Corso di Religione


LE RELIGIONI NELL'ANTICHITA'


3- IL SENSO RELIGIOSO

         


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Il senso religioso (*) Fiorenzo Facchini e Paolo Magnani ( a cura di ) -Miti e riti della preistoria-Un secolo distudi sull'origine del senso del sacro-Jaca Book

" Nei secoli scorsi erano sorte dottrine spiritualistiche e positivistiche costruite le prime su ipotesi filosofiche di sviluppo dello spirito umano ( spesso congetture costruite sulla base di dati etnologici o , come nel caso dei filosofi, su convinzioni aprioristiche) e le seconde sulla base dei pochi dati archeologici a disposizione .

maltaA partire dalla metà dell'800 questi due filoni di studio erano entrati in netta contrapposizione .

Nella seconda metà del XX secolo è avvenuta una «conciliazione» tra le due correnti e  con l'abituale semplicità di linguaggio, Mircea Eliade sintetizzava così, nel 1952, la complessa vicenda storica e filosofica  : «Oggi si sta comprendendo una cosa di cui il XIX secolo non poteva avere nemmeno un presentimento, ovvero che il simbolo, il mito, l'immagine appartengono alla sostanza della vita spirituale... Le immagini, i simboli, i miti non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell'essere. Ne consegue che il loro studio ci consente di conoscere meglio l'uomo»...

E.Cassirer 1931: " ...attraverso il simbolo l'uomo riconosce ed esprime in modo rituale e sociale le potenti forze che sente introno a sè, in questo modo le domina e le conduce a controllo sociale " 

L'eliminazione dell'ostracismo a suo tempo decretato verso le scienze psicologiche, sociali ed estetiche (eliminazione dovuta ad una revisione critica interna alle stesse scienze positive, perfezionata attraverso l'opera di Bergson, di Jung, di Popper) recando all'unificazione di due «modi di lettura» dell'Universo, ha riproposto agli studiosi un immenso patrimonio, per dirla col Durand: «l'enorme eredità costituita dalle intuizioni poetiche, artistiche, filosofiche e religiose dell'intera storia di Homo». Un intero universo psichico, dunque.

Ed è innegabile che una parte notevolissima di esso, la più profonda e astorica, la più prossima alle radici archetipiche, sia costituita dal sacro e dai suoi simboli. Tema particolarmente affascinante, in tale contesto, è quello dell'origine del sentimento del sacro, del suo avvento nella Urkultur, nella coscienza di quella più antica umanità, che siamo soliti definire paleolitica (il Neolitico presenta già forme di religione assai evoluta) ... attualmente si riconosce, come il solo valido approccio al difficile problema, la rigorosa valutazione della documentazione archeologica, in rapido incremento grazie all'intensificarsi delle ricerche.
"

L'autocoscienza L'autocoscienza è la capacità di riconoscersi. Si riconosce all'uomo uno psichismo riflesso e quindi un'autocoscienza, così come è stato dismostrato essere presente anche negli orango .

koko

Mentre tutti gli animali di fronte alla propria immagine riflessa nello specchio non si riconoscono, l'orango ( ma non tutti gli scimpanzè  ) si riconosce. Così è anche per l'homo sapiens sapiens.

In presenza di un essere che riveli queste capacità, a prescindere dal suo livello morfologico, la vita e la morte dovrebbero essere carichi di significato.
In realtà la capacità di cogliere un significato è manifesta solo nell'uomo.
 
Si può dire perciò che l'autoscienza non porta meccanicamente alla ricerca dei significati nelle cose e negli eventi ; si può dire però, su base scientifica, che questo accade sempre per l'homo sapiens sapiens La domanda che si sono posti molti studiosi è :  " questa capacità è sempre esistita a partire dall'homo abilis oppure si è manifestata solo a partire da un determinato stadio di evoluzione " ? L'autocoscienza nell'uomo lo porta non soltanto a conservare la vita, attraverso la ricerca intelligente dei mezzi di sussistenza, ma anche a porsi domande di tipo esistenziale. [L'homo sapiens sapiens percepisce la realtà e " riflette  sulla percezione" ( dal lat. reflectĕre, propr. «ripiegare, volgere indietro», comp. di re- e flectĕre «piegare») :  piega su di essa la sua coscienza e attiva la ragione e la volontà] EVIDENZA : Queste domande sono comuni a tutte le culture e ogni cultura ha cercato delle risposte. L'uomo, in quanto uomo, si pone domande di significato sull'esistenza propria e degli altri esseri viventi che nascono, crescono e muoiono, sui cicli della natura, sull'alternarsi del giorno e della notte e delle stagioni. È il fluire del tempo, o meglio la percezione del tempo, che è propria dell'uomo, a suggerire domande di tipo esistenziale.

