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Coscienza morale e legge civile In una società occidentale, radicata nel cristianesimo, non ci dovrebbe essere conflitto, ma solo complementarità tra i diversi tipi e gradi di legge, morale, civile, religiosa in quanto tutti e tre i gradi fanno riferimento ad una legge morale naturale che si puo' conoscere con la ragione in quanto appartiene alla struttura stessa della coscienza umana. A ri-conoscere tale legge naturale tende l'attività della scienza morale, filosofica e teologica. Di fatto, nella storia sono nati e si
ripetono casi di prevaricazione: per esempio,in culture non cristiane, Così può succedere che il potere civile prevarichi sulla legge religiosa (persecuzioni, cesaropapismo, laicismo ... ) o, al contrario, che il potere religioso prevarichi sulle leggi che regolano autonomamente le realtà umane (teocrazia, Stati confessionali, clericalismi, il "caso Galileo", dittature ideologizzate...) Si osserva nella storia che il diritto civile tolleri atti in sé immorali (per esempio, ieri la deportazione degli schiavi o l'uccìsione dei menomati fisici o psichici, oggi quella forma di omicidio tollerato che è l'eutanasia l'uccisione di embrioni,... ). E' importante nel nostro tempo salvaguardare questa distinzione tra atto legalizzato e atto morale, in quanto c'è la tendenza nel potere politico ad arrogarsi abusivamente il diritto di dire cos'è bene e cos'è male per i cittadini, senza far riferimento ad alcun ordine superiore di valori umani. Occorre che la coscienza illuminata dei cittadini faccia resistenza attiva sia al risorgere di uno "Stato etico" che rivendica un ruolo di "educatore" che non gli spetta, sia al diffondersi di uno "Stato qualunquista" o eticamente agnostico, che incoraggerebbe un'anarchia morale. Nel tema della legalità è in gioco non solo la vita delle persone, la loro co-esistenza pacifica, il diritto ad un rispetto che si impone oggettivamente, ma anche la stessa concezione dell'uomo,la verità su di esso, la sua dignità. Le leggi, fatte da uomini, frutto di compromessi,possono interpellare la coscienza dei cittadini nel senso di creare conflitti con le loro istanze etiche. Il fatto che atti immorali siano imposti o tollerati o legalizzati, non significa che diventino leciti moralmente: la coscienza retta e ben informata li rifiuta. Tale rifiuto di obbedire si chiama obiezione di coscienza, cioè obiezione della coscienza morale alla legge civile. La legge civile non puo' mai , quando
in conflitto, prevalere sull'etica,
su una coscienza giusta della verità-dignità della
persona umana. La coscienza etica puo' obiettare la legge. Obbedienza alla legge e obiezione di coscienza. Un problema particolare che oggi si
pone di fronte a una cultura della legalità è quello dell'obiezione
di coscienza. Come conciliare il dovere dell'obbedienza alla legge con l'obiezione
di coscienza? La riserva del giudizio di coscienza non può condurre
a vanificare ogni imperatività della legge? L'obiezione di coscienza è, dunque, qualcosa di estremamente serio, avendo il suo fondamento nello stesso modo di pensare l'uomo, la sua dipendenza da Dio e il suo rapporto con lo stato e con le sue leggi. Si collega a una precisa antropologia personalistica, rifiuta ogni concezione totalizzante dello stato, punta decisamente sull'intima connessione tra legalità e moralità e assume una connotazione morale, anzi religiosa. In questo senso la forma più alta di obiezione di coscienza nella tradizione cristiana è stata quella dei martiri, i quali hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Dio in contrasto con la legge degli uomini. L'obiezione di coscienza, fondata sulla dignità e sulla libertà della persona, «è un diritto nativo e inalienabile, che gli ordinamenti civili delle società devono riconoscere, sancire e proteggere: diversamente si rinnega la dignità personale dell'uomo e si fa dello stato la fonte originaria e l'arbitro insindacabile dei diritti e dei doveri delle persone» 2°. È necessario poi osservare che l'obiezione di coscienza si configura
in maniera diversa in uno stato totalitario e in uno Stato democratico.
Il primo pretende dai cittadini un'adesione totale della coscienza alla
legge, non concedendo né spazi per convincimenti diversi da quelli
di coloro che detengono il potere, né la possibilità di
prefigurare una diversa soluzione legislativa dei problemi della società.
Il secondo, lo stato democratico, non impone un'adesione incondizionata
alle regole fissate dall'autorità, ma lascia al cittadino la
possibilità di riflettere e di esprimere liberamente le proprie
obiezioni sulla realtà legislativa del momento, e così
di preparare il nuovo, operando per un'eventuale modifica della mentalità
comune e della stessa legislazione. Bisogna inoltre tenere presente che l'obiezione di coscienza non si esprime soltanto nelle due forme più diffuse in questi ultimi anni, quella al servizio militare e quella all'intervento d'aborto. A proposito poi di queste due forme è del tutto necessario rilevame la diversità di prospettiva: nel caso del servizio militare non esiste propriamente una morale obbligatorietà di opposizione a esso, ma si ha una significativa scelta profetica nei confronti dell'uso delle armi; nel secondo caso il comandamento di non uccidere l'innocente obbliga moralmente in modo grave tutti e sempre, senza eccezioni. L'obiezione di coscienza, comunque, si motiva solo quando è in gioco una ragione etica imprescindibile per il soggetto. Infatti l'ordinamento giuridico non può affidarsi alla psicologia varia di singoli soggetti portati talvolta a vedere una crisi di coscienza laddove questa non è in realtà chiamata in causa, trattandosi soltanto di opinioni del tutto personali: diversamente l'ordinamento giuridico si dissolverebbe in miriadi di posizioni, nelle quali diverrebbe impossibile la stessa convivenza sociale. Egualmente l'ordinamento giuridico non può tener conto del semplice dissenso di un cittadino a una legge dello stato, della quale non comprende il significato e il valore. L'obbedienza alla legge, se non si vuole un'anarchia basata su di un individualismo sfrenato, può e deve essere pretesa, quando non contraddice alle oggettive e fondamentali esigenze della coscienza, nel senso sopra ricordato, e comunque tenendo ben presente che non ècompito dello stato stabilire norme di coscienza, dal momento che il cristiano non accetta uno stato etico. Infine l'ordinamento giuridico non può accettare neppure quella forma di obiezione che è stata chiamata «obiezione ipotetica»: questa non tende ad affermare un valore etico o religioso, ma solo a negare un certo modello sociale e, pertanto, si basa solo su ideologie diverse da quelle accolte dall'ordinamento vigente. L'ordinamento giuridico deve essere vigilante e scoraggiare chi, ricorrendo all'obiezione, tende in realtà non a salvaguardare la coscienza e i suoi valori, ma solo a tutelare la propria comodità o, peggio ancora, interessi di casta o di corporazione. Solo l'obiezione di coscienza rettamente intesa e sollevata, e talvolta
anche riconosciuta dall'ordinamento giuridico, proprio perché
è rispettosa dei fondamentali valori morali della persona, non
diminuisce ma rafforza il senso della legalità: la legge civile
non può essere un'imposizione violentatrice della coscienza,
dev'essere, invece, uno strumento reale di crescita umana dei singoli
e della società. |
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