Corso di Religione

         


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Il politeismo celestepanth Pantheon romano

"Nell'epoca storica, vale a dire, nell'epoca che è possibile conoscere attraverso documenti rinvenuti e decifrati, tutte le religioni celesti sono o sembrano decisamente politeiste.

... Basti pensare agli dèi e alle dee greche e romane o ai tremila e passa nomi divini del pantheon babilonese, ai mille dèi di Hati degli Ittiti e ai trecentotrenta milioni di dèi dell'induismo.

È vero, talvolta, che molti di essi sono ritenuti equivalenti o come semplici aspetti locali o peculiari manifestazioni di divinità superiori.


Però queste e altre possibili connessioni non sembrano svuotarli della propria personalità o di una esistenza indipendente, più o meno abbozzata secondo i periodi o le fonti e i documenti in nostro possesso. Inoltre, in non pochi casi il loro politeismo resta aperto all'influsso di pantheon originariamente diversi e al conseguente reale interscambio di caratteri e di competenze.

Si pensi, ad esempio, alla corrispondenza dei dodici dèi supremi romani con i dodici dèi greci e alla progressiva ellenizzazione del pantheon romano. In altri casi, come quello degli Ittiti, il cerchio divino resta chiuso a interferenze di (politeismo o polidemonismo: culto dedicato ad una pluralità di divinità o spiriti)divinità straniere; il loro politeismo, tuttavia, non solo si conserva ma si sviluppa in virtù del ricorso alle nozze delle varie coppie divine e della conseguente loro proliferazione con la quale si dà inizio a una serie di famiglie anch'esse divine.

Lo stesso fenomeno si verifica, naturalmente, nei pantheon aperti all'influsso di altre religioni, celesti o no, che di solito appartengono a popoli culturalmente e militarmente superiori.
(**)

L'essere supremo " Non esistono religioni che siano riducibili a jerofanie elementari: accanto a jerofanie elementari troviamo sempre, come una costante, la credenza in un Essere Supremo, creatore, onnipotente, che dimora nei Cieli e si manifesta con epifanie celesti. .."(***)v Nella religione vedica Varuna è dio del Cielo, della pioggia e dell'oceano celeste.

" ...gli Esseri Supremi celesti non svolgono mai un ruolo di primo piano nella religiosità primitiva.

.. l' Essere supremo non ha un ruolo importante nel culto, è sostituito dalle jerofanie totemiche, degli antenati, dei re, etc.


Presso gli Australiani, forma religiosa dominante è il totemismo. In Polinesia, mala credenza in una divinità celeste suprema o in una coppia originaria..., la vita religiosa è caratterizzata da un ricco polidemonismo o politeismo.

Nelle isole Yap delle Caroline Occidentali, c'è una credenza abbastanza precisa in Yelafaz Essere Supremo creatore, buono ecc. ma la popolazione venera gli spiriti (taliukan).

Gli indigeni delle isole Wetar in Indonesia benché feticisti, conoscono tuttavia un Essere Supremo, «il Vecchio», che vive nel Sole o in Cielo. In Indonesia, in generale, la divinità suprema del Cielo si è fusa con quella del Sole, o ne è stata sostituita; per esempio I-lai, di Celebes, fu assimilato al dio solare, nel quale gli indigeni vedono, del resto, il continuatore della creazione cominciata da I-lai; lo stesso fenomeno riscontriamo in altre innumerevoli isole. "


...Risley e Geden ( in : Hastings, Encyclopedia of Religions and Ethics, VI, p.289 ) trovano presso gli aborigeni dell'India tracce di una credenza quasi dimenticata in una Divinità Suprema; «vago ricordo, più che forza attiva»; «un Essere Supremo passivo, a cui nessun culto si rivolge». Ma, per attenuate che siano, le tracce di questa suprema divinità celeste conservano sempre un legame con la vita uranica e meteorica.

