Corso di Religione

         


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Le costanti religiose Ogni jerofania, ogni oggetto jerofanico , rivela una determinata modalità del sacro ma nelle religioni si possono osservare alcune " costanti " . M. Eliade ha fatto questo studio (cf. Trattato di storia delle religioni ) a partire dalle modalità elementari del sacro nelle culture arcaiche . Lo studio ci fornisce alcune direttrici.
1) " Ogni jerofania è una scelta nella quale il sacro si definisce nella dialettica sacro/ profano.
L'oggetto jerofanico presuppone una scelta da parte dello spettatore , il "distacco" dell'oggetto ierofanico dal resto  che lo circonda ( che rimane profano).   La scelta si fonda sulla singolarità dell'oggetto jerofanico rispetto a tutti gli altri oggetti simili che rimangono profani.

Una pietra è sacra se possiede una singolarità che la distacca da tutte le altre.

Questa singolarità è il suo essere portatore di sacro, inteso sia come forza degli dèi di cui è investito o caricato, sia come forza o singolarità propria  dell'oggetto ( ontofanìa) .


" Un oggetto diventa sacro nella misura in cui incorpora (cioè rivela) una cosa diversa da sé. ..importa poco che tale diversità sia dovuta alla forma singolare , all'efficacia ( ontofanìa) o semplicemente alla sua «forza» ( cratofanìa) ; o che sia dedotta partendo dalla «partecipazione» dell'oggetto a un qualsiasi simbolismo; o che sia conferita mediante un rito di consacrazione o acquisita per inserimento, volontario o no, dell'oggetto in una regione satura di sacralità (zona sacra, tempio sacro, o qualsiasi «accidente»: fulmine, delitto, sacrilegio ecc.). (*)"

Chiarisce Eliade :

" ..Il punto che vogliamo mettere in luce è che una ierofania presuppone una scelta, un distacco netto dell'oggetto ierofanico rispetto al resto circostante.

Tale resto esiste sempre, anche quando un'area immensa diventa ierofanica: ad esempio il Cielo, il complesso di un paesaggio ben noto, o la «patria».
Il distacco dell'oggetto ierofanico avviene, in ogni caso, almeno nei riguardi dell'oggetto stesso, perché l'oggetto diventa una ierofania soltanto nel momento in cui cessa di essere un semplice oggetto profano e acquisisce una nuova dimensione, la sacralità.
2) Il sacro si manifesta agli uomini attraverso le cose del mondo e nello stesso tempo si nasconde attraverso di esse. "...Se qualsiasi cosa può incorporare la sacralità, in che misura vale ancora la distinzione sacro e profano?

La contraddizione è soltanto apparente, perché se è vero e qualsiasi cosa può diventare ierofania, e che probabilmente non esiste oggetto, essere, pianta ecc., che non abbia rivestito il prestigio della sacralità in un certo momento storico, in un certo luogo dello spazio, rimane tuttavia vero che non si conosce nessuna religione o razza la quale abbia cumulato, nel corso della sua storia, tutte queste ierofanie.

In altre parole, ci sono sempre stati, nell'ambito di qualsiasi religione, accanto agli esseri o agli oggetti profani, degli oggetti o degli esseri sacri. (Lo stesso non si può dire dei mestieri, degli atti fisiologici, delle tecniche, dei gesti ecc.;  ).

Si può andare più oltre: quantunque una certa classe di oggetti possa ricevere il valore di una ierofania, vi sono sempre in questa classe oggetti non investiti di tale privilegio. Dove si parla del cosiddetto «culto delle pietre», per esempio, troveremo sempre certe pietre venerate per la loro forma, grandezza o implicazioni rituali, non tutte le pietre sono considerate sacre.

...del resto, che non si tratta di un culto delle pietre, che queste pietre sacre sono venerate soltanto nella misura in cui non sono più semplici sassi, ma sono ierofanie, cioè una cosa diversa dalla loro condizione normale di «oggetti».