Secondo Dobzhansky è la coscienza di sé, legata alla facoltà di previsione, che è all'origine dell'idea di morte. La percezione della morte, come termine ineluttabile della vita, è un fenomeno specificamente umano, come lo sono l'interramento e le sepolture rituali.
La vita e la morte sono il destino di ogni vivente, ma quando se ne prende coscienza diventano eventi carichi di significato, esaltanti o angoscianti.

È in gioco il perché di questi eventi di cui è intessuta e costruita la natura. Essi assumono per la specie umana una consapevolezza che porta alle domande: perché esisto? perché morirò?

Queste domande sono all'origine del senso religioso... e quello che possiamo dire per l'uomo di oggi può estendersi all'uomo preistorico.
Ora ci si chiede : A partire da quando l'uomo ha avuto coscienza della morte come "legge di natura"?

Ha osservato James: «Per quanto riguarda i primi uomini i principali problemi con i quali si dovevano confrontare erano quelli della nascita, della riproduzione, della sussistenza e della morte». " Si dovrà escludere questa esigenza nell'uomo preistorico [ come è effettivamente esclusa nell'orango ]? A partire da quando l'avrebbe avvertita? "
È il problema che molti studiosi si sono posti cercando di individuare i comportamenti che possono avere un carattere simbolico e non tecnico-funzionale.

L'assenza di testimonianze dirette di simbolismo per lunghi periodi della preistoria ha portato alcuni Autori ad escludere interessi di tipo religioso nei più antichi rappresentanti di umanità e ha prestato il fianco a una lettura evoluzionistica delle culture preistoriche.

Forse sarebbe più corretto parlare di assenza per alcuni periodi della preistoria di documenti direttamente significativi di un simbolismo religioso. In ogni caso ... le posizioni assunte da quegli Autori che parlano di un periodo "prereligioso" per cui la religione non sarebbe nata con l'uomo, ma deriverebbe da esigenze della società (Tokarev, Donini) oppure di quelli che ritengono che il pensiero primitivo fosse incapace di astrazione e quindi di un sentimento religioso tradiscono una concezione evoluzionistica o modelli filosofici materialistici applicati al comportamento culturale.

Una tesi, quella evoluzionistica, che appare sempre meno convincente alla luce delle scoperte archeologiche. "
La simbolizzazione : i simboli religiosiLa cultura può essere intesa come l' attività progettuale dell'uomo di fronte alla natura. L'uomo risponde ai suoi bisogni con tecnologie sempre più ricche che includono significati sempre nuovi per mezzo della simbolizzazione.rupestre_camonia
Val Camonica-Incisione rupestre denominata " il sacerdote" -Età del rame.

L'attività tecnologica rivela la capacità simbolica dell'uomo
(simbolismo funzionale ).
Altri comportamenti umani appaiono come risposte a bisogni di ordine sociale e spirituale come l'arte, le sepolture, etc. ( simbolismo sociale
L'astrazione L'uomo è tecnologicus et loquens in quanto è simbolicus e la capacità di simbolizzazione implica la capacità di astrazione . Queste capacità sono a loro volta necessarie per un comportamento religioso così come noi lo conosciamo.Ci si domanda se l'homo abilis compare come essere capace di astrazione e simbolizzazione e se questo è documentato nei reperti della sue tecnologie.

Rispetto agli australopitechi ( scimmie) - suoi contemporanei- l'homo abilis mostra una più marcata cerebralizzazione dai centri nervosi, ( anche di quelli che abilitano al linguaggio articolato ) e comportamenti che rivelano uno psichismo riflesso come la lavorazione sistematica e progressiva del ciotolo e l'organizzazione del territorio.



Petroglifi di Val Marveille-Francia

" L'homo abilis non presenta segni espliciti di comportamenti religiosi per cui la sua capacità di simbolizzazione rimane l'unico argomento indiretto per ipotizzare una attitudine religiosa . Ciò significa che il vero tema oggi è provare che i primi uomini non fossero religiosi piuttosto che il contrario "
( Narr , M. Eliade )

La capacità di simbolizzazione funzionale e sociale è documentata come più antica della simbolizzazione propriamente spirituale e religiosa e non può che costituire una base essenziale del senso religioso .