Nell'arcipelago delle Andamane, presso una delle popolazioni più primitive dell'Asia, Puluga è l'Essere Supremo; è immaginato in modo antropomorfico, ma abita in cielo, la sua voce è il tuono, il vento è il suo respiro, l'uragano il segno della sua ira, poiché punisce col fulmine chi viola i suoi comandamenti.

Puluga sa tutte ma conosce i pensieri degli uomini soltanto di giorno (tratto naturistico : onnisciente o onniveggente). Puluga si è dato una moglie e ha avuto figli. Accanto alla sua residenza uranica stanno il Sole (che è femmina) e la Luna (che è maschio), con le stelle loro figli. Quando Puluga dorme, è periodo di siccità; se piove, questo significa che il dio è sceso in terra e cerca il suo alimento ...


andIsole Andamane-vulcano attivo

Puluga ha creato il mondo, e ha creato anche il primo uomo, che si chiamava Tomo. L'umanità si moltiplicò, fu obbligata a disperdersi, e dopo la morte di Tomo dimenticò sempre più il suo creatore. 

Un giorno l'ira di Puluga scoppiò, il diluvio, che sommerse tutta la Terra, pose fine all'umanità: si salvarono soltanto quattro persone. Puluga ebbe pietà di loro, ma gli uomini continuarono a dimostrarsi ribelli. Dopo aver loro ricordato per l'ultima volta i suoi comandamenti, il Dio si ritirò, allora gli uomini non l'hanno più riveduto.

Il mito dell'allontanamento del dio corrisponde all'assenza completa di culto. Uno dei più recenti esploratori, Paul Schebesta, scrive a questo proposito : «Gli Andamanesi non conoscono nessun culto di Dio, nessuna preghiera, nessun sacrificio, nessuna implorazione, nessuna di ringraziamento. Soltanto la paura di Puluga li spinge a obbedire ai suoi comandamenti severi, come quello di rinunciare a certi frutti nella stagione delle piogge. »

Gli Tshi usano la parola Nyankupon , nome del Dio supremo, per designare il cielo, la pioggia; dicono Nyankupon bom (N. colpisce) «tuona»; Nyankupon aba (è venuto N.) «piove».

Ba-Ua, tribù bantu della valle del Kafue, credono in un Essere Supremo onnipotente, creatore, che abita in Cielo e che chiamano Leza. Ma nella parlata popolare, la parola Leza indica anche i fenomeni meteorologici; si dice «Leza cade» (piove), «Leza è furibondo» (tuona), ecc.

I Suk chiamano Toròrut, cioè Cielo, il loro Essere Supremo, ma lo chiamano anche Ilat, la Pioggia.

... Per la maggioranza delle popolazioni Ewe, Mawu è il nome dell'Essere Supremo (derivato da wu, «stendere, coprire»); la parola Mawu, del resto, è adoperata per designare il firmamento e la pioggia. L'azzurro del firmamento è il velo con cui Mawu si copre il viso, le nuvole sono la sua veste e i suoi ornamenti, l'azzurro e il bianco i suoi colori preferiti (il suo sacerdote non può portare altri colori).

La luce è l'olio con cui Mawu unge il suo corpo smisurato. Manda la pioggia ed è onnisciente; ma, quantunque gli si offrano sacrifici regolari, viene scomparendo dal culto.

Presso i Masai nilotici, Ngai è una figura divina molto elevata e, nondimeno, conserva i caratteri uranici: è invisibile, abita in Cielo, ha per figli le stelle ecc. Altre stelle sono i suoi occhi, la stella cadente è un occhio di Ngai, che si avvicina alla Terra per vedere meglio.

Secondo Hollis, Engai (Ngai) significa letteralmente «la pioggia». I pellirosse Pawnee riconoscono Tirawa atius, «Tirawa padre di tutte le cose», creatore di tutto quel che esiste e dispensatoli vita. Ha creato le stelle per guidare i passi degli uomini; i lampi sono i suoi sguardi, e il vento è il suo respiro. Il suo culto serva ancora un simbolismo colorato uranico molto preciso. La sede è lontana, sopra le nuvole, nel cielo immutabile.