La dialettica della ierofania suppone una scelta più o meno manifesta, una singolarizzazione ... " (***)

" ..non sappiamo se esista qualcosa -oggetto, gesto, funzione fisiologica, essere, gioco, etc. -che non sia stata mai trasfigurata in jerofanìa in qualche parte del mondo e nel corso della storia umana ...è sicuro che tutto quanto l'uomo ha adoperato, sentito, incontrato o amato, potè diventare ierofania.

Sappiamo, per esempio, che nel loro complesso i gesti, le danze, i giochi infantili, i giocattoli ecc. hanno origine religiosa: furono in passato oggetti o gesti cultuali.

Sappiamo parimenti che l'architettura, i mezzi di trasporto (animali. veicoli, barche ecc.), gli strumenti musicali cominciarono con l'essere oggetti o attività sacri.

Si può supporre che non esista animale o pianta importante che, nel corso della storia, non abbia partecipato alla sacralità.

Sappiamo anche che tutti i mestieri, arti, industrie, tecniche hanno origine sacra o assunsero, nel corso dei tempi, valori cultuali. La lista potrebbe allungarsi passando ai gesti consueti (alzarsi, camminare, correre), alle varie occupazioni (caccia, pesca, agricoltura), a tutti gli atti fisiologici (alimentazione. vita sessuale), probabilmente anche alle parole essenziali della lingua, e così via.

Evidentemente, non dobbiamo immaginare che tutto il genere umano abbia attraversato tutte queste fasi, che ciascun gruppo umano abbia conosciuto, l'una dopo l'altra, tutte queste ierofanie. Tale ipotesi evoluzionistica, accettabile forse qualche generazione fa, va oggi esclusa del tutto.

Ma in qualche luogo in un dato momento storico, ciascun gruppo umano ha trasfigurato per proprio conto un certo numero di oggetti, animali, piante, gesti, trasformandoli in ierofanie, ed è assai probabile che, in fin dei conti, nessuna cosa sia sfuggita a tale trasfigurazione, continuata attraverso decine di millenni di vita religiosa.

3) La jerofania è un evento o un oggetto storico in cui sono presenti la natura e la soprannatura mediati dalla cultura. Ogni jerofania rivela una paradossale coincidenza di sacro/ profano , essere/non essere, assoluto/relativo, eterno/divenire, stabile/mutevole.
4) Il sacro produce  un effetto ambivalente sugli uomini : meraviglia, attrazione, accoglienza/ terrore, ribrezzo, rifiuto sia quando si presenta in una jerofania di perfezione di bellezza sia in una jerofania di perfezione di mostruosità , come il male, la malattia, la morte.L'ambivalenza del sacro non è esclusivamente di carattere psicologico (nella misura in cui attira o respinge), ha anche carattere assiologico; il sacro è, nello stesso tempo, «sacro» e «contaminato»

Commentando il detto di Virgilio aurì sacra fames, Servio nota giustamente che sacer può significare tanto «maledetto» che «santo». Eustazio nota il medesimo significato doppio di haghios, che può esprimere contemporaneamente l'idea di «puro» e di «contaminato».

La stessa ambivalenza del sacro si ritrova nel mondo paleosemitico ed egiziano. Tutte le valorizzazioni negative delle «contaminazioni» (contatto con morti, con delinquenti ecc.) derivano da questa ambivalenza delle ierofanie e delle cratofanie.

Le cose «contaminate», e di conseguenza «consacrate», si distinguono, a livello ontologico, da tutto quel che appartiene alla sfera profana.

E' evidente che i fenomeni della malattia e della morte sono collocati anch'essi in queste categorie dell'insolito e del terrificante... Gli oggetti o gli esseri contaminati sono dunque effettivamente vietati all'esperienza profana, alla stessa stregua delle cratofanie e delle ierofanie.

