però "religione" è diventato sinonimo di "cattiva religione". La Chiesa paleocristiana era religiosa. La Didachè, uno degli scritti più antichi che abbiamo di come i primi cristiani si relazionavano a Dio , nel suo approccio religioso al culto cristiano è assolutamente non apologetica .

In secondo luogo, gli evangelici trovano il cattolicesimo poco attraente per la mancanza nei cattolici di un rapporto personale con Cristo. Non sono -come dicono gli scrittori evangelici - "discepoli". Essi non si sforzano di modellare le loro vite su Cristo : la sua compassione, la sua integrità, la sua generosità etc. Questi due osservazioni si completano : una pratica religiosa " vuota" sostituisce un rapporto personale con Cristo.

La religione vuota è ostacolo ad una vita in Cristo. La religione vuota è pericolosa. Gesù ha condannato questo nel farisaismo : una religione vuota. ( Un religione che cerca la perfezione umana - l'uomo "giusto"- attraverso una azione educativa di modellazione dei comportamenti esterni dell'uomo , così da fargli meritare il premio di Dio invece di una religione che cerchi la somiglianza a Gesù attraverso una intensa comunione di Spirito con Lui .

Perché il cattolicesimo così poco attraente per gli evangelici? Perché evangelici non vedono una vita spirituale cattolica vissuta, celebrata, abbracciata con tutto il cuore. Gli evangelici vedono nel cattolicesimo una religione vuota, possiamo biasimarli? Certamente no quando i banchi delle chiese sono pieni di cattolici in cerca di emozioni, quando la catechesi cattolica è così povera che la maggior parte di loro non capisce nemmeno la Sua presenza reale, quando considerano quello di "Giudice" come l'attributo proprio di Dio piuttosto che quello di Clemente e Misericordioso. Etc.

Abbiamo bisogno di essere cattolici davvero. Se ciò che è poco attraente per gli evangelici è quella che appare come una pietà vuota e una mancanza di rapporto autentico con Gesù allora abbiamo bisogno di chiedere allo Spirito Santo di riempirci di una Vita più cattolica. Assimiliamo Gesù nella sua carne e sangue. Cosa c'è di più personale di questo? Senza un vissuto che sia la dimostrazione che amiamo Gesù , come cattolici siamo, alla fine, niente di meglio che i farisei. E questo è poco attraente. "


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