Tirawa diventa una nobile figura religiosa e mitica. «I bianchi parlano di un Padre celeste, ma noi parliamo di Tirawa atius, il padre di lassù, però non lo immaginiamo come una persona. Ce lo figuriamo in tutte le cose... Che aspetto abbia, nessuno lo sa»

«Con buona volontà, certe costumanze si possono interpretare come una specie di culto». Fra queste costumanze possiamo annovererare il «silenzio sacro» dei cacciatori che tornano al villago una buona caccia. : i Selknam, cacciatori nomadi della Terra del Fuoco, il dio si chiama Temaukel, ma per un sacro terrore questo nome non è mai pronunciato.

Lo chiamano abitualmente so'onh-haskan, cioè abitante del Cielo», e so'onh kas pemer, «Colui che è in Cielo». E' eterno, onnisciente, onnipotente, creatore; ma la creazione è stata condotta a termine dagli Antenati mitici, creati anche loro dal dio supremo prima di ritirarsi al disopra delle stelle.

Infatti si è attualmente isolato dagli uomini, indifferente alle mondo. Non ha immagini, né sacerdoti. E autore delle leggi morali, è il giudice e, in ultima analisi, il padrone dei destini. Ma gli si rivolgono preghiere soltanto in caso di malattie: «Tu di lassù , non mi togliere mio figlio; è ancora troppo piccolo!» E gli si fanno offerte, specialmente durante le burrasche.

In tutta l' Africa si sono ritrovate le tracce di un grande Dio celeste pressoché scomparso, o che viene scomparendo dal culto. Il suo posto è stato occupato da altre forze religiose, e in primo luogo dal culto degli antenati.

...La celebre africanista Mary Kingsley crede che «il firmamento è sempre il grande dio indifferente e trascurato, il Nyankupon dei Tshi e l'Anzambe, il Nzam delle razze bantu. L'Africano crede che questo dio avrebbe una grande potenza, se solo volesse esercitarla»
(***)
«Deus otiosus» , l'Essere Ozioso. "La povertà cultuale, cioè in particolare l'assenza di un calendario sacro dei riti periodici, è caratteristica della maggioranza degli dèi celesti. I Semang della penisola di Malacca conoscono anch'essi un Essere Supremo, Kari, Karei o Ta Pedn, di statura inferiore a quella umana, il quale è invisibile. Quando parlano di hii, i Semang non dicono proprio che sia immortale, però affermano che esiste da sempre.

Ha creato tutto, all'infuori della Terra e dell'uomo; questi sono opera di Pie, altra divinità a lui subordinata. Il particolare che non fu Kari il creatore della Terra e dell'uomo è significativo: ci rivela una formula molto diffusa della trascendenza e passività della divinità suprema, troppo distante dall'uomo per soddisfare le sue innumerevoli necessità religiose, economiche e vitali.
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Mama-Uati

Come gli altri dèi supremi uranici Kari abita in Cielo e manifesta la sua collera scagliando lampi; del resto il suo nome significa «fulmine» («tempesta»).

E' onnisciente, perché vede tutto quel che avviene sulla Terra, e per questo «è anzitutto il legislatore, che governa la vita sociale degli uomini della foresta e sovrintende gelosamente all'osservanza dei suoi comandamenti».
Ma Kari non è oggetto di un culto vero e proprio; lo si invoca, con offerte espiatorie di sangue, soltanto quando imperversa qualche uragano.
Lo stesso avviene presso la maggioranza delle popolazioni africane: il grande Dio celeste, l'Essere Supremo, creatore e onnipotente, rappresenta soltanto una parte insignificante nella vita religiosa della tribù.