Non si può avvicinare senza pericolo un oggetto impuro o consacrato, trovandosi nella condizione di profani, cioè non preparati ritualmente. Il cosiddetto tabu - parola polinesiana adottata dagli etnografi - è precisamente la condizione delle persone, degli oggetti e delle azioni " isolate" e " vietate" per il pericolo rappresentato dal loro contatto.

In generale, sono o diventano tabu tutti gli oggetti. azioni o persone che recano, in virtù del modo di essere loro proprio, o acquistano, per rottura di livello ontologico, una forza di natura più o meno incerta. La morfologia del tabu e degli oggetti persone o cose rese tabu è piuttosto ricca.


L'atteggiamento ambivalente dell'uomo di fronte a un sacro che è insieme attraente e repellente, benefico e pericoloso, si spiega non soltanto con la struttura ambivalente del sacro in se stesso, ma anche con le reazioni naturali manifestate dall'uomo di fronte a questa realtà trascendente che lo attrae e lo spaventa con pari violenza.

La resistenza si afferma più recisamente quando l'uomo si trova di fronte a una sollecitazione totale del sacro, quando è chiamato a prendere la decisione suprema: abbracciare completamente e irrevocabilmente i valori sacri, oppure mantenere rispetto a essi un atteggiamento equivoco."

(***)
5) La storia delle religioni è una storia di svalorizzazioni e ri-valorizzazioni del processo di manifestazione del sacroLa kabaa o pietra nera sacra all'Islam fu una pietra sacra di religioni più antiche della penisola araba. Possiamo supporre che essa stessa , roccia, nera, perfetta nella forma ( forse un metorite piovuto dal cielo) fosse per questo scelta , sacra .

Questa ontofania , jerofania elementare del sacro, è stata poi ri-valorizzata nel nuovo contesto musulmano : la pietra continua a rimanere sacra perchè scelta da una jerofania primordiale ma acquisice un nuovo valore , un significato nuovo nel nuovo contesto religioso in cui viene inserita. le due costanti storiche di svalorizzazione e rivalorizzazione del processo jerofanico sono l' e l' iconoclastia.

La prima è giustificata dal fatto che il sacro si manifsta sempre come qualcosa di diverso da se stesso,si camuffa nell'oggetto sacro ( che può essere perciò venerato , diventare un idolo ), la seconda dal fatto che un oggetto jerofanico può essere considerato di ostacolo alla religione ( abolizione di simboli e immagini del sacro, iconoclastìa ) quando muta il contesto religioso o cultuale ( abolizione degli idoli operata dall'ebraismo).

6) Non esistono religioni che siano riducibili a jerofanie elementari: accanto a jerofanie elementari troviamo sempre, come una costante, la credenza in un Essere Supremo, creatore, onnipotente, che dimora nei Cieli e si manifesta con epifanie celesti.Un Essere che non ha un ruolo importante nel culto, sostituito dalle jerofanie totemiche, degli antenati, dei re,etc. Gli Esseri supremi appartengono al patrimonio delle religioni arcaiche : il fatto che poi qua e là siano scomparsi , e perchè, è un probelama della storia . "
7) L'uomo da un lato dimostra di volersi garantire la potenza del sacro per garantirsi l' ordine , la vita, la sua realtà ; dall'altro tende a superare questa stessa realtà per farsi prendere dai mondi del sacro. Dimostra di voler superare la propria condizione naturale e nello stesso tempo la paura di perderla totalmente e per sempre.
8) Tutte le culture arcaiche si sono formate intorno al sacro : il sacro non è un semplice momento del divenire storico della coscienza umana ma è elemento della struttura stessa della coscienza    ." Se le principali posizioni religiose furono date una volta per sempre, fin dal momento in cui l'uomo prese conoscenza della propria condizione esistenziale entro l'Universo, ciò non significa che la «storia» non abbia conseguenze per l'esperienza religiosa in se . Tutt'altro :
.. tutto quel che avviene nella vita dell'uomo, anche nella sua vita materiale, trova un'eco nella sua esperienza religiosa. La scoperta delle tecniche della caccia, dell'agricoltura, del metallo ecc. non ha modificato soltanto la vita materiale dell'uomo, ha  anche fecondato - forse in misura ancor maggiore - la spiritualità umana.