Ciò ci orienta a non escludere il senso religioso nei paleonantropi ... senso religioso che ci appare a tutt'oggi qualcosa di coessenziale se non di costitutivo della umanità stessa. "   
Arte e religiosità  .lascaux

  La capacità di simbolizzazione nell'uomo si trova nella produzione di oggetti ( tecnologie) come nei linguaggi ed è base comune dell'arte come della religione dove raggiunge le sue forme più elevate .

Sacra è tutta l'arte religiosa, anch'essa  considerata jerofania   : il coloro dell'oro ( aurum= luce d'alba) è una teofanìa astratta ... pregio che da terreno si fa metafisico, è luce che da terrestre trascende in divina . Gli artisti dei murales delle grotte preistoriche non rappresentavano semplicemente il loro mondo ( caccia, maschio-femmina, uomo-donna etc.) ma anche - e inevitabilmente- i significati che davano a questo mondo.

L'uomo che raffigura se stesso
era considerata dagli antichi una jerofanìa di significato tanto pregnante che in tutti i miti di creazione Dio crea l'uomo imitando l'uomo-artista che rappresenta la propria immagine : " lo fece a sua immagine e somiglianza".

L'artista che crea simboli in qualche modo è l'immagine di un dio che crea le cose . Scriveva Papa G.Paolo II : " Nessuno meglio di voi artisti , geniali costruttori di bellezza può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della creazione guardò all'opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupre per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme , avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi. " ( 1999- Lettera agli artisti)
L'artista crea , crea a immagine e somiglianza: generando immagini umane si fa specchio di un più alto creato, pronuncia il divino nella somiglianza  . L'artista ha un grande potere, può rappresentare e perciò significare  anche le cose sovrasensibili : lo stencil delle mani nelle grotte dei paleantropi indica la presenza umana ma ne indica poi anche l'assenza , così come gli idoli ( greco: eidolon ) figure in genere antropomorfe o teriomorfe indicano la presenza-assenza della divinità, così come le figure che rappresentavano i defunti ( nella Grecia antica i kolossos ) o rappresentavano l' assenza del defunto psiche- anima, oneiros-sogno, skia-ombra, phasma-apparizione, etc.) non appartengono nè a questo mondo nè ad altri mondi , ne sono semplicemente e soltanto un tramite , l'icona ( greco = eikon ) . 

Esprimendo il mondo gli antichi lo comprendevano e in qualche modo lo padroneggiavano, così come noi facciamo ancora oggi. (cf : A.Leroi_Gourhan-Le religioni della preistoria ) .
Questo mondo significativo , ordinato attraverso immagini  , lo ritroviamo infatti dal Neolitico fino alle più recenti religioni contemporanee.

Quello che per i paleoantropi erano le grotte dipinte o le rocce graffitate saranno -nelle religioni organizzate delle diverse civiltà- i templi.
proserpina Proserpina

Se le grotte erano  semplicemente ( o forse di più) luoghi di jerofanìa dei significati  e immagine microcosmica del mondo , i templi sono immagine ordinata e microcosmica del mondo ( e dunque jerofanìa di significati) e luoghi di rivelazione ( e perciò di jerofanìa ).

Cosmo rappreso nelle misure dell'umano, il tempio fissa l'orizzonte e chiede il cielo, instaura un dialogo con la luce dall'oscure segreto sanctum santorum ove risiede il divino, accessibile solo al puro, sia esso il naos greco o il garbagriha indù. Spazio discontinuo dal profano nel tempio risiede no solo la regalità ma anche e soprattutto la ratio universale ( il Logos) che presiede al mondo .

Ordine del mondo e jerofanìa di significati sono anche i testi religiosi ( sacri appunto) nella loro organizzazione come nel loro contenuto. L'arte, la forma più elevata di simbolizzazione tende ad essere universalmente arte sacra, jerofania : universalmente il sacro è intuito come bellezza. Il Dio delle religioni ebraica e islamica è di una verità e bellezza talmente elevate che nessun artista può figurarlo adeguatamente : è perciò pribito farlo perchè figurarlo significherebbe inevitabilmente sfigurarlo.

La rivelazione cristiana è questo stesso Dio che si è fatto uomo in Gesù , è diventato corpo , Lui creatore è diventato creatore-creatura, spirito-materia, Dio-uomo , verità-bellezza. L'arte cristiana è " Il miracolo della bellezza , figlio del miracolo della incarnazione" di Dio . "


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