E' troppo lontano o troppo buono per aver bisogno di un culto vero e proprio, e lo si invoca soltanto in casi estremi.
Così, per esempio, gli Yoruba della Costa degli Schiavi credono in un dio celeste di nome Olorun (letteralmente «Proprietario del Cielo») che, dopo aver dato inizio alla creazione del mondo, incaricò un dio inferiore, Obatala, di completarlo e governarlo. Quanto a Olorun, abbandonò definitivamente gli affari terrestri e umani, e questo dio supremo non ha templi né statue né sacerdoti. Nondimeno è invocato, come ultimo appiglio, nelle calamità.


Presso i Fang del Congo francese, Nzame o Nsambe creatore e signore del Cielo e della Terra rappresentava in altri tempi una parte piuttosto importante nella vita religiosa della tribù, come si indovina dai miti e dalle leggende, ma ormai è passato in ultimo piano.

Nzambi dei Bantu è parimenti un grande dio celeste che si è ritirato dal culto; gli indigeni lo ritengono onnipotente, buono e giusto, ma appunto per questo non lo adorano affatto e non lo rappresentano in forma materiale, come fanno per gli altri dèi e spiriti.


Presso i Basongo, il creatore celeste, Efile Mokulu, non ha culto e viene invocato soltanto nei giuramenti. Gli Herero, popolazione bantu dell'Africa Sud-Ovest, chiamano Ndyambi il loro dio supremo, che si è ritirato in cielo, abbandonando l'umanità a dèi inferiori. Appunto per questo, non è adorato. «Perché dovremmo offrirgli dei sacrifici? spiegava un indigeno. Non ri mette paura perché, diversamente dai nostri morti (ovakuru), non ci fa nessun male».  Tuttavia gli Herero gli rivolgono preghiere in occasione di fortune inaspettate.

patungPatung-Cina

Gli Alunda, altra tribù bantu, credono il loro Nzambi molto lontano e inaccessibile agli uomini; la loro vita religiosa è pervasa dal timore e dal culto degli spiriti, e perfino per avere la pioggia si rivolgono agli akìshi, cioè agli antenati.

Si constata il medesimo processo fra gli Angoni, che conoscono un Essere Supremo, ma adorano gli antenati; presso i Tumbuka, il cui Creatore è troppo sconosciuto, troppo grande «per occuparsi dei casi ordinari degli uomini»; presso i Wemba, che conoscono l'esistenza di Leza, ma si interessano esclusivamente agli antenati; presso i Wahehé che si raffigurano l'Essere Supremo, Nguruhi, come creatore e onnipotente, ma sanno poi che gli spiriti dei morti (masoka) sono quelli che realmente dominano gli affari di questo mondo, ed è dunque a loro che offrono un culto regolare ecc.

I Wachagga, importante tribù bantu di Kilimangiaro, adorano Ruwa, il Creatore, il Dio buono, custode delle leggi morali, che è attivo nei miti e nelle leggende, ma nella religione ha una parte alquanto modesta. E' troppo buono e pietoso, gli uomini non hanno bisogno di temerlo; tutte le loro premure si concentrano sugli spiriti dei morti, e soltanto quando le preghiere e i sacrifici agli spiriti risultano vani, si sacrifica a Ruwa, specialmente nei casi di siccità o di malattie gravi.

I negri di lingua tshi, dell'Africa occidentale, si comportano nello stesso modo verso Nyankupon, il quale non è affatto adorato; non ha culto, non ha neppure sacerdoti speciali, e riceve omaggi in circostanze rarissime: grandi carestie, epidemie, o dopo violenti uragani; gli uomini allora gli domandano in che cosa l'hanno offeso.


nut_qebNut (Cielo) e Qeb ( Terra)