Così l'agricoltura ha permesso tutta una serie di rivelazioni che non potevano prodursi nelle società preagricole. È inteso che le modificazioni economiche e sociali e, in ultima analisi, gli avvenimenti storici non sono capaci di spiegare da soli i fenomeni religiosi in quanto tali; ma le trasformazioni sopravvenute nelt mondo materiale (agricoltura, metallurgia ecc.) hanno offerto allo spirito nuovi modi di abbracciare la realtà.

E si può dire che se la storia ha influito sull'esperienza religiosa, ciò è avvenuto nel senso che gli avvenimenti hanno offerto all'uomo modi inediti diversi di essere, di scoprire se stesso e di dare un valore magico-religioso all'Universo. Citeremo un esempio solo: uno degli elementi fondamentali della rivoluzione religiosa compiuta da Zarathustra fu la sua opposizione ai sacrifici cruenti di animali.

E' evidente che da questo atteggiamento traspare, fra l'altro, l'interesse economico di una società che si evolve dalla vita pastorale verso l'agricoltura. Ma l'avvenimento storico fu valorizzato da Zarathustra in senso religioso: l'abolizione dei sacrifici cruenti divenne, grazie a lui, strumento di disciplina e di elevazione spirituale; la rinuncia a quel tipo di riti aprì alla contemplazione nuove prospettive; in breve, l'evento storico permise un'esperienza religiosa inedita e la scoperta di nuovi valori spirituali.

Inutile dire che l'evoluzione può anche seguire un percorso inverso: molte nobili esperienze religiose delle società primitive sono diventate di sempre più difficile riproduzione a seguito dei cambiamenti portati dalla «storia» nelle società. In certi casi si può parlare addirittura di vere catastrofi spirituali (si veda, ad esempio, l'integrazione delle società arcaiche nel circuito economico di società colonialiste, semi- industriali ecc.).

9) Ma se la storia è in grado di promuovere o di paralizzare nuove esperienze religiose, non riesce mai ad abolire definitivamente la necessità di un'esperienza religiosa. La dialettica delle ierofanie permette di riscoprire spontaneamente e integralmente tutti i valori religiosi, senza distinzione, quale che sia il livello storico in cui si trova la società o l'individuo che compie la scoperta. La storia delle religioni viene cosi ricondotta, in ultima analisi, al dramma che sorge dalla perdita e dalla riscoperta di quei valori, perdita e riscoperta che non sono mai, e anzi mai potrebbero essere, definitive."
(***)
Il "sacro degradato"" ..Nei secoli la " spiritualità arcaica" si è trasformata e sono comparsi atteggiamenti nuovi e diversi verso il sacro: in molte culture si trovano documenti in cui il sacro è- per così dire - degradato  in forme diverse dalle jerofanìe.
Non si tratta  di una volgarizzazione  del sacro ( le forme di religiosità popolare non sono per questo forme degradate! ) ma di una degradazione  delle jerofanie in forme artigianali di sacralità : la creatività umana , l'immaginazione, la fantasia a e l'arte-artigianato hanno da sempre prodotto una miridade di documenti di sacro degradato .
Il sincretismo" Sarebbe errato considerare il sincretismo come semplice fenomeno religioso tardivo, che può risultare soltanto dal contatto fra varie religioni evolute.

Il cosiddetto sincretismo (assimilazione e fusione di più religioni) che si osserva ininterrottamente nell'intero corso della vita religiosa. Non esiste demone (= spirito) agrario rurale o dio tribale che non sia il risultato di un lungo processo di assimilazione e di identificazione con le forme divine circostanti.


Occorre insistervi fin da ora: tali assimilazioni e fusioni non sono da attribuire esclusivamente alle circostanze storiche (interpenetrazione di due tribù vicine, conquista di un territorio ecc.); il processo dipende dalla dialettica stessa delle ierofanie: che prenda o non prenda contatto con una forma religiosa analoga o diversa, la ierofania tende, nella coscienza religiosa di coloro cui si rivela, a manifestarsi il più pienamente e totalmente possibile .

Si spiega così un fenomeno presente in tutta la storia delle religioni: la possibilità, propria di ogni forma religiosa, di accrescersi, purificarsi e nobilitarsi;
possibilità per un dio tribale, ad esempio, di trasformarsi, mediante nuova epifania, nel dio di un monoteismo, o per l'umile dea rurale di trasformarsi in Madre dell'Universo. "
(***)
Animismo e animatismo Ci sono costanti religiose -negli anni evidenziate da diversi studiosi delle religioni -che oggi non sono più considerate tali - che fanno parte del linguaggio delle scienze religiose .
Edward Burnett Tylor

Nel XVIII secolo, lo scienziato Georg Ernst Stahl attribuì la parola 'animismo' alla sua teoria dell'anima come principio vitale responsabile dello sviluppo organico.

Dalla fine del XIX secolo, tuttavia, il termine è associato soprattutto all'antropologia e agli studi dell'antropologo britannico Edward Burnett Tylor, che descrisse l'origine della religione e le credenze primitive in termini di animismo.
In Alle origini della cultura (1871), Tylor definì l'animismo una generale credenza negli esseri spirituali e vi individuò la 'definizione minima di religione'. Secondo Tylor, i primitivi – definiti come i popoli senza scrittura – attribuiscono agli spiriti, o anime, l'origine della vita umana, immaginandoli come fantasmi simili a ombre o vapori, in grado di trasmigrare da individuo a individuo, dai morti ai vivi, da piante e animali in oggetti inorganici e viceversa.

Tylor interpretò queste credenze come un tentativo di spiegare l'origine del sonno, dei sogni e della morte, la differenza tra un corpo vivo e uno morto e la natura delle immagini nei sogni e negli stati di trance.

Le sue teorie vennero criticate dall'antropologo britannico Robert R. Marett, che nel 1899 attribuì alla religione un'origine meno razionale e respinse l'idea che i primitivi considerassero viventi tutti gli oggetti, mentre riteneva più probabile che questa condizione venisse attribuita solo agli oggetti insoliti o dal comportamento misterioso.

Il concetto arcaico di essenza vitale, inoltre, gli pareva troppo poco sofisticato per comprendere la nozione di anima o spirito: presso i primitivi, tutti gli oggetti considerati animati avevano vita, sentimenti e volontà propri, ma non venivano operate distinzioni tra il corpo di un oggetto e l'anima che poteva abitarlo o abbandonarlo.

Marett chiamò questa credenza 'animatismo', o 'preanimismo', e vi riconobbe una forma arcaica di animismo, che può sopravvivere accanto a credenze animiste più evolute.
La credenza animatista dice che ciò che è inanimato, in quanto diventa sacro, viene dotato di vita e di volontà propria L'animatismo implica la credenza di una vita animica oltre la morte, nonché al suo influsso benefico o malefico sui viventi.
Mana e tabù Alcuni fenomeni naturali e luoghi di particolare stranezza o bellezza paiono più densi di atmosfera numinosa ( nume è spirito) . Così anche le qualità o gli aspetti di questa atmosfera possono essere più o meno intensi.
Gli antropologi utilizzano comunemente le parole polinesiane mana e tabù per indicare l'aspetto positivo e negativo del numinoso: quando si rivela come mana, il numinoso è potente ed efficace; come tabù, invece, è qualcosa di indefinibile e impossibile da avvicinare, in virtù del timore che ispira. Mana è parola melanesiana che indica una forza misteriosa, attiva, diffusa, totalmente distinta dalla materia, presente in alcuni individui, oggetti (amuleti ) e di solito nelle anime dei morti, specie degli antenati, nonché in tutti gli spiriti.