" Anche gli Ottentotti invocano Tsuni-Goam per la pioggia: «O Tsuni-Goam, o tu, padre dei padri. tu padre nostro, fa' sì che Nanub (la nuvola) lasci cadere pioggia a torrenti!» Essendo onnisciente, il Dio conosce tutti i peccati. ed è così invocato: «O Tsuni-Goam, tu solo sai che non sono colpevole!»
Le preghiere rivolte agli dèi nel momento della necessità riassumono mirabilmente la loro struttura uranica. I Pigmei dell'Africa equatoriale credono che il loro Dio (Kmvum) dimostri, per mezzo dell'arcobaleno, il suo desiderio di entrare in relazione coloro. Perciò, appena l'arcobaleno appare, prendono gli archi, li volgono nella sua direzione, e cominciano a salmodiare: «(...) Tu hai ato sotto di te, vincitore nella lotta, il tuono che rombava, rombava tanto forte e tanto irato. Era in collera con noi? ecc.». La litania si conclude con la preghiera all'arcobaleno affinché, per intercessione, l'Essere Supremo celeste non sia più in collera loro, non tuoni più e cessi di ucciderli.

Dzingbe («Il Padre Universale») è il capo del pantheon politeista della popolazione Ewe. Diversamente dalla maggioranza degli altri Esseri Supremi celesti, Dzingbe ha un sacerdote speciale detto dzisai, «sacerdote del Cielo», che lo invoca durante le siccità: «O Cielo a cui dobbiamo la nostra riconoscenza, la siccità è grande; fa' che piova, che la terra si rinfreschi e che prosperino i campi! »

Un adagio dei Gyriama, dell'Africa orientale, esprime mirabilmente la lontananza e il disinteresse del loro Essere Supremo celeste: «Mulugu (Dio) è in alto, i Mani sono in basso (letteralmente: in terra) »

I Bantu dicono: «Dio, dopo aver creato l'uomo, non si diede più pensiero di lui». I Negrillo ripetono: «Dio si è allontanato da noi! » Le popolazioni Fang della prateria dell'Africa equatoriale riassumono la loro filosofia religiosa in questo canto: « Nzame (Dio) è in alto, l'uomo è in basso. Dio è Dio, l'uomo è l'uomo. Ciascuno da sé, ciascuno in casa sua». Nzame non è oggetto di culto e i Fang si rivolgono a lui soltanto per domandare la pioggia.

Gli uomini si ricordano del Cielo e della divinità suprema soltanto quando un pericolo proveniente dalle regioni uraniche li minaccia direttamente; parimenti la loro religiosità è stimolata dai bisogni quotidiani, le pratiche o la loro devozione si volgono verso le forze che dominano tali bisogni.E' evidente che ciò non diminuisce per nulla l'autonomia, la grandezza e il primato degli Esseri Supremi celesti , è piuttosto una prova che l'uomo «primitivo», come quello civilizzato, li dimentica facilmente appena non ha più bisogno di loro; che le asprezze dell'esistenza lo obbligano a guardare più Terra che il Cielo, e che l'importanza del Cielo viene riscoperta soltanto quando una minaccia di morte incombe da lassù. " (***)
neith Neith-divinità egizia della guerra . Sul suo tempio : " Io sono tutto ciò che è stato che è e che sarà. Nessun mortale è ancora riuscito a sollevare il velo che mi copre. "

.. In molte regioni l'Essere supremo è stato sostituito ( o declassato) da divinità " femminili" . La coppia divina Cielo ( maschio) e Terra ( femmina) si trova in molte culture. ... La divinità celeste è sostituita da altre forme religiose ; la morfologia di questa sostituzione è varia ma il senso è in parte sempre il medesimo : passaggio dalla trascendenza e dalla passività degli Esseri Celesti a forme religiose dinamiche, fattive, facilmente accessibili. Assistiamo, per così dire ad una caduta progressiva nel concreto del sacro; la vita dell'uomo e l'ambiente cosmico che immediatamente lo circonda si imbevono sempre più di sacralità... l'animismo, il totemismo, la devozione agli spiriti locali collocano l'uomo in una posizione religiosa diversa da quella che aveva che aveva rispetto all'Essere Supremo Celeste. Questa prerogativa delle dinità uraniche di essere in origine non soltanto creatrici ed onnipotenti ma anche chiaroveggenti, sapienti per eccellenza spiega perchè in certe religioni esse divengano figure divine astratte, concetti personificati, che servono a spiegare l'universo o ne esprimono la realtà assoluta..