In quanto un essere animato (sia visibile o invisibile), oppure inanimato,  per l'uomo arcaico esso è dotato di una sua forza vitale latente il mana ; l'evocazione della forza latente delle cose da parte del sacerdote ( più propriamente dello sciamano) è l'essenza stessa delle pratiche delle religioni antiche.

Il mana è sempre unito a qualcuno che lo dirige. Tutti gli effetti prodigiosi attribuiti al mana sono prodotti con l'aiuto di esseri personali o quantomeno personificati o della divinità: gli spiriti degli antenati o della natura. Il mana non è mai stato oggetto di culto.

Gli atti di venerazione sono rivolti agli esseri, divini, spirituali e umani, e alle cose aventi il mana; ciò accade solo nei casi nei quali vi siano segnali indicanti gratitudine, venerazione o culto; segnali che non sempre si danno.

Introdotto nel 1814 da W. Williams, il concetto di mana venne ripreso da Robert Henry Codrington in un famoso saggio intitolato I Melanesiani (1891).
 
Assunse particolare importanza nel periodo positivista poiché tale credenza venne identificata con la fase più primitiva delle religioni, quando cioè non si venerano esseri o individui sovrumani, ma forze magiche diffuse e incomprensibili.

Alcuni studiosi che si sono occupati dei culti preanimistici hanno definito mana 'la radice dell'esperienza religiosa' e hanno identificato analoghi concetti nell'orenda degli irochesi, nel manitu degli algonchini, nel wakan dei sioux.

Il mana rappresenterebbe l'atteggiamento religioso primordiale positivo, mentre il tabù ne sarebbe il rovescio negativo; tale sistema cultuale viene indicato come il fondamento da cui si sono sviluppate e si sviluppano tutte le religioni.

Hubert e Mauss, nel loro Saggio di una teoria generale della magia (1902), riconobbero nel mana un concetto simile a quello di sacro, ma più ampio, facendo risalire a esso non solo il senso del religioso, ma anche quello del magico.

Queste teorie vennero rimeditate e corrette dagli antropologi successivi, tra cui Claude Lévi-Strauss e Raymond Firth, che, rinunciando a considerare il mana come una categoria universale, lo analizzarono da punti di vista più prettamente linguistici ed etnografici.

Manismo" Il manismo non è altro che l'animismo ridotto a una sola delle sue componenti, quella umana.Il manismo muove dalla fede nella sopravvivenza dei morti oltre la morte, nonché dalla credenza nel loro influsso benefico o malefico a seconda di come i vivi, specie i discendenti e i familiari, si siano comportati nei loro confronti. Se i viventi compiono i rituali prescritti, i mani li proteggeranno; in caso contrario, li puniranno con disgrazie personali o riguardanti possedimenti o proprietà.

Manismo è la venerazione, il culto tributato ai manes o «spiriti» dei morti, soprattutto degli antenati più illustri, ad esempio a chi era considerato il fondatore del clan o della tribù; a un condottiero famoso per il coraggio e per le vittorie conseguite; a un medico di grande fama; a chi inventava delle cose utili e interessanti; allo straniero che aveva fatto conoscere alla tribù arti sino ad allora ignorate.

Nella Roma antica si giunse a concepirli come una divinità collettiva. Da qui la designazione Dis Manes (dèi mani). A partire dall'Impero (secolo I) le iscrizioni funerarie di solito iniziano o terminano con la formula Dis Manibus Sacrum (consacrato agli spiriti divini dei morti), indicata con la sigla D.M. o anche D.M. "

(**)

Dinamismo o magia : , amuleti, talismani, idoli, tatuaggi        お守り, o-mamori- amuleto giapponese

Per magìa oggi si intende la credenza in una «forza» (in greco dynamis, da cui dinamismo) quasi impersonale, concentrata in alcuni oggetti, riti, ecc..

L'uomo può indirizzarla e applicarla usando certe «arti» per il raggiungimento di obiettivi umani, più spesso materiali, ma non perseguibili con le semplici «forze» umane, naturali.

A volte le pratiche magiche vengono anche chiamate incantesimi, superstizioni.

La magia è detta «bianca» o «nera» seconda che la sua applicazione produca effetl benefici o malefici per l'individuo o per il gruppo.

Il dinamismo o magia presuppone la credenza nel mana e nella possibilità di spostarlo da un oggetto ad un altro. La fede nel mana tende a convertire in idolo, cioè in essere dotato di capacità sovrumana, qualsiasi animale , statua, ecc., reale o raffigurata, dipìnta. Un oggetto " caricato" con il mana di uno spirito diventa un talismano o un amuleto.

Il mana può sussistere anche nelle parole, in tal caso dette magiche appunto e nei simboli . Talismani possono essere anche i tatuaggi.


La tendenza di produrre talismani e amuleti per proteggersi dal male o avere un influsso benefico c'è in tutte le religioni : nelle religioni in cui erano proibiti gli idoli ( come l'ebraismo e l'Islam) divennero talismani i simboli sacri , i testi sacri  e le parole dei testi sacri stessi (la Bibbia ebraica e il Corano sono considerati avere in sè il potere sacro). Nel cristianesimo troviamo " oggetti sacri " protettivi o attivi  costituiti da  simboli religiosi , " caricati" di sacro attraverso riti di benedizione degli amministratori del sacro : vescovi preti e diaconi. Altri oggetti vengono prodotti su istruzioni private di Gesù stesso o dei santi ( l'icona di Gesù misericordioso, il sacro cuore, le medaglie della Madonna, la medaglia di s. Benedetto, etc) ed il loro potere è legato alle promesse degli stessi.
Feticismo I portoghesi, nel venire a contatto con le varie tribù africane al tempo delle scoperte e della colonizzazione, chiamarono feitigo (dal latino facticius, «fatto», «artificiale», da cui «feticcio») quegli oggetti elaborati o modellati a mano ai quali ì nativi indirizzavano le loro preghiere .
Il feticismo è, pertanto, la credenza magico-religiosa nei poteri sovrumani di oggetti naturali o artificiali. Gli stessi africani, tra i quali il fenomeno è abbastanza diffuso, negano che la loro venerazione sia rivolta a oggetti in quanto tali. Il feticcio non è venerato ma utilizzato in quanto si necessita del «potere», della «forza» in esso concentrata grazie a un rito o a una sostanza speciale.

Esiste un feticismo intellettuale : lo scientismo del secolo XIX ha confidato nella scienza ritenuta in grado di eliminare tutti i mali dell'umanità e, al tempo stesso depositaria di forze apportatrici di un nuovo paradiso in terra, un feticcio appunto. Va dato il nome di feticcio a molti ciondoli e amuleti sia personali che applicati in oggetti, macchine, ecc. ai quali viene attribuita una virtualità peculiare, di solito positiva.
TotemismoTermine introdotto negli studi etnologici e antropologici agli inizi del XIX secolo per indicare un rapporto di appartenenza al clan.

La parola totem deriva da ototeman, che nella lingua degli ojibwa, una popolazione algonchina, significava 'della mia parentela'.

Il totem – diffuso nella cultura tradizionale degli indiani d’America, ma anche in Australia, nell’Africa equatoriale, in Micronesia e in Melanesia .

Il totem viene scelto di norma da un individuo (che in questo caso stabilisce con il totem una relazione personale), oppure da un clan . Nella gran parte dei casi  il totem è una specie animale e, più raramente, una pianta, un fenomeno naturale o un minerale che diventa l' emblema del''individuo o della famiglia o del clan per distinguersi da altri gruppi o clan.

Il totem è considerato un compagno o un aiutante e spesso gli vengono attribuiti poteri soprannaturali; è rispettato e venerato, ed è diffuso il divieto di cacciare o raccogliere l’animale o la pianta cui è riferito e di cibarsene.