Talvolta questi Esseri Supremi di origine uranica diventano fondamento dell'universo, autori e dominatori dei ritmi cosmici e tendono a coincidere sia col Principio o sostanza metafisica dell'universo , sia con la Legge, con quanto di eterno e universale vi è nei fenomeni transitori, nel loro divenire. Legge che gli dèi stessi non possono abolire .
Questi dèi celesti supremi si sono potuti trasformare in concetti filosofici perchè la jerofanìa uranica stessa era trasformabile in rivelazione metafisica; in altre parole, perchè il carattere stesso della contemplazione del Cielo permetteva, accanto alla rivelazione della precarietà dell'uomo e della trascendenza della divinità, la rivelazione della sacralità della conoscenza, delle forza spirituale. L'origine divina e il valore sacro della conoscenza, l'onnipotenza di Colui che vede e comprende, di «Colui che sa», -in quanto sta in ogni luogo, vede tutto, ha creato e domina tutto- non si scorge in nessun luogo così pienamente come davanti al Cielo diurno o alla volta stellata..." " ..per l'uomo primitivo...il sapere, la conoscenza erano e sono rimaste, epifanìe della potenza e della Forza Sacra. Che il culto delle divinità celesti sia oggi così povero... non vuol dire in ogni caso che tali divinità urainiche siano creazioni astratte dell'uomo primitivo... e che questi non abbiano potuto avere con esse un rapporto religioso .

Gli Esseri supremi appartengono al patrimonio delle religioni arcaiche : il fatto che poi qua e là siano scomparsi ( e perchè ) è un problema della storia .
Il simbolismo celeste è riuscito a conservarsi in tutti complessi religiosi appunto perchè la sua modalità di essere non è temporale ; ... la storia, cioè l'esperienza e la interpretazione sempre nuova del sacro da parte dell'uomo, non è riuscita ad abolire la rivelazione immediata e continua del « sacro celeste » (***) Il dio-padre Nelle religioni celesti la suprema divinità in quanto trascendente questo mondo, è ( quasi sempre) asessuata.

enlil_ninlilMesopotamia- Enlil e Ninlil

La conoscenza della divinità che gli uomini elaborano è sempre analogica per cui troviamo nei diversi linguaggi religiosi divinità " maschili" e divinità " femminili" .

La direzione del Cielo , il governo del Cielo spetta quasi sempre a divinità maschili ( Zeus, An, Anu, Enlil, ...).

In molte mitologie Dèi e dee si " sposano" e generano altri dèi, esseri celesti, eroi sovrumani, etc. Alcuni hanno solo un padre o una madre , etc.


" .. Nelle religioni celesti, di norma l'essere supremo è appellato come " Padre dei Cieli.  Zeus è padre dei Cieli in molte invocazioni : Zeus pater in greco, Diespiter e Jupiter in latino; Ju-pater in umbro; Pater patratus nella lingua di Alba; Dei-pàtyros in illirico; Dyauh pitah in sanscrito (Veda); Afa, Bapae, tra i Bambuti (pigmei africani).

Questa coincidenza nominale prova che la paternità era unita alla divinità celeste, al dio — secondo l'etimologia — luce, cielo, a partire da un periodo anteriore a quello delle prime fonti letterarie che ne danno testimonianza. "..
(**)


(**) Manuel Guerra Storia delle religioni -La Scuola.

(***) Mircea Eliade Trattato di storia delle Religioni-Bollati-Boringhieri.

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