Il totem è al centro di un complesso sistema di credenze, di norme e di simboli, ed è legato sia alla sfera religiosa sia a quella sociale delle culture tradizionali presso le quali è diffuso. Il fenomeno del totemismo ha stimolato, dalla prima metà del XIX secolo, un’intera categoria di studi etno-antropologici. 

Complesso sistema di credenze, norme e simboli basato sulla relazione tra un individuo (o un gruppo sociale) e un “totem”, rappresentato da una specie animale o, più raramente, da una specie vegetale o da un fenomeno naturale.

Dagli inizi del XIX secolo il totemismo destò l’interesse di molti studiosi, che inizialmente credettero di individuarvi – a causa della sua ampia diffusione, oltre che nell’America settentrionale, in Australia, nell’Africa equatoriale, in Melanesia e Micronesia – una manifestazione tipica e ricorrente delle società primitive, alle origini della religione. Infatti, i primi studi lo considerarono una forma di religione precedente al politeismo.

Gli studi successivi ne diedero interpretazioni diverse, ma tra gli evoluzionisti permase la convinzione che si trattasse di un fenomeno unitario, caratteristico di un determinato livello dello sviluppo culturale e sociale dei gruppi umani.

Agli inizi del Novecento l’interesse per l’argomento si estese ad altre discipline come la filosofia e la psicologia, dando luogo agli studi sul totemismo di clan di Emile Durkheim e di Sigmund Freud.

I successivi studi antropologici sottoposero il concetto di totemismo a una radicale critica, contestandone innanzitutto l’unitarietà.

Agli inizi degli anni Sessanta Claude Lévi-Strauss criticò il concetto stesso di totemismo, ritenendo del tutto infondate le principali teorie che esso aveva generato nel corso di un secolo di studi.
Lévi-Strauss individuò nel rapporto totemico principalmente una modalità di organizzazione delle conoscenze sociali e naturali; in questa prospettiva – sostanzialmente accolta dagli studi successivi – la scelta del totem corrisponde all’esigenza umana di stabilire un ordine nell’universo percepito e di rappresentare il sistema di rapporti sociali. Il termine totem viene comunemente utilizzato anche per indicare gli alti pali di legno sui quali alcune tribù indiane d’America, ancora oggi, incidono e dipingono le immagini degli animali-antenati .
Totem è l'animale " .. gli esseri o gli oggetti il cui nome serve a designare un individiduo ( totemismo individuale) o, di preferenza, un gruppo di individui ( totemismo di gruppo) di clans, uniti da vincoli di sangue e consapevoli della loro parentela con una specie vegetale o, molto più spesso, con un animale.
Il totemismo è, pertanto, la credenza, di alcune tribù australiane in particolare, nella parentela di un individuo o di un gruppo etnico-politico, clan, tribù, popolo, con un oggetto inanimato, con una pianta e, generalmente, con un animale, detto totem. Si dà pure, a volte, un totemismo sessuale, vale a dire che uomini e donne di uno stesso gruppo etnico hanno totem diversi. Il totem , materializzazione degli speciali vincoli di parentela e dei peculiari obblighi esistenti tra un comune antenato e i suoi discendenti nella duplice polarizzazione è sacro.

Ai non iniziati è vietato accedere nel luogo dove esso risiede, in certo qual modo un santuario, e vederlo. Chiaramente è proibito uccidere il totem, toccarlo e, a più forte ragione, mangiarlo ...

Il totemismo annovera quasi sempre una serie di elementi mitici e di costume, come le leggende all'interno di un gruppo relative alla propria comune discendenza dal totem; la proibizione di contrarre matrimonio con persone dello stesso gruppo totemico; la trasmissione ereditaria del totem, più spesso in linea maschile, paterna, ecc. "
(**)


(**) Manuel Guerra Storia delle religioni -La Scuola.

(***) Mircea Eliade Trattato di storia delle Religioni-Bollati-Boringhieri